| Al Capitolo II, pag. 113 del Bollettino, dopo le
parole: sessualità coniugale, sono inserite i seguenti
periodi:
In tema di affettività in carcere, già il compianto
Michele Coiro, in veste di direttore del DAP, aveva inviato
una circolare a tutti i direttori di istituto per valutare le
soluzioni tecniche possibili in attesa di un intervento
legislativo; pochi furono però i direttori che diedero seguito
alla disposizione. Un esperimento-pilota in materia di
affettività familiare risulta al momento in corso presso
l'istituto Don Bosco di Pisa.
Il Relatore.
Al Capitolo III, pag. 118, dopo le parole: corpo di
polizia penitenziaria, inserire il seguente periodo:
Se si pensa poi che alcuni ispettori possono dirigere
reparti di 600-700 uomini appare evidente la sperequazione tra
concreta responsabilità e qualifica posseduta.
Il Relatore.
Al capitolo III, pag. 123 del Bollettino, il terzo e
quarto capoverso e le parole da: Qualcosa fino a:
alcuni nodi sono sostituiti dai seguenti periodi:
Un segnale concreto di inversione di tendenza potrebbe
venire dall'approvazione definitiva della proposta di legge C.
5967 (Smuraglia), già approvata in prima lettura dal Senato ed
attualmente all'esame della Commissione lavoro della Camera in
abbinamento con altri provvedimenti di iniziativa parlamentare
(C. 2283, Cento ed altri, e C. 2359, Cascio.
La p.d.l. Smuraglia è volta, in particolare, a favorire il
lavoro carcerario tramite la defiscalizzazione degli oneri
contributivi a carico di imprese che investano nel lavoro dei
detenuti introducendo elementi di flessibilità che, apprezzate
le particolari circostanze, potrebbero incentivare gli
interessati ad investimenti nel lavoro penitenziario.
Il provvedimento estende l'ambito di applicazione della
legge 8 novembre 1991, n. 381, sulle cooperative sociali. Tali
cooperative, grazie soprattutto alle agevolazioni introdotte
dalla legge citata, appaiono, in effetti, come la realtà più
rilevante nel settore in relazione all'offerta di lavoro a
detenuti ammessi alle misure alternative, semiliberi o ex
detenuti, anche se le scarse dimensioni produttive impediscono
a queste realtà di proporsi in maniera più incisiva nella
creazione di un maggior numero di posti di lavoro.
Le innovazioni relative all'ambito operativo della legge
381/1991, riguardano un duplice profilo:
in primo luogo, viene rimossa una notevole limitazione
normativa (i cui negativi effetti sono stati segnalati più
volte dall'Amministrazione penitenziaria) ricomprendendo tra i
soggetti svantaggiati, per la occupazione dei quali le
cooperative sociali possono beneficiare di sgravi contributivi
(da determinare peraltro con decreto ministeriale), categorie
di soggetti attualmente non contemplate dalla legge n.
381/1991 quali gli ex degenti di istituti psichiatrici
giudiziari, le persone detenute o internate negli istituti
penitenziari, gli internati ammessi alle misure alternative
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alla detenzione, i condannati e gli internati ammessi al
lavoro esterno;
in secondo luogo, tali sgravi contributivi sono estesi
anche alle aziende pubbliche o private che organizzano
attività produttive o di servizi all'interno degli istituti
penitenziari impiegando detenuti o internati.
La p.d.l. Smuraglia prevede inoltre la concessione di
sgravi fiscali (da determinare anch'essi con decreto
ministeriale) alle imprese che assumono, per un periodo di
tempo minimo di trenta giorni, lavoratori detenuti e a quelle
che svolgano attività formative nei confronti dei detenuti
stessi.
Le proposte di legge C. 2283 (Cento ed altri) e C. 2359
(Cascio) operano anch'esse estendendo l'ambito di applicazione
della legge n. 381/1991, sotto il profilo sia della
definizione dei soggetti svantaggiati, sia della estensione
dei benefici contributivi alle imprese che organizzino
attività produttive o di servizi all'interno degli istituti
penitenziari impiegando persone ivi detenute o internate (in
misura non inferiore, peraltro, al 50 per cento del proprio
organico complessivo; una ulteriore differenza con la p.d.l.
A.C. 5967 sta nel fatto che le due proposte - identiche -
estendono senz'altro alle nuove fattispecie lo sgravio
contributivo totale attualmente previsto dalla legge n.
