| MAURO GUERRA. Signor Presidente, utilizzerò i minuti che
ho a disposizione per svolgere alcune brevi considerazioni di
carattere generale e per esprimere alcune opinioni anche
rispetto a ciò che ho ascoltato nel corso della discussione.
E' una discussione difficile. Vorrei che ci riconoscessimo
reciprocamente lealtà di intenzioni e che riconoscessimo alle
cose che ciascuno di noi dice il senso per le quali sono
pronunciate, senza costruire altri significati. Un
atteggiamento di questo genere, peraltro tenuto altre volte
quando siamo stati interessati da un lavoro di riforma
regolamentare, ci ha aiutato a sviluppare un dibattito sereno
ed approfondito. Fino ad oggi esso ci ha consentito di
superare scogli molto aspri. Ricordo, ad esempio, l'intervento
di riforma sul procedimento amministrativo - che non era certo
poca cosa -, in una situazione politica particolarmente
delicata, con il superamento di scogli molto aspri grazie ad
un'ampia condivisione. Tale ampia condivisione, quando si
procede a riforme del regolamento e, in particolare, a riforme
regolamentari che attengono alla costituzione, alla struttura
stessa, al modo di essere dei soggetti che si muovono
all'interno del Parlamento, credo che sia un bene in sé da
ricercare.
Ci sono le condizioni per andare in questa direzione? Io
ritengo che possiamo trovarle pur nella difficoltà del
momento, se adottiamo tra noi questo metodo di discussione.
Sappiamo che nessuno di noi intende utilizzare questo
dibattito, le misure e i provvedimenti che, conseguentemente,
saranno presi, come strumenti per ottenere un vantaggio,
magari contingente, per sé o per il proprio gruppo di
appartenenza o di riferimento. Occorre, inoltre, riconoscere a
tutti noi il fatto che stiamo provando ad organizzare una
risposta, condivisa a livello istituzionale della Camera, a
questioni di non poco momento e che investono tutte le
appartenenze politiche qui rappresentate.
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Le questioni sono state già illustrate: ci troviamo
all'interno di una transizione incompiuta, sconvolgente per
molti aspetti, in un passaggio che si riflette nel lavoro che
stiamo svolgendo sulla questione dei gruppi parlamentari, in
particolare nella situazione da incubo descritta dal collega
Paissan, che tutti abbiamo ben presente e sulla quale non
ritorno. Probabilmente, oggi, anche per alcune di quelle
ragioni che il collega Paissan citava - e che hanno fatto un
po' da tappo e un po' da sedativo in questa fase -, ci
troviamo addirittura in una situazione che è ancor più
patologica di una vera patologia. Vi sono, forse, un
ammassamento ed una maggiore confusione attorno al gruppo
misto, legati ad alcune circostanze contingenti. Questa è la
condizione, questa è la situazione e a tutto ciò dobbiamo dare
una risposta.
Abbiamo detto alcune cose sulle quali vi è una intesa,
almeno nelle enunciazioni, quindi dobbiamo dare una risposta
cercando di non assecondare (sapendo che non sono le regole ed
i regolamenti che definiscono, assestano o risolvono tutti i
problemi del sistema politico e avendo il senso della misura
nei nostri interventi) le tendenze alla frantumazione del
sistema politico-istituzionale del nostro paese.
Questa è una cosa su cui tutti si sono soffermati.
Non bisogna assecondare quelle tendenze ma, nello stesso
tempo, bisogna evitare che il non assecondare queste tendenze
si traduca in una negazione della realtà del dibattito, della
dialettica, dello scontro e della rappresentanza politica in
questo Parlamento. Occorre dunque non negare, per non
assecondare la frammentazione, la realtà del dibattito
politico nel nostro paese, la dialettica, pur così difficile e
complicata, dalla quale siamo interessati in questa fase.
Occorre fare questo, ossia occorre tenere presenti questi
due principi ed elementi, avendo presente una necessità
istituzionale comune: intervenire per affrontare queste due
questioni di fondo, in relazione a questi due principi,
garantendo il funzionamento delle istituzioni. Vi è un altro
pericolo da considerare, oltre a quello di una istituzione
che, per le sue dinamiche interne, perda i rapporti con le
dinamiche esterne o le viva in modo sbagliato (ma questo è
pericolosissimo, perché si tratterebbe di una realtà che, per
le sue ragioni di funzionamento, e di semplificazione del
funzionamento, non saprebbe riportare nell'ambito della
dialettica che si svolge all'interno le realtà, le
soggettività e la dialettica esistenti all'esterno): quello di
una istituzione che si avviti in una spirale in grado di
condurre alla paralisi del proprio funzionamento, poiché
"assume al suo interno" tutto ciò che si muove in una fase
assolutamente complicata della nostra vita politica ed
istituzionale e poi non riesce più ad individuare i modi del
proprio funzionamento ordinario. Ribadisco che questo
rappresenta un elemento altrettanto pericoloso, perché
delegittima completamente e complessivamente l'istituzione.
Dobbiamo allora cercare di trovare questo equilibrio.
Dobbiamo provare a garantire questi risultati e questi
obiettivi con interventi finalizzati non a disegnare la
normalità sulla patologia delle condizioni che viviamo - ma
neanche a negare o ad impingere una normalità astratta che
nega la patologia esistente, le difficoltà che vi sono - ma a
costruire una risposta di normalità alle cose che comprenda al
suo interno margini di flessibilità tali da reggere passaggi
così complicati come quello che stiamo vivendo. Quando abbiamo
lavorato sulla riforma che ha interessato le componenti del
gruppo misto, eravamo partiti da questa premessa: quella
soluzione non tendeva a ricostruire complessivamente il
sistema dei gruppi e delle rappresentanze in funzione del
passaggio che stavamo vivendo, ma neppure a negare quella
situazione; tendeva invece a dare delle risposte.
Mi pare che qui siamo tutti d'accordo - e il presidente
Paissan lo ha pure affermato esplicitamente - nel dire che
quella risposta è stata positiva, ma che non è sufficiente! E'
infatti talmente elevato
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il livello delle questioni che abbiamo di fronte che quella
risposta non può essere considerata sufficiente.
Che dobbiamo fare? Ho esaminato i principi emendativi
presentati (in parte vertono sulle questioni che abbiamo
discusso in Giunta) e credo che abbiano tutti legittimità.
Ora, però, si tratta di vedere, con grande tranquillità e
serenità, se ve ne siano alcuni più convincenti di altri ed
alcuni in grado di fornire risposte più complessive alle
diverse esigenze alle quali dobbiamo rispondere.
Devo dire, peraltro, che non mi ha convinto (ma ciò non
significa che io non posso convenire con il principio
emendativo presentato) l'argomentazione dei colleghi Armaroli
e Liotta. Lo dico perché questo ci aiuta a discutere; domani
esamineremo i principi emendativi e avremo altri
passaggi...
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