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Testi integrali degli Atti Parlamentari della XIII Legislatura

Documento


435651
SMC0475-0123
Bollettino Giunte e Commissioni n. 475 del 23 marzo 1999 - edizione definitiva - (SMC13-475)
(suddiviso in 206 Unità Documento)
Unità Documento n.123 (che inizia a pag.101 dello stampato)
              ...IX COMMISSIONE PERMANENTE
            (Trasporti, poste e telecomunicazioni)
 
 
...INDAGINE CONOSCITIVA
...INDAGINE CONOSCITIVA. LAVCOMM
...INDAGINE CONOSCITIVA.
NUOVA FORMULAZIONE DELLO SCHEMA DI DOCUMENTO CONCLUSIVO DEL DEPUTATO BIRICOTTI
ZZSMC ZZRES ZZSMC230399 ZZSMC990323 ZZSMC000399 ZZSMC000099 ZZSMC475 ZZ13 ZZD ZZTX ZZC9 ZZNO ZZXX
  Indice:
     1) Obiettivi dell'indagine conoscitiva;
     2) Soggetti ascoltati;
     3) Temi emersi;
     4) Considerazioni conclusive ed illustrazione di alcune
  norme oggi vigenti;
     5) Linee di un successivo intervento legislativo.
  1) Obiettivi dell'indagine conoscitiva.
     In data 21 gennaio 1998 la Commissione ha deliberato
  un'indagine conoscitiva sulla sicurezza del trasporto
  marittimo e sulla vicenda del traghetto Moby Prince.
     L'indagine è nata dall'esigenza di affrontare il tema
  della sicurezza della navigazione e della salvaguardia della
  vita in mare: una delle grandi questioni capaci di
  caratterizzare, in termini di qualità, lo sviluppo
  dell'economia marittima nel nostro Paese in una dimensione di
  livello europeo ed internazionale sulla base di una nuova
  cultura che oggi va affermandosi anche nel settore dei servizi
  marittimi, secondo la quale la garanzia della sicurezza è uno
  degli elementi fondamentali su cui si gioca la competizione
  internazionale.
     Nello svolgimento dei lavori parlamentari di
  approfondimento dello stato di conoscenza circa le questioni
  attinenti la sicurezza dei trasporti marittimi, la Commissione
  è partita dall'esame delle problematiche relative alla
  drammatica vicenda del Moby Prince in cui, nella notte del 10
  aprile del 1991, nella rada del porto di Livorno, persero la
  vita 140 persone, uomini, donne e bambini, a seguito della
  collisione tra la nave cisterna AGIP Abruzzo ed il Traghetto
  Moby Prince.
     La più grave ed assurda tragedia della marineria italiana
  che ha avuto un percorso processuale complicato e difficile
  con relazioni peritali che propendono per tesi diverse (da
  quella di un atto terroristico con esplosione di una bomba in
  locale di elica di manovra, a quella di una accostata rapida
  effettuata dal Moby Prince per evitare la collisione con una
  nave fantasma fino alla relazione di un collegio peritale
  internazionale che ha concentrato la sua attenzione
  sull'errore umano).  Una tragedia che si è conclusa, sul piano
  giudiziario, con il riconoscimento di responsabilità, in sede
  di appello, dal punto di vista del rapporto causa-effetto del
  solo terzo ufficiale dell'Agip Abruzzo.  La ricostruzione
  tecnica dei fatti dice che, alle ore 22,25 del 10 aprile 1991,
  il Moby Prince, alla velocità di circa 19 nodi, entrò in
  collisione con l'Agip Abruzzo, sfondando la cisterna del
  carico n. 7, contenente greggio molto volatile che fuoriuscì
  violentemente avvolgendo il Moby Prince.  A seguito di ciò, a
  bordo del Moby, avvenne la tragedia.  La quasi totalità delle
  persone è stata trovata nel salone De Lux che ha retto finché
  le enormi temperature non hanno provocato la combustione
  generalizzata di tutta la parte superiore della nave, quella
  al di
 
                              Pag. 102
 
  sopra della linea di galleggiamento.  Il collegio peritale,
  nel corso delle visite, accertò che nessuno degli impianti
  antincendio di bordo era entrato in funzione.
     Ad oltre sette anni dall'accadimento, non sono risolti i
  dubbi sulle cause e le circostanze che resero possibile al
  tragedia: sulla genesi della collisione, sul perché 140
  persone sono morte (un solo sopravvissuto) in un traghetto a 3
  miglia dal porto,sulle condizioni   di armamento della
  nave, sull'organizzazione degli ingressi e delle uscite nel e
  dal porto, sulla tempestività e la qualità dei soccorsi, sul
  rispetto delle normative allora vigenti, sull'esercizio delle
  funzioni e delle responsabilità.
     Incredibile, appare, che nessuno abbia udito il  may day
  lanciato dal traghetto, che il traghetto, unico mezzo
  uscito dal porto, sia stato intravisto dopo un'ora dalla
  collisione, che dopo un'ora, sia stato tratto in salvo dal
  coraggio di un ormeggiatore livornese l'unico superstite,
  infine che, dopo la tragedia, sia stato possibile manomettere
  la timoneria della nave.
     La Commissione, entro i limiti posti dallo strumento
  dell'indagine conoscitiva, ha concentrato la sua attenzione,
  in particolare, sulla normativa vigente al momento della
  tragedia, nonché sulla sua successiva evoluzione per poter
  proporre linee di interventi di carattere legislativo, o di
  indirizzo, capaci di rafforzare la sicurezza dei trasporti
  marittimi nel nostro Paese.
     Le questioni su cui la Commissione ha stabilito di
  indagare sono le seguenti:
       a)  condizioni di armamento delle navi, sia sotto
  il profilo della corrispondenza dell'organizzazione di bordo e
  delle regole di condotta nautica abitualmente seguite dalla
  nave agli  standard  internazionali, sia sotto il profilo
  dell'idoneità e dell'efficienza delle dotazioni di sicurezza
  di bordo;
       b)  controlli effettuati dagli organi del Registro
  Navale Italiano per accertare l'efficienza dei dispositivi di
  sicurezza;
       c)  disciplina vigente nei porti per regolare
  l'ingresso, l'uscita, lo stazionamento delle navi passeggeri,
  delle navi mercantili, delle navi con carichi pericolosi;
       d)  esistenza di protocolli operativi e di
  un'organizzazione di mezzi di soccorso idonei a fronteggiare
  situazioni di emergenza;
       e)  idoneità del personale delle Capitanerie di
  porto a organizzare i soccorsi in mare e disponibilità di
  mezzi di informazioni per interventi efficaci in situazioni di
  incendio diffuso e di ridotta visibilità;
         f)  ruolo della Guardia di finanza;
         g)  ruolo e funzioni delle organizzazioni dei
  rimorchiatori,
         h)  ruolo e funzioni delle organizzazioni degli
  ormeggiatori;
         i)  congruità della normativa vigente sui controlli
  delle operazioni di sicurezza;
         j)  osservanza delle regole di addestramento
  professionale dei marittimi, di composizione dei ruoli di
  equipaggio e di formazione delle tabelle di armamento;
         k)  poteri e doveri di vigilanza e di controllo
  delle autorità pubbliche.
     In relazione agli obiettivi dell'indagine, la Commissione
  ha definito un programma di audizioni.
  2) Soggetti ascoltati.
     In relazione alle questioni generali della sicurezza del
  trasporto marittimo e specifiche della vicenda della Moby
  Prince, la Commissione ha individuato i soggetti da
  ascoltare.
     La Commissione ha quindi proceduto all'audizione di:
       1) rappresentanti dei familiari delle vittime della Moby
  Prince (riuniti nelle associazioni Comitato Moby 140,
  Associazione 10 aprile e Comitato familiari vittime
  coordinamento Sud), (seduta dell'11 febbraio 1998);
 
