| Nella seduta del 13 marzo 1995 il CIPE, ai sensi della
legge n. 457 del 1978, su proposta del CER (Comitato per
l'edilizia residenziale, istituito presso il Ministero dei
lavori pubblici) e previa acquisizione del parere della
Conferenza Stato-regioni, aggiornava i criteri per
l'assegnazione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica
e per la determinazione dei relativi canoni: nell'occasione il
CIPE prendeva atto della grave situazione finanziaria degli
IACP imputabile anche alla mancata applicazione degli aumenti
previsti dall'articolo 66 del decreto-legge n. 331 del 1993,
convertito dalla legge n. 427 del 1993.
La delibera, la cui legittimità veniva riconosciuta dalla
Corte costituzionale nella seduta del 12 dicembre 1995,
soprattutto per aspetti diversi da quelli considerati nella
suddetta interrogazione, dava luogo a vivaci reazioni ed a
risoluzioni della Camera e del Senato che invitavano il
Governo a non dar seguito alla delibera stessa in relazione
allo stato dei lavori parlamentari relativi alla legge-quadro
sull'edilizia residenziale pubblica e sul riassetto degli
IACP. Il CIPE quindi dapprima differiva il termine per dare
attuazione alla delibera stessa, poi sospendeva l'efficacia
della clausola che autorizzava gli enti gestori ad applicare i
nuovi canoni in caso di perdurante inerzia delle regioni
nell'emanazione dei provvedimenti regionali attuativi ed
infine, nella seduta del 20 dicembre 1996, si riservava di
procedere alla revisione dei criteri fissati per la fase a
regime e apportava modifiche per la regolamentazione del
periodo transitorio.
La disciplina varata nella seduta del 20 dicembre 1996
rappresenta quindi il punto finale di un iter
travagliato e di un confronto puntuale con le regioni che,
nella seduta della Conferenza Stato-regioni tenuta il 19
precedente, si erano espresse favorevolmente sul testo
licenziato dal CER il 12 dello stesso mese e sostanzialmente
recepito dal CIPE: nella nuova versione permane l'obbligo, per
la regione interessata, di dettare norme intese ad assicurare
il pareggio costi-ricavi di amministrazione dello IACP, nonché
il versamento - da parte di quest'ultimo - al fondo per
l'edilizia residenziale pubblica di uno 0,50 per cento non più
calcolato, come originariamente, sul "valore catastale", bensì
riferito ad un valore minore, rappresentato dal "valore
locativo di cui all'articolo 12 della legge n. 392 del 1978"
sull'equo canone.
Premesso che la delibera di cui trattasi suddivide, ai
fini della determinazione del canone, gli assegnatari degli
alloggi di edilizia residenziale pubblica in 3 fasce a seconda
dei livelli reddituali, è da precisare che: lo 0,50 per cento
non incide sugli alloggi a "canone sociale", in quanto tali
alloggi - occupati da soggetti meno abbienti - sono
esplicitamente esclusi dall'applicazione di tale voce; secondo
le indicazioni del CIPE, il risultato del pareggio
costi-ricavi e del versamento dell'aliquota dello 0,50 per
cento per gli alloggi non a canone sociale viene raggiunto
attraverso un'attenta politica gestionale ed una congrua
determinazione del limite di decadenza dall'assegnazione,
rilevante non ad effetti estromissivi, bensì ai fini del
passaggio alla fascia superiore
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tenuta al pagamento di un importo pari almeno all'equo canone
ed aumentabile progressivamente in rapporto al reddito
complessivo del nucleo familiare: è da aggiungere che già
nella delibera CIPE tale limite di decadenza per i lavoratori
dipendenti, naturali destinatari degli alloggi di cui
trattasi, è fissato a livelli abbastanza elevati (di norma
circa 60 milioni annui lordi per una famiglia di 2 persone e
importi maggiori per nuclei familiari più consistenti).
La percentuale dello 0,50 per cento è destinata ad
alimentare il fondo per gli interventi di edilizia
residenziale pubblica di cui all'articolo 13 della citata
legge n. 457 del 1978 e concorre quindi ad assicurare il
reintegro del patrimonio abitativo per i ceti meno abbienti in
una fase in cui la tradizionale fonte di copertura (i
contributi ex Gescal) si va ormai esaurendo a seguito delle
disposizioni della legge n. 335 del 1995 che ne ha prorogato
il versamento, per la parte a carico del datore di lavoro ed
in misura ridotta, solo sino al 31 dicembre 1998.
Il decreto legislativo n. 112 del 1998, attuativo della
legge n. 59 del 1997 (cosiddetta legge Bassanini), ha previsto
un ampio trasferimento di competenze alle regioni anche in
materia di edilizia residenziale pubblica ed ha, tra l'altro,
riservato alle Regioni stesse le funzioni relative "alla
fissazione dei criteri per l'assegnazione degli alloggi di
edilizia residenziale destinati all'assistenza abitativa,
nonché alla determinazione dei relativi canoni": fermo
restando il disposto di detta norma, la legge n. 431 del 1998,
concernente la disciplina delle locazioni, demanda criteri per
la determinazione dei canoni in questione ad apposito atto di
indirizzo e di coordinamento adottato con decreto del
Presidente della Repubblica, previa deliberazione del
Consiglio dei ministri, ai sensi della citata legge n. 59 del
1997.
Per completezza si aggiunge che il CIPE si è fatto carico
del problema di reperire forme di finanziamento del settore,
sostitutive dell'ormai cessata contribuzione ex-Gescal, e, pur
rilevando che il problema non presenta specifica urgenza in
relazione all'esistenza di disponibilità pregresse e del
riparto dei contributi relativi al periodo residuale 1996-1998
effettuato in pari data, nella seduta del 22 dicembre 1998 ha
invitato i Ministeri competenti ad individuare al riguardo
soluzioni in tempi brevi e comunque prima della
predisposizione della legge finanziaria per l'anno 2000.
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