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Testi integrali degli Atti Parlamentari della XIII Legislatura

Documento


435389
STA0508-0044
Somm. e Sten. d'Aula n. 508 del 19 marzo 1999 (STA13-508)
(suddiviso in 65 Unità Documento)
Unità Documento n.44 (che inizia a pag.7 dello stampato)
(il TITOLO si trova nell'Unità Documento n.38)
ESAME: C5491. ...(Discussione sulle linee generali - A.C. 5491) LAVASS
...ESAME: C5491. ...(Discussione sulle linee generali - A.C. 5491)
FABRIZIO CESETTI, Relatore per la II Commissione.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PIERLUIGI PETRINI
ZZSTA ZZRES ZZSTA190399 ZZSTA990319 ZZSTA000399 ZZSTA000099 ZZSTA508 ZZ13 ZZDI ZZLL
    FABRIZIO CESETTI,  Relatore per la II Commissione.
  Signor Presidente, colleghi, con questo atto il Parlamento è
  chiamato a ratificare un complesso di strumenti internazionali
  tra loro intimamente connessi, anche in considerazione della
  parziale sovrapposizione delle materie regolate o delle
  interazioni, più o meno immediate, tra le rispettive
  discipline.
     L'obiettivo fondamentale del primo degli atti
  internazionali oggetto di ratifica (la convenzione PIF) è
  quello di assicurare la repressione negli Stati membri
  dell'Unione europea - normalmente con sanzioni di carattere
  penale - delle frodi lesive degli interessi finanziari delle
  Comunità europee, tanto in materia di spese che di entrate,
  quali definite dall'articolo 1 della convenzione stessa.
     Si legge nella relazione introduttiva del Governo che la
  legislazione italiana risulta già in larga misura allineata ai
  contenuti dello strumento, onde le norme di adeguamento si
  esauriscono in limitati interventi volti ad eliminare
  marginali profili di incompatibilità.
     Quanto alle fattispecie incriminatrici, può rilevarsi, in
  effetti, come sul versante delle frodi in materia di spese gli
  articoli 316- bis  e 640- bis  del codice penale
  rechino, in linea generale, disposizioni sanzionatorie
  sicuramente idonee a soddisfare l'obbligazione stabilita dagli
  articoli 1 e 2 della convenzione.
     Per quanto attiene alle frodi in materia di entrate,
  vengono in rilievo, per quanto riguarda il nostro ordinamento,
  le norme incriminatrici relative al contrabbando doganale
  contenute nel testo unico delle disposizioni legislative in
  materia doganale, approvato con decreto del Presidente della
  Repubblica 23 gennaio 1973, n. 43.  Gli articoli da 282 a 294
  del testo unico prevedono, in proposito, sanzioni pecuniarie,
  come la multa, mentre solo nelle ipotesi aggravate è prevista
  la reclusione.  Sorge pertanto, in relazione alla "soglia
  quantitativa" di cui all'articolo 2, paragrafo 1, della
  convenzione, l'esigenza di aggiungere alle aggravanti
  contemplate dall'articolo 295 del testo unico anche l'ipotesi
  in cui i diritti di confine dovuti siano superiori
  all'equivalente di 50 mila ECU.  A ciò provvede l'articolo 4
  del disegno di legge, stabilendo comunque, per la fattispecie
  in discorso, un trattamento sanzionatorio distinto meno severo
  (reclusione fino a tre anni, oltre la multa) rispetto a quello
  previsto dall'attuale secondo comma del citato articolo 295
  (che prevede una reclusione da tre a cinque anni, oltre la
  multa).
     Le restanti disposizioni della convenzione appaiono, di
  contro, improduttive di impegni novativi per il nostro
  ordinamento.
 
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     Il primo protocollo della convenzione PIF e la convenzione
  dell'Unione europea sulla corruzione presentano una reciproca
  connessione.  L'obbligo fondamentale scaturente dal primo
  protocollo consiste infatti nell'incriminazione delle condotte
  di corruzione che vedano coinvolti funzionari comunitari o
  degli Stati membri dell'Unione europea e che risultino altresì
  idonee a ledere gli interessi finanziari delle Comunità
  europee.  La convenzione sulla corruzione estende lo scopo del
  primo protocollo, prescindendo dal collegamento tra i fatti di
  corruzione che devono essere incriminati e la frode lesiva
  degli interessi finanziari delle Comunità.