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       2) rappresentanti dei sindacati dei marittimi a livello
  nazionale e locale;  (seduta del 25 febbraio 1998);
       3) rappresentanti del Comando generale delle capitanerie
  di porto, (seduta dell'11 marzo 1998);
       4) Presidente dell'Assoporti, (seduta del 15 aprile
  1998);
       5) Presidente dell'Autorità portuale di Livorno, (seduta
  del 15 aprile 1998);
       6) rappresentanti delle organizzazioni di rimorchiatori
  nazionali e locali, (seduta del 28 aprile 1998);
       7) rappresentanti delle organizzazioni degli
  ormeggiatori nazionali e locali, (seduta del 28 aprile
  1998);
       8) rappresentanti della Guardia di finanza a livello
  nazionale e locale, (seduta del 20 maggio 1998);
       9) rappresentanti del RINA, (seduta del 3 giugno
  1998);
       10) rappresentanti del Ministero dei trasporti e della
  navigazione (in particolare della Commissione ministeriale
  attivata a seguito della tragedia della Moby Prince), (sedute
  del 10 giugno 1998 e del 16 luglio 1998);
       11) rappresentanti degli armatori ed in particolare
  dell'armatore Navarma, (seduta del 16 luglio 1998).
  3) Temi emersi.
     Dalle audizioni effettuate e dalla documentazione raccolta
  è emersa la mancanza di un sistema di sicurezza efficiente, al
  momento dell'incidente, sia a bordo del Moby Prince, sia a
  terra, nel porto di Livorno.  I tragici fatti appaiono essere
  accaduti per una serie di concause (fra esse, la scarsa
  esperienza di navigazione da parte di chi era alla guida del
  traghetto, il fenomeno della nebbia, la difficoltà per le navi
  di proteggersi da un incendio scoppiato all'esterno) ed in
  assenza della capacità dei soggetti responsabili a
  fronteggiare la situazione di emergenza createsi.
     Per quanto riguarda le condizioni di armamento della nave
  è stato evidenziato, in particolare, il mancato o
  insufficiente funzionamento degli impianti di sicurezza a
  bordo della nave: non funzionò lo  sprinkler,  l'impianto
  anticendio che doveva avviarsi nelle varie sale in presenza di
  incendio e che risultò "disattivato", né funzionò l'impianto
  di acqua spruzzata dal garage, funzionarono parzialmente le
  condotte tagliafuoco).
     Paradossalmente,   risulta che, un mese prima
  dell'incidente, i responsabili del Registro navale Italiano
  avevano compiuto le prescritte visite annuali, compresa la
  visita con la Capitaneria di porto relativa all'organizzazione
  per la sicurezza a bordo, sulla base delle quali la nave era
  risultata efficiente.
     E' emerso anche che mancò, nel porto di Livorno, un
  coordinamento capace e tempestivo nell'organizzazione dei
  soccorsi intervenuti in tempi diversi.  Risulta, per esempio,
  che i rimorchiatori siano intervenuti di propria iniziativa e
  che lo stesso intervento delle forze dell'ordine, della
  Guardia di finanza, dei Carabinieri, dei Vigili del fuoco,
  della stessa Capitaneria siano avvenuti senza che si potesse
  realizzare un'azione combinata dei soccorsi.  Così come non era
  adeguatamente regolamentato, nel porto di Livorno, l'ingresso
  e l'uscita delle navi, nonché le aree destinate
  all'ancoraggio.
     In relazione a tali fatti, appare assolutamente necessario
  dare risposta ai seguenti problemi che, peraltro, hanno
  valenza generale: la questione di un controllo più pregnante
  sul rispetto delle regole di sicurezza allora esistenti e
  certamente da perfezionare e da completare anche in ragione
  dell'aumento della quantità e della qualità dei traffici; la
  questione dell'attivazione, nei porti, di strutture preposte
  ad un attivo e tempestivo soccorso in caso di necessità; la
  questione della individuazione di mezzi sufficienti a
  garantire lo spegnimento di incendi provenienti dall'esterno;
  la questione di un uso più ampio dei rimorchiatori che
 
