| MARIO TASSONE. Signor Presidente, devo ringraziare i
relatori per aver svolto, con una lucida analisi, tutta la
problematica che la Giunta del regolamento aveva loro
consegnato: siamo di fronte ad argomenti che tornano al nostro
esame e ripercorrono, come a mio avviso è necessario, la
filosofia che è stata alla base della riforma regolamentare
approvata dalla Camera prima il 31 luglio 1997 e poi
definitivamente il 24 settembre 1997.
Ritengo che la Giunta per il regolamento, all'indomani
dell'avvio della XIII legislatura, si sia trovata nella
necessità di procedere a modifiche profonde del nostro
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regolamento, avvertendo la necessità di dare ai lavori
parlamentari razionalità, trasparenza, organicità, soprattutto
in direzione di una produzione legislativa che si evidenziasse
per la sua qualificazione e la sua qualità. C'era un altro
dato molto importante e significativo, cioè il coinvolgimento
dei deputati nei lavori parlamentari. La riforma regolamentare
approvata non va solo nella direzione di una qualità del
lavoro parlamentare in senso lato, ma soprattutto di un
coinvolgimento dei parlamentari e quindi una sottolineatura
del loro ruolo all'interno del nostro paese. Abbiamo
evidenziato, inoltre, la necessità di andare avanti, malgrado
alcune discussioni che hanno avuto luogo tra di noi, nelle
quali è emersa la possibilità di sospendere i lavori della
Giunta per il regolamento, impegnata nella riforma dello
stesso, in previsione di un lavoro all'interno della
Commissione bicamerale. Abbiamo deciso, invece, di andare
avanti e tale scelta è stata coronata da successo - per usare
una frase d'effetto - ma non vi è dubbio che l'unica riforma
approvata nel corso della XIII legislatura sia stata proprio
quella in materia di produzione legislativa.
Non vi è dubbio che il dato che emerge è di andare ad
intercettare sul piano politico e dell'impianto regolamentare
ciò che il sistema politico non ha prodotto. Infatti, proprio
mentre nel sistema politico, e soprattutto nella composizione
delle Camere uscite dalle elezioni politiche del 1994 e del
1996, da più parti si auspicava uno snellimento dei lavori
parlamentari, ma in particolare una non frammentazione della
geografia politica parlamentare - come diceva Calderisi - si
sono avute una frammentazione ed una dispersione all'interno
del Parlamento.
I partiti della prima Repubblica erano controllati: oggi
abbiamo una frammentazione, una miriade di partiti piccoli e
medi, che si sono ovviamente costituiti sia strada facendo,
sia nel corso delle vicende elettorali.
Capisco il disagio dell'onorevole Paissan nel guidare un
gruppo così mastodontico, ma tutto ciò non è prodotto dal
regolamento perché, anche se apportassimo ulteriori modifiche,
non riusciremmo a sanare il sistema politico, il vero malato,
che produce tale tipo di situazione. Ritengo che questi
problemi debbano essere evidenziati, altrimenti daremmo
all'aspettativa della riforma regolamentare poteri
taumaturgici che, invece, non può avere e nemmeno ambisce ad
avere perché, di fatto, non li ha.
Signor Presidente, ritengo che il problema dei gruppi ci
abbia impegnato moltissimo, ma pensavo che la vicenda fosse
chiusa con il voto del 24 settembre 1997, quando l'Assemblea
votò dando un orientamento ben preciso ed inoppugnabile,
quando cioè non autorizzò la costituzione in gruppo dei
colleghi parlamentari rappresentanti delle minoranze
linguistiche. Ritengo, quindi, che il 24 settembre 1997
l'Assemblea di Montecitorio abbia data un'indicazione
precisa.
I relatori, che ho ringraziato per l'egregio lavoro
svolto, hanno affermato che la proposta oggi al nostro esame è
formulata solo in termini tecnici, proprio al fine di dare
all'Assemblea la possibilità di discutere e valutare, senza
alcun impegno, senza che sulla materia si sia costituita una
qualche maggioranza ed un qualche orientamento unanime
all'interno della Giunta per il regolamento. L'ho già detto
sia all'onorevole Signorino, sia all'onorevole Calderisi, ma
desidero ribadirlo perché ritengo sia un fatto significativo e
importante. La vicenda è nata con la richiesta di rifondazione
comunista di costituire un gruppo. Mi rendo conto della
situazione di disagio: faccio parte anch'io del gruppo misto,
ma non per questo rivendico oggi situazioni o status
diversi e particolari.