     La convenzione OCSE sulla lotta alla corruzione di
  pubblici funzionari stranieri ha, quale obiettivo
  fondamentale, l'introduzione nella legislazione dei paesi
  firmatari di norme incriminatrici della corruzione attiva dei
  pubblici funzionari stranieri finalizzata ad ottenere o a
  conservare un affare o un altro indebito vantaggio nell'ambito
  del commercio internazionale (così recita l'articolo 1,
  paragrafo 1, della convenzione).
     Nel complesso, quindi, gli atti internazionali di cui
  viene richiesta la ratifica sono diretti a combattere la
  corruzione in ambito comunitario.  Si tratta, dunque, in primo
  luogo, per il Parlamento, di approfondire i contenuti dei
  diversi atti internazionali sottoposti a ratifica, in modo da
  estrarre dal complesso delle disposizioni in essi contenute
  regole univoche e chiare.
     In secondo luogo, si tratterà di verificare se le regole
  contenute o comunque emergenti dal complesso di atti
  internazionali possano considerarsi, almeno in parte, già
  recepite nell'ordinamento italiano.  Dovranno inoltre essere
  inserite nel nostro ordinamento proprio quelle disposizioni
  che presentano carattere innovativo rispetto al tessuto
  normativo nazionale.
     Quanto all'insieme delle disposizioni contenute negli atti
  internazionali, occorre in primo luogo sottolineare che, per
  la maggior parte di esse, vengono rimesse alle valutazioni dei
  singoli Stati le modalità di trasferimento e di trasposizione
  di tali disposizioni nei singoli ordinamenti.
     In sintesi, l'insieme degli atti internazionali provvede
  a: definire il concetto di frode comunitaria, sia per le spese
  sia per le entrate; definire il concetto di funzionario
  comunitario e nazionale; definire la corruzione attiva e
  passiva; individuare la responsabilità penale dei dirigenti
  delle imprese e delle persone giuridiche (così la Convenzione
  OCSE); richiamare un apparato sanzionatorio, distinguendo tra
  ipotesi più o meno gravi, in base al valore pecuniario della
  frode; fissare meccanismi di competenza giurisdizionale, di
  cooperazione tra gli Stati, anche con il ricorso
  all'estradizione, in modo da assicurare un'efficace lotta alla
  corruzione e, contemporaneamente, evitare che lo stesso
  soggetto sia perseguito più volte per il medesimo fatto  (ne
  bis in idem);  rimettere alla Corte di giustizia delle
  Comunità europee la valutazione della pronuncia i via
  pregiudiziale sulla interpretazione della Convenzione sulla
  tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee.
     Come precisato anche dall'articolo 9 della Convenzione
  PIF, ogni Stato potrà adottare ulteriori disposizioni di
  diritto interno, che vadano eventualmente anche oltre gli
  obblighi derivanti dalla Convenzione, che dovrebbe pertanto
  costituire il minimo comune denominatore degli Stati
  contraenti.
     La contestualità della ratifica di una pluralità di atti
  internazionali richiede, peraltro, un approfondimento dei
  rapporti tra tali atti, specialmente laddove essi intervengano
  sulle medesime materie.
     Occorre sottolineare, ad esempio, che il protocollo della
  Convenzione sulla tutela degli interessi finanziari delle
  Comunità europee reca una definizione di corruzione passiva e
  di corruzione attiva che non corrisponde completamente alla
  definizione della Convenzione relativa alla lotta contro la
  corruzione nella quale sono coinvolti funzionari comunitari o
  nazionali.
     Nel primo caso, infatti, la corruzione passiva si ha
  quando il funzionario deliberatamente, direttamente o tramite
 
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  un terzo, sollecita o riceve vantaggi di qualsiasi natura, per
  sé o per un terzo, o ne accetta la promessa, per compiere o
  per omettere un atto proprio delle sue funzioni o
  nell'esercizio di queste, in violazione dei suoi doveri di
  ufficio, che leda o potrebbe ledere gli interessi finanziari
  delle Comunità europee.