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  erogano servizi a tutt'oggi non obbligatori ed utilizzati
  esclusivamente su richiesta del comandante della nave; la
  questione della formazione e informazione degli equipaggi,
  essendo le risorse umane elemento fondamentale per la
  qualificazione dei trasporti marittimi; la questione della
  qualità della composizione delle tabelle di armamento che
  debbono prevedere adeguate figure professionali per tipologie
  di navi, la questione della responsabilità esclusiva del
  comandante per quanto riguarda la nave.
     Conseguentemente, di particolare interesse, anche in
  relazione a possibili interventi legislativi e ad atti di
  indirizzo della Commissione, sono risultate le seguenti
  questioni:
       a) standard  di costruzione delle navi, misure di
  sicurezza, certificazioni, formazione degli equipaggi.  La
  normativa europea ed internazionale al riguardo è in continua
  evoluzione.  Si tratta di provvedere, nel nostro Paese,
  all'adeguamento della legislazione interna e di procedere alla
  verifica puntuale della sua attuazione;
       b)  piani preventivi di emergenza.  Una loro
  predisposizione in tutti i porti consente di avere modelli
  utili a ridurre i tempi di intervento, determinanti ai fini
  della qualificazione dell'intervento stesso.  Si tratta di
  verificarne l'esistenza e l'attuazione;
       c)  attrezzamento strutturale dei porti dal punto
  di vista della sicurezza e di quello ambientale.  Il Libro
  Verde sui porti e le infrastrutture marittime propone azioni
  in materia di ambiente e sicurezza.  La Commissione europea
  intende infatti rafforzare il rispetto e l'uniforme
  applicazione delle regole internazionali concernenti la
  sicurezza nei porti, con riguardo non solo alle operazioni di
  entrata e di uscita dei porti ed alle specifiche operazioni di
  manipolazione delle merci, ma anche alla realizzazione di
  condizioni di compatibilità ambientale ed allo sviluppo di
  un'adeguata pianificazione costiera.  Si tratta di individuare,
  a livello europeo, in sede di confronto politico sul Libro
  Verde, le forme e i modi di intervento, nonché i soggetti cui
  imputare i costi relativi alla sicurezza;
       d)  servizi tecnico-nautici.  Dall'indagine è
  risultata evidente la loro utilità per elevare gli
  standard  di sicurezza della navigazione all'interno dei
  porti.  Tuttavia, la non obbligatorietà del loro uso da parte
  dell'utenza, li rende particolarmente onerosi.  Si tratta di
  verificare, a livello europeo se è possibile procedere ad uno
  scorporo dal costo commerciale di quello per la sicurezza,
  individuando i soggetti cui attribuire i relativi oneri;
       e)  sistemi di controllo del traffico.  (VTS -
  Vessel trafic system  -, oppure mini sistemi come il PAC
  -  Port Approach Control).  La loro presenza nei porti,
  utile a garantire una vigilanza preventiva, insieme con la
  dotazione di nuove e moderne unità navali di cui le
  Capitanerie cominciano oggi a dotarsi, può contribuire al
  rafforzamento della sicurezza nella navigazione.  Si tratta di
  verificare e di stimolare i programmi di attivazione e di
  diffusione di tali sistemi.
  4) Considerazioni conclusive ed illustrazione di alcune
  delle norme oggi vigenti.
     Le notizie raccolte nel corso delle audizioni consentono
  di esprimere un giudizio di inadeguatezza della situazione
  complessiva inerente le condizioni e le azioni intraprese
  all'epoca dell'incidente del Moby Prince.
     Del resto, le stesse prime risultanze dell'azione
  giudiziaria, che ha assolto tutti gli imputati, ad esclusione
  del terzo ufficiale dell'Agip di cui è stata riconosciuta la
  responsabilità nel corso del processo di appello pur nella
  constatazione di inefficienze, incapacità ed inadeguatezze,
  confermate dalle circostanziate analisi della Commissione
  ministeriale appositamente costituita, dimostrano la
  sussistenza, all'epoca, di una situazione di responsabilità
  diffusa con riferimento a tali accadimenti.  Responsabilità
  che, se sul piano penale può non rilevare, certamente pesa sul
  piano politico.
 
