| Indice:
1) Obiettivi dell'indagine conoscitiva;
2) Soggetti ascoltati;
3) Temi emersi;
4) Considerazioni conclusive ed illustrazione di alcune
norme oggi vigenti;
5) Linee di un successivo intervento legislativo.
1) Obiettivi dell'indagine conoscitiva.
In data 21 gennaio 1998 la Commissione ha deliberato
un'indagine conoscitiva sulla sicurezza del trasporto
marittimo e sulla vicenda del traghetto Moby Prince.
L'indagine è nata dall'esigenza di affrontare il tema
della sicurezza della navigazione e della salvaguardia della
vita in mare: una delle grandi questioni capaci di
caratterizzare, in termini di qualità, lo sviluppo
dell'economia marittima nel nostro Paese in una dimensione di
livello europeo ed internazionale sulla base di una nuova
cultura che oggi va affermandosi anche nel settore dei servizi
marittimi, secondo la quale la garanzia della sicurezza è uno
degli elementi fondamentali su cui si gioca la competizione
internazionale.
Nello svolgimento dei lavori parlamentari di
approfondimento dello stato di conoscenza circa le questioni
attinenti la sicurezza dei trasporti marittimi, la Commissione
è partita dall'esame delle problematiche relative alla
drammatica vicenda del Moby Prince in cui, nella notte del 10
aprile del 1991, nella rada del porto di Livorno, persero la
vita 140 persone, uomini, donne e bambini, a seguito della
collisione tra la nave cisterna AGIP Abruzzo ed il Traghetto
Moby Prince.
La più grave ed assurda tragedia della marineria italiana
che ha avuto un percorso processuale complicato e difficile
con relazioni peritali che propendono per tesi diverse (da
quella di un atto terroristico con esplosione di una bomba in
locale di elica di manovra, a quella di una accostata rapida
effettuata dal Moby Prince per evitare la collisione con una
nave fantasma fino alla relazione di un collegio peritale
internazionale che ha concentrato la sua attenzione
sull'errore umano). Una tragedia che si è conclusa, sul piano
giudiziario, con il riconoscimento di responsabilità, in sede
di appello, dal punto di vista del rapporto causa-effetto del
solo terzo ufficiale dell'Agip Abruzzo. La ricostruzione
tecnica dei fatti dice che, alle ore 22,25 del 10 aprile 1991,
il Moby Prince, alla velocità di circa 19 nodi, entrò in
collisione con l'Agip Abruzzo, sfondando la cisterna del
carico n. 7, contenente greggio molto volatile che fuoriuscì
violentemente avvolgendo il Moby Prince. A seguito di ciò, a
bordo del Moby, avvenne la tragedia. La quasi totalità delle
persone è stata trovata nel salone De Lux che ha retto finché
le enormi temperature non hanno provocato la combustione
generalizzata di tutta la parte superiore della nave, quella
al di
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sopra della linea di galleggiamento. Il collegio peritale,
nel corso delle visite, accertò che nessuno degli impianti
antincendio di bordo era entrato in funzione.
Ad oltre sette anni dall'accadimento, non sono risolti i
dubbi sulle cause e le circostanze che resero possibile al
tragedia: sulla genesi della collisione, sul perché 140
persone sono morte (un solo sopravvissuto) in un traghetto a 3
miglia dal porto,sulle condizioni di armamento della
nave, sull'organizzazione degli ingressi e delle uscite nel e
dal porto, sulla tempestività e la qualità dei soccorsi, sul
rispetto delle normative allora vigenti, sull'esercizio delle
funzioni e delle responsabilità.
Incredibile, appare, che nessuno abbia udito il may day
lanciato dal traghetto, che il traghetto, unico mezzo
uscito dal porto, sia stato intravisto dopo un'ora dalla
collisione, che dopo un'ora, sia stato tratto in salvo dal
coraggio di un ormeggiatore livornese l'unico superstite,
infine che, dopo la tragedia, sia stato possibile manomettere
la timoneria della nave.
La Commissione, entro i limiti posti dallo strumento
dell'indagine conoscitiva, ha concentrato la sua attenzione,
in particolare, sulla normativa vigente al momento della
tragedia, nonché sulla sua successiva evoluzione per poter
proporre linee di interventi di carattere legislativo, o di
indirizzo, capaci di rafforzare la sicurezza dei trasporti
marittimi nel nostro Paese.
Le questioni su cui la Commissione ha stabilito di
indagare sono le seguenti:
a) condizioni di armamento delle navi, sia sotto
il profilo della corrispondenza dell'organizzazione di bordo e
delle regole di condotta nautica abitualmente seguite dalla
nave agli standard internazionali, sia sotto il profilo
dell'idoneità e dell'efficienza delle dotazioni di sicurezza
di bordo;
b) controlli effettuati dagli organi del Registro
Navale Italiano per accertare l'efficienza dei dispositivi di
sicurezza;
c) disciplina vigente nei porti per regolare
l'ingresso, l'uscita, lo stazionamento delle navi passeggeri,
delle navi mercantili, delle navi con carichi pericolosi;
d) esistenza di protocolli operativi e di
un'organizzazione di mezzi di soccorso idonei a fronteggiare
situazioni di emergenza;
e) idoneità del personale delle Capitanerie di
porto a organizzare i soccorsi in mare e disponibilità di
mezzi di informazioni per interventi efficaci in situazioni di
incendio diffuso e di ridotta visibilità;
f) ruolo della Guardia di finanza;
g) ruolo e funzioni delle organizzazioni dei
rimorchiatori,
h) ruolo e funzioni delle organizzazioni degli
ormeggiatori;
i) congruità della normativa vigente sui controlli
delle operazioni di sicurezza;
j) osservanza delle regole di addestramento
professionale dei marittimi, di composizione dei ruoli di
equipaggio e di formazione delle tabelle di armamento;
k) poteri e doveri di vigilanza e di controllo
delle autorità pubbliche.
