| Il Ministero dell'Ambiente, tramite il Servizio
conservazione della Natura, al fine di promuovere ed agevolare
tutte le azioni da intraprendere, sin dalla presentazione del
Progetto, si è attivato per porsi come soggetto di
coordinamento e di mediazione.
Nel 1995 le autorità sanitarie segnalavano i potenziali
rischi circa la diffusione della "rabbia silvestre", che si
sarebbero verificati a seguito della reintroduzione dell'orso,
prevista dall'attuazione del progetto. A seguito di ciò il
Servizio Conservazione della natura convocava alcune riunioni
di coordinamento per sbloccare la situazione.
Nel corso di queste riunioni tenute negli anni 1996 e
1997, emergevano lacune di carattere operativo e logistico sia
nel "Piano di Recupero dell'orso bruno" curato nel 1993 dal
professor W. Schroder, che nel "progetto esecutivo"
predisposto nel 1994 dal gruppo operativo Orso trentino.
Il Ministero, quindi invitava il Parco Adamello Brenta ad
approfondire tutti gli aspetti tecnico amministrativi
dell'operazione, avvalendosi dei supporto tecnico-scientifico
dell'Istituto Nazionale Fauna Selvatica (INFS) organo
consultivo previsto dalla legge n. 157 del 1992 nonché di
propri consulenti.
L'INFS predisponeva all'uopo uno "studio di fattibilità"
al fine di valutare l'esistenza delle condizioni ambientali ed
antropiche necessarie alla ricostituzione della popolazione
dell'orso bruno nelle Alpi Centrali, completando alcuni
aspetti del progetto predisposto dal Parco, non
sufficientemente approfonditi. Tali aspetti concernevano:
1) l'identificazione con maggior precisione
dall'areale di distribuzione dell'orso sul territorio del
Parco e fuori da esso, anche con riferimento
all'antropizzazione locale; ciò come valutazione della
probabilità di successo dell'immissione, da un punto di vista
ambientale;
2) una più attenta considerazione rispetto alla
originale stesura del Piano degli aspetti zooprofilattici,
dell'operazione, speciale con riguardo all'eventuale
diffusione in un territorio indenne, della "rabbia silvestre"
di cui l'orso poteva essere portatore. A tale fine il
ministero della Sanità ha predisposto un protocollo sanitario
di riferimento cui attenersi scrupolosamente e che fa parte
integrante dell'ammissibilità alla reintroduzione, e
stabilisce le misure operative di protezione e salvaguardia
nei confronti di eventuali zoonosi. Questa valutazione era
necessaria per considerare, da un punto di vista sanitario,
l'opportunità dell'intervento;
3) più precise indicazioni sulle modalità di cattura,
trasporto ed utilizzazione di eventuali carnai, sia
all'origine che a destino, ciò al fine di evitare un eventuale
pericolo di "inprinting" degli esemplari catturati;
4) una valutazione dell'impatto sulle attività
dell'uomo e sulla sicurezza pubblica;
5) una più puntuale verifica dei passaggi,
utorizzativi derivanti dalla legge n. 150 del 1992 e decreto
del Presidente
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del Consiglio dei ministri del 16 aprile l992
Inoltre il Parco Adamello Brenta per l'acquisizione degli
esemplari, aveva condotto solo trattative bilaterali con i
titolari di una Riserva di Caccia Slovena, avvalendosi di
intermediari stranieri, senza informare preventivamente le
Autorità centrali slovene del competente ministero, non
tenendo conto, evidentemente, che, per effettuare l'operazione
di ripopolamento, ci si doveva avvalere di specie
extracomunitarie, e delle necessarie autorizzazioni
ministeriali di parte Slovena, oltre che nazionali.
Tali circostanze hanno certamente generato ritardi, che si
sarebbero potuti evitare se l'intera operazione fosse stata
adeguatamente preparata, informandone per tempo tutte le
Autorità competenti ai vari livelli.
Nel 1998, dopo aver verificato la fattibilità
dell'operazione dal punto di vista zooprofilattico ed
etologico ambientale, il Ministero con Decreto direttoriale
del SCN del 28 agosto 1998 approvava il Piano.
Nell'ultima riunione tenutasi presso il SCN il 21 gennaio
1999 il direttore generale ha evidenziato la necessità di
provvedere ad una ultima ulteriore verifica relativa al
completamento della prassi autorizzativa necessaria, con
particolare riguardo agli obblighi derivanti dalla legge n.
150 del 7 febbraio 1992 in relazione agli aspetti di
salvaguardia della sicurezza ed incolumità pubblica.
La questione riguardava la corretta applicazione della
norma, dalla quale non era dato di evincere chiaramente se
fosse, o meno necessario un nulla osta preventivo
autorizzativo alla detenzione temporanea, prima di procedere
all'immissione degli animali.
Si tratta, come si può comprendere, di una questione di
non poco conto riguardante il permesso che le Autorità di
Frontiera devono rilasciare all'ingresso degli animali nel
nostro Paese, sul quale il Ministero ha ritenuto di dover
acquisire un parere decisivo dal proprio Ufficio Giuridico.
Tale parere è stato richiesto non certo con l'intento di
frapporre altro ostacolo all'operazione ma per garantirne,
sino in fondo l'efficacia del risultato.
Sembra quasi superfluo, a questo punto, sottolineare che,
poiché la legge è del 1992, tale verifica poteva essere
espletata prima dalle parti promotrici del Progetto.
L'ufficio giuridico del ministero ha ritenuto la necessità
di richiedere il nullaosta per la detenzione, se pur breve e
transitoria degli esemplari, da utilizzare per il
ripopolamento.
A seguito di ciò è stata necessaria la convocazione di una
riunione straordinaria dell'apposita Commissione Scientifica
prevista dal decreto ministeriale del 19 aprile 1996, e
successive modifiche, che si riunirà il 23 marzo prossimo.
Si rassicurano gli interroganti che il Ministero non è
contrario a tale progetto, ormai in piedi da diversi anni, in
quanto ritiene utile l'operazione di rinsanguamento dell'Orso
Bruno nel Parco naturale regionale Adamello Brenta, anche
perché ciò risponde in pieno agli obblighi che l'Italia ha
sottoscritto e che derivano da Convenzioni Internazionali
(Berna) e Direttive Comunitarie (92/43 CEE); tuttavia non può
fare a meno di sottolineare che la conduzione dell'intera
operazione, avvenuta tra l'altro, mentre il quadro normativo
di riferimento mutava a seguito dell'emanazione del
Regolamento attuativo della direttiva 92/43 CEE, decreto del
Presidente della Repubblica n. 357 del 1997 avrebbe potuto
avere un iter meno travagliato e problematico, se le
Autorità del Parco avessero operato una puntuale preventiva
informazione e verifica ai vari livelli istituzionali
preposti, delle varie fasi operative.
In relazione a quanto esposto si precisa infine che non
dovrebbero sussistere ostacoli a realizzare, entro la
primavera il traguardo in esame.
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