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     Dall'indagine sono emersi i ritardi politici e culturali
  con cui, anche da parte dei singoli Governi non si sono
  affrontati, per anni, nel nostro Paese, temi tanto delicati
  che, per troppo tempo, non sono riusciti ad entrare nella
  programmazione nazionale, né in termini di individuazione di
  regole, né in termini di approntamento di risorse
  finanziarie.
     E' emersa, complessivamente, una inadeguatezza al momento
  della tragedia, sia a realizzare una politica di prevenzione,
  sia a dispiegare una capacità di intervento reale in caso di
  emergenze e fatti straordinari.  Sorprendente appare il fatto
  che l'unico superstite della tragedia sia stato tratto in
  salvo da un ormeggiatore che ha messo in campo tutto il suo
  coraggio e la sua disponibilità.
     Vi è da dire che, successivamente al 1991, sono
  intervenute modificazioni normative, ma anche organizzative,
  che hanno dotato, in qualche modo, il nostro Paese di maggiori
  strumenti per fronteggiare la grande questione della sicurezza
  della sicurezza della navigazione e della salvaguardia della
  vita umana in mare.
     Dal punto di vista della individuazione delle
  responsabilità, il decreto-legge n. 535 del 1996, che ha
  modificato la legge n. 84 del 1994 sull'ordinamento portuale,
  ha provveduto a precisare i rispettivi ruoli delle Autorità
  portuali e delle autorità marittime, attribuendo competenze in
  materia di sicurezza dei porti e delle operazioni portuali
  alle prime e competenze in ordine alla sicurezza nella
  navigazione alle seconde che, al momento dell'incidente,
  assommavano entrambi i poteri.
     Per quanto riguarda l'organizzazione dei soccorsi, nel
  1991, tale settore era disciplinato dagli articoli 69 e 70 del
  codice della navigazione.  In aggiunta a queste, esistono varie
  altre norme che fissano, tuttora, a carico di soggetti
  pubblici e privati l'obbligo di intervento.  Tra queste,
  particolare rilievo assumono, sia il precetto generale
  dell'articolo 593 del Codice Penale che impone a tutti i
  soggetti l'obbligo di prestare soccorso, sia l'articolo 107
  del Codice della Navigazione, che fissa l'obbligo, per i
  rimorchiatori, di rimanere a disposizione dell'autorità
  marittima per tutti i servizi attinenti l'ordine e la
  sicurezza del porto.
     In realtà, il quadro organizzativo generale si ispirava,
  ai tempi dell'incidente, ad una logica limitata unicamente
  alla disponibilità di risorse locali, mentre del tutto assente
  era la previsione di un livello di coordinamento nazionale.
  Una situazione che non era in linea con la più avanzata
  evoluzione raggiunta in materia a livello mondiale.  Infatti,
  sotto l'egida dell'IMO (Organizzazione Marittima
  Internazionale), era stata adottata fin dal 27 aprile 1979, ad
  Amburgo, la Convenzione sulla ricerca ed il salvataggio
  marittimo che, al fine di definire un piano mondiale in
  materia, disegna una organizzazione tipo per la ricerca ed il
  soccorso in mare.  L'Italia, con colpevole ritardo, nel 1991,
  non aveva ancora ratificato tale Convenzione.  Di fatto, vi ha
  provveduto solo nel 1989, con la legge n. 147, emanando il
  regolamento attuativo nel 1994.
     Oggi, su questa materia, vige nel nostro Paese una
  strumentazione diversa, e più evoluta, rispetto a quella
  esistente all'epoca dei fatti oggetto dell'indagine
  conoscitiva.  L'Italia ha, infatti, adottato, nel novembre
  1996, un Piano nazionale per il soccorso (Piano SAR- Sarch
  and rescue)  in ottemperanza all'articolo 2 del decreto del
  Presidente della Repubblica n. 662 del 1994 che individua, nel
  Ministro dei trasporti e della navigazione, l'organo centrale
  responsabile dell'applicazione della Convenzione di Amburgo.
  Il Corpo delle capitanerie di porto ha il compito
  dell'organizzazione del soccorso che è articolata in un centro
  nazionale (IMRCC) con interfaccia internazionale, l'MRCC
  (Marittime rescue coordination center),  costituito dal
  Comando generale, da 13 sottocentri di soccorso, nonché da
  circa 300 uffici classificati come unità costiere di
  guardia.
     Si tratta di verificare l'efficienza di questo strumento e
  di affrontare il problema del coordinamento generale delle
  attività in mare di una pluralità di Corpi dello Stato,
  tuttora attuale, come si può rilevare dal fatto che il
  Ministro dell'interno,
 
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  che ha emanato direttive in tal senso, ha riconosciuto il
  ruolo della Guardia di Finanza nei servizi di ordine pubblico
  in mare.
     Nel corso dell'indagine conoscitiva, sono state
  evidenziate anche le innovazioni normative intervenute negli
  ultimi anni in materia di sicurezza (attività di PSC e di
  controllo di certificazione) a livello internazionale e
  comunitario, che affermano un indirizzo politico condivisibile
  volto a riconoscere l'interesse pubblico alla sicurezza ed
  alla salvaguardia della vita umana in mare da perseguire con
  l'impegno di tutti i soggetti interessati, a partire dagli
  armatori.
     A livello internazionale, sono da segnalare, oltre i
  Memoranda (di Parigi, di Tokyo ed altri), le numerose norme in
  materia, nonché le Convenzioni Internazionali sulla sicurezza
  della navigazione e sulla sicurezza della vita umana in mare e
  le diverse Conferenze nel campo marittimo che hanno
  approfondito problematiche di grande attualità su questi temi,
  producendo risoluzioni, codici, emendamenti che hanno
  integrato le norme esistenti.
     In particolare, sono da segnalare:
       a)  le norme che prescrivono l'installazione, anche
  nelle navi già operanti, di appositi impianti di estinzione e
  la sostituzione di materiale combustibili con materiali non
  combustibili.  In sede IMO (Organizzazione Marittima
  Internazionale) è, inoltre, in corso una riflessione sulla
  ridefinizione, la semplificazione e la modernizzazione delle
  norme in materia di protezione antincendio, anche in
  considerazione delle nuove tecnologie a disposizione della
  cantieristica;
       b)  le norme che prevedono la registrazione dei
  passeggeri per rendere più agevole la gestione delle
  emergenze;
       c)  le norme dirette a migliorare la robustezza
  dello scafo e la stabilità complessiva delle navi;
       d)  la Convenzione internazionale IMO sugli
  standard  di addestramento ed abilitazione dei marittimi
  ratificata con legge 21 novembre 1985, n. 739 (STCW);
       e)  il Codice ISM  (International Safety
  Management)  recepito nell'ordinamento nazionale nel luglio
  1996 e reso obbligatorio per i traghetti "ro-ro" e per le navi
  veloci ed in futuro per tutte le altre tipologie di navi.  Tale
  codice assume particolare importanza perché prende in
  considerazione la globalità dell'attività della navigazione
  marittima per intervenire non solo sui singoli aspetti della
  sicurezza, come, ad esempio, la stabilità, la protezione
  antincendio, le dotazioni di sicurezza, le esercitazioni, ma
  per instaurare una vera e propria "cultura della sicurezza"
  che permetta una presa di responsabilità spontanea del
  personale di bordo e di terra.  Il Codice pone degli
  standard  internazionali per la gestione della sicurezza
  delle navi mediante l'adozione di norme dettate per l'intera
  organizzazione dell'impresa marittima.  Pertanto, non è solo la
  nave a venire certificata con "certificato ISM", ma anche la
  Società di armamento è oggetto di valutazione da parte
  dell'Amministrazione che ne riconosce la capacità di gestire
  la sicurezza rilasciando la certificazione attraverso il
  " Document of Compliance " (D.O.C.).  Sarà, ed è questa
  un'importante novità, dunque, l'armatore il responsabile della
  sicurezza delle sue navi.  Egli dovrà emanare le direttive
  valide per ciascun tipo di esse, recependo tutte le normative
  internazionali e nazionali.  Il mancato adeguamento alla
  normativa ISM può comportare il fermo della nave o la sua
  messa al bando dai porti degli Stati aderenti al Memorandum di
  Parigi.
         f)  la Convenzione Solas.  Il suo aggiornamento ha
  migliorato gli  standard  dei traghetti passeggeri sotto
  il profilo della struttura, della stabilità, della protezione
  antincendio, dei mezzi di salvataggio ed ha introdotto
  l'obbligatorietà della certificazione ISM per le compagnie di
  navigazione e le singole navi applicando la certificazione di
  qualità anche alla gestione della sicurezza nella navigazione.
  La Convenzione ha anche richiesto, in
 