     La seconda delle convenzioni richiamate fa invece
  riferimento ad un intermediario, anziché ad un terzo, e non fa
  riferimento alla lesione degli interessi finanziari
  comunitari.  Analoga distinzione riguarda anche la corruzione
  attiva.
     In modo corrispondente l'articolo 3 della convenzione PIF
  richiama la responsabilità penale dei dirigenti delle imprese,
  mentre la convenzione OCSE, all'articolo 2, richiama la
  responsabilità delle persone giuridiche.  Se è vero che viene
  permesso a ciascuna parte contraente di adottare le misure
  necessarie, pur tuttavia si costituisce un obbligo, quello di
  individuare misure per stabilire la responsabilità delle
  persone giuridiche per la corruzione di pubblico ufficiale.  Si
  dovrà valutare in quale misura una disposizione del genere sia
  compatibile con l'ordinamento italiano, in particolare con il
  principio sintetizzato dal brocardo  societas delinquere non
  potest.
     Di tali aspetti, relativi alla potenziale sovrapposizione
  di alcune disposizioni dei diversi atti internazionali, si fa
  carico la stessa relazione introduttiva del Governo, che
  sottolinea - ad esempio - circa i rapporti tra il primo
  protocollo della convenzione PIF e la Convenzione relativa
  alla lotta alla corruzione, che "la convenzione sulla
  corruzione, dal canto suo, non reca disposizioni
  sostanzialmente innovative rispetto al primo protocollo, ma ne
  allarga lo scopo".
     Il testo del disegno di legge, oltre agli articoli
  relativi alla ratifica ed all'entrata in vigore sul piano
  internazionale, introduce, all'articolo 3, una disposizione
  sulla concussione e corruzione di funzionari delle Comunità
  europee e di Stati esteri; all'articolo 4 modifica in testo
  unico in materia di reati doganali; all'articolo 5 modifica la
  legge n. 898 del 1986 in materia di frode ai danni del Fondo
  europeo agricolo di orientamento e garanzia; l'articolo 6
  riguarda la responsabilità delle persone giuridiche;
  l'articolo 7 l'autorità responsabile per le finalità della
  convenzione OCSE; infine, l'articolo 8 reca la clausola di
  entrata in vigore.
     L'articolo 3 introduce l'articolo 322- bis  del codice
  penale.  In base ad esso, le disposizioni sulla concussione e
  relative pene accessorie, sulla corruzione per un atto
  d'ufficio o contrario ai doveri d'ufficio, e relative
  circostanze aggravanti, sulla corruzione in atti giudiziari e
  sulla corruzione di persona incaricata di un pubblico
  servizio, oltre che sull'istigazione alla corruzione, si
  applicano anche ad una serie di ulteriori soggetti.
     Le indicate disposizioni verrebbero applicate anche ai
  membri della Commissione, del Parlamento europeo, della Corte
  di giustizia e della Corte dei conti delle Comunità; ai
  funzionari e agli agenti comunitari; alle persone comandate
  dagli Stati membri o da qualsiasi ente pubblico o privato
  presso le Comunità, che esercitino funzioni corrispondenti ai
  funzionari o agenti; ai membri e agli addetti degli enti
  costituiti sulla base dei trattati; a coloro che, nell'ambito
  di altri Stati membri dell'Unione europea, svolgono funzioni o
  attività corrispondenti a quelle dei pubblici ufficiali e
  degli incaricati di un pubblico servizio.  Proprio quest'ultima
  categoria sembra potersi interpretare in modo più o meno
  discrezionale, in quanto la nozione di corrispondenza alla
  funzione di pubblici ufficiali o incaricati di pubblico
  servizio potrebbe ricevere diversa estensione e, in ultima
  analisi, confliggere con la stessa tassatività della norma
  penale.
     Il secondo comma prevede, invece, l'applicazione delle
  pene per il corruttore (articolo 321 del codice penale) e dei
  soli primi due commi, relativi all'istigazione alla
  corruzione, dell'articolo 322 del codice penale ai medesimi
  soggetti indicati, nonché a persone che esercitino funzioni o
  attività corrispondenti a quelle di pubblico ufficiale o di
  incaricato di un pubblico servizio, qualora il fatto sia
  commesso
 
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  per procurare a sé o ad altri un indebito vantaggio in
  operazioni economiche internazionali.
