| ANTONINO MANGIACAVALLO, Sottosegretario di Stato per la
sanità. Desidero innanzitutto ringraziare gli onorevoli che
sono intervenuti, perché oltre alle questioni riguardanti la
vicenda del bambino morto nell'incubatrice, hanno sollevato
altre problematiche che già sono all'attenzione del Ministero
della sanità, almeno per quello che riguarda le sue
competenza.
La collega De Simone faceva riferimento alla facile
ospedalizzazione per quanto riguarda i parti, all'eccessivo
ricorso - almeno a suo modo di vedere - al taglio cesareo,
allo smoderato uso di farmaci acceleranti. Debbo dire che
questa incidenza particolare della ospedalizzazione e delle
pratiche ad essa connesse è già all'attenzione del Ministero
della sanità. Non entro evidentemente nel merito di quelle
valutazioni che esulano dalla stretta competenza del Ministero
della sanità, come ad esempio il calo delle nascite (avremo
modo di valutare meglio questi aspetti in altra sede).
Riguardo alle motivazioni aggiuntive del collega Simeone,
relativamente, ad esempio, al riconoscimento dell'azienda di
Benevento come azienda di interesse nazionale ovvero alla
diminuzione dei posti-letto, mi permetto di ricordare in
questa sede che ciò non rientra nella competenza del Ministero
della sanità ma dell'amministrazione regionale.
Entro ora nel merito della vicenda relativa al
ritrovamento del neonato morto dentro un'incubatrice del
reparto di neonatologia dell'ospedale Rummo di Benevento.
Appena appresa la dolorosa notizia, il ministro della sanità
ha attivato immediatamente il servizio ispettivo del ministero
per accertare, con una ispezione, le cause della morte tragica
del neonato presso l'ospedale citato.
Più precisamente, in data 10 marzo sono giunti sul luogo
dell'incidente cinque funzionari ministeriali non solo per
accertare che cosa fosse accaduto nel reparto dove è deceduto
il neonato, ma anche per estendere l'accertamento alle misure
di sicurezza dell'intero ospedale; come ha sostenuto
giustamente la collega
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De Simone, non si tratta di un problema solo di carattere
giudiziario, perché la questione deve essere affrontata in
termini di prevenzione e di sicurezza, come ha fatto e
continua a fare il Ministero della sanità.
L'incidente che si è verificato, infatti, ripropone il
problema dei controlli all'interno delle aziende sanitarie,
controlli che spettano oggi solo alle stesse aziende, ma che
dovranno essere rafforzati - facciamo tesoro anche della sua
sollecitazione, peraltro già oggetto di assicurazioni da parte
del ministro - prevedendo anche nuovi poteri di tutela della
salute da parte del Ministero della sanità.
Il nucleo ispettivo incaricato dell'indagine ha avuto cura
di predisporre un'adeguata relazione in ordine agli elementi
informativi e ai dati obiettivi che sono stati raccolti nel
corso dell'ispezione. Dalla relazione agli atti risulta che la
sezione neonatale dell'ospedale Rummo di Benevento è suddivisa
in quattro locali e consta di una medicheria, di una sala
culle di circa cinquanta metri quadrati, contenente ben trenta
culle. Vi è poi un locale riservato al personale
infermieristico ed ausiliario ed un altro locale destinato
alla collocazione delle incubatrici e delle attrezzature
fototerapiche.
Preliminarmente, corre l'obbligo di riferire che
l'incubatrice del tipo Vichers, modello 59, dove era stato
sistemato il neonato morto il 9 marzo 1999, è stata posta
sotto sequestro per ordine della competente autorità
giudiziaria.
L'unità operativa pediatrica dell'ospedale Rummo si
compone, poi, di nove medici e trentasei fra infermieri
professionali, vigilatrici, puericultrici ed ausiliari; di
questi, sedici unità di personale non medico sono assegnate
alla sezione neonatale, il cui servizio è organizzato in
turni, entro le ventiquattro ore, che assicurano costantemente
la presenza, nel corso di ciascun turno, di una infermiera o
vigilatrice e di una puericultrice. Una terza unità
infermieristica è assicurata nel corso del primo turno, che va
dalle ore 8 alle ore 14.