                              Pag. 107
 
  relazione all'adozione obbligatoria del Codice HSC per le
  unità veloci, il rispetto di una serie di requisiti di
  carattere strutturale, operativo e di formazione degli
  equipaggi al fine di innalzare gli  standard  di
  sicurezza.  L'XI capitolo ha prodotto misure atte ad aumentare
  il controllo dello Stato di approdo, il XII ha recepito le
  norme di sicurezza per le navi di trasporto alla rinfusa
  approvate nella VI Conferenza di novembre 1997.
     Da evidenziare il documento di Vancouver, sottoscritto il
  25 marzo 1998 che è una "dichiarazione ministeriale congiunta
  fra Paesi aderenti al Memorandum di Parigi e di Tokyo per
  l'innalzamento della sicurezza e l'eliminazione delle navi
  sub-standard ".  E' rilevante l'importanza di tale atto
  che, pur essendo una dichiarazione di intenti, assume una
  valenza mondiale per la lotta alle navi che eludono le norme
  di sicurezza e per le azioni ad esse connesse.
     Da segnalare le difficoltà di attuazione, nel nostro
  Paese, del capitolo IV della Convenzione relativo al sistema
  globale di comunicazioni in mare, il GMDSS  (Global
  Marittime Disk Safety System),  per la necessità di mettere
  a punto il sistema delle comunicazioni satellitari, a seguito
  del convegno mondiale tenutosi a Ginevra nel 1997.
     Per quanto riguarda i provvedimenti comunitari, la
  tendenza è di creare condizioni armonizzate di sicurezza in
  Europa.  Da rilevare che solo da pochi anni la materia è
  diventata di interesse in sede comunitaria.  La produzione
  normativa è notevole e le direttive europee acquistano una
  particolare valenza perché obbligano ad una maggiore serietà
  nell'applicazione delle norme internazionali.  Fra le più
  importanti:
       a)  la direttiva 94/58/CE del 22 novembre 1994 sui
  requisiti minimi di addestramento dei marittimi;
       b)  la direttiva 94/57/CE del 22 novembre 1994
  sugli Istituti di classifica e sulla notifica degli stessi
  alla Comunità europea.  La Direttiva è stata recepita con
  decreto-legge 314 del 3 agosto 1998 e consente agli Istituti
  di classifica autorizzati dallo Stato e notificati alla
  Comunità europea di operare anche in altri Stati della
  comunità;
       c)  la direttiva 95/21/CE, del 22 novembre 1994 sul
  Port State Control  legata al Memorandum di Parigi del
  1982 che prevede norme unificate inerenti l'attuazione di
  principi internazionali relativi alla sicurezza delle navi,
  alla prevenzione dell'inquinamento, alle condizioni di vita e
  di lavoro a bordo, nonché alle modalità di ispezione sulle
  navi straniere che toccano un porto nella Comunità.  La
  direttiva è stata recepita in via amministrativa in base alla
  legge Comunitaria 1995-1997.
       d)  la direttiva 96/98/Ce del 20 dicembre 1996
  sull'equipaggiamento marittimo.  E' in corso di attuazione.  Il
  suo scopo è di incrementare la sicurezza in mare e prevenire
  l'inquinamento marino, mediante l'applicazione uniforme degli
  strumenti internazionali relativi all'equipaggiamento tecnico
  da sistemare sulle navi, nonché garantire la libera
  circolazione di detti materiali nell'Unione;
       e)  la direttiva 98/18/Ce del 18 marzo 1998 innalza
  gli  standard  di sicurezza delle navi passeggeri e delle
  unità veloci.  E' una direttiva molto importante anche perché
  la sua applicazione è estensibile alle navi che effettuano
  navigazione nazionale;
         f)  la direttiva 98/41/CE del 18 giugno 1998 sulla
  registrazione dei passeggeri trae origine dai grandi disastri,
  ed è in corso di attuazione.  Essa prescrive la registrazione
  obbligatoria delle persone a bordo di navi passeggeri che
  effettuano navigazioni fra porti distanti non meno di 20
  miglia.  In caso di incidente della nave, l'identità delle
  persone a bordo può rilevarsi utile ai fini del soccorso.  La
  direttiva è estensibile alle navi passeggeri e traghetto che
  effettuano navigazione nazionale, costiera o locale.
     Per quanto riguarda la normativa interna, la sicurezza
  della navigazione trova
 
