Banche dati professionali (ex 3270)
Testi integrali degli Atti Parlamentari della XIII Legislatura

Documento


435439
STA0509-0010
Somm. e Sten. d'Aula n. 509 del 22 marzo 1999 (STA13-509)
(suddiviso in 86 Unità Documento)
Unità Documento n.10 (che inizia a pag.2 dello stampato)
(il TITOLO si trova nell'Unità Documento n.8)
DISCUSSIONE: C5784. ...(Discussione sulle linee generali - A.C. 5784) LAVASS
...DISCUSSIONE: C5784. ...(Discussione sulle linee generali - A.C. 5784)
GIUSEPPE GIULIETTI, Relatore.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PIERLUIGI PETRINI
ZZSTA ZZRES ZZSTA220399 ZZSTA990322 ZZSTA000399 ZZSTA000099 ZZSTA509 ZZ13 ZZDI ZZLL
    GIUSEPPE GIULIETTI,  Relatore.  Signor Presidente, il
  provvedimento all'esame dell'Assemblea si occupa, come recita
  il titolo, della proroga delle concessioni
 
                               Pag. 3
 
  alle emittenti televisive e radiofoniche, nazionali e locali
  e dell'introduzione di norme antimonopolistiche - questo mi
  pare l'aspetto importante - nel settore della nascente
  piattaforma digitale, che è un tema largamente discusso in
  Italia e in Europa.
      E' un decreto-legge che è stato esaminato con grande
  attenzione non solo al Senato ma anche dalla Commissione
  cultura della Camera e sul quale si è svolto un dibattito, pur
  nella diversità delle posizioni di consenso e di dissenso,
  approfondito e rigoroso.  Di ciò voglio dare atto in premessa a
  tutte le forze politiche che, ancora una volta, su una materia
  così delicata che riguarda l'assetto delle telecomunicazioni
  e, in qualche modo, le regole del gioco, hanno dimostrato
  ampia disponibilità al confronto e alla convergenza, quando
  possibile.
     Del resto - lo ricordo anche al Governo e al
  sottosegretario Lauria - questo decreto segue ad un'intensa
  attività legislativa che ha visto approvare in questi ultimi
  due anni prima la legge n. 249 (che ha istituito, tra l'altro,
  l'autorità per le telecomunicazioni) e, poi, la legge n. 122
  che ha segnato una piena integrazione in Europa del nostro
  sistema radiotelevisivo e delle telecomunicazioni abbandonando
  quella posizione di retroguardia che tante critiche aveva
  sollevato in sede europea.
     In pratica, negli ultimi due anni, l'Italia, con il
  concorso delle Assemblee parlamentari (questo spesso non è
  stato sottolineato) in modo determinante e delle opposizioni,
  ha lasciato la maglia nera nel settore delle telecomunicazioni
  per ammissione della stessa Commissione europea, collocandosi
  tra i paesi che più stabilmente hanno sperimentato la
  liberalizzazione e le nuove regole in questo settore.
     Il decreto al nostro esame si pone come un ponte in attesa
  del completamento della riforma del sistema radiotelevisivo
  che sarà segnata dalla ripresa della discussione e
  dall'approvazione - ci auguriamo -, presso il Senato, del
  provvedimento n. 1138.  Del resto, tutte le forze politiche,
  non solo della maggioranza ma anche dell'opposizione -
  alleanza nazionale, lega e forza Italia -, nel corso del
  dibattito hanno insistito sulla necessità che a questo decreto
  segua l'approvazione in tempi brevi della complessiva riforma
  del sistema radiotelevisivo, che ne rappresenterebbe il
  completamento visto che nel provvedimento n. 1138 - fermo al
  Senato - sono contenute le norme relative all'indice di
  affollamento pubblicitario con quel che ne consegue per
  l'armonia dell'intero sistema radiotelevisivo ma anche
  dell'assetto della carta stampata, settore troppo spesso
  trascurato o dimenticato nelle nostre riflessioni.
      Esso riguarda anche la riforma della RAI e il pieno
  riconoscimento del ruolo e della funzione dell'emittenza
  locale.
     Pur nella diversità delle posizioni, io ritengo che
  sarebbe auspicabile - come è accaduto al Senato - la votazione
  di un ordine del giorno unitario a sostegno della volontà
  manifestata nella Commissione circa una rapida ripresa della
  discussione ed una sollecita approvazione del disegno completo
  di riforma del sistema.
     D'altro canto la proroga delle concessioni contenute in
  questo provvedimento ha bisogno di un rapido completamento
  all'iter legislativo.  Se noi arrivassimo entro la fine
  dell'anno a completare il piano di assegnazione delle
  frequenze ma non ad approvare le altre norme relative in primo
  luogo all'emittenza radiotelevisiva locale, avremmo un disegno
  di pianificazione senza le norme in grado di integrare
  pienamente nel sistema industriale la piccola e media impresa
  del nostro paese.
     Il decreto proroga al luglio di quest'anno le concessioni
  per le emittenti nazionali, al dicembre 1999 le concessioni
  per le televisioni locali e al giugno 2000 quelle per le
  emittenti radiofoniche; è poi contenuta nel decreto anche una
  serie di altre scadenze.  So bene che, quando si parla di
  proroga - immagino che la questione emergerà anche domani in
  Assemblea - tale termine suscita sempre un brutto ricordo in
  quest'Assemblea nel settore radiotelevisivo, un settore nel
  quale vi sono state troppe proroghe e
 
