| VALENTINO MANZONI. Signor Presidente, onorevoli colleghi,
che io ricordi -
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mi riferisco alla mia breve esperienza di parlamentare -, ad
oggi, non mi è capitato di dovermi occupare di un
provvedimento più disomogeneo, più disarticolato, confuso e
disorganico di quello al nostro esame. Ciò non solo per
l'accentuata diversità di materie che le varie disposizioni
prendono in considerazione, inquadrabili - badate bene - sotto
diversi ed autonomi titoli di legge, ma anche e soprattutto
per la diversità di materie inserite in uno stesso articolo.
Un esempio eclatante di autentica schizofrenia legislativa è
dato dall'articolo 6 (mi limito solo a questo articolo;
peraltro, l'onorevole Rasi ha fatto un elenco dettagliato
delle diverse materie che questo provvedimento prende in
considerazione). Nell'articolo 6 si va dalla proroga degli
incentivi per l'acquisto di ciclomotori e motoveicoli a norme
disciplinanti i distretti industriali o che addirittura
riguardano la prevenzione degli incendi nelle attività
turistico-alberghiere: un miscuglio intollerabile.
Inutilmente le opposizioni hanno chiesto più volte la
riscrittura del testo, al fine di dargli un minimo di
coerenza, omogeneità e organicità. Signor Presidente, a questo
fine neppure è valso il parere - condizionante - del Comitato
per la legislazione, adito su espressa richiesta del gruppo di
alleanza nazionale; infatti, sia la maggioranza sia il
rappresentante del Governo ci hanno detto e ripetuto che il
testo non doveva essere ritoccato, ad evitare una terza
lettura da parte del Senato. Se il Comitato per la
legislazione non serve a niente, sopprimiamolo.
Ironia della sorte, però, per una svista in cui è incorso
quel ramo del Parlamento, il provvedimento dovrà in questa
sede subire una indispensabile modifica di carattere
finanziario, per cui la terza lettura sarà necessaria. E' solo
grazie a questa insperata e non prevista circostanza che si
offre alla Camera l'occasione di eliminare, non senza aver
prima dibattuto intensamente la questione in Commissione, sia
con il ministro sia con il sottosegretario, il colossale e
madornale errore contenuto nell'infelice formulazione del
comma 3 dell'articolo 1 del presente provvedimento che, con
errata applicazione dell'istituto giuridico del comodato
d'uso, rischiava di lasciare nella disponibilità indefinita di
cosiddetti qualificati operatori del settore velivoli militari
da trasporto, da realizzare nell'ambito dei programmi già
avviati nel 1998, che sicuramente costeranno un occhio della
testa alla collettività.
Diversamente, onorevoli colleghi, se la Commissione non
fosse stata costretta a rivedere la norma di carattere
finanziario e a ritenere, obtorto collo, indispensabile
la terza lettura da parte del Senato, neppure quella
macroscopica ingiustizia sarebbe stata eliminata, con tanti
ringraziamenti da parte dei qualificati operatori del settore
che avrebbero goduto a vita, sicuramente per un tempo
indefinito o di durata neppure lontanamente ipotizzabile o
prevedibile, di velivoli militari da trasporto per i loro usi,
consumi e scopi.
L'emendamento presentato sul punto da alleanza nazionale -
ne ha già parlato l'onorevole Rasi -, sia pure nella
riformulazione suggerita dalla relatrice, onorevole Labate,
che non ne altera la sostanza originaria, consentirà
l'utilizzo dei velivoli militari da trasporto per usi più
conformi e rispondenti alle esigenze della collettività.
A nostro parere, onorevoli colleghi, l'occasione della
indispensabile terza lettura avrebbe potuto servire, però,
alla correzione di altre imperfezioni contenute nel
provvedimento; per esempio, si poteva - anzi si doveva -
accettare la condizione posta dalla Commissione lavoro
relativa alla soppressione dell'articolo 12; ciò non avrebbe
certo comportato alcuna perdita di tempo. Ci è stato detto,
però, con un atteggiamento che non fa onore ai princìpi del
confronto, del contraddittorio e della dialettica in
democrazia, che il provvedimento doveva essere trasmesso al
Senato per un riesame limitato ai soli due punti sopra
evidenziati.