In relazione agli obiettivi dell'indagine, la Commissione
ha definito un programma di audizioni.
2) Soggetti ascoltati.
In relazione alle questioni generali della sicurezza del
trasporto marittimo e specifiche della vicenda della Moby
Prince, la Commissione ha individuato i soggetti da
ascoltare.
La Commissione ha quindi proceduto all'audizione di:
1) rappresentanti dei familiari delle vittime della Moby
Prince (riuniti nelle associazioni Comitato Moby 140,
Associazione 10 aprile e Comitato familiari vittime
coordinamento Sud), (seduta dell'11 febbraio 1998);
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2) rappresentanti dei sindacati dei marittimi a livello
nazionale e locale; (seduta del 25 febbraio 1998);
3) rappresentanti del Comando generale delle capitanerie
di porto, (seduta dell'11 marzo 1998);
4) Presidente dell'Assoporti, (seduta del 15 aprile
1998);
5) Presidente dell'Autorità portuale di Livorno, (seduta
del 15 aprile 1998);
6) rappresentanti delle organizzazioni di rimorchiatori
nazionali e locali, (seduta del 28 aprile 1998);
7) rappresentanti delle organizzazioni degli
ormeggiatori nazionali e locali, (seduta del 28 aprile
1998);
8) rappresentanti della Guardia di finanza a livello
nazionale e locale, (seduta del 20 maggio 1998);
9) rappresentanti del RINA, (seduta del 3 giugno
1998);
10) rappresentanti del Ministero dei trasporti e della
navigazione (in particolare della Commissione ministeriale
attivata a seguito della tragedia della Moby Prince), (sedute
del 10 giugno 1998 e del 16 luglio 1998);
11) rappresentanti degli armatori ed in particolare
dell'armatore Navarma, (seduta del 16 luglio 1998).
3) Temi emersi.
Dalle audizioni effettuate e dalla documentazione raccolta
è emersa la mancanza di un sistema di sicurezza efficiente, al
momento dell'incidente, sia a bordo del Moby Prince, sia a
terra, nel porto di Livorno. I tragici fatti appaiono essere
accaduti per una serie di concause (fra esse, la scarsa
esperienza di navigazione da parte di chi era alla guida del
traghetto, il fenomeno della nebbia, la difficoltà per le navi
di proteggersi da un incendio scoppiato all'esterno) ed in
assenza della capacità dei soggetti responsabili a
fronteggiare la situazione di emergenza createsi.
Per quanto riguarda le condizioni di armamento della nave
è stato evidenziato, in particolare, il mancato o
insufficiente funzionamento degli impianti di sicurezza a
bordo della nave: non funzionò lo sprinkler, l'impianto
anticendio che doveva avviarsi nelle varie sale in presenza di
incendio e che risultò "disattivato", né funzionò l'impianto
di acqua spruzzata dal garage, funzionarono parzialmente le
condotte tagliafuoco).
Paradossalmente, risulta che, un mese prima
dell'incidente, i responsabili del Registro navale Italiano
avevano compiuto le prescritte visite annuali, compresa la
visita con la Capitaneria di porto relativa all'organizzazione
per la sicurezza a bordo, sulla base delle quali la nave era
risultata efficiente.
E' emerso anche che mancò, nel porto di Livorno, un
coordinamento capace e tempestivo nell'organizzazione dei
soccorsi intervenuti in tempi diversi. Risulta, per esempio,
che i rimorchiatori siano intervenuti di propria iniziativa e
che lo stesso intervento delle forze dell'ordine, della
Guardia di finanza, dei Carabinieri, dei Vigili del fuoco,
della stessa Capitaneria siano avvenuti senza che si potesse
realizzare un'azione combinata dei soccorsi. Così come non era
adeguatamente regolamentato, nel porto di Livorno, l'ingresso
e l'uscita delle navi, nonché le aree destinate
all'ancoraggio.
In relazione a tali fatti, appare assolutamente necessario
dare risposta ai seguenti problemi che, peraltro, hanno
valenza generale: la questione di un controllo più pregnante
sul rispetto delle regole di sicurezza allora esistenti e
certamente da perfezionare e da completare anche in ragione
dell'aumento della quantità e della qualità dei traffici; la
questione dell'attivazione, nei porti, di strutture preposte
ad un attivo e tempestivo soccorso in caso di necessità; la
questione della individuazione di mezzi sufficienti a
garantire lo spegnimento di incendi provenienti dall'esterno;
la questione di un uso più ampio dei rimorchiatori che
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erogano servizi a tutt'oggi non obbligatori ed utilizzati
esclusivamente su richiesta del comandante della nave; la
questione della formazione e informazione degli equipaggi,
essendo le risorse umane elemento fondamentale per la
qualificazione dei trasporti marittimi; la questione della
qualità della composizione delle tabelle di armamento che
debbono prevedere adeguate figure professionali per tipologie
di navi, la questione della responsabilità esclusiva del
comandante per quanto riguarda la nave.