Mi rendo conto dell'amarezza e della situazione dei
carissimi colleghi di rifondazione comunista, ma non c'è
dubbio che oggi la scelta non deve riguardare l'interesse
particolare di un partito o di un costituendo gruppo
parlamentare, ma credo che l'interesse debba essere valutato
in termini generali, sulla base della funzionalità della
Camera.
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Se vogliamo andare verso un sistema bipolare - e ritengo
che tutti auspichiamo questo tipo di impianto costituzionale e
ordinamentale nel nostro sistema politico e partitico -, non
c'è dubbio che non possiamo frammentare ulteriormente la
presenza di parlamentari all'interno della Camera, ma
soprattutto non possiamo decidere oggi, attraverso la scelta
di consentire la costituzione di un numero esorbitante di
gruppi, di mortificare il lavoro del Parlamento e renderlo
pericolosamente paralizzabile. Signor Presidente, è questo il
dato sul quale voglio richiamare l'attenzione dei colleghi
parlamentari.
Perché abbiamo deciso di non concedere nessuna deroga?
Perché ciò poteva portarci ad una situazione non voluta di
inagibilità dei lavori parlamentari, tanto è vero che abbiamo
operato attraverso la riforma dell'articolo 14, introducendo
il comma 5, che conferiva alle componenti del gruppo misto un
ruolo ed un particolare potere. Questa è la soluzione con la
quale ci siamo cimentati, che abbiamo adottato e sulla quale
poi l'Assemblea ci ha confortati con il suo voto: un gruppo
misto con al suo interno delle componenti che avessero un
potere, una peculiarità ed una caratterizzazione per un loro
coinvolgimento sempre più diretto e immediato nei lavori
dell'Assemblea.
Ora con questa proposta tecnica certamente si va nella
direzione dell'ampliamento dei poteri delle componenti del
gruppo misto. Mi pongo un interrogativo - e concludo, signor
Presidente -, che ritengo sia importante: vi sono confini
molto labili tra la componente ed il gruppo parlamentare, ma
c'è veramente, da parte di alcuni gruppi, l'intenzione di
partecipare in termini più impegnativi ai lavori della Camera
o tutto ciò si risolve semplicemente nell'ampliamento
dell'Ufficio di Presidenza? Signor Presidente, credo che il
sospetto sia legittimo, nel momento in cui l'articolo 5 entra
in vigore nella XIV legislatura e, fino a quel momento, entra
in vigore soltanto l'articolo 153- ter, riferito
all'articolo 14, che riguarda semplicemente ed unicamente la
composizione dell'Ufficio di Presidenza. Tutto ciò, inoltre,
contraddice tutto l'impianto filosofico contenuto nei commi 2,
3 e 4 dell'articolo 5, cui si fa riferimento, perché se si
afferma che non si può ampliare la partecipazione all'Ufficio
di Presidenza a gruppi e componenti costituiti nel corso della
legislatura, tale ultimo comma contraddice tutto l'impianto e
la filosofia precedenti.
Allora, non si tratta più del problema di partecipare ai
lavori parlamentari, come diceva l'onorevole Paissan, alle
interpellanze urgenti, al question time, alla Conferenza
dei capigruppo per la definizione della programmazione o, come
è anche previsto, di quello relativo alla presenza delle
componenti formate da almeno dieci deputati alla Conferenza
stessa, ma si tratta semplicemente di una questione di pura
gestione.
Ritengo che esista senz'altro il problema di effettuare
aggiustamenti riguardanti la programmazione e la
partecipazione dei colleghi parlamentari appartenenti alle
componenti del gruppo misto, ma sulla questione della presenza
nell'Ufficio di Presidenza non sono d'accordo, perché essa
conferisce lo status di gruppo e, quindi, se una componente
partecipa all'Ufficio di Presidenza, di fatto, essa ottiene lo
status di gruppo; si tratterebbe di un escamotage che
non possiamo accettare.
Mi auguro di aver chiarito la mia posizione. L'ho detto
anche nella Giunta per il regolamento, facendo una battuta: se
dobbiamo ricorrere ad un escamotage, allora riconosciamo
i gruppi, con il rischio che ciò comporta.
Se noi riconosciamo - per ogni dieci deputati costituiti
in componente - la presenza nell'Ufficio di Presidenza,
otteniamo la moltiplicazione delle componenti fino alla
scadenza della legislatura. Ad ogni nove deputati se ne potrà,
cioè, sommare uno che condizionerà gli altri per la
partecipazione all'Ufficio di Presidenza. Stiamoci attenti,
perché rischiamo di andare verso l'ingovernabilità nei lavori
parlamentari.
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Avremo, cioè, all'interno dei gruppi, componenti che si
spaccheranno...
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