Signor Presidente, onorevole sottosegretario - lei lo ha
constatato direttamente -, su tutti gli emendamenti presentati
dalle opposizioni, alcuni formali ma molti altri sostanziali,
si è discusso in
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Commissione solo per onore di firma e di presenza. In verità,
onorevoli colleghi, si è trattato di un monologo delle
opposizioni perché molto raramente, da parte della
maggioranza, si sono espressi ragionati pareri o rilievi. E'
prevalsa la forza dei numeri della maggioranza per fare strame
di tutte le ragioni e di tutti gli emendamenti. Temiamo, anzi
siamo certi, che la stessa cosa accadrà in quest'aula. E'
così, onorevoli colleghi, che si offre per inammissibili e
comunque inconsistenti ragioni di tempo agli utenti, agli
operatori del diritto, alle istituzioni, ai cittadini e alle
categorie interessate un prodotto sostanzialmente ingiusto,
dal punto di vista delle necessità e delle ragioni della
società, scadente, poco chiaro e farraginoso sotto il profilo
della forma. Fondatamente, può osservarsi che anche questo
modo di legiferare contribuisce al distacco sempre crescente
dei cittadini dalla politica e dalle istituzioni.
Venendo al merito del provvedimento, le ragioni che lo
sostengono, secondo quanto si legge nella relazione,
risiederebbero nel fatto che occorre rendere disponibili e
utilizzare risorse già stanziate nelle leggi finanziarie del
1998 e 1999 (si parla della considerevole somma di 5 mila
miliardi) e nella necessità di intervenire nei settori ad alta
tecnologia nell'industria aeronautica, spaziale e dei progetti
elettronici suscettibili di impiego duale in una sorta di
competizione internazionale che vedrebbe, da un lato, le
industrie italiane in collaborazione con quelle europee e,
dall'altro, le industrie degli Stati Uniti d'America che nei
suddetti tre settori avrebbero già acquisito una posizione di
preminenza.
Onorevoli colleghi, pur non volendo contestare le suddette
ragioni (a mio modo di vedere potrebbero anche contestarsi
nell'attuale momento economico critico del nostro paese), il
provvedimento in esame pone - mi riferisco agli articoli 1 e 2
- pesanti interrogativi e suscita notevoli perplessità. Non è
dato sapere - perché nessuna spiegazione è stata data sul
punto dal rappresentante del Governo nel corso dell'esame in
Commissione - come e in che rapporto si pongano gli interventi
per il settore aeronautico, di cui all'articolo 1 del presente
provvedimento, con quelli previsti dalla legge 24 dicembre
1985, n. 808, dalla legge n. 644 del 1994 e dalla legge n. 421
del 1996 che, nell'ambito della partecipazione a
collaborazioni e programmi internazionali, prevedevano e
prevedono, anche al fine dello sviluppo tecnologico, la
partecipazione di imprese italiane alla costruzione,
trasformazione e revisione di aeromobili, motori ed
equipaggiamenti aeronautici. In altri termini, signor
rappresentante del Governo, mancando precise cognizioni sulla
situazione di fatto determinata ad oggi nel settore
aeronautico dall'applicazione delle leggi appena citate, non
appare possibile formulare un giudizio di congruità, di
coerenza e di sufficienza in ordine agli ulteriori interventi
previsti dall'articolo 1 del presente provvedimento.
La ragionevole convinzione che se ne trae è che si procede
all'insegna della massima confusione e approssimazione senza
una chiara e precisa visione organica e di insieme dell'intera
situazione del settore aeronautico.
Per di più, in questo settore appaiono del tutto
indefiniti - non si capisce cioè quali siano e in quali
attività si sostanzino - gli interventi di imprese italiane
partecipanti al capitale di rischio di società costituenti
strutture di cooperazione europee seppure per tali interventi
sia previsto un impegno finanziario quantificato in oltre 64
miliardi nel 1999 e in quasi 100 miliardi per quindici anni a
partire dall'anno 2000. E' una massa enorme di denaro!
In altri termini, signor rappresentante del Governo, ci si
chiede come, attraverso quali strumenti, quali attività, le
imprese italiane partecipanti al capitale di rischio di
società costituenti strutture europee possano conseguire gli
obiettivi di una loro rilevante, dal punto di vista
qualitativo e quantitativo, partecipazione societaria. Ci si
chiede come, attraverso quali strumenti e attività, le nostre
imprese inserite nell'assetto societario europeo debbano
realizzare l'accrescimento dell'autonomia
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tecnologica delle industrie nazionali. Ci si chiede infine
come, attraverso quali strumenti e programmi, le nostre
imprese debbano determinare capacità di ampliamento
dell'occupazione qualificata, con particolare riferimento alle
aree depresse del paese. Insomma, onorevoli colleghi, quando
ci si addentra nella discussione del comma 2 dell'articolo 1
si entra in un vero e proprio "porto delle nebbie", perché
tutto è oscuro, generico e fumoso.
Senza dire dell'assurdità e inconcepibilità del comma 3
dello stesso articolo, che, senza l'emendamento proposto da
alleanza nazionale, rischiava di fare un grosso regalo a ben
individuati qualificati operatori del settore, già beneficiari
in passato della "benevolenza rottamatrice" di questo
Governo.
