Banche dati professionali (ex 3270)
Testi integrali degli Atti Parlamentari della XIII Legislatura

Documento


434073
STA0505-0061
Somm. e Sten. d'Aula n. 505 del 16 marzo 1999 (STA13-505)
(suddiviso in 254 Unità Documento)
Unità Documento n.61 (che inizia a pag.22 dello stampato)
...(Discussione - Doc. IV-quater n. 62)
...(Discussione - Doc. IV-quater n. 62)
...Discussione di un documento in materia di insindacabilità ai sensi dell'articolo 68, primo comma, della Costituzione
ANTONIO BORROMETI, Relatore.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE CARLO GIOVANARDI
ZZSTA ZZRES ZZSTA160399 ZZSTA990316 ZZSTA000399 ZZSTA000099 ZZSTA505 ZZ13
    ANTONIO BORROMETI,   Relatore.  Con riferimento alla
  seconda ipotesi di reato, il capo di imputazione riferito a
  tutti i deputati indagati, così recita: "perché, in concorso
  morale e materiale tra di loro e con altre persone non
  identificate, rafforzando ciascuno di essi il proposito
  criminoso degli altri e creando le condizioni materiali per la
  commissione del reato, oltraggiavano gli operanti della
  Polizia di Stato, nel corso della perquisizione di cui al capo
  A), inveendo contro di loro con le espressioni: "fascisti",
  "mafiosi", "Pinochet", con l'aggravante di aver recato le
  offese alla presenza di più persone".
     Nel procedimento in questione è già intervenuta sentenza
  di primo grado, pronunciata dalla pretura di Milano, che ha
  condannato il deputato Bossi alla pena di
 
                              Pag. 23
 
  sette mesi di reclusione e i deputati Martinelli, Caparini,
  Maroni, Calderoli e Borghezio alla pena di otto mesi di
  reclusione ciascuno, con il beneficio della sospensione
  condizionale della pena per tutti gli imputati, nonché, fatta
  eccezione per l'onorevole Bossi, con il beneficio della non
  menzione.
     La Giunta ha esaminato la questione nel corso di varie
  sedute.
     Nel corso della seduta del 29 luglio 1998 la Giunta ha
  proceduto all'audizione dell'onorevole Calderoli richiedendo
  l'acquisizione della sentenza della pretura di Milano.  Il
  collega Calderoli ha messo in primo luogo in evidenza la
  sostanziale illegittimità della perquisizione svolta dalla
  polizia presso la sede della lega, in quanto essa, traendo
  spunto da indagini nei confronti di un esponente della lega
  stessa, il signor Corinto Marchini, si era risolta, di fatto,
  in un'attività invasiva nei confronti dell'intero partito,
  anche tenendo conto della presenza di numerosi giornalisti e
  cameramen, pronti a riferire sull'evento, il che aveva dato
  luogo ad una ferma protesta di carattere simbolico da parte di
  tutti i militanti, con in testa ovviamente i parlamentari.
     Nel corso della discussione della questione presso la
  Giunta, svoltasi prevalentemente nella seduta del 4 novembre
  scorso, la valutazione del caso è stata distinta fin
  dall'inizio con riferimento ai due capi di imputazione.
     Per quanto attiene al primo, una parte largamente
  prevalente della Giunta ha ritenuto che un'ipotesi di reato di
  violenza, quale la resistenza a pubblico ufficiale, non possa
  in alcun modo configurarsi come manifestazione di opinioni
  espresse nell'esercizio delle funzioni parlamentari.  La
  corrispondenza al vero dei fatti ipotizzati come reato dal
  pubblico ministero - che pure non compete alla Camera di
  accertare - emerge del resto in tutta evidenza anche da una
  serie di testimonianze filmate, tutte opportunamente e
  debitamente richiamate nella sentenza di condanna.
     L'opposta opinione, secondo la quale la resistenza doveva
  in qualche misura considerarsi una sorta di prosecuzione
  dell'opinione, espressa in modo particolarmente veemente, è
  risultata largamente minoritaria.  Anche il primo relatore
  presso la Giunta, il collega Deodato, che successivamente, nel
  corso della discussione, ha mutato il suo iniziale
  orientamento formulando, anche con riferimento al primo capo
  di imputazione, una proposta nel senso della insindacabilità,
  aveva in un primo tempo sostenuto una proposta volta a
  ritenere manifestamente estranei al primo comma dell'articolo
  68 della Costituzione i comportamenti succitati dei
  colleghi.
     Con riferimento al secondo capo di imputazione, viceversa,
  la discussione è stata più problematica e complessa.  Da
  taluni, infatti, è stato messo in evidenza il carattere
  assolutamente ingiurioso e gratuito degli appellativi rivolti
  dai parlamentari all'indirizzo delle forze dell'ordine, tali
  da configurarli come nient'altro che meri insulti e non già
  opinioni, men che meno espresse nell'esercizio di funzioni
  parlamentari.  Per la maggioranza della Giunta e, all'interno
  di essa, per chi vi parla è apparso invece dirimente il
  particolare contesto in cui si sono svolti i fatti.  Non può,
  infatti, negarsi che le espressioni utilizzate dai colleghi
  possono inquadrarsi in un contesto di protesta e di
  resistenza, di valore anche simbolico, da parte di esponenti
  di un movimento politico a fronte di un atto della forza
  pubblica che, sia pur assolutamente e pienamente legittimo,
  appariva comunque agli occhi degli astanti ed anche della
  pubblica opinione - presente attraverso gli esponenti della
  stampa e delle televisioni - come in qualche misura invasivo
  nei confronti di una forza politica di opposizione e delle
  particolari opinioni dalla stessa propugnate.  In questo senso
  anche le particolari espressioni usate, astrattamente
  diffamatorie, attingevano ad un universo simbolico proprio
  degli esponenti della forza politica in questione, in una
  chiave chiaramente dimostrativa e divulgativa di una critica
  politica, sia pure rozzamente espressa.
 