                               Pag. 4
 
  troppi aggiramenti delle sentenze della Corte costituzionale.
  E' una questione che suscita sempre grande preoccupazione che
  è stata manifestata anche all'interno della Commissione.
     Io ritengo, tuttavia, che non si tratti questa volta di
  una proroga nel vuoto o nel deserto, bensì di una proroga che
  cade nel pieno di una intensa attività svolta dall'autorità
  per le telecomunicazioni e dal Ministero delle comunicazioni.
  E' già stata svolta la pianificazione primaria in questo
  settore che si attendeva da anni; è già stato elaborato il
  conseguente regolamento da parte dell' authority  e la
  proroga dunque è necessaria per consentire un lavoro serio,
  scientifico e rigoroso, capace di analizzare con attenzione
  tutte le domande che saranno presentate.  Vi ricordo che sono
  centinaia le radio e le televisioni in Italia; in alcune
  regioni esse sono presenti in maniera persino massiccia: penso
  al nord-est e al nord-ovest ed anche alla Sicilia e alla
  Campania, regioni dove sono molto numerose le radio e le
  televisioni e nelle quali, dunque, l'attività di
  pianificazione e di esame delle domande o è fatto con grande
  serietà o con colpi di mano, o è fatto con la falce o per
  eliminare senza un'analisi seria numerose radio e
  televisioni.
     Penso invece che sia meglio concedere questa proroga
  perché è inserita in un percorso e purché si prosegua quel
  positivo disegno di confronto che è già in atto presso il
  ministero e presso l' authority.  A questo proposito,
  dobbiamo ricordare che, se si è registrato qualche ritardo
  (intendo sottolinearlo perché questo ha rappresentato un tema
  di grandi discussioni e di polemiche), esso non è imputabile
  alla nuova autorità per le comunicazioni (lo dico sia al
  Governo sia ai rappresentanti delle forze politiche).  Noi
  abbiamo istituito una autorità che ha dovuto assolvere ad una
  serie di compiti molto delicati in questi mesi (ricordo il
  ragionamento e la riflessione sul piano delle frequenze);
  occorre però che tutti si operi affinché l'autorità abbia
  pienezza di mezzi, di dotazioni tecniche e scientifiche e
  affinché sia messa nelle condizioni di essere operativa.
  Vorrei richiamare un solo esempio.  Noi abbiamo molte regole
  per gli indici di affollamento pubblicitario, per le
  telepromozioni e per il problema dei cartoni animati rispetto
  ai programmi dell'infanzia.  Ho la sensazione, però, che
  l'autorità non sia nelle condizioni in questa fase di
  monitorare le trasmissioni!  Vi è, quindi, il rischio che
  numerose regole possano essere aggirate, non per cattiva
  volontà, ma per assenza degli strumenti del controllo.
     Anche sotto questo profilo, credo sarebbe necessario
  colmare ogni ritardo dando vita ad una attività di
  monitoraggio seria e completa perché questa rappresenterebbe a
  mio avviso un elemento di legalità; questa sarebbe non solo un
  elemento di tutela delle imprese, ma anche una garanzia del
  rispetto di regole generali fissate per la collettività.
  Infatti, accanto agli interessi delle imprese, vi è un
  elemento legato all'interesse generale che deve essere
  perseguito con grande attenzione.
     Queste sono le ragioni per le quali ritengo che la proroga
  che stiamo prevedendo con il provvedimento al nostro esame sia
  positiva.  Si tratta di un lavoro essenziale per dare ordine e
  sviluppo all'intero settore, che per anni non ha conosciuto
  alcuna pianificazione e che, per la radio, non ha conosciuto
  neanche dei tentativi di pianificazione!
     Questa situazione di disordine rischia oggi di essere un
  blocco per l'ulteriore sviluppo di centinaia e centinaia di
  imprese (sono migliaia nel settore radiofonico e 700 nel
  settore televisivo) ed un handicap  per tante imprese serie
  che hanno voglia di investire e di creare lavoro in questo
  settore.
     Per queste ragioni - mi riferisco agli articoli 1 e 3 del
  decreto-legge al nostro esame - non solo la proroga è
  giustificata da un punto di vista tecnico - l'urgenza - ma è
  anche necessario procedere alla approvazione del provvedimento
  in esame in modo estremamente rapido, evitando il rischio -
  anche teorico - che, a partire dal prossimo 30 marzo, le
  emittenti radiofoniche e televisive siano prive di regolare
 