Conseguentemente, di particolare interesse, anche in
relazione a possibili interventi legislativi e ad atti di
indirizzo della Commissione, sono risultate le seguenti
questioni:
a) standard di costruzione delle navi, misure di
sicurezza, certificazioni, formazione degli equipaggi. La
normativa europea ed internazionale al riguardo è in continua
evoluzione. Si tratta di provvedere, nel nostro Paese,
all'adeguamento della legislazione interna e di procedere alla
verifica puntuale della sua attuazione;
b) piani preventivi di emergenza. Una loro
predisposizione in tutti i porti consente di avere modelli
utili a ridurre i tempi di intervento, determinanti ai fini
della qualificazione dell'intervento stesso. Si tratta di
verificarne l'esistenza e l'attuazione;
c) attrezzamento strutturale dei porti dal punto
di vista della sicurezza e di quello ambientale. Il Libro
Verde sui porti e le infrastrutture marittime propone azioni
in materia di ambiente e sicurezza. La Commissione europea
intende infatti rafforzare il rispetto e l'uniforme
applicazione delle regole internazionali concernenti la
sicurezza nei porti, con riguardo non solo alle operazioni di
entrata e di uscita dei porti ed alle specifiche operazioni di
manipolazione delle merci, ma anche alla realizzazione di
condizioni di compatibilità ambientale ed allo sviluppo di
un'adeguata pianificazione costiera. Si tratta di individuare,
a livello europeo, in sede di confronto politico sul Libro
Verde, le forme e i modi di intervento, nonché i soggetti cui
imputare i costi relativi alla sicurezza;
d) servizi tecnico-nautici. Dall'indagine è
risultata evidente la loro utilità per elevare gli
standard di sicurezza della navigazione all'interno dei
porti. Tuttavia, la non obbligatorietà del loro uso da parte
dell'utenza, li rende particolarmente onerosi. Si tratta di
verificare, a livello europeo se è possibile procedere ad uno
scorporo dal costo commerciale di quello per la sicurezza,
individuando i soggetti cui attribuire i relativi oneri;
e) sistemi di controllo del traffico. (VTS -
Vessel trafic system -, oppure mini sistemi come il PAC
- Port Approach Control). La loro presenza nei porti,
utile a garantire una vigilanza preventiva, insieme con la
dotazione di nuove e moderne unità navali di cui le
Capitanerie cominciano oggi a dotarsi, può contribuire al
rafforzamento della sicurezza nella navigazione. Si tratta di
verificare e di stimolare i programmi di attivazione e di
diffusione di tali sistemi.
4) Considerazioni conclusive ed illustrazione di alcune
delle norme oggi vigenti.
Le notizie raccolte nel corso delle audizioni consentono
di esprimere un giudizio di inadeguatezza della situazione
complessiva inerente le condizioni e le azioni intraprese
all'epoca dell'incidente del Moby Prince.
Del resto, le stesse prime risultanze dell'azione
giudiziaria, che ha assolto tutti gli imputati, ad esclusione
del terzo ufficiale dell'Agip di cui è stata riconosciuta la
responsabilità nel corso del processo di appello pur nella
constatazione di inefficienze, incapacità ed inadeguatezze,
confermate dalle circostanziate analisi della Commissione
ministeriale appositamente costituita, dimostrano la
sussistenza, all'epoca, di una situazione di responsabilità
diffusa con riferimento a tali accadimenti. Responsabilità
che, se sul piano penale può non rilevare, certamente pesa sul
piano politico.
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Dall'indagine sono emersi i ritardi politici e culturali
con cui, anche da parte dei singoli Governi non si sono
affrontati, per anni, nel nostro Paese, temi tanto delicati
che, per troppo tempo, non sono riusciti ad entrare nella
programmazione nazionale, né in termini di individuazione di
regole, né in termini di approntamento di risorse
finanziarie.
E' emersa, complessivamente, una inadeguatezza al momento
della tragedia, sia a realizzare una politica di prevenzione,
sia a dispiegare una capacità di intervento reale in caso di
emergenze e fatti straordinari. Sorprendente appare il fatto
che l'unico superstite della tragedia sia stato tratto in
salvo da un ormeggiatore che ha messo in campo tutto il suo
coraggio e la sua disponibilità.
Vi è da dire che, successivamente al 1991, sono
intervenute modificazioni normative, ma anche organizzative,
che hanno dotato, in qualche modo, il nostro Paese di maggiori
strumenti per fronteggiare la grande questione della sicurezza
della sicurezza della navigazione e della salvaguardia della
vita umana in mare.
Dal punto di vista della individuazione delle
responsabilità, il decreto-legge n. 535 del 1996, che ha
modificato la legge n. 84 del 1994 sull'ordinamento portuale,
ha provveduto a precisare i rispettivi ruoli delle Autorità
portuali e delle autorità marittime, attribuendo competenze in
materia di sicurezza dei porti e delle operazioni portuali
alle prime e competenze in ordine alla sicurezza nella
navigazione alle seconde che, al momento dell'incidente,
assommavano entrambi i poteri.
Per quanto riguarda l'organizzazione dei soccorsi, nel
1991, tale settore era disciplinato dagli articoli 69 e 70 del
codice della navigazione. In aggiunta a queste, esistono varie
altre norme che fissano, tuttora, a carico di soggetti
pubblici e privati l'obbligo di intervento. Tra queste,
particolare rilievo assumono, sia il precetto generale
dell'articolo 593 del Codice Penale che impone a tutti i
soggetti l'obbligo di prestare soccorso, sia l'articolo 107
del Codice della Navigazione, che fissa l'obbligo, per i
rimorchiatori, di rimanere a disposizione dell'autorità
marittima per tutti i servizi attinenti l'ordine e la
sicurezza del porto.
In realtà, il quadro organizzativo generale si ispirava,
ai tempi dell'incidente, ad una logica limitata unicamente
alla disponibilità di risorse locali, mentre del tutto assente
era la previsione di un livello di coordinamento nazionale.
