| MICHELE SAPONARA, Relatore. Onorevoli colleghi, la
Giunta riferisce su una richiesta di deliberazione in materia
di insindacabilità avanzata dall'onorevole Domenico Gramazio,
con riferimento ad un procedimento civile pendente nei suoi
confronti presso il tribunale di Roma.
L'atto di citazione si riferisce, in particolare, ad
alcune affermazioni asseritamente diffamatorie proferite dal
deputato Domenico Gramazio nei confronti del dottor Pier Luigi
Celli, direttore generale della RAI. Per inquadrare
adeguatamente il caso occorre riferire preliminarmente gli
antefatti.
In data 10 novembre l'onorevole Gramazio presentava agli
uffici della Camera dei deputati una interrogazione a risposta
scritta rivolta al ministro delle comunicazioni e a quello del
tesoro, nella quale si richiedeva se rispondesse a verità, tra
l'altro, che la moglie del direttore generale della RAI
risultasse dipendente, collaboratore o consulente, o
intrattenesse comunque rapporti di lavoro, con una società
commerciale che ha lo stesso nome di un programma prodotto
dalla terza rete RAI (e che probabilmente è interessata alla
realizzazione del medesimo). Nella suddetta interrogazione si
faceva altresì menzione di altri asseriti favoritismi, da
ricondursi alla medesima società commerciale (e, mediatamente,
sempre secondo la prospettazione dell'interrogante, alla
direzione generale della RAI) e, conclusivamente, si chiedeva
"quali iniziative i ministri interrogati intendano prendere
per garantire trasparenza al servizio pubblico radiotelevisivo
e per evitare che in futuro si verifichino situazioni di
questo tipo che gettano discredito (...) sulla conduzione
della TV di Stato".
Il giorno dopo l'onorevole Gramazio divulgava il seguente
comunicato stampa dal titolo "Dalla RAI targata Ulivo
consulenze e collaborazioni ai familiari dei consiglieri
d'amministrazione", nella quale erano contenute, tra le altre,
le seguenti affermazioni: "Consulenze ai familiari, concubine
e amici. Questa è la RAI dell'Ulivo dichiara l'onorevole
Gramazio (...). C'è poi un giallo nel giallo. Nei giorni
scorsi il direttore generale ha smentito che una signora si è
spacciata con alte cariche istituzionali, ministri, manager di
aziende pubbliche e private, istituti di credito annunciandosi
telefonicamente come sua moglie. Sull'episodio starebbe
indagando anche la magistratura...".
Va detto fin d'ora - anche se la questione è del tutto
irrilevante ai fini della deliberazione della Camera - che il
giorno stesso il dottor Celli ha smentito, con un apposito
comunicato stampa, le affermazioni contenute
nell'interrogazione e nel comunicato. La notizia
dell'interrogazione e del comunicato veniva poi ripresa dal
quotidiano Roma, che, in data 11 novembre 1999,
pubblicava un articolo intitolato: "Gramazio: nepotismi in
RAI. Celli non risponde, querela". Il dottor Celli, sporgeva
quindi querela nei confronti dell'onorevole Gramazio per il
reato di diffamazione aggravata e contemporaneamente
presentava un atto di citazione dal quale scaturiva il
procedimento civile che è stato sottoposto all'attenzione
della Giunta.
Con riferimento al caso di specie, la Giunta si è occupata
della questione nella seduta del 24 febbraio 1999, ascoltando
altresì, com'è prassi, il deputato Gramazio. Il deputato
Gramazio ha riferito che l'interrogazione in questione non è
stata accettata dalla Presidenza della Camera in quanto la
materia sulla quale essa verteva
Pag. 3
esulava da quelle affidate alla competenza ed alla connessa
responsabilità propria del Governo nei confronti del
Parlamento ai sensi dell'articolo 139- bis del
regolamento della Camera.
Nel corso della discussione presso la Giunta si è dunque
posta la questione se la divulgazione all'esterno del
contenuto di un'interrogazione dichiarata non ammissibile (in
aggiunta ad ulteriori commenti da parte del deputato
interessato) possa considerarsi un'attività divulgativa
connessa all'esercizio di funzioni parlamentari. Tale quesito
è stato risolto, nel corso della discussione, in senso
sostanzialmente negativo, dal momento che l'opposta soluzione
svuoterebbe di significato il vaglio di ammissibilità previsto
dal citato articolo 139- bis del regolamento. Ciò
nondimeno la Giunta ha ritenuto che le espressioni adoperate
dal collega Gramazio sono da ritenersi comunque insindacabili
ai sensi dell'articolo 68, primo comma, della Costituzione.
Ciò non tanto per il fatto che siano divulgative di
un'interrogazione, ma per il fatto stesso che siffatte
affermazioni costituiscono - come ormai è stato da tempo
affermato nella "giurisprudenza" della Camera
sull'insindacabilità delle opinioni espresse dai parlamentari
- esse stesse, indipendentemente dalla pregressa presentazione
di un atto ispettivo, un'attività di critica, di ispezione e
di denuncia che di per sé può ricomprendersi tra quelle
proprie del parlamentare.
Del resto, la motivazione per la quale l'interrogazione
presentata dal collega Gramazio non è stata considerata
ammissibile attiene non al contenuto della medesima (sotto il
profilo, che pure è rilevante, ai sensi dell'articolo
139- bis del regolamento, della tutela della sfera
personale e dell'onorabilità dei singoli o comunque del
carattere sconveniente delle espressioni usate) ma piuttosto
alla mera circostanza "tecnica" che la RAI non è considerata
un'azienda in relazione alla quale può essere impegnata la
responsabilità del Governo dinanzi al Parlamento. Orbene, se
ciò è vero (e anche tale affermazione appare certamente
discutibile), non può certamente negarsi che il controllo
sulla RAI e sulla sua corretta gestione costituisca uno dei
più importanti compiti propri del Parlamento e, all'interno di
esso, di ciascun parlamentare. Non a caso, infatti,
nell'ambito delle due Camere è stato istituito un apposito
organo di vigilanza bicamerale che ha per oggetto proprio la
gestione del servizio pubblico radiotelevisivo.
Nel merito, la Giunta, pur valutando con attenzione il
fatto che le affermazioni del collega Gramazio costituiscono
una offesa particolarmente grave per una persona che ricopra
l'ufficio di direttore generale della RAI, ha ritenuto
tuttavia prevalente la considerazione del fatto che le
dichiarazioni del collega si inseriscono in un contesto
prettamente politico ed hanno per contenuto notizie e
valutazioni di preminente interesse politico.
E' appena il caso di sottolineare, infatti, che compito
della Giunta non è quello di soffermarsi sulla sussistenza o
meno dell'ipotesi di reato, ma piuttosto quella di verificare
la possibilità che determinati fatti, che di per sé
costituirebbero reato, vengano scriminati dalla natura
politico-parlamentare delle affermazioni rese, ai sensi
dell'articolo 68, primo comma, della Costituzione.
Per questi motivi la Giunta, a maggioranza, ha deliberato
di riferire all'Assemblea nel senso che i fatti per i quali è
in corso il procedimento concernono opinioni espresse da un
membro del Parlamento nell'esercizio delle sue funzioni.
| |