Ma gli aspetti più preoccupanti degli articoli 1 e 2 del
provvedimento riguardano le modalità di gestione sia degli
interventi nei settori dell'aeronautica, spaziale ed
elettronica, sia dei relativi finanziamenti, che non prevedono
ed anzi escludono qualsiasi potere di indirizzo e di controllo
del Parlamento e per esso delle Commissioni parlamentari
competenti. Sembra davvero assurdo, onorevoli colleghi, che in
settori strategici di così alto profilo ed impegno, anche in
ambito europeo, comportante una spesa di migliaia di miliardi,
settori che sicuramente condizioneranno il futuro economico e
di prestigio del paese, il solo ministro dell'industria, in
forza dell'ennesima delega che gli viene conferita, debba
riservare a sé ogni potere, sia nella formulazione dei
programmi e nella loro valutazione, sia nella predisposizione
degli interventi e nei relativi finanziamenti. Per esempio, il
primo comma dell'articolo 2 stabilisce che sono considerati
preminenti i progetti idonei - dico "idonei"! - a favorire la
competitività internazionale, la collaborazione tra industria
e comunità scientifica, la valorizzazione delle piccole e
medie aziende ad alta tecnologia, la partecipazione con ruoli
adeguati alle collaborazioni internazionali. Ma, onorevoli
colleghi e onorevole sottosegretario, chi è che verifica ex
ante e cioè preventivamente la sussistenza dei requisiti di
idoneità di certi progetti, la loro capacità, la loro forza,
la loro incidenza a determinare le suddette situazioni? Non
certo il Parlamento; stando alle disposizioni contenute nel
testo, non certo il Parlamento e per esso neppure le
competenti Commissioni parlamentari, il cui ruolo è degradato
a semplici organismi deputati a ricevere notizie o
informazioni su progetti, programmi, investimenti e
quant'altro.
Signor Presidente, denunzio a lei tutto il mio disagio di
parlamentare per questa situazione, non rassegnato al ruolo
passivo di chi deve essere solo informato in ordine a
programmi e progetti che impegnano le risorse della
collettività per circa 5 mila miliardi!
Ma le "perle" di questo provvedimento non finiscono qui.
Io l'ho definito - scusate la solennità di questo "io" - "il
provvedimento degli esperti"; se ne prevede l'assunzione con
contratti di diritto privato in ogni dove: al comma 3
dell'articolo 2, all'articolo 3 e, infine, all'articolo 10.
Inoltre, non vi è alcuna precisa indicazione numerica. Ci si
chiede, allora: è mai possibile che un ministero non disponga
di uffici adeguati per funzioni di coordinamento dei vari
interventi, per funzioni di elaborazione, di analisi e di
studio nei settori delle attività produttive, per le attività
di valutazione delle leggi? Possibile che abbiamo ministeri
del tutto sguarniti di personale e funzionari efficienti in
grado di svolgere tali mansioni? Non ci credo, ma quand'anche
fosse così, perché non fare ricorso a strutture già esistenti
che, tra l'altro, ci permetterebbero di impiegare diversamente
e in conformità a situazioni sociali più pressanti ed
angoscianti i 6 miliardi l'anno, che sono tanti, previsti per
il compenso degli esperti a decorrere dal 1999?
Onorevoli colleghi, mi riferisco al comitato di cui
all'articolo 2 della legge 24 dicembre 1985, n. 808, che reca
il significativo titolo: "Interventi per lo sviluppo e
l'accrescimento di competitività delle industrie operanti nel
settore aeronautico". Badate bene, si tratta proprio di
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quello sviluppo e di quell'accrescimento di competitività che
costituiscono gli obiettivi che si vogliono conseguire nel
settore con il provvedimento in esame, in particolare con gli
articoli 1 e 2. Ebbene, il suddetto comitato, inserito in
detta legge, rappresentativo di tutte le amministrazioni
interessate, ha compiti di promozione dello sviluppo
dell'industria aeronautica, di coordinamento e
razionalizzazione degli interventi: è proprio quanto
dovrebbero fare gli esperti, di cui alla lettera f) del
comma 3 dell'articolo 2. Perché, allora, una doppia struttura?
Perché una duplicazione di spesa per le medesime attività?
Delle due l'una, signor sottosegretario: o non si fa ricorso
agli esperti e si utilizza il comitato, che è già pagato per
il solo fatto di esistere, ovvero si fa ricorso agli esperti e
si sopprime il comitato, con un risparmio di spesa. Onorevoli
colleghi, desidero fare riferimento, ora, per quanto riguarda
le funzioni di elaborazione, di analisi e di studio nei
settori dell'attività di cui all'articolo 3 del provvedimento,
al consiglio tecnico-scientifico degli esperti istituito
presso il Ministero del tesoro, del bilancio e della
programmazione economica, ai sensi dell'articolo 4 del decreto
legislativo n. 430 del 1997. Se, solo per un attimo, si pone
mente ai compiti ed alle funzioni di quel consiglio, come
delineate dall'articolo 2, lettera a), del decreto
legislativo n. 430 del 1997, ci si rende perfettamente conto
dell'inutilità del ricorso agli esperti previsti all'articolo
3.