     E' poi previsto un comma che assimila le persone indicate
  nel primo comma ai pubblici ufficiali, qualora esercitino
  funzioni corrispondenti, e agli incaricati di un pubblico
  servizio negli altri casi.
     E' poi prevista l'introduzione dell'articolo 322- ter
  del codice penale in base al quale, in caso di condanna o di
  patteggiamento, per alcuni dei reati richiamati, è sempre
  ordinata la confisca dei beni che ne costituiscono il profitto
  o il prezzo, salvo che appartengano a persona estranea al
  reato, ovvero, quando essa non è possibile, la confisca di
  beni, di cui il reo ha la disponibilità, per un valore
  corrispondente a tale profitto o prezzo.
     Occorre ricordare che, in base all'articolo 240 del codice
  penale, è già prevista la possibilità di confisca delle cose
  che costituiscono il prezzo del reato.  L'innovazione della
  disposizione speciale recata dall'articolo 322- ter
  riguarderebbe pertanto il carattere obbligatorio della
  confisca, in caso di reati di corruzione o concussione, per i
  beni che costituiscono il profitto del reato.  Tale ipotesi è,
  invece, facoltativa per la disposizione generale dell'articolo
  240.
     Costituisce poi innovazione speciale rispetto all'articolo
  240 la confisca di beni, di cui il reo abbia la disponibilità,
  per il valore corrispondente al profitto o al prezzo.  E'
  evidente che, in questa formulazione, tale ipotesi speciale di
  confisca si applicherebbe non solo ai funzionari comunitari,
  ma anche ai pubblici ufficiali o incaricati di pubblico
  servizio in genere.
     Occorre ricordare che la II e la III Commissione, dando
  seguito al parere della I Commissione, hanno esplicitato,
  anche nella rubrica dell'articolo 3, che esso riguarda anche i
  membri di organi dell'Unione europea.
     L'articolo 4 reca una modifica del testo unico in materia
  di reati doganali: si prevede un aggravamento di pena per i
  reati ivi previsti, per cui, alla multa già prevista per le
  infrazioni commesse, si aggiungerebbe la reclusione fino a tre
  anni quando l'ammontare dei diritti di confine dovuti sia
  maggiore di lire 90 milioni.  Analoghe fattispecie di maggiore
  gravità, che aggiungono la reclusione alla multa, sono già
  previste dall'articolo 295, ma sono connesse alla maggiore
  gravità del comportamento soggettivo: presenza o utilizzo di
  armi, pluralità di soggetti puniti o ostacolo agli organi di
  polizia, concorso di reati, associazione per la commissione di
  contrabbando.
     L'articolo 5 modifica la legge concernente le frodi ai
  danni del Fondo europeo agricolo di orientamento e
  garanzia.
     L'articolo 6, sicuramente il più importante, riguarda la
  responsabilità delle persone giuridiche.  E' in primo luogo
  necessario richiamare quanto già sottolineato circa la
  compatibilità con il nostro ordinamento della responsabilità
  penale delle persone giuridiche.  Si consideri che l'articolo 6
  del disegno di legge originario prevedeva che la legge
  stabilisse i casi nei quali le persone giuridiche sono
  autonomamente responsabili dei reati di corruzione attiva e di
  istigazione alla corruzione, nonché le sanzioni ad esse
  applicabili.
     Trattandosi di una legge ordinaria, ovviamente, la
  disposizione non introduceva una riserva di legge, bensì una
  sorta di norma "manifesto" che, senza innovare sostanzialmente
  nell'ordinamento, rinviava a sua volta ad un successivo
  intervento del legislatore.
     Le Commissioni hanno, quindi, inteso dare una risposta più
  adeguata alla questione della responsabilità delle persone
  giuridiche, muovendo in primo luogo dal testo dell'articolo 2
  della convenzione OCSE.  In base ad esso, ciascuna parte deve
  adottare le misure necessarie, secondo i propri principi
  giuridici, per stabilire la responsabilità delle persone
  giuridiche per la corruzione di pubblico ufficiale straniero.
  Tale articolo, dunque, non impone al nostro ordinamento di
  introdurre il principio della responsabilità penale delle
  persone giuridiche che, com'è noto, pone non pochi problemi di
  conformità alla Costituzione  (in primis  alla personalità
  della responsabilità
 
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  penale, di cui all'articolo 27 della Carta costituzionale
  inteso in un'accezione sostanzialistica).