                               Pag. 5
 
  concessione e che quindi possano essere teoricamente
  oscurate.  E' questo un motivo - lo dico in premessa - che mi
  porterà a valutare con grande attenzione gli emendamenti
  presentati, anche se si dovrà tenere in considerazione, non
  per mancanza di rispetto nei confronti delle opposizioni, la
  necessità di procedere ad una rapida e tempestiva approvazione
  del provvedimento, che deve essere presente a tutti noi (siamo
  infatti giunti sul filo dei tempi per quanto riguarda questo
  decreto-legge).  Ritengo prioritario garantire
  l'"illuminazione" del territorio alle radio ed alle
  televisioni, proprio per tutto il ragionamento fatto sul
  lavoro di pianificazione e di approvazione della seconda parte
  dell'atto Senato n. 1138, relativo al completamento della
  riforma, che seguirà.
     A tale riguardo, mi permetto di mettere in evidenza alcune
  segnalazioni fatte da membri dell'opposizione - mi riferisco
  ad alleanza nazionale - e della maggioranza (penso ai popolari
  e all'intervento dell'onorevole Rogna per i
  democratici-l'Ulivo): ricorrendo prima allo strumento
  dell'ordine del giorno e poi ad un emendamento all'atto Senato
  n. 1138, potrebbero essere recepiti i contenuti di quelle
  segnalazioni in modo integrale o comunque dimostrando grande
  attenzione a questo tipo di proposte.  Tutto ciò riguarda il
  testo del decreto-legge sia all'articolo 1 che all'articolo 3.
  Sottolineo però che non esiste soltanto questa urgenza tecnica
  e che agli articoli 1 e 3 - grazie anche agli emendamenti
  apportati dal Senato, su suggerimento di diverse forze
  politiche - è previsto non solo il differimento dei termini
  delle concessioni, ma contestualmente viene delineata pure una
  ridefinizione dei ruoli e della funzione delle emittenti che
  trasmettono nelle zone delle minoranze linguistiche.  Sono
  previste inoltre una modulazione del pagamento degli arretrati
  per le concessioni televisive (sottolineo che questo è un tema
  di grande importanza per molte radio e per molte televisioni);
  una migliore definizione delle televendite e dell'attività
  delle televisioni che vivono prevalentemente della
  televendita; uno stanziamento di un fondo per le emittenti
  radiofoniche e televisive che intendono sospendere la loro
  attività.  A quest'ultimo riguardo, vorrei ricordare che è
  prevista una forma di indennizzo da parte del Ministero: non
  si tratta però di una forma di assistenza, ma - se ho capito
  bene - rientra nella razionalizzazione e nella pianificazione
  di un incentivo all'accorpamento, alla fusione e ad un più
  ordinato sviluppo del settore.
     Devo notare che alcune forze politiche hanno sottolineato
  l'esiguità del fondo di 16 miliardi.  La materia sarà infatti
  oggetto di alcuni emendamenti: al riguardo, penso che
  potrebbero essere utili un ordine del giorno ed una
  particolare attenzione da parte del Ministero, perché in
  effetti il fondo appare esiguo rispetto sia alla mole sia alla
  complessità della questione.  Ritengo comunque che la
  conversione in legge del decreto, in particolare degli
  articoli 1 e 3 (arriverò poi all'articolo 2), possa
  rappresentare, in questo contesto, un'iniezione di fiducia e
  di serenità.  Attualmente, troppe imprese, non solo minori,
  della radio e della televisione vivono in una grande tensione:
  mi permetto di segnalare il caso di Telemontecarlo, che si
  trova in una fase di grande difficoltà, segnalata anche dagli
  organismi sindacali interni: vi è quindi bisogno di una
  risposta che tenda a dare elementi di fiducia e l'idea che
  questa volta si possa parlare delle concessioni in un clima
  che esalti l'aspetto tecnico rispetto a quello politico.
     Ecco perché a me pare importante dare un segnale rapido ed
  il più unitario possibile, dato che questa proroga si colloca
  nell'ambito del cammino che ho provato a delineare: mi auguro
  che tale cammino possa proseguire - mi rivolgo al Governo -
  attraverso un confronto che confermi il metro della
  concertazione.  E' peraltro necessario non solo un confronto
  tra le forze politiche sull'atto Senato n. 1138, ma anche un
  confronto serrato con tutte le associazioni del settore per
  quanto riguarda la definizione e l'assegnazione finale delle
  frequenze: ritengo infatti che le associazioni del settore
  siano
 
