| ALBERTO SIMEONE. Signor Presidente, signor
sottosegretario, non sono assolutamente soddisfatto della sua
risposta, anche perché le assicurazioni che ella ha fornito
sono totalmente in contrasto con le dichiarazioni rese
ultimamente dal ministro dell'interno. Pare che si debba
andare ad una rivisitazione di tutta la materia disciplinata
dalla legge del 1975, che ha modificato l'ordinamento
penitenziario, dalla cosiddetta legge Gozzini e dalla legge n.
165 del 27 maggio 1998.
Quindi, le sue assicurazioni sono in contrasto con quelle
del ministro dell'interno, mi auguro che le stesse possano
trovare conferma e che non si crei un contenzioso tra il
ministro della giustizia e quello dell'interno. Dico questo
perché da un po' di tempo a questa parte assistiamo ad una
gara tra i ministri: se il ministro della giustizia fa quelle
dichiarazioni che sono sotto gli occhi di tutti perché le
leggiamo sui giornali, se è così sollecito nel rampognare gli
avvocati che
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si astengono dalle udienze per protestare legittimamente
contro l'invasione del potere legislativo, da parte del potere
giudiziario, è molto meno accorto quando si tratta di
stigmatizzare il comportamento di certe procure aduse ad
infischiarsene letteralmente delle disposizioni
legislative.
Per tornare in argomento, il caso a cui mi riferisco è
quello dei tribunali di sorveglianza che impiegano ben sei
mesi prima che l'istanza di un detenuto venga esaminata.
Allora non bastano le buone intenzioni, occorrono fatti
concreti né sono sufficienti le assunzioni di 155 assistenti
sociali, contro i 670 la cui assunzione è stata prevista dalla
legge n. 165 del 1998, se non viene assunto personale
amministrativo, se non vengono assunti gli educatori, così
come quella stessa legge prevede.
Oggi sono del tutto vanificati gli articoli 1 e 13
dell'ordinamento penitenziario, istituito con la legge n. 354
del 26 luglio 1975, il che determina quel malessere generale,
quell'affanno nella vita carceraria che sta contrassegnando
tutti gli istituti di pena del nostro paese.
Non è soltanto la morte di Silvana Giordano sotto gli
occhi del suo bambino di tre anni a destare lo sconcerto ed il
grande rammarico per una legislazione assolutamente non
all'altezza di un paese che si possa definire civile, ma sono
i tanti altri suicidi che avvengono nelle carceri italiane che
dimostrano quanto sia precaria la situazione da un punto di
vista non solo trattamentale (che pure la legislazione in atto
dovrebbe esaltare, sublimare) ma anche igienico e
abitativo.
Occorre una revisione completa o, meglio, una piena
affermazione di quanto è contenuto nella legislazione attuale
per evitare i numerosi suicidi che si registrano. Non mi
riferisco soltanto alla vicenda di Silvana Giordano; mi sembra
che nell'anno 1998 vi siano stati ben 14 suicidi, un numero
che suscita un grande allarme da un punto di vista carcerario
oltre che da un punto di vista morale. Ciò significa che la
riforma del 1975 è fallita miseramente, mentre dobbiamo far sì
che lo spirito di quella riforma venga attuato e che le norme
successive (la legge Gozzini e la cosiddetta legge Simeone)
esplichino compiutamente i propri effetti.
Concludo con la raccomandazione di dare direttive non solo
al dipartimento dell'amministrazione penitenziaria ma
soprattutto ai tanti tribunali di sorveglianza che impiegano
tempi biblici per fissare le udienze per le istanze
legittimamente presentate dai tanti detenuti.
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