                              Pag. 108
 
  la sua fonte principale nella legge n. 616 del 5 giugno 1962,
  cui hanno fatto seguito i relativi regolamenti di sicurezza,
  fra cui il decreto del Presidente della Repubblica n. 435
  dell'8 novembre 1991.  Da rilevare che la XI Commissione
  (lavoro pubblico e privato) della Camera sta, attualmente,
  esaminando un disegno di legge sulla sicurezza del lavoro
  marittimo e portuale che prevede norme estremamente importanti
  per la sicurezza dei trasporti marittimi.
     La legislazione citata individua gli strumenti (il
  Comitato centrale per la sicurezza, la Commissione,
  compartimentale di sicurezza) di esecuzione degli
  accertamenti, di diverso genere a seconda del tipo di nave (da
  passeggeri, da carico, petroliere, chimichiere, gasiere) e del
  tipo di navigazione (nazionale, locale, speciale).
     Nel complesso, risulta positiva la partecipazione
  dell'Amministrazione italiana alla formazione della normativa
  a livello internazionale, nonché la prassi, recentemente
  instaurata, con un'inversione di tendenza rispetto al passato,
  di un più rapido recepimento nella legislazione interna della
  normativa internazionale, talvolta, addirittura, anticipandola
  ed estendendo alla navigazione nazionale norme inerenti la
  navigazione internazionale.
     Si tratta, dunque, di verificare l'attuazione effettiva
  delle norme sulla sicurezza, di conoscere i piani di controllo
  da attuare ed attuati, di verificare i modelli organizzativi
  attivati, prevedendone l'estensione nel caso in cui abbiano
  dato risultati positivi.
     Il problema fondamentale è creare le condizioni perché la
  sicurezza marittima e portuale assuma la valenza di un
  "sistema" da realizzare tanto a terra, quanto in mare,
  affermando una forte "cultura della sicurezza" all'interno di
  un settore fortemente competitivo e basato sulla concorrenza e
  capovolgendo la vecchia concezione indirizzata a considerare
  la sicurezza un costo improprio, un accessorio, anziché una
  forma di investimento che offre garanzia di qualità al
  servizio, oltre a ridurre l'incidenza dei sinistri ed
  abbattere i relativi costi che possono essere enormi, come nel
  caso di perdite di vite umane.
     Sul piano più strettamente operativo, in Italia, è in
  corso di realizzazione una rete di stazioni di controllo del
  traffico marittimo VTS  (Vessel trafic system),  il
  sistema di vigilanza per la navigazione che permette di
  seguire la nave nell'intero corso della navigazione con la
  segnalazione di possibili incroci con altri mezzi od ostacoli,
  da installare nei principali punti strategici della costa
  italiana.  Il sistema, che è impegnativo sul piano delle
  risorse necessarie e risulta essere estremamente utile,
  dovrebbe divenire prossimamente operativo nello Stretto di
  Messina.
     Il lavoro da fare è tanto e non facile.  L'obiettivo è di
  impedire la navigazione a tutti coloro che operano in
  condizioni inferiori al minimo delle norme di sicurezza e di
  realizzare le migliori condizioni per la prevenzione degli
  incidenti e l'organizzazione dei soccorsi nel caso in cui
  questi si verifichino.
  5) Linee di un successivo intervento legislativo.
     Come evidenziato, la normativa in materia di sicurezza
  della navigazione è sicuramente indice della crescente
  attenzione per i temi della salvaguardia della vita umana in
  mare e della sicurezza della nave.  Il continuo evolvere della
  normativa, spesso in attuazione di convenzioni internazionali,
  evidenzia, come indicato, la dimensione globale della
  "questione sicurezza" ed il rilievo prioritario alla stessa
  riservato nelle varie sedi, internazionale, comunitaria e
  nazionale.
     Se quindi ad un primo approccio la materia sembra già
  sufficientemente regolamentata, tuttavia, l'indagine
  conoscitiva ha evidenziato quante e quali tragiche conseguenze
  possano scaturire dalla sommatoria di singoli accadimenti il
  cui rilievo obiettivo, svincolato dal contesto in cui essi
  possono verificarsi in successione combinandosi tra loro, può
  sembrare, a sé considerato, di minore rilievo.
 
                              Pag. 109
 
     Non appare inoltre secondario, anche in presenza di una
  specifica normativa, l'accertamento - in concreto - di come la
  stessa possa efficacemente operare ed in particolare
  consentire di prevenire e, se del caso governare, situazioni
  di emergenza o comunque di una complessità superiore alla
  norma.
     L'indagine condotta dalla Commissione ha reso evidente
  l'esigenza di un chiaro e costante indirizzo politico che
  possa orientare e stimolare le attività connesse alle
  prioritarie esigenze della sicurezza della navigazione, della
  salvaguardia della vita umana in mare e della tutela
  dell'ambiente.
     Sembra quindi opportuno definire i seguenti indirizzi che
  possano costituire orientamento anche per la futura attività
  normativa, con riferimento a specifiche aree di intervento.
       a) Formazione:
         elemento essenziale per assicurare effettività alle
  norme in materia di sicurezza, la formazione degli equipaggi è
  in buona parte disciplinata dalla richiamata Convenzione
  siglata in occasione della Conferenza internazionale sugli
  standard  di addestramento, certificazione e tenuta della
  guardia per marittimi (STCW).
     L'integrale recepimento delle risoluzioni che
  costituiscono gli emendamenti del 1995 alla Convenzione, non
  ancora interamente trasfuse nell'ordinamento interno,
  costituisce sicuramente il primo obiettivo da conseguire
  tempestivamente.  Occorre inoltre tener conto dell'esigenza di
  avviare programmi di formazione che tengano conto degli
  effetti sulla composizione degli equipaggi che possono
  determinarsi con l'introduzione del cosiddetto "doppio
  registro".  La circostanza che parte dell'equipaggio possa
  provenire da Paesi extracomunitari rende ancora più stringente
  l'esigenza di una formazione adeguata che, fra l'altro,
  favorisca la migliore integrazione operativa del personale
  imbarcato.
       b) Misure di sicurezza e certificazioni:
         la materia appare diffusamente regolamentata anche da
  convenzioni internazionali.  La analitica disciplina che
  presiede al sistema delle visite di controllo e delle varie
  certificazioni sembra tale da offrire idonee garanzie in
  ordine alla sicurezza delle varie tipologie di navi.
  L'indagine conoscitiva ha tuttavia evidenziato che navi
  passeggeri, pur in possesso della certificazione attestante
  l'esito positivo dei prescritti controlli, possono tuttavia
  svolgere attività di trasporto di persone con gravi carenze e
  disfunzioni in apparati tecnici che presiedono alla sicurezza,
  come avvenuto nella vicenda del traghetto Moby Prince.  Ne
  consegue, anzitutto, l'esigenza di assicurare un più efficace
  e penetrante sistema di controlli che assicuri un più rigoroso
  accertamento dei requisiti richiesti.  Appare a tal fine
  opportuno un maggior coordinamento tra le istituzioni
  preposte, che dovranno poter disporre di un adeguato
  contingente di uomini e mezzi.  Appare altresì opportuno
  verificare la congruità dell'attuale assetto normativo del
  Registro Italiano Navale, risalente al decreto legislativo del
  Capo Provvisorio dello Stato 22 gennaio 1947, n. 340, con la
  direttiva 94/57, con particolare riferimento alla composizione
  dei suoi organi direttivi.  Tra l'altro, al proposito, occorre
  ricordare che vi sono cambiamenti rilevanti.  Infatti, sulla
  base della direttiva comunitaria 94/57 sopra menzionata che è
  stata recepita dal nostro Paese, lo Stato deve delegare i
  propri poteri in materia di sicurezza della nave agli enti di
  classifica riconosciuti in Europa su base non
  discriminatoria.
     Sembra in particolare necessario un più penetrante sistema
  di controllo sulle navi abilitate esclusivamente alla
  navigazione nazionale, costiera e locale.
     Per la medesima finalità, di rendere più stringenti le
  norme di sicurezza, sembra opportuno accelerare il recepimento
  della direttiva comunitaria 98/18/CE relativa alla sicurezza
  delle navi passeggeri e "ro-ro".  Una particolare attenzione,
  sui temi della sicurezza nella navigazione va posta al ruolo
  dei servizi tecnico-nautici sui quali è opportuna una
  riflessione.
     Risulta certamente utile affermare anche la necessità di
  un'applicazione rigorosa
 