                               Pag. 6
 
  una ricchezza e possano rappresentare un contributo di
  arricchimento del nostro lavoro.
     In conclusione mi soffermo sull'articolo 2, relativo alla
  piattaforma digitale: si tratta della norma, tradotta
  rapidamente, che rende impossibile ad un solo operatore
  acquistare più del 60 per cento dei diritti di trasmissione in
  esclusiva in forma codificata del campionato di calcio di
  serie A. Già nella sua indicazione, si nota la difficoltà di
  questa norma, che non ha altri punti di riferimento in Europa:
  è una norma che ha suscitato una grande e legittima
  discussione, che non deve scandalizzare e che ha visto
  partecipi membri del Governo, componenti della maggioranza e
  delle opposizioni, tecnici e giuristi.  Molte sono state le
  domande: perché il tetto del 60 per cento?  Perché soltanto la
  serie A e non l'insieme delle manifestazioni calcistiche?
  Perché solo il calcio e non anche il cinema?  Come si calcola
  il valore di una partita di calcio?  Non vi è il rischio - è
  un'altra domanda legittima che è stata posta - che, per
  esempio, chi detiene, come Canal Plus, il controllo delle
  partite di calcio delle squadre più forti possa avere una
  posizione dominante rispetto a chi, invece, ha il controllo di
  squadre di calcio, diciamo, meno apprezzate o apprezzabili sul
  piano economico?
     Sono domande a mio giudizio fondate e tutt'altro che
  capziose: non si corre, quindi, il rischio di favorire questo
  o quel gruppo introducendo una norma che prevede un tetto del
  60 per cento?  Al Senato questo dubbio è stato risolto
  modificando in parte il testo del Governo, mantenendo il tetto
  del 60 per cento, limitandolo alla sola serie A e non
  estendendolo all'insieme delle manifestazioni sportive, non
  introducendo - questo mi sembra un aspetto importante - una
  norma rigida che definisca una volta per tutte il 60 per cento
  ma esaltando, se ho ben compreso (sottosegretario Lauria, mi
  sembra che fu anche oggetto di un suo intervento) il ruolo
  delle autorità di garanzia ed una certa flessibilità.  Si
  prevede, cioè, un tetto del 60 per cento ma anche che spetti
  all' authority  verificare quel tetto e che, in assenza di
  competizione fra più soggetti, la stessa  authority  possa
  modificare la norma sul 60 per cento.  Vi è quindi una capacità
  di intervento in tempo reale: l'aver introdotto questo
  elemento di flessibilità mi sembra un fatto positivo, perché
  si crea così la possibilità di adeguare costantemente la norma
  alle mutate condizioni di mercato.
     Si è osservato: ma perché si introduce questo tetto ora,
  ab origine,  all'inizio del processo?  Anche da ciò deriva
  l'urgenza: perché in questi mesi si sta formando il mercato
  della piattaforma digitale e si stanno formando le possibili
  posizioni di cartello, di monopolio e dominanti.  Non è un
  caso: la vicenda della piattaforma digitale è non italiana ma
  europea: gli stessi problemi che stiamo affrontando nelle
  nostre aule parlamentari vengono affrontati in Spagna, Francia
  e Germania.  Non casualmente lo stesso gruppo che ha chiesto di
  entrare in Italia - legittimamente: guai se demonizzassimo un
  qualsiasi gruppo imprenditoriale in questa materia, perché
  sarebbe contraddittorio rispetto al mercato -, il gruppo
  Murdoch, uno dei soggetti concorrenti, in modo molto esplicito
  ha subordinato l'entrata nel mercato italiano alla possibilità
  di acquisto in blocco, cioè in forma monopolistica, di ciò che
  riguarda l'intera lega calcio.  Questa fu la richiesta, mi
  sembra esplicita, che portò poi ad una rottura della
  trattativa: tuttavia, tali questioni interessano non il
  Parlamento ma le imprese italiane.  Ora c'è un rischio di altra
  natura e cioè che lo stesso Canal Plus, che già deteneva
  diritti importanti nel settore calcistico, possa trovarsi ad
  operare in una posizione di monopolio.
     Dovremmo quindi porci la seguente domanda: se
  paradossalmente oggi abrogassimo la norma relativa al 60 per
  cento, avremmo un mercato più libero o si creerebbe
  immediatamente il monopolio di un solo soggetto?  In sostanza,
  desidero sottolineare che la situazione di mercato che si
  forma è per certi aspetti paradossale; la norma è stata
  impugnata fin dall'inizio perché qualcuno disse che
 
