| ALBERTO SIMEONE. Onorevole Presidente, ho l'impressione di
deludere l'onorevole sottosegretario se affermo che sono
largamente insoddisfatto. La mia insoddisfazione discende,
appunto, dalle sue argomentazioni, che sono puramente
ideologiche, assolutamente astratte, fatte da chi guarda alla
realtà con i paraocchi della storia di ieri, ossia degli anni
in cui vi erano le conseguenze della divisione dell'Europa e
del mondo dovute al trattato di Yalta. Ho l'impressione che il
Governo italiano sia ancora legato a quel trattato e non sia
in grado di capire fino in fondo quale sia la portata del
problema iracheno.
La mia interrogazione è una delle tante in materia ed è la
prima alla quale viene
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data una risposta, benché ne abbia presentate nel 1996, nel
1997, alla fine del 1998 e all'inizio del 1999. Da alcuni anni
a questa parte assistiamo, infatti, ad uno stillicidio di
interventi angloamericani nel Golfo Persico, che si sta
traducendo in un autentico massacro della popolazione
irachena.
Allora, le argomentazioni del sottosegretario lasciano
veramente sconcertati, perché, quando si vuol far risalire ad
astratte formulazioni ideologiche il perché di una guerra e la
legittimazione di un intervento si rimane veramente
esterrefatti.
Signor Presidente, vi sono tanti esempi che la dicono
lunga sulla politica angloamericana e sulla politica estera
italiana, alcuni dei quali ci toccano da vicino anche da un
punto di vista territoriale, come il problema della Bosnia o
quello del Kosovo. Non dimentichiamo che in Bosnia per anni
non è stato fatto niente per porre mano ad una politica tale
da impedire il massacro.
L'autore della bozza sul trattato istitutivo del tribunale
per i crimini contro l'umanità, Cherif Bassiouni, ha detto che
dalla fine della seconda guerra mondiale vi sono stati nel
mondo 250 conflitti con 170 milioni di vittime e la maggior
parte dei responsabili sono rimasti impuniti. Questo dimostra
come spesso l'opzione prescelta sia quella della guerra e ciò
non va nella direzione auspicata da tutti, soprattutto da
quegli Stati che si definiscono democratici e rispettosi dei
diritti umani degli altri paesi del globo terrestre.
Onorevole Presidente, lei sa benissimo - e lo sa
perfettamente anche l'onorevole sottosegretario - come
l'istituzione del tribunale per i crimini contro l'umanità,
avvenuta nell'estate scorsa a Roma, sia stata difficile,
proprio a causa degli Stati Uniti. Il mio non è un atto di
accusa; in ogni caso, amo gli Stati Uniti, perché non
dimentico e so quanto hanno fatto nel passato e fanno
attualmente, anche se hanno tanti lati negativi, ma nella
vicenda irachena ho l'impressione che stiano commettendo
l'ultimo, grande delitto contro un popolo. Si tratta di un
altro genocidio, perché, anche se non colpiscono le bombe, lo
fanno la fame, la carestia e le malattie continue che,
dall'inizio della guerra del Golfo, stanno distruggendo
milioni di bambini. Non dimentichiamo che sull'Iraq, proprio
in quella infausta guerra cosiddetta del Golfo, furono
lanciate bombe cancerogene che hanno provocato un aumento
incredibile del numero dei tumori, che stanno decimando
soprattutto la popolazione infantile.
Ritorno al problema di quel tribunale che aveva ed avrà la
sua funzione se sarà inteso da tutti come un tribunale il cui
compito è quello di vegliare sulle sorti del mondo, evitando
che vi siano soprusi di qualsiasi genere. Se questo tribunale,
la cui costituzione è stata estremamente difficile,
dispiegherà tutti i suoi effetti, molto probabilmente la
globalizzazione (di cui tanto si parla)...
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