| L'articolo 1 della L. 352/97, con il quale è stata
attribuita al Governo la delega per la redazione del testo
unico delle disposizioni di legge in materia di beni culturali
e ambientali, prevede un procedimento speciale per
l'approvazione del provvedimento.
Il termine assegnato al Governo per la predisposizione
dell'articolo è di sette mesi; nei successivi cinque mesi è
previsto il completamento della procedura di approvazione,
mutuata da quella prevista dall'articolo 17 della L. 400/88
per i provvedimenti con delega da esercitarsi oltre i due
anni.
In dettaglio, i passaggi del testo dopo l'approvazione
preliminare del Consiglio dei Ministri, sono i seguenti:
a) parere del Consiglio di Stato;
b) primo esame delle commissioni parlamentari da
svolgersi entro 60 giorni dall'assegnazione;
c) ritorno del provvedimento al Governo al fine di
apportare le modifiche testuali derivanti dall'esame del
Consiglio di Stato e del Parlamento, con nuova deliberazione
del Consiglio dei Ministri entro 30 giorni dalla trasmissione
da parte delle Commissioni;
d) approvazione definitiva da parte del Consiglio
dei Ministri; promulgazione da parte del Presidente della
Repubblica.
Non prevista espressamente dalla L. 352/97, ma egualmente
necessaria in base alle competenze della Conferenza unificata,
l'espressione del parere di quest'ultimo organo, ovviamente
sempre nell'ambito del temine di cinque mesi di cui alla legge
citata.
Il Ministero per i beni e le attività culturali, a fronte
di tale complessa fase di approvazione, aveva interpretato la
disposizione della L. 352/97 nel senso che il primo esame del
testo da parte delle Commissioni parlamentari dovesse avvenire
parallelamente e non successivamente rispetto a quello del
Consiglio di Stato e della Conferenza unificata. Oltre al
rilievo che, in tal modo, le Commissioni parlamentari, in sede
di secondo parere, avrebbero comunque avuto la possibilità di
pronunciarsi in via definitiva conoscendo quanto espresso dai
due organi citati, tale conclusione sembrava avvalorata dalla
verifica dei tempi delle singole fasi procedimentali e della
loro compatibilità con il termine generale di cinque mesi
fissato dalla legge.
Basti considerare che l'esame parlamentare occupa quattro
mesi (60+30+30 gg.) e che il Consiglio di Stato ha a
disposizione quarantacinque giorni per esprimere il suo
parere: ne deriva che sono queste due fasi, se svolte
consecutivamente, richiedono 5 mesi e 15 giorni e, quindi, un
arco di tempo eccedente il termine complessivo previsto dalla
legge.
Sulla base di tale linea interpretativa, il provvedimento
- diramato dal Ministero a fine dicembre, approvato dal
Consiglio dei Ministri nella riunione del 15 gennaio 1999 -
era stato trasmesso il giorno successivo all'approvazione
preliminare ai Presidenti del Senato e della Camera dal
Ministro per i beni e le attività culturali (e,
successivamente, nuovamente trasmesso da parte del Ministro
per i rapporti
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con il Parlamento) e contestualmente inviato al Consiglio di
Stato ed alla Conferenza Unificata.
La Presidenza della Camera, evidentemente nell'ambito di
una più generale ridefinizione della prassi procedurale
relativa ai provvedimenti normativi del Governo soggetti al
parere sia delle Commissioni parlamentari che di altri organi,
ha dato una diversa interpretazione della norma in questione
ed ha formalmente comunicato che il provvedimento sarebbe
stato assegnato alla Commissione solo dopo la ricezione dei
pareri del Consiglio di Stato e della Conferenza unificata.
Quest'ultimo organo si è espresso il 18 febbraio 1999; il
Consiglio di Stato si è pronunciato nell'Adunanza generale
dell'11 marzo 1999, ed il parere non è non ancora stato
trasmesso al Ministero: conseguentemente il provvedimento non
è stato ancora assegnato a codesta Commissione.
Considerando che il termine per l'esercizio della delega,
prorogato di sei mesi dalla L. 191/98, verrà a scadere il
prossimo 1^ maggio, risulta evidente come l'esame del testo da
parte delle Commissioni parlamentari verrebbe ad essere
ristretto in un ambito temporale poco adeguato alle necessità
di approfondimento che derivano dall'ampiezza, dalla
complessità e dalla importanza del provvedimento che, tra
l'altro, rinnova, a distanza di sessanta anni, le leggi
fondamentali in materia di tutela dei beni culturali e del
paesaggio. L'impossibilità di giungere all'approvazione del
testo, peraltro, vanificherebbe un lavoro di oltre un anno e
mezzo svolto da una Commissione composta di autorevoli esperti
e la possibilità stessa di una prima sistemazione organica
della materia.
Quanto all'adeguatezza degli obiettivi individuati dalla
legge di delega, anche alla luce degli interventi legislativi
sopravvenuti, si rileva, da un lato, come appare senz'altro
indispensabile quell'opera di coordinamento della disciplina
vigente e di semplificazione procedurale, perseguita
attraverso la delega, e dall'altro lato, come la stessa legge
n. 352/97 preveda che nei tre anni successivi all'entrata in
vigore del testo unico possano esservi inserite le
disposizioni di legge approvate successivamente, con ciò
garantendo l'adeguamento del provvedimento senza necessità di
un nuovo affidamento di delega.
Valuterà autonomamente il Parlamento, in sede di
approvazione del disegno di legge di proroga, se,
nell'attività di adeguamento del testo da effettuarsi nel
triennio successivo all'approvazione, il Governo potrà operare
con più ampi criteri di delega.
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