Anche per quanto riguarda l'articolo 3, vale quanto detto
per il comma 3, lettera f) dell'articolo 2: o si fa
ricorso agli esperti e si sopprime il consiglio, ovvero si
utilizza quest'ultimo e si risparmia la spesa degli esperti.
Non ho alcuna fiducia che ciò accada perché le ragioni della
politica e dell'acquisizione del consenso, anche nel momento
di ristrettezza economica che sta attraversando il nostro
paese, evidentemente prevalgono sulle ragioni di oculata
gestione del denaro dei cittadini.
In ordine all'articolo 4, per quanto riguarda il personale
dell'Ente nazionale cellulosa e carta, registriamo il mancato
assolvimento dell'impegno da parte del Governo a provvedere
alla sistemazione di tutto il personale del soppresso ente in
tempi brevi. Ricordo, a proposito, che tale impegno fu
dichiarato in quest'aula dal sottosegretario Carpi alcuni anni
addietro, in sede di discussione sulla liquidazione coatta
amministrativa dell'ente. Oggi si provvede all'inquadramento
di più di cento dipendenti, ma rimangono appese al filo
dell'incertezza lavorativa le sorti di altri 900
dipendenti.
Per quanto riguarda il personale delle imprese di
assicurazione poste in liquidazione coatta amministrativa dopo
l'emanazione del regolamento di cui al secondo comma dello
stesso articolo 4 - praticamente dopo l'entrata in vigore
della legge -, la non chiara formulazione del comma 3 dello
stesso articolo rischia di lasciare senza le misure di
sostegno del reddito di cui all'articolo 2, comma 28, della
legge n. 662 del 1996 il detto personale che, così, oltre a
perdere il posto di lavoro, non potrebbe contare sulla
solidarietà sociale che, per giunta, nel caso di specie, non
andrebbe a gravare sul bilancio dello Stato.
Sul punto abbiamo presentato un emendamento, che
volentieri ritireremmo se il Governo dichiarasse che anche a
questo personale si applica la disposizione di cui
all'articolo 2, comma 28, della legge n. 662 del 1996. Mi
auguro che il sottosegretario si pronunci in tal senso: lo ha
già fatto in Commissione e non dovrebbe costargli granché
ripeterlo in Assemblea. In tal caso, ritireremmo ben
volentieri l'emendamento, accelerando i tempi di trasmissione
del provvedimento al Senato.
Ma il punto che non possiamo assolutamente accettare e che
ci fa trasecolare - e concludo, signor Presidente - è quello
relativo agli incentivi per le rottamazioni di ciclomotori e
motoveicoli, anche e soprattutto per gli acquisti effettuati
tra il 12 agosto ed il 30 novembre 1998: mi riferisco,
onorevoli colleghi, all'articolo 6 del provvedimento.
Lo scandalo in questo caso, signor Presidente, non è tanto
la rottamazione in sé, che pure è uno strumento errato di
politica industriale che il Governo continua
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a utilizzare, nonostante le esperienze negative degli anni
passati. Lo scandalo vero e la sconcezza - direi - sono
rappresentati dagli incentivi alla rottamazione per acquisti
già avvenuti otto o nove mesi addietro, che configurano un
vero e proprio regalo, sganciato da intenti di promozione
della produzione, e con i quali si stravolge persino il
significato letterale ed economico del termine incentivo, che
vuol dire sprone a fare, incoraggiamento ad acquistare per il
cittadino e a produrre di più per gli industriali. In questo
caso, l'incentivo viene riconosciuto "a babbo morto" e non
sappiamo a quale produzione serva. Ciò vuol dire allora,
signor Presidente, che dovremo rivedere anche il dizionario
della lingua italiana: se questi sono incentivi, siamo
completamente fuori dalla lingua italiana.
Concludo, Presidente, evidenziando le perplessità che,
secondo me, suscita questo provvedimento, che avrebbe
sicuramente avuto miglior sorte se non ci si fosse attestati
su posizioni di difesa, sottolineando la questione del tempo e
la necessità di arrivare subito alla sua approvazione. Capisco
che vi possa essere questa necessità, ma potevano essere
accolti emendamenti di carattere formale, di miglioramento e
di estetica. Potevamo offrire ai cittadini, agli utenti e agli
operatori un prodotto legislativo degno davvero di un
Parlamento: con questo provvedimento non facciamo bella figura
(Applausi dei deputati del gruppo di alleanza
nazionale).
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