                              Pag. 110
 
  della Convenzione O.I.L. n. 28 del 1926 e successive
  revisioni, nonché del regolamento applicativo del decreto
  legislativo n. 626/94 per i mezzi nautici, come da delega
  recentemente approvata dal Parlamento.  L'ultima revisione, del
  1996, della Convenzione n. 28 che riguarda l'ispezione a bordo
  delle navi per effettuare verifiche in materia di condizioni
  di lavoro dei marittimi, prevede l'istituzione, da parte delle
  autorità competenti, di un "corpo" di ispettori, nonché
  l'adozione della Convenzione O.I.L. n. 147 "condizioni minime
  a bordo delle navi".  In una prima stesura della legge n. 30
  del 1998, il Governo aveva inserito la istituzione degli
  "ispettori del lavoro marittimo" che potrebbero agire di
  concetto con gli ispettori del " Port State Control " per
  aumentare la potenzialità dei controlli.  Appare, inoltre,
  utile l'applicazione del decreto legislativo n. 626 ai mezzi
  nautici come strumento legislativo delle ispezioni, da
  estendere possibilmente anche alle navi straniere.
       c) Controlli da parte degli Stati costieri:
         il controllo dello Stato di approdo, in attuazione del
  Memorandum di Parigi, prevede l'obbligo di visitare almeno il
  25 per cento delle navi che fanno scalo nei Paesi aderenti al
  trattato.
     I dati disponibili per il 1997 evidenziano una percentuale
  di visite superiore a quella indicata.  Occorre tuttavia
  evidenziare che tale soglia percentuale è assolutamente
  insufficiente.  La effettiva attività ispettiva, poi, andrebbe
  riferita al contesto complessivo dei traffici ed al livello
  qualitativo medio delle flotte dei Paesi con i quali sono più
  intensi gli scambi.
     L'impegno del Paese per favorire un salto di qualità nella
  portualità nazionale, unitamente ad un preciso indirizzo
  legislativo - condiviso in sede comunitaria - diretto a
  favorire il cabotaggio delle merci con trasferimento via mare
  di quote consistenti del relativo traffico, che ora in buona
  parte ha luogo su strada, determinerà un incremento del
  traffico marittimo.  Completa poi tale quadro la prevista
  liberalizzazione del cabotaggio marittimo dal 1 gennaio 1999.
  Risulta di conseguenza confermata la necessità di predisporre
  un efficiente sistema per il controllo e la vigilanza del
  trasporto marittimo.
     Tale attività di vigilanza è svolta   dal Corpo delle
  capitanerie di porto.
     Poiché diversi sono gli organismi che svolgono funzioni di
  controllo sul mare, risulta utile chiarire ulteriormente i
  limiti operativi e le funzioni di ogni singolo organismo
  definendo, peraltro, i mezzi finanziari e gli organici del
  personale addetto alla vigilanza e al soccorso.  Al riguardo,
  sembra opportuno predisporre forme di periodico monitoraggio e
  di pubblicità dei risultati delle attività espletate per
  individuare linee di tendenza ed eventualmente definire idonei
  indirizzi.
     In tale prospettiva sembra del resto orientata l'attività
  di controllo per quel che concerne la navigazione delle navi
  sub-standard,  oggetto della "Dichiarazione ministeriale
  congiunta" di Vancouver del 25 marzo 1998 richiamata.  Alcuni
  dei temi cardine di tale documento risiedono infatti in una
  più intensa ed efficiente collaborazione tra le
  amministrazioni interessate, con scambi di informazioni tra
  sistemi informatici, nell'istituzione di maggiori e più idonei
  controlli sulle proprie navi nonché nell'attuazione di
  campagne ispettive in particolare dirette a verificare la
  corretta applicazione della normativa di sicurezza a bordo
  delle navi.
     Quanto alla disciplina delle ispezioni sulle navi,
  dovrebbe essere accelerata la trasposizione nell'ordinamento
  interno della direttiva 95/21/CE sul  Port State Control
  sopra menzionata.  L'attuazione di tale disciplina appare di
  rilievo strategico sia per l'attuale fase politica di molti
  Paesi rivieraschi del Mediterraneo, sia per la posizione
  geografica dell'Italia ed anche per la tutela della bandiera
  nazionale dalla concorrenza sleale praticata da armatori che
  utilizzano navi  sub-standard.  Particolare attenzione va
  posta anche al fenomeno degli armatori fantasma in paesi di
  comodo.  Per questo, occorre
 