     L'articolo 6 del provvedimento qui sottoposto
  all'attenzione dell'Assemblea costituisce una soluzione che
  individua una forma di illecito amministrativo a carico delle
  persone giuridiche.  Si è cercato di definire linee guida
  efficaci per una nuova disciplina della responsabilità delle
  persone giuridiche in connessione con la commissione dei reati
  di corruzione interessati dal provvedimento in esame.
     Come evidenziato, il testo prende atto delle difficoltà
  teoriche e pratiche, oltre che di ordine costituzionale,
  legate all'individuazione di una responsabilità penale delle
  persone giuridiche.  Per questo motivo, in connessione con la
  responsabilità penale personale dei responsabili delle persone
  giuridiche, viene individuata una responsabilità di queste
  ultime.  La sanzione di carattere amministrativo risulterebbe
  pecuniaria, se il reato è commesso a vantaggio della persona
  giuridica; interdittiva in aggiunta a quella pecuniaria, se
  l'illecito è strumentale all'attività della persona giuridica.
  Spetta all'autorità amministrativa competente per territorio
  applicare la sanzione.  L'autorità amministrativa riceve la
  sentenza che attesta il nesso di strumentalità o vantaggio
  della persona giuridica ed esercita un potere discrezionale
  nell'individuazione della sanzione più idonea.  Avverso il
  provvedimento sanzionatorio è ammesso ricorso all'autorità
  giudiziaria ordinaria, in base al rinvio operato dalla legge
  n. 689 del 1981.
     L'articolo 6 è dunque diretto a delegare al Governo
  l'emanazione della disciplina della responsabilità delle
  persone giuridiche, in relazione a reati previsti nel
  provvedimento in esame, e recepisce il contenuto di una
  proposta del deputato Meloni in ordine alla responsabilità
  delle persone giuridiche, nonostante che tale proposta non sia
  stata formulata nei termini di delega legislativa.
     Lo strumento della delega è apparso, invece, il mezzo più
  idoneo per ottemperare veramente agli obblighi assunti in sede
  internazionale e contestualmente disporre di un congruo e
  determinato periodo di tempo (sei mesi) per l'elaborazione di
  una disciplina compiuta in materia.  Inoltre, i principi e i
  criteri di delega sono sufficientemente determinati ed
  efficaci nella realizzazione dell'obiettivo del provvedimento.
  Non a caso, ad esempio, è stata prevista l'esclusione del
  pagamento in misura ridotta, di cui all'articolo 16 della
  citata legge n. 689, nonché il ricorso alla confisca, alla
  chiusura dello stabilimento, alla sospensione dell'attività,
  alla revoca dell'eventuale concessione.
     E' da ritenere infine, conformemente a quanto emerge dal
  disegno di legge in esame, che le disposizioni già vigenti nel
  nostro ordinamento siano più che sufficienti ad assicurare il
  rispetto delle norme pattizie sulla competenza e sulla
  connessa cooperazione fra gli Stati per il perseguimento dei
  reati in questione.
     In conclusione, è necessario che anche nel nostro
  ordinamento non rimangano lacune che impediscano nei fatti di
  perseguire gravi forme di illecito per attività di soggetti in
  passato senz'altro residuali ma ormai, e purtroppo, sempre più
  rilevanti anche nell'ambito del processo di integrazione
  comunitaria.  Per queste ragioni il relatore raccomanda la
  ratifica di questo provvedimento.
 
DATA=990319 FASCID=STA13-508 TIPOSTA=STA LEGISL=13 NCOMM= SEDE= NSTA=0508 TOTPAG=0023 TOTDOC=0065 NDOC=0044 TIPDOC=O DOCTIT=0038 COMM= DI PAGINIZ=0012 RIGINIZ=023 PAGFIN=0016 RIGFIN=060 UPAG=NO PAGEIN=7 PAGEFIN=11 SORTRES=9903193 SORTDDL= FASCIDC=13STA 00508 SORTNAV=59903192 00508 200000 ZZSTA508 NDOC0044 TIPDOCO DOCTIT0038 NDOC0038



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