                               Pag. 7
 
  rischiava di essere una norma contro Murdoch; oggi nel corso
  dell'audizione i colleghi hanno registrato una critica da
  parte dei rappresentanti di Canal Plus alla stessa norma
  perché ora il 60 per cento rischierebbe di diventare
  limitativo per loro che rimarrebbero l'unico gruppo.
     Ecco perché penso che il Governo abbia fatto bene a
  mantenere il 60 per cento, ma con gli strumenti di
  flessibilità introdotti, strumenti validi  erga omnes.  Ci
  si è chiesti giustamente quale fosse il motivo dell'urgenza;
  il provvedimento si sarebbe potuto fare successivamente?  Penso
  che sarebbe stato rischioso, intanto perché più volte la Corte
  costituzionale ci ha segnalato, anche nel passato recente, che
  le posizioni dominanti di monopolio o vengono intercettate
  all'inizio, oppure attenderne la determinazione diventa una
  finzione perché, in realtà, si fa solo finta di intervenire
  successivamente.
     Anche la nostra tradizione conferma che prima vi è stata
  la formazione dei monopoli e dei cartelli, poi quella delle
  authority.  E' un rischio che nessuno di noi, credo,
  volesse e potesse correre.
     Ritengo, pertanto, che sia stata scelta una strada
  corretta; si può discutere della norma, e credo che lo si farà
  nei prossimi mesi, infatti nessuno può impedire al Governo o a
  noi di ridefinirla, di verificare se non sia troppo rigida, se
  sia necessaria la funzione dell'autorità, o anche di
  accogliere una preoccupazione che è venuta dai colleghi
  dell'opposizione: in prima istanza, si muove l'autorità del
  mercato o l'autorità per le telecomunicazioni?
     Proprio perché ho espresso preoccupazioni sugli
  emendamenti, penso che il Governo, che mi pare abbia scelto la
  via della flessibilità, possa rivedere il meccanismo come è
  descritto e capire se funziona, oppure se non sia necessario
  apportare alcune modifiche.
     Penso si possa discutere della norma, ma sull'urgenza non
  vi è dubbio.  Essa, infatti, non solo risponde alla
  giurisprudenza della Corte costituzionale, ossia la necessità
  di colpire prima le posizioni dominanti, ma interrompe -
  bisogna darne atto al Ministero delle comunicazioni, al
  ministro Cardinale e ai sottosegretari Lauria e Vita che si
  sono impegnati molto seriamente - quella pessima tradizione
  che ci ha visti sempre intervenire a cose fatte, a monopoli
  consolidati.
     Non a caso, per la prima volta in Europa una norma
  elaborata in Italia è oggetto di attenzione e di studio;
  problemi analoghi, infatti, si stanno ponendo sul mercato di