381/1991.
La p.d.l. A.C. 1823 (Borghezio ed altri) prevede infine
uno sgravio contributivo totale per le imprese artigiane (come
definite ai sensi della legge quadro n. 443/1985) che assumano
detenuti condannati o internati; la proposta non contiene
nell'articolato alcun riferimento esplicito alla legge n.
381/1991.
Il Relatore.
Al Capitolo III, pag. 127, paragrafo: medicina
penitenziaria, sono soppresse le parole da: Tutti gli
istituti penitenziari fino alla fine del periodo.
Il Relatore.
Al Capitolo III, paragrafo: Misure alternative alla
detenzione, pag. 129, dopo le parole: dello stato di
libertà è inserito il seguente periodo:
Appare però come dato incontestabile che le difficoltà
applicative della legge Simeone in questo primo anno di vita
(circa il 4 per cento di scarcerazioni su circa 25.000
richieste) siano derivate soprattutto dal metro restrittivo
usato dai magistrati di sorveglianza nella valutazione dei
requisiti di ammissibilità delle domande.
Il Relatore.
Al Capitolo III, il paragrafo: La medicina
penitenziaria è sostituito dal seguente:
La medicina penitenziaria.
Fino ad oggi, nel delineare i contenuti del quadro
normativo sul servizio sanitario penitenziario il legislatore
si è ispirato al principio della "complementarità" tra
strutture sanitarie interne ed esterne al carcere.
Da una parte gli istituti penitenziari sono stati dotati
di strutture proprie (servizi medici e farmaceutici, reparti
clinici e chirurgici), in grado di far fronte ai bisogni
sanitari più generali della popolazione detenuta, così come a
quelli di particolari categorie di soggetti (puerpere,
gestanti, malati di mente eccetera). E' stata, d'altra, fatta
salva la possibilità di ricorrere ai servizi sanitari pubblici
locali, caratterizzati da una maggiore specializzazione, nei
casi più urgenti e complessi e quella di potersi avvalere del
loro apporto per l'organizzazione ed il funzionamento del
servizio sanitario interno.
L'amministrazione penitenziaria è stata quindi chiamata ad
attuare la propria programmazione valorizzando il ruolo
partecipativo e promozionale dei servizi pubblici, i quali
forniscono il proprio apporto, ferma restando la
responsabilità gestionale dell'amministrazione.
In questo contesto legislativo si inserisce la
recentissima riforma della sanità penitenziaria, destinata a
produrre importanti innovazioni.
Pag. 43
L'effettività del diritto alla salute dei detenuti è
infatti destinato ad essere garantito tramite una
riorganizzazione della medicina penitenziaria da effettuarsi
(e questa è la novità) nell'ambito del servizio sanitario
nazionale.
L'articolo 5 della recente legge 30 novembre 1998, n. 419
in materia di razionalizzazione del servizio sanitario
nazionale ha, infatti, previsto una apposita delega al Governo
in tal senso, da esercitare entro sei mesi dalla data di
vigenza della legge.
In attuazione della delega è stato da poco emanato un
decreto legislativo recante "Disposizioni per il riordino
della medicina penitenziaria a norma dell'articolo 5 della
legge 30 novembre 1998, n. 419", il cui contenuto è stato
illustrato nel corso dell'audizione del 15 giugno u.s. dei
ministri Bindi e Diliberto (rappresentati per l'occasione dai
sottosegretari Brandani e Corleone) presso la Commissione
giustizia della Camera.
Nonostante la prima fase attuativa della delega non
contemplasse un parere formale delle Commissioni parlamentari,
tale passaggio (cui al Senato ha corrisposto l'ufficio di
presidenza della XII Commissione igiene e sanità del 16
giugno, allargato ai rappresentanti dei gruppi, cui ha preso
parte il sottosegretario Corleone) avvenuto in attuazione
dell'ordine del giorno Olivieri, accolto dal Governo nella
seduta della Camera dei deputati del 10 novembre 1998, ha
permesso il controllo del Parlamento anche nelle more
dell'emanazione della legislazione delegata intermedia,
attuativa della riforma.
Sulla base del testo emanato (non ancora pubblicato sulla
Gazzetta Ufficiale), appare evidente come i suggerimenti
emendativi al testo illustrato dai rappresentanti del Governo
siano stati in gran parte accolti.
