| MAURO PAISSAN. Attualmente abbiamo cinque componenti che
hanno più di dieci deputati: i democratici-l'Ulivo con 19
deputati, i verdi-l'Ulivo con 15, il CCD con 13, rifondazione
comunista-progressisti
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con 13, rinnovamento italiano con 12. I membri di queste
cinque componenti assommano a 72 deputati.
Abbiamo poi altre quattro componenti politiche con meno di
dieci deputati: i socialisti democratici italiani con 9, i
federalisti liberaldemocratici e repubblicani con 6, il centro
popolare europeo (uscito recentemente dall'UDR) con 6, le
minoranze linguistiche con 5. Sono ventisei i deputati che
fanno riferimento a queste quattro componenti. Abbiamo poi 11
deputati che sono o realmente single oppure membri di
componenti politiche che non hanno le caratteristiche per
essere riconosciute in base al dettato regolamentare.
Complessivamente, dunque, sommando i 72 deputati che fanno
parte di componenti politiche con più di dieci membri, i 26
appartenenti a componenti con meno di dieci deputati e gli 11
singoli, si arriva al totale di 109 deputati, che è il numero
attuale.
Come abbiamo raggiunto queste cifre? Cito solo, in modo
estremamente sintetico, i passaggi politicamente più
significativi.
All'inizio della legislatura, cioè il 9 maggio 1996,
eravamo ventisei deputati, in grande maggioranza verdi (14
unità), con l'aggiunta delle minoranze linguistiche e, come
componenti politiche, della Rete e dei repubblicani.
Già al 1^ gennaio 1997, però, siamo diventati 39, perché
alla composizione originaria si sono aggiunti i socialisti
italiani ed i pattisti, che sono usciti dal gruppo di
rinnovamento italiano. Un anno dopo, il 1^ maggio 1998, siamo
diventati quarantotto per l'adesione dei colleghi del CDU,
usciti dal gruppo CCD-CDU. Il 9 ottobre 1998 vi è stato un
altro balzo, fino a raggiungere sessanta deputati, con
l'arrivo della componente di rifondazione comunista, a seguito
dei noti eventi politici. Il 16 dicembre 1998 siamo diventati
settantadue, con la costituzione della componente Italia dei
valori. L'11 febbraio di quest'anno vi è stato un ulteriore
salto, fino a novantacinque deputati, a seguito dello
scioglimento di rinnovamento italiano e dell'adesione di quei
colleghi al gruppo misto. Infine, il 10 marzo 1999 abbiamo
raggiunto quota centonove, a seguito della costituzione della
componente i democratici-l'Ulivo e dell'arrivo, dall'UDR, dei
deputati della componente del centro popolare europeo.
Sono questi i passaggi storici che hanno determinato
l'attuale dimensione del gruppo misto, che ormai pone problemi
di diversa natura; citerò soltanto alcuni dati per far
comprendere l'entità dei problemi stessi. Anzitutto, per
quanto riguarda i finanziamenti, in base all'attuale
composizione, il gruppo raggiunge ormai un fatturato annuo di
13 miliardi e mezzo; si tratta di una cifra consistente che
distribuiamo in modo assolutamente proporzionale tra le
diverse componenti. Tale fatturato pone, fra molte virgolette,
problemi che derivano dal continuo andirivieni di deputati,
con complicazioni amministrative di non poco conto che
investono il finanziamento del gruppo, le spese per i
collaboratori dei deputati e per i dipendenti veri e
propri.
Quella dei dipendenti è un'altra nota dolente perché,
sulla base delle deliberazioni dell'Ufficio di Presidenza,
dopo molte trattative, si era stabilito un numero di
ventiquattro dipendenti per un organico di quarantasette
deputati. Oggi, con centonove deputati, siamo passati da
ventiquattro a trentaquattro dipendenti, non rispettando più
la precedente proporzione. Occorre tener presente che a
ciascuna componente deve essere assicurato un minimo di
personale e che, quindi, più componenti vi sono più costosa
diventa la gestione del gruppo misto.
Esistono, poi, altri fattori che rendono complicata la
gestione del personale. Anzitutto, ci troviamo di fronte a
dipendenti storicamente legati ad una appartenenza politica.
Ovviamente, ad esempio, come presidente del gruppo misto, non
posso assegnare ad una componente di estrema destra un
dipendente legato all'estrema sinistra, o viceversa. Spesso il
personale è il risultato di scissioni, di liti, di
contrapposizioni interne ai partiti; tutto ciò determina
rigidità notevoli nell'assegnazione del personale.
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Le complicazioni sono aggravate dal fatto che alla Camera,
storicamente, il gruppo misto gestisce la cosiddetta mobilità:
quando un dipendente, per diversi motivi (dallo stato di
salute a difficoltà legate al rapporto di lavoro), non viene
assegnato ad alcun gruppo, finisce al gruppo misto, che deve
tentare di riassegnarlo.
La gestione è ulteriormente complicata dal fatto che ogni
passaggio di gruppo comporta un costo per il dipendente,
rappresentato dall'estinzione del rapporto di lavoro. Ad ogni
passaggio, infatti, corrisponde l'estinzione e la costituzione
di un nuovo rapporto di lavoro: il dipendente viene liquidato
totalmente (rateo di tredicesima, ferie, eccetera) e poi
assunto nuovamente. La continua mobilità - o mobilitazione -
dei deputati produce anche tali conseguenze sui diritti dei
lavoratori.
Dopo di che, una volta collocato politicamente in una
componente, l'arrivo di una componente molto dissimile
politicamente non permette una redistribuzione del personale
per le ragioni che ho appena detto.
Un altro elemento sul quale vi invito a riflettere è il
fatto che nel gruppo misto attualmente vi sono numerosissimi
leader di partito tra cui l'onorevole Romano Prodi, il
presidente Dini, l'onorevole Fausto Bertinotti, l'onorevole
Casini, l'onorevole Buttiglione, l'onorevole Boselli e
l'onorevole La Malfa (cioè sette segretari di partito, due
vicepresidenti della Camera, compreso l'attuale Presidente di
turno, e diversi ministri e sottosegretari. Capirete
l'imbarazzo che si crea al momento del riparto dei tempi nel
dover lesinare i secondi - più che i minuti, spesso - ad
esponenti di rilievo della nostra scena politica. Vi devo
confessare che ho avuto qualche motivo di imbarazzo,
recentemente, nel dover assegnare sei minuti, non un secondo
in più, all'onorevole Prodi per l'intervento sulla legge sul
finanziamento dei partiti! Un ex-Presidente del Consiglio,
forse prossimo Presidente della Commissione europea, si è
sentito dire che disponeva di non più di sei minuti - anzi,
forse di qualche secondo in meno - per l'intervento in
aula!
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