Una situazione che non era in linea con la più avanzata
evoluzione raggiunta in materia a livello mondiale. Infatti,
sotto l'egida dell'IMO (Organizzazione Marittima
Internazionale), era stata adottata fin dal 27 aprile 1979, ad
Amburgo, la Convenzione sulla ricerca ed il salvataggio
marittimo che, al fine di definire un piano mondiale in
materia, disegna una organizzazione tipo per la ricerca ed il
soccorso in mare. L'Italia, con colpevole ritardo, nel 1991,
non aveva ancora ratificato tale Convenzione. Di fatto, vi ha
provveduto solo nel 1989, con la legge n. 147, emanando il
regolamento attuativo nel 1994.
Oggi, su questa materia, vige nel nostro Paese una
strumentazione diversa, e più evoluta, rispetto a quella
esistente all'epoca dei fatti oggetto dell'indagine
conoscitiva. L'Italia ha, infatti, adottato, nel novembre
1996, un Piano nazionale per il soccorso (Piano SAR- Sarch
and rescue) in ottemperanza all'articolo 2 del decreto del
Presidente della Repubblica n. 662 del 1994 che individua, nel
Ministro dei trasporti e della navigazione, l'organo centrale
responsabile dell'applicazione della Convenzione di Amburgo.
Il Corpo delle capitanerie di porto ha il compito
dell'organizzazione del soccorso che è articolata in un centro
nazionale (IMRCC) con interfaccia internazionale, l'MRCC
(Marittime rescue coordination center), costituito dal
Comando generale, da 13 sottocentri di soccorso, nonché da
circa 300 uffici classificati come unità costiere di
guardia.
Si tratta di verificare l'efficienza di questo strumento e
di affrontare il problema del coordinamento generale delle
attività in mare di una pluralità di Corpi dello Stato,
tuttora attuale, come si può rilevare dal fatto che il
Ministro dell'interno,
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che ha emanato direttive in tal senso, ha riconosciuto il
ruolo della Guardia di Finanza nei servizi di ordine pubblico
in mare.
Nel corso dell'indagine conoscitiva, sono state
evidenziate anche le innovazioni normative intervenute negli
ultimi anni in materia di sicurezza (attività di PSC e di
controllo di certificazione) a livello internazionale e
comunitario, che affermano un indirizzo politico condivisibile
volto a riconoscere l'interesse pubblico alla sicurezza ed
alla salvaguardia della vita umana in mare da perseguire con
l'impegno di tutti i soggetti interessati, a partire dagli
armatori.
A livello internazionale, sono da segnalare, oltre i
Memoranda (di Parigi, di Tokyo ed altri), le numerose norme in
materia, nonché le Convenzioni Internazionali sulla sicurezza
della navigazione e sulla sicurezza della vita umana in mare e
le diverse Conferenze nel campo marittimo che hanno
approfondito problematiche di grande attualità su questi temi,
producendo risoluzioni, codici, emendamenti che hanno
integrato le norme esistenti.
In particolare, sono da segnalare:
a) le norme che prescrivono l'installazione, anche
nelle navi già operanti, di appositi impianti di estinzione e
la sostituzione di materiale combustibili con materiali non
combustibili. In sede IMO (Organizzazione Marittima
Internazionale) è, inoltre, in corso una riflessione sulla
ridefinizione, la semplificazione e la modernizzazione delle
norme in materia di protezione antincendio, anche in
considerazione delle nuove tecnologie a disposizione della
cantieristica;
b) le norme che prevedono la registrazione dei
passeggeri per rendere più agevole la gestione delle
emergenze;
c) le norme dirette a migliorare la robustezza
dello scafo e la stabilità complessiva delle navi;
d) la Convenzione internazionale IMO sugli
standard di addestramento ed abilitazione dei marittimi
ratificata con legge 21 novembre 1985, n. 739 (STCW);
e) il Codice ISM (International Safety
Management) recepito nell'ordinamento nazionale nel luglio
1996 e reso obbligatorio per i traghetti "ro-ro" e per le navi
veloci ed in futuro per tutte le altre tipologie di navi. Tale
codice assume particolare importanza perché prende in
considerazione la globalità dell'attività della navigazione
marittima per intervenire non solo sui singoli aspetti della
sicurezza, come, ad esempio, la stabilità, la protezione
antincendio, le dotazioni di sicurezza, le esercitazioni, ma
per instaurare una vera e propria "cultura della sicurezza"
che permetta una presa di responsabilità spontanea del
personale di bordo e di terra. Il Codice pone degli
standard internazionali per la gestione della sicurezza
delle navi mediante l'adozione di norme dettate per l'intera
organizzazione dell'impresa marittima. Pertanto, non è solo la
nave a venire certificata con "certificato ISM", ma anche la
Società di armamento è oggetto di valutazione da parte
dell'Amministrazione che ne riconosce la capacità di gestire
la sicurezza rilasciando la certificazione attraverso il
" Document of Compliance " (D.O.C.). Sarà, ed è questa
un'importante novità, dunque, l'armatore il responsabile della
sicurezza delle sue navi. Egli dovrà emanare le direttive
valide per ciascun tipo di esse, recependo tutte le normative
internazionali e nazionali. Il mancato adeguamento alla
normativa ISM può comportare il fermo della nave o la sua
messa al bando dai porti degli Stati aderenti al Memorandum di
Parigi.
f) la Convenzione Solas. Il suo aggiornamento ha
migliorato gli standard dei traghetti passeggeri sotto
il profilo della struttura, della stabilità, della protezione
antincendio, dei mezzi di salvataggio ed ha introdotto
l'obbligatorietà della certificazione ISM per le compagnie di
navigazione e le singole navi applicando la certificazione di
qualità anche alla gestione della sicurezza nella navigazione.