  riferimento europeo.
     Penso sarebbe opportuno da parte del Governo italiano
  assumere un'iniziativa oggi e dopo le elezioni, in sede di
  Unione europea, affinché si cominci finalmente a valutare la
  possibilità, non solo di avere un' authority  europea in
  materia di telecomunicazioni, ma almeno una direttiva comune,
  un coordinamento fra le  authority  nazionali.  La vicenda
  della piattaforma digitale, infatti, ci insegna che con
  operatori transnazionali che operano, come legittimo, con
  grande durezza e spregiudicatezza, non può più essere la
  dimensione dei bacini nazionali ad affrontare il tema delle
  telecomunicazioni, ma occorre un forte coordinamento europeo,
  al fine di evitare difformità, interventi diversi, mercati con
  regole diverse e, quindi, il rischio di un'alterazione delle
  regole della competizione e della concorrenza.  Si tratta di
  una critica che occorre tenere presente.
     Signor Presidente, mi avvio alla conclusione e desidero
  far rilevare che la critica che avremmo dovuto formulare con
  maggiore attenzione - e che mi permetto di segnalare al
  Governo - riguarda il contesto.  Il punto vero che avrebbe
  dovuto accompagnare il provvedimento in esame, infatti, non è
  tanto la valutazione sull'urgenza, poiché essa caratterizza
  tutto il provvedimento, in quanto necessario e d'avanguardia
  soprattutto per il sistema delle imprese italiane grandi e
  piccole, quanto proprio il contesto, al quale nei prossimi
  giorni dovremmo prestare particolare attenzione.  Mi rivolgo al
  sottosegretario Lauria per chiedere, da parte del Governo,
  alcune
 
                               Pag. 8
 
  rassicurazioni sulle politiche industriali nel settore delle
  telecomunicazioni.  Perché lo dico?
     Perché questo provvedimento non contiene soltanto quanto
  ho riferito sulla piattaforma digitale, ma anche un'importante
  norma sul  decoder  aperto.  Credo, quindi, che dovremo
  tornare a ragionare - mi permetto di porre la questione in
  questo modo - con molta convinzione sulla possibilità di dar
  vita in Italia - e ciò discende dal ragionamento fatto prima -
  ad una piattaforma tecnologica comune.  Si tratta di una strada
  che ho visto percorrere...
 
DATA=990322 FASCID=STA13-509 TIPOSTA=STA LEGISL=13 NCOMM= SEDE= NSTA=0509 TOTPAG=0049 TOTDOC=0086 NDOC=0010 TIPDOC=O DOCTIT=0008 COMM= DI PAGINIZ=0007 RIGINIZ=067 PAGFIN=0013 RIGFIN=011 UPAG=NO PAGEIN=2 PAGEFIN=8 SORTRES=9903223 SORTDDL= FASCIDC=13STA 00509 SORTNAV=59903222 00509 200000 ZZSTA509 NDOC0010 TIPDOCO DOCTIT0008 NDOC0008



Ritorna al menu della banca dati