                              Pag. 111
 
  applicare integralmente il punto 1.1.2 dell'I.S.M.  Code
  e procedere alle visite di P.S.C.
     Tali compiti, per la loro particolare complessità e
  delicatezza, richiedono una adeguata organizzazione delle
  strutture preposte ed un coordinamento tra le stesse.
     Sembra altresì opportuno definire linee di indirizzo
  politico per il Governo nell'ambito delle iniziative che in
  sede comunitaria sono in stato di elaborazione.
     Sono analogamente necessari interventi normativi diretti
  ad agevolare la definizione di una normativa che, in coerenza
  con gli indirizzi definiti in sede comunitaria nell'ambito
  della "Campagna per il trasporto marittimo di qualità"
  (Quality shipping),  stabilisca regole di condotta per
  gli operatori, scoraggiando e sospingendo fuori mercato coloro
  che operano con unità sotto  standard.
     Uno degli strumenti individuati a livello internazionale
  per perseguire tale risultato, risiede in un sistema di
  pubblicità che, accrescendo la trasparenza del settore,
  potrebbe già costituire una forma di tutela per gli utenti.
       d) Ricerca e standard nella costruzione:
         la definizione di gran parte del tessuto normativo in
  sede comunitaria o internazionale deve indurre diverse forme
  di intervento tra loro coordinate.  L'adozione di una serie di
  indirizzi potrà orientare l'attività del Governo per la
  successiva azione in sede sovranazionale, e, nel contempo,
  consentirà di individuare idonee forme di governo dei singoli
  settori anche in chiave prodromica di future regolamentazioni
  sovranazionali.  In tale contesto, appare opportuno favorire
  forme di ricerca applicata per individuare nuovi apparati di
  sicurezza che incrementino la sicurezza a bordo delle navi.
  Tale aspetto appare ancor più di rilievo in presenza di una
  significativa evoluzione del modello di trasporto delle merci
  e dei passeggeri via mare, sempre più orientato ad un sistema
  veloce.
     Vi sono poi una serie di rischi - emersi nel corso
  dell'indagine - relativi ai sistemi di sicurezza delle navi
  nel caso di incendi provenienti dall'esterno.  La tragedia
  della Moby Prince ne costituisce una tragica testimonianza.
     Un aspetto ulteriore della sicurezza a bordo investe il
  tema degli apparati di sicurezza nei confronti di merci o
  sostanze pericolose contenute nei mezzi imbarcati.  E' il caso
  dei combustibili degli automezzi stivati a bordo ovvero, ad
  esempio, delle bombole di gas a bordo di  camper
  imbarcati sui traghetti.  Al riguardo, oltre a prevedere la
  necessità di dotare le navi della idonea strumentazione di
  sicurezza, occorrerà definire una rigorosa disciplina ed
  assicurare una sistematica informazione degli utenti.
       e) Sistemi di controllo in mare:
         è stata ormai definita la scelta per il sistema di
  controllo integrato del traffico in mare VTS  (Vessel trafic
  system).  Si richiede ora, a più di cinque anni dalle
  conclusioni dello studio effettuato dalla Commissione tecnica
  ministeriale, il passaggio ad una fase di tempestiva
  attuazione attraverso programmi incentrati sull'esperienza, le
  professionalità, l'indicazione dei mezzi finanziari.  Appare
  prioritaria la realizzazione di un sistema che consenta di
  apprestare efficace assistenza al traffico nei mari che
  circondano il Paese.  Appare opportuno, in tale contesto,
  definire sin dall'avvio forme di coordinamento con i sistemi
  degli altri Paesi che si affacciano sul Mediterraneo nonché
  con quelli predisposti in ambito locale.  Si ravvisa inoltre la
  necessità di interventi legislativi volti all'introduzione di
  obblighi da porre in capo ai soggetti istituzionalmente
  preposti, finalizzati alla elaborazione e all'attuazione di
  piani per la messa in sicurezza dei porti, in coerenza con gli
  strumenti di programmazione delle aree portuali, già in essere
  ai sensi della legge n. 84 del 1994, secondo modelli già da
  tempo realizzati, ad esempio nel porto di Ravenna, nonché alla
  realizzazione, almeno nei principali porti, di infrastrutture
  dedicate al controllo e alla gestione
 
                              Pag. 112
 
  del traffico marittimo e portuale, individuando le necessarie
  dotazione finanziarie e gli eventuali supporti tecnici e
  procedurali.
     In ordine a tali enti, poi, appare opportuno definire un
  indirizzo globale che consenta successivamente forme di
  gestione integrata.
     Sotto distinto profilo, occorre procedere ad un sistema
  coordinato di mappatura del mare, secondo una pianificazione
  integrata, per individuare le aree a maggiore rischio, le
  correnti di traffico, le aree di fonda in modo da predefinire,
  per quanto possibile, procedure operative che consentano di
  ridurre l'incidenza e, comunque, governare situazioni di
  emergenza in relazione a singoli spazi di mare.  Tale
  pianificazione dovrebbe costituire la premessa per integrare e
  coordinare interventi e competenze in materia di sicurezza,
  sia nell'ambito portuale che all'esterno dello stesso.
     In tale contesto, appare opportuno un più intenso
  coordinamento tra le istituzioni che operano in mare.
  Complementare a tale attività appare quella di una razionale
  dislocazione dei mezzi sul territorio nazionale con
  predeterminazione del relativo raggio di azione, in modo da
  assicurare una generale e uniforme capacità di intervento.
     Per consentire di predisporre idonei interventi
  legislativi, poi, appare opportuna una periodica informazione
  al Parlamento sul progressivo allineamento agli obiettivi
  prefissati e sui risultati raggiunti.  Oggetto di tale
  periodica comunicazione dovrebbe essere anche lo stato di
  attuazione e gestione del Piano nazionale per il soccorso in
  mare, definito in attuazione della Convenzione di Amburgo del
  1979, con particolare riferimento alle condizioni ed alle
  risultanze delle attività di esercitazione ivi previste.
 
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