                              Pag. 24
 
     In questo senso va valutata l'attinenza con le funzioni
  parlamentari che, da tale prospettiva, sia pure con un certo
  sforzo interpretativo, non può che ritenersi sussistente.  E'
  ben noto infatti che i colleghi della lega nord hanno
  condotto, anche in sede parlamentare, una decisa battaglia in
  favore delle loro tesi politiche, tanto da ottenere la
  legittimazione anche della denominazione del loro gruppo
  parlamentare il cui fine è individuato nella "indipendenza
  della Padania".  In questo senso la viva protesta, anche
  attraverso epiteti ingiuriosi, a fronte di un'attività della
  polizia che, sia pur legittima, appariva simbolicamente come
  una minaccia nei confronti di tali fini, può essere
  qualificata come manifestazione di opinioni espresse
  nell'esercizio di funzioni parlamentari.
     Naturalmente, ciò vale fino a che si manifestano opinioni.
  Il ragionamento illustrato sopra non può essere, infatti,
  esteso agli atti di violenza.
     Per tali motivi, per ciascuno dei deputati interessati,
  con separate votazioni, la Giunta ha deliberato di riferire
  all'Assemblea per ciò che riguarda il primo capo di
  imputazione (resistenza a pubblico ufficiale) nel senso che i
  fatti per i quali è in corso il procedimento non concernono
  opinioni espresse da un membro del Parlamento nell'esercizio
  delle sue funzioni; per quanto attiene, invece, al secondo
  capo di imputazione (oltraggio a pubblico ufficiale) nel senso
  che i fatti per i quali è in corso il procedimento concernono
  opinioni espresse da un membro del Parlamento nell'esercizio
  delle sue funzioni.
 
DATA=990316 FASCID=STA13-505 TIPOSTA=STA LEGISL=13 NCOMM= SEDE= NSTA=0505 TOTPAG=0094 TOTDOC=0254 NDOC=0061 TIPDOC=D DOCTIT=0057 COMM= PAGINIZ=0032 RIGINIZ=059 PAGFIN=0034 RIGFIN=029 UPAG=NO PAGEIN=22 PAGEFIN=24 SORTRES=9903163 SORTDDL= FASCIDC=13STA 00505 SORTNAV=59903162 00505 200000 ZZSTA505 NDOC0061 TIPDOCD DOCTIT0057 NDOC0057



Ritorna al menu della banca dati