| FRANCO FRATTINI. Il chiarimento che ha dato il
sottosegretario a seguito delle parole del presidente Cerulli
Irelli conferma tutte le mie perplessità e tutti i miei dubbi
intorno a questa norma di definizione del quadro
finanziario.
Faccio un breve richiamo ai precedenti della norma,
soltanto per dire che stiamo parlando - come è stato
sottolineato anche da un collega della maggioranza - di una
riforma importante di carriere che esprimono funzioni
essenziali per lo Stato. Ebbene, quando il Governo si accinge
ad una riforma che cambia un sistema anche sotto l'aspetto
ordinamentale e dei trattamenti, perché sostituisce un sistema
di contrattazione ad un quadro di definizione normativa degli
stessi, non può non farsi carico contestualmente della
cosiddetta perequazione. Perequare, a differenza di quanto ha
detto il collega Massa, non significa riconoscere puramente e
semplicemente alcuni vantaggi, ma significa ripianare una
situazione di ingiustizia e di disallineamento che si trascina
da anni. Carriere come quella diplomatica o prefettizia hanno
subìto, proprio per effetto della diversità del sistema di
definizione dei trattamenti giuridici ed economici rispetto al
precedente, un disallineamento nei confronti delle categorie
contrattualizzate
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che la norma transitoria proposta da alcuni colleghi e dal
sottoscritto mirava a superare.
Perequare non vuol dire alterare le regole di
contrattazione, significa azzerare le ingiustizie del passato
per prepararsi ad un nuovo sistema definito dalle nuove
regole.
Allora, è assolutamente normale che in situazioni del
genere un Governo che presenti una riforma debba darsi carico
di quella piccola copertura finanziaria che occorre per
ripianare una situazione di ingiustizia pregressa.
Non mi basta, onorevole sottosegretario, l'impegno che lei
oggi assume di inserire nel quadro del documento di
programmazione economica e finanziaria la definizione delle
esigenze finanziarie. Chi potrà assicurare, infatti, alle
categorie che hanno titolo al ripiano di una ingiustizia del
passato che, in quel quadro di definizioni, vi saranno i fondi
occorrenti? Chi è in grado di garantire che non accadrà ciò
che è sempre avvenuto e cioè che un'emergenza economica di
domani o di dopodomani costringerà a rinunciare a quello che
oggi non si è avuto il coraggio, dignitosamente, di inserire
in questa legge?
Si trattava di trovare poche decine di miliardi; come è
possibile che dopo tanti mesi di esame approfondito in
Commissione affari costituzionali, grazie alla collaborazione
di tutti i colleghi, siamo ancora qui a chiederci come mai non
abbiamo trovato quei 50 miliardi che servivano a chiudere la
partita con la pretesa di tante categorie che aspettano da
tempo?
Oggi dobbiamo dire che accettiamo il male minore,
accettiamo che si stabilisca il termine del 30 aprile in una
norma, il termine del DPEF, ma desideriamo far rimarcare come
questo impegno sia, al solito, il frutto di una gestione che
ha - lo dico con dispiacere - nell'improvvisazione il suo
punto focale. Quando si determinano le somme occorrenti per un
provvedimento di Governo, infatti, e non per un provvedimento
parlamentare, che mette mano alla riforma delle prefetture, si
deve pensare prima a quanto costa tale riforma.
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