| Né io né altro componente del Governo abbiamo mai
contestato l'autenticità delle autonomie regionali. Al
contrario, il Governo è stato, sin dalla sua nascita,
impegnato in un quotidiano sforzo di applicazione delle leggi
che hanno avviato il processo di decentramento e di riforma
dello Stato. Nell'ambito del lavoro di verifica della
costituzionalità delle leggi regionali, il mio ministero ha
proposto ed ottenuto che venissero approvate centinaia di
testi: in pochissimi casi, ancorché amplificati dai
media, è avvenuto il contrario e naturalmente per
decisione unanime del Governo.
Le cifre parlano da sole: il numero di leggi cui è stato
dato corso nei primi quattro mesi di lavoro del Governo è pari
a 334 contro le 52 per le quali è stato chiesto il rinvio.
Quanto alla riforma per l'elezione diretta del presidente
della regione, recentemente approvata dalla Camera, su di essa
ho espresso, nell'ambito di una normale dialettica politica,
la mia perplessità e non la mia contrarietà: non ritengo che
l'elezione diretta del presidente sia di per sé un elemento
migliorativo o risolutivo dei problemi legati all'attuazione
della riforma.
Né è possibile porre in parallelo la elezione del sindaco
e quella del presidente della regione, atteso il diverso
ambito di competenze: al secondo spettano competenze di tipo
legislativo, che mancano nel caso del sindaco e che rendono,
perciò, più delicati gli aspetti inerenti alle modalità della
sua elezione. Essa, tuttavia, è e resta prerogativa e frutto
di scelte del Parlamento, che io rispetto profondamente. Altra
cosa è il varo di un testo da parte del Consiglio dei ministri
che nasce da una discussione collegiale di una coalizione che
ribadisce la sua unità d'intenti, ancorché abbia al suo
interno specificità, accenti e culture politiche diversi.
In merito, poi, alla proposta di revisione costituzionale
in senso federalista approvata lo scorso 9 marzo dal Governo,
non solo non ho espresso quello che lei ha definito "un
motivato dissenso", ma, al contrario, ho espresso
soddisfazione per ragioni di metodo - il ricorso all'articolo
138 della Costituzione - e di merito: per esempio, per la
sanzione costituzionale del trend di decentramento
amministrativo, proposta che ho avanzato sin dall'inizio del
mio mandato. Ritengo, inoltre, che questo disegno di legge
abbia il valore politico di avere riavviato le riforme. E'
un'opinione che gli organi di stampa hanno puntualmente
riferito (lo hanno fatto La Stampa, la Repubblica, il
Corriere della Sera e le principali agenzie di stampa).
Pertanto, anche in precedenza avevo espresso complessivamente
un buon giudizio sulla cosiddetta bozza Amato, nella fase
della sua definizione, pur formulando la proposta di taluni
aggiustamenti. Ricordo di averlo fatto il 3 marzo in occasione
di un convegno a Chianciano dedicato al decentramento. L'ho
ribadito ogni volta che sono stata interpellata in proposito,
dentro e fuori le sedi istituzionali. Quando qualche organo di
stampa, magari con l'intenzione di promuovere dissensi fra
ministri, mi ha chiesto cosa
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pensavo del federalismo, ho risposto e lo posso ripetere
anche qui, che la parola, spesso abusata, si presta a molte
interpretazioni diverse. Alcune di queste mi fanno ricordare
che l'Italia non è un insieme di tanti Stati, ma una
Repubblica che, attraverso la propria Carta costituzionale,
definisce i rapporti fra lo Stato e le regioni, i comuni e gli
enti locali.
Le rispondo, in conclusione, che ritengo i miei
atteggiamenti, le mie opinioni e il lavoro del Dipartimento
per gli affari regionali, che opera nel quotidiano rispetto
della Costituzione, non solo compatibili, ma del tutto in
sintonia con gli orientamenti programmatici e i provvedimenti
del Governo, che alla Costituzione ha giurato fedeltà.
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