La Convenzione ha anche richiesto, in
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relazione all'adozione obbligatoria del Codice HSC per le
unità veloci, il rispetto di una serie di requisiti di
carattere strutturale, operativo e di formazione degli
equipaggi al fine di innalzare gli standard di
sicurezza. L'XI capitolo ha prodotto misure atte ad aumentare
il controllo dello Stato di approdo, il XII ha recepito le
norme di sicurezza per le navi di trasporto alla rinfusa
approvate nella VI Conferenza di novembre 1997.
Da evidenziare il documento di Vancouver, sottoscritto il
25 marzo 1998 che è una "dichiarazione ministeriale congiunta
fra Paesi aderenti al Memorandum di Parigi e di Tokyo per
l'innalzamento della sicurezza e l'eliminazione delle navi
sub-standard ". E' rilevante l'importanza di tale atto
che, pur essendo una dichiarazione di intenti, assume una
valenza mondiale per la lotta alle navi che eludono le norme
di sicurezza e per le azioni ad esse connesse.
Da segnalare le difficoltà di attuazione, nel nostro
Paese, del capitolo IV della Convenzione relativo al sistema
globale di comunicazioni in mare, il GMDSS (Global
Marittime Disk Safety System), per la necessità di mettere
a punto il sistema delle comunicazioni satellitari, a seguito
del convegno mondiale tenutosi a Ginevra nel 1997.
Per quanto riguarda i provvedimenti comunitari, la
tendenza è di creare condizioni armonizzate di sicurezza in
Europa. Da rilevare che solo da pochi anni la materia è
diventata di interesse in sede comunitaria. La produzione
normativa è notevole e le direttive europee acquistano una
particolare valenza perché obbligano ad una maggiore serietà
nell'applicazione delle norme internazionali. Fra le più
importanti:
a) la direttiva 94/58/CE del 22 novembre 1994 sui
requisiti minimi di addestramento dei marittimi;
b) la direttiva 94/57/CE del 22 novembre 1994
sugli Istituti di classifica e sulla notifica degli stessi
alla Comunità europea. La Direttiva è stata recepita con
decreto-legge 314 del 3 agosto 1998 e consente agli Istituti
di classifica autorizzati dallo Stato e notificati alla
Comunità europea di operare anche in altri Stati della
comunità;
c) la direttiva 95/21/CE, del 22 novembre 1994 sul
Port State Control legata al Memorandum di Parigi del
1982 che prevede norme unificate inerenti l'attuazione di
principi internazionali relativi alla sicurezza delle navi,
alla prevenzione dell'inquinamento, alle condizioni di vita e
di lavoro a bordo, nonché alle modalità di ispezione sulle
navi straniere che toccano un porto nella Comunità. La
direttiva è stata recepita in via amministrativa in base alla
legge Comunitaria 1995-1997.
d) la direttiva 96/98/Ce del 20 dicembre 1996
sull'equipaggiamento marittimo. E' in corso di attuazione. Il
suo scopo è di incrementare la sicurezza in mare e prevenire
l'inquinamento marino, mediante l'applicazione uniforme degli
strumenti internazionali relativi all'equipaggiamento tecnico
da sistemare sulle navi, nonché garantire la libera
circolazione di detti materiali nell'Unione;
e) la direttiva 98/18/Ce del 18 marzo 1998 innalza
gli standard di sicurezza delle navi passeggeri e delle
unità veloci. E' una direttiva molto importante anche perché
la sua applicazione è estensibile alle navi che effettuano
navigazione nazionale;
f) la direttiva 98/41/CE del 18 giugno 1998 sulla
registrazione dei passeggeri trae origine dai grandi disastri,
ed è in corso di attuazione. Essa prescrive la registrazione
obbligatoria delle persone a bordo di navi passeggeri che
effettuano navigazioni fra porti distanti non meno di 20
miglia. In caso di incidente della nave, l'identità delle
persone a bordo può rilevarsi utile ai fini del soccorso. La
direttiva è estensibile alle navi passeggeri e traghetto che
effettuano navigazione nazionale, costiera o locale.
Per quanto riguarda la normativa interna, la sicurezza
della navigazione trova
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la sua fonte principale nella legge n. 616 del 5 giugno 1962,
cui hanno fatto seguito i relativi regolamenti di sicurezza,
fra cui il decreto del Presidente della Repubblica n. 435
dell'8 novembre 1991. Da rilevare che la XI Commissione
(lavoro pubblico e privato) della Camera sta, attualmente,
esaminando un disegno di legge sulla sicurezza del lavoro
marittimo e portuale che prevede norme estremamente importanti
per la sicurezza dei trasporti marittimi.
La legislazione citata individua gli strumenti (il
Comitato centrale per la sicurezza, la Commissione,
compartimentale di sicurezza) di esecuzione degli
accertamenti, di diverso genere a seconda del tipo di nave (da
passeggeri, da carico, petroliere, chimichiere, gasiere) e del
tipo di navigazione (nazionale, locale, speciale).
Nel complesso, risulta positiva la partecipazione
dell'Amministrazione italiana alla formazione della normativa
a livello internazionale, nonché la prassi, recentemente
instaurata, con un'inversione di tendenza rispetto al passato,
di un più rapido recepimento nella legislazione interna della
normativa internazionale, talvolta, addirittura, anticipandola
ed estendendo alla navigazione nazionale norme inerenti la
navigazione internazionale.