Il servizio medico viene assicurato con guardia attiva
nelle ventiquattro ore e con visita sistematica durante il
turno che va dalle ore 8 alle ore 14; qualora per i neonati si
dovesse manifestare una situazione clinica particolarmente
critica, questi vengono affidati a strutture dotate di terapia
intensiva neonatale tramite il circuito di emergenza regionale
coordinato dalla centrale operativa di Caserta, che provvede
alle operazioni di trasferimento con autoambulanza
medicalizzata o altro, provvisto di incubatrice per
rianimazione.
Al momento dell'increscioso evento, erano presenti in
servizio il medico pediatra dottor Angelo Giovanni Puzzo, la
vigilatrice Antonietta Lettere, la puericultrice Amalia
Catallo e l'anestesista rianimatore dottor Filippo Zotti.
In ordine all'accaduto, gli ispettori ministeriali
apprendevano dal dottor Spinosa, primario della divisione di
pediatria e neonatologia, che il personale infermieristico di
turno alle ore 5,15, non rilevando alcunché di anomalo
all'interno del locale dove sono situate le incubatrici,
avrebbe poi provveduto ad altre mansioni presso il locale
adiacente dove allocano le culle. Alle ore 6 la signora
Lettere, nell'atto di recarsi presso l'incubatrice, si rendeva
conto delle condizioni gravissime in cui versava il neonato. I
sanitari tentavano subito la rianimazione cardiocircolatoria
con massaggio cardiaco esterno, intubazione e ventilazione di
ossigeno al 100 per cento e, alle ore 6,40, vista
l'inefficacia della rianimazione, si constatava il decesso del
neonato. Il dottor Spinosa ha reso agli ispettori ministeriali
una dichiarazione nella quale si afferma il costante controllo
delle apparecchiature in dotazione all'unità ospedaliera
pediatrica da parte del personale medico e non medico.
Qualsiasi segnale di cattivo funzionamento dà luogo alla
immediata disattivazione dell'apparecchiatura cui segue
tempestiva richiesta di intervento dell'ufficio tecnico. Gli
ispettori ministeriali, in proposito, hanno avuto modo di
riscontrare la mancanza di specifiche procedure scritte per
l'utilizzo delle apparecchiature in dotazione. Nel caso poi
delle due
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incubatrici in dotazione all'unità operativa pediatrica e, in
particolare, della loro manutenzione, gli ispettori hanno
appurato che dal gennaio del 1995 è previsto un sistema di
intervento per chiamata unicamente per cause di guasto e non
per la ordinaria e periodica verifica. Al riguardo, giova
precisare che l'apparecchiatura in parola è stata acquistata
nell'aprile 1981. Sotto l'aspetto organizzativo, i funzionari
incaricati dell'ispezione hanno tenuto a rilevare
l'insufficienza del personale infermieristico addetto
all'unità operativa neonatale in relazione al numero di
neonati degenti e ai compiti che ne conseguono, espletati
anche al di fuori del nido stesso.
Quindi, la situazione di carenza del personale è
strettamente correlata alla qualità del servizio svolto, però
anche la mancata identificazione dei rischi, soprattutto di
quelli derivanti dall'uso di apparecchiature in dotazione non
garantisce adeguata sicurezza. Quest'ultimo aspetto trova
peraltro conferma in un verbale redatto in data 13 febbraio
1996 dal servizio di prevenzione dell'azienda sanitaria locale
Benevento 1. Nel citato documento vengono riscontrate una
serie di contravvenzioni in materia di sicurezza e, in
particolare, l'omessa - leggo testualmente - istituzione di
documentazione con elenco degli apparecchi elettromedicali in
uso negli ambienti, corredata di dichiarazione di rispondenza
alle norme CEE 62/5, fascicolo 1445 e procedure per la loro
manutenzione e controllo in relazione alle istruzioni del
produttore.
A conclusione della relazione ispettiva i funzionari
incaricati hanno evidenziato l'opportunità di una verifica
circa lo stato complessivo dell'intera struttura sanitaria con
particolare attenzione ai requisiti strutturali organizzativi
e tecnologici e allo stato di attuazione delle norme di
sicurezza cui la collega De Simone faceva riferimento.
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