Il decreto legislativo stabilisce principi, diritti e
competenze in materia di sanità penitenziaria sancendo il
diritto alla salute dei detenuti ed internati "alla pari dei
cittadini in stato di libertà" sia per quel che concerne la
prevenzione che per quanto riguarda la diagnosi, la cura e la
riabilitazione, l'assistenza sanitaria per la gravidanza e la
maternità e l'assistenza pediatrica ai bambini che le donne
recluse possono tenere in istituto durante la primissima
infanzia. Tale diritto alla salute si realizza ora nell'ambito
del Servizio Sanitario Nazionale.
Con la disposizione che sancisce la definitiva esclusione
per i detenuti ed internati dal sistema di compartecipazione
alla spese sanitarie (ticket), importante appare anche la
norma che mantiene l'iscrizione al S.S.N. per tutti i
detenuti, anche stranieri, limitatamente al periodo di
detenzione. Per gli stranieri in stato di libertà valgono
ovviamente le norme dettate dal regime dettato dalla legge
sull'immigrazione. E' inoltre stabilito che ogni ASL adotti
una "Carta dei servizi dei detenuti", da predisporre
consultando sia gli stessi detenuti che le associazioni di
volontariato.
Le competenze in maniera sanitaria saranno articolate a
diversi livelli: al Ministero della sanità spetteranno gli
indirizzi generali; alle regioni e alle provincie autonome
saranno riservate le funzioni loro proprie di organizzazione e
programmazione dei servizi sanitari regionali negli istituti
penitenziari ed il controllo sul relativo funzionamento; alle
ASL competeranno la gestione ed il controllo dei servizi
sanitari negli istituti penitenziari e saranno tali strutture
quindi a provvedere direttamente all'erogazione delle
prestazioni sanitarie ai detenuti e agli internati.
Le competenze in tema di sicurezza restano, invece,
affidate al Ministero di grazia e giustizia, mentre è
demandato ad un decreto interministeriale giustizia-sanità il
compito di dettare norme sulle modalità di accesso agli
istituti del personale appartenente al Servizio sanitario
nazionale, a sua volta tenuto all'osservanza delle norme
dell'ordinamento penitenziario e dei singoli regolamenti di
istituto.
Un contingente di personale medico e sanitario da
destinare all'amministrazione penitenziaria è definito in
relazione alle esigenze della stessa amministrazione; di
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tale personale apposito provvedimento interministeriale dovrà
stabilire requisiti e compiti specifici all'interno degli
istituti. E' poi previsto, nell'ambito del Piano sanitario
nazionale, un Progetto obiettivo, di durata triennale, per
la tutela della salute in ambito penitenziario stabilendo,
inoltre, in capo al Ministro della sanità un obbligo di
relazione specifica sull'assistenza sanitaria all'interno
delle carceri nell'ambito della relazione generale sullo stato
sanitario del Paese.
Il Progetto obiettivo indica gli indirizzi specifici volti
al miglioramento dei servizi offerti in ambito penitenziario
dal servizio sanitario nazionale; i modelli organizzativi dei
servizi sanitari penitenziari, anche di tipo dipartimentale
(eventualmente differenziati per tipologia di istituto); le
esigenze concernenti la specifica formazione per l'assistenza
sanitaria in carcere; le linee-guida volte a favorire lo
sviluppo di sistematici criteri di revisione e valutazione dei
servizi sanitari prestati, finalizzate ad assicurare un
uniforme ed appropriato livello di assistenza; gli obiettivi
sanitari da raggiungere nel triennio.
Rispetto al personale, il primo adempimento è
l'individuazione, con uno o più decreti interministeriali, del
personale degli istituti penitenziari da trasferire al S.S.N.
man mano che vengono trasferite le diverse funzioni; il
personale di ruolo sarà inquadrato nei ruoli nominativi
regionali sanitari e quindi assegnati alle aziende sanitarie
locali territorialmente competenti. Tale trasferimento (con
quello delle attrezzature, arredi e beni strumentali) dovrà
avvenire entro trenta giorni dalla vigenza del decreto
legislativo.
In relazione alle funzioni trasferite sono naturalmente
assegnate al Fondo sanitario nazionale le relative risorse
finanziarie iscritte nello stato di previsione della spesa
del ministero di grazia e giustizia: il trasferimento avverrà
con decreto del Ministro del tesoro, del bilancio e