Si tratta, dunque, di verificare l'attuazione effettiva
delle norme sulla sicurezza, di conoscere i piani di controllo
da attuare ed attuati, di verificare i modelli organizzativi
attivati, prevedendone l'estensione nel caso in cui abbiano
dato risultati positivi.
Il problema fondamentale è creare le condizioni perché la
sicurezza marittima e portuale assuma la valenza di un
"sistema" da realizzare tanto a terra, quanto in mare,
affermando una forte "cultura della sicurezza" all'interno di
un settore fortemente competitivo e basato sulla concorrenza e
capovolgendo la vecchia concezione indirizzata a considerare
la sicurezza un costo improprio, un accessorio, anziché una
forma di investimento che offre garanzia di qualità al
servizio, oltre a ridurre l'incidenza dei sinistri ed
abbattere i relativi costi che possono essere enormi, come nel
caso di perdite di vite umane.
Sul piano più strettamente operativo, in Italia, è in
corso di realizzazione una rete di stazioni di controllo del
traffico marittimo VTS (Vessel trafic system), il
sistema di vigilanza per la navigazione che permette di
seguire la nave nell'intero corso della navigazione con la
segnalazione di possibili incroci con altri mezzi od ostacoli,
da installare nei principali punti strategici della costa
italiana. Il sistema, che è impegnativo sul piano delle
risorse necessarie e risulta essere estremamente utile,
dovrebbe divenire prossimamente operativo nello Stretto di
Messina.
Il lavoro da fare è tanto e non facile. L'obiettivo è di
impedire la navigazione a tutti coloro che operano in
condizioni inferiori al minimo delle norme di sicurezza e di
realizzare le migliori condizioni per la prevenzione degli
incidenti e l'organizzazione dei soccorsi nel caso in cui
questi si verifichino.
5) Linee di un successivo intervento legislativo.
Come evidenziato, la normativa in materia di sicurezza
della navigazione è sicuramente indice della crescente
attenzione per i temi della salvaguardia della vita umana in
mare e della sicurezza della nave. Il continuo evolvere della
normativa, spesso in attuazione di convenzioni internazionali,
evidenzia, come indicato, la dimensione globale della
"questione sicurezza" ed il rilievo prioritario alla stessa
riservato nelle varie sedi, internazionale, comunitaria e
nazionale.
Se quindi ad un primo approccio la materia sembra già
sufficientemente regolamentata, tuttavia, l'indagine
conoscitiva ha evidenziato quante e quali tragiche conseguenze
possano scaturire dalla sommatoria di singoli accadimenti il
cui rilievo obiettivo, svincolato dal contesto in cui essi
possono verificarsi in successione combinandosi tra loro, può
sembrare, a sé considerato, di minore rilievo.
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Non appare inoltre secondario, anche in presenza di una
specifica normativa, l'accertamento - in concreto - di come la
stessa possa efficacemente operare ed in particolare
consentire di prevenire e, se del caso governare, situazioni
di emergenza o comunque di una complessità superiore alla
norma.
L'indagine condotta dalla Commissione ha reso evidente
l'esigenza di un chiaro e costante indirizzo politico che
possa orientare e stimolare le attività connesse alle
prioritarie esigenze della sicurezza della navigazione, della
salvaguardia della vita umana in mare e della tutela
dell'ambiente.
Sembra quindi opportuno definire i seguenti indirizzi che
possano costituire orientamento anche per la futura attività
normativa, con riferimento a specifiche aree di intervento.
a) Formazione:
elemento essenziale per assicurare effettività alle
norme in materia di sicurezza, la formazione degli equipaggi è
in buona parte disciplinata dalla richiamata Convenzione
siglata in occasione della Conferenza internazionale sugli
standard di addestramento, certificazione e tenuta della
guardia per marittimi (STCW).
L'integrale recepimento delle risoluzioni che
costituiscono gli emendamenti del 1995 alla Convenzione, non
ancora interamente trasfuse nell'ordinamento interno,
costituisce sicuramente il primo obiettivo da conseguire
tempestivamente. Occorre inoltre tener conto dell'esigenza di
avviare programmi di formazione che tengano conto degli
effetti sulla composizione degli equipaggi che possono
determinarsi con l'introduzione del cosiddetto "doppio
registro". La circostanza che parte dell'equipaggio possa
provenire da Paesi extracomunitari rende ancora più stringente
l'esigenza di una formazione adeguata che, fra l'altro,
favorisca la migliore integrazione operativa del personale
imbarcato.
b) Misure di sicurezza e certificazioni:
la materia appare diffusamente regolamentata anche da
convenzioni internazionali. La analitica disciplina che
presiede al sistema delle visite di controllo e delle varie
certificazioni sembra tale da offrire idonee garanzie in
ordine alla sicurezza delle varie tipologie di navi.
L'indagine conoscitiva ha tuttavia evidenziato che navi
passeggeri, pur in possesso della certificazione attestante
l'esito positivo dei prescritti controlli, possono tuttavia
svolgere attività di trasporto di persone con gravi carenze e
disfunzioni in apparati tecnici che presiedono alla sicurezza,
come avvenuto nella vicenda del traghetto Moby Prince. Ne
consegue, anzitutto, l'esigenza di assicurare un più efficace
e penetrante sistema di controlli che assicuri un più rigoroso
accertamento dei requisiti richiesti. Appare a tal fine
opportuno un maggior coordinamento tra le istituzioni
preposte, che dovranno poter disporre di un adeguato
contingente di uomini e mezzi. Appare altresì opportuno
verificare la congruità dell'attuale assetto normativo del
Registro Italiano Navale, risalente al decreto legislativo del
Capo Provvisorio dello Stato 22 gennaio 1947, n. 340, con la
direttiva 94/57, con particolare riferimento alla composizione
dei suoi organi direttivi. Tra l'altro, al proposito, occorre
ricordare che vi sono cambiamenti rilevanti. Infatti, sulla
base della direttiva comunitaria 94/57 sopra menzionata che è
stata recepita dal nostro Paese, lo Stato deve delegare i
propri poteri in materia di sicurezza della nave agli enti di
classifica riconosciuti in Europa su base non
discriminatoria.
Sembra in particolare necessario un più penetrante sistema
di controllo sulle navi abilitate esclusivamente alla
navigazione nazionale, costiera e locale.
Per la medesima finalità, di rendere più stringenti le
norme di sicurezza, sembra opportuno accelerare il recepimento
della direttiva comunitaria 98/18/CE relativa alla sicurezza
delle navi passeggeri e "ro-ro". Una particolare attenzione,
sui temi della sicurezza nella navigazione va posta al ruolo
dei servizi tecnico-nautici sui quali è opportuna una
riflessione.
Risulta certamente utile affermare anche la necessità di
un'applicazione rigorosa
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della Convenzione O.I.L. n. 28 del 1926 e successive
revisioni, nonché del regolamento applicativo del decreto
legislativo n. 626/94 per i mezzi nautici, come da delega
recentemente approvata dal Parlamento. L'ultima revisione, del
1996, della Convenzione n. 28 che riguarda l'ispezione a bordo
delle navi per effettuare verifiche in materia di condizioni
di lavoro dei marittimi, prevede l'istituzione, da parte delle
autorità competenti, di un "corpo" di ispettori, nonché
l'adozione della Convenzione O.I.L. n. 147 "condizioni minime
a bordo delle navi". In una prima stesura della legge n. 30
del 1998, il Governo aveva inserito la istituzione degli
"ispettori del lavoro marittimo" che potrebbero agire di
concetto con gli ispettori del " Port State Control " per
aumentare la potenzialità dei controlli. Appare, inoltre,
utile l'applicazione del decreto legislativo n. 626 ai mezzi
nautici come strumento legislativo delle ispezioni, da
estendere possibilmente anche alle navi straniere.
c) Controlli da parte degli Stati costieri:
il controllo dello Stato di approdo, in attuazione del
Memorandum di Parigi, prevede l'obbligo di visitare almeno il
25 per cento delle navi che fanno scalo nei Paesi aderenti al
trattato.
I dati disponibili per il 1997 evidenziano una percentuale
di visite superiore a quella indicata. Occorre tuttavia
evidenziare che tale soglia percentuale è assolutamente
insufficiente. La effettiva attività ispettiva, poi, andrebbe
riferita al contesto complessivo dei traffici ed al livello
qualitativo medio delle flotte dei Paesi con i quali sono più
intensi gli scambi.
L'impegno del Paese per favorire un salto di qualità nella
portualità nazionale, unitamente ad un preciso indirizzo
legislativo - condiviso in sede comunitaria - diretto a
favorire il cabotaggio delle merci con trasferimento via mare
di quote consistenti del relativo traffico, che ora in buona
parte ha luogo su strada, determinerà un incremento del
traffico marittimo. Completa poi tale quadro la prevista
liberalizzazione del cabotaggio marittimo dal 1 gennaio 1999.
Risulta di conseguenza confermata la necessità di predisporre
un efficiente sistema per il controllo e la vigilanza del
trasporto marittimo.
Tale attività di vigilanza è svolta dal Corpo delle
capitanerie di porto.
Poiché diversi sono gli organismi che svolgono funzioni di
controllo sul mare, risulta utile chiarire ulteriormente i
limiti operativi e le funzioni di ogni singolo organismo
definendo, peraltro, i mezzi finanziari e gli organici del
personale addetto alla vigilanza e al soccorso. Al riguardo,
sembra opportuno predisporre forme di periodico monitoraggio e
di pubblicità dei risultati delle attività espletate per
individuare linee di tendenza ed eventualmente definire idonei
indirizzi.
In tale prospettiva sembra del resto orientata l'attività
di controllo per quel che concerne la navigazione delle navi
sub-standard, oggetto della "Dichiarazione ministeriale
congiunta" di Vancouver del 25 marzo 1998 richiamata. Alcuni
dei temi cardine di tale documento risiedono infatti in una
più intensa ed efficiente collaborazione tra le
amministrazioni interessate, con scambi di informazioni tra
sistemi informatici, nell'istituzione di maggiori e più idonei
controlli sulle proprie navi nonché nell'attuazione di
campagne ispettive in particolare dirette a verificare la
corretta applicazione della normativa di sicurezza a bordo
delle navi.
Quanto alla disciplina delle ispezioni sulle navi,
dovrebbe essere accelerata la trasposizione nell'ordinamento
interno della direttiva 95/21/CE sul Port State Control
sopra menzionata. L'attuazione di tale disciplina appare di
rilievo strategico sia per l'attuale fase politica di molti
Paesi rivieraschi del Mediterraneo, sia per la posizione
geografica dell'Italia ed anche per la tutela della bandiera
nazionale dalla concorrenza sleale praticata da armatori che
utilizzano navi sub-standard. Particolare attenzione va
posta anche al fenomeno degli armatori fantasma in paesi di
comodo. Per questo, occorre
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applicare integralmente il punto 1.1.2 dell'I.S.M. Code
e procedere alle visite di P.S.C.
Tali compiti, per la loro particolare complessità e
delicatezza, richiedono una adeguata organizzazione delle
strutture preposte ed un coordinamento tra le stesse.
Sembra altresì opportuno definire linee di indirizzo
politico per il Governo nell'ambito delle iniziative che in
sede comunitaria sono in stato di elaborazione.
Sono analogamente necessari interventi normativi diretti
ad agevolare la definizione di una normativa che, in coerenza
con gli indirizzi definiti in sede comunitaria nell'ambito
della "Campagna per il trasporto marittimo di qualità"
(Quality shipping), stabilisca regole di condotta per
gli operatori, scoraggiando e sospingendo fuori mercato coloro
che operano con unità sotto standard.
Uno degli strumenti individuati a livello internazionale
per perseguire tale risultato, risiede in un sistema di
pubblicità che, accrescendo la trasparenza del settore,
potrebbe già costituire una forma di tutela per gli utenti.
d) Ricerca e standard nella costruzione:
la definizione di gran parte del tessuto normativo in
sede comunitaria o internazionale deve indurre diverse forme
di intervento tra loro coordinate. L'adozione di una serie di
indirizzi potrà orientare l'attività del Governo per la
successiva azione in sede sovranazionale, e, nel contempo,
consentirà di individuare idonee forme di governo dei singoli
settori anche in chiave prodromica di future regolamentazioni
sovranazionali. In tale contesto, appare opportuno favorire
forme di ricerca applicata per individuare nuovi apparati di
sicurezza che incrementino la sicurezza a bordo delle navi.
Tale aspetto appare ancor più di rilievo in presenza di una
significativa evoluzione del modello di trasporto delle merci
e dei passeggeri via mare, sempre più orientato ad un sistema
veloce.
Vi sono poi una serie di rischi - emersi nel corso
dell'indagine - relativi ai sistemi di sicurezza delle navi
nel caso di incendi provenienti dall'esterno. La tragedia
della Moby Prince ne costituisce una tragica testimonianza.
Un aspetto ulteriore della sicurezza a bordo investe il
tema degli apparati di sicurezza nei confronti di merci o
sostanze pericolose contenute nei mezzi imbarcati. E' il caso
dei combustibili degli automezzi stivati a bordo ovvero, ad
esempio, delle bombole di gas a bordo di camper
imbarcati sui traghetti. Al riguardo, oltre a prevedere la
necessità di dotare le navi della idonea strumentazione di
sicurezza, occorrerà definire una rigorosa disciplina ed
assicurare una sistematica informazione degli utenti.
e) Sistemi di controllo in mare:
è stata ormai definita la scelta per il sistema di
controllo integrato del traffico in mare VTS (Vessel trafic
system). Si richiede ora, a più di cinque anni dalle
conclusioni dello studio effettuato dalla Commissione tecnica
ministeriale, il passaggio ad una fase di tempestiva
attuazione attraverso programmi incentrati sull'esperienza, le
professionalità, l'indicazione dei mezzi finanziari. Appare
prioritaria la realizzazione di un sistema che consenta di
apprestare efficace assistenza al traffico nei mari che
circondano il Paese. Appare opportuno, in tale contesto,
definire sin dall'avvio forme di coordinamento con i sistemi
degli altri Paesi che si affacciano sul Mediterraneo nonché
con quelli predisposti in ambito locale. Si ravvisa inoltre la
necessità di interventi legislativi volti all'introduzione di
obblighi da porre in capo ai soggetti istituzionalmente
preposti, finalizzati alla elaborazione e all'attuazione di
piani per la messa in sicurezza dei porti, in coerenza con gli
strumenti di programmazione delle aree portuali, già in essere
ai sensi della legge n. 84 del 1994, secondo modelli già da
tempo realizzati, ad esempio nel porto di Ravenna, nonché alla
realizzazione, almeno nei principali porti, di infrastrutture
dedicate al controllo e alla gestione
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del traffico marittimo e portuale, individuando le necessarie
dotazione finanziarie e gli eventuali supporti tecnici e
procedurali.
In ordine a tali enti, poi, appare opportuno definire un
indirizzo globale che consenta successivamente forme di
gestione integrata.
Sotto distinto profilo, occorre procedere ad un sistema
coordinato di mappatura del mare, secondo una pianificazione
integrata, per individuare le aree a maggiore rischio, le
correnti di traffico, le aree di fonda in modo da predefinire,
per quanto possibile, procedure operative che consentano di
ridurre l'incidenza e, comunque, governare situazioni di
emergenza in relazione a singoli spazi di mare. Tale
pianificazione dovrebbe costituire la premessa per integrare e
coordinare interventi e competenze in materia di sicurezza,
sia nell'ambito portuale che all'esterno dello stesso.
In tale contesto, appare opportuno un più intenso
coordinamento tra le istituzioni che operano in mare.
Complementare a tale attività appare quella di una razionale
dislocazione dei mezzi sul territorio nazionale con
predeterminazione del relativo raggio di azione, in modo da
assicurare una generale e uniforme capacità di intervento.
Per consentire di predisporre idonei interventi
legislativi, poi, appare opportuna una periodica informazione
al Parlamento sul progressivo allineamento agli obiettivi
prefissati e sui risultati raggiunti. Oggetto di tale
periodica comunicazione dovrebbe essere anche lo stato di
attuazione e gestione del Piano nazionale per il soccorso in
mare, definito in attuazione della Convenzione di Amburgo del
1979, con particolare riferimento alle condizioni ed alle
risultanze delle attività di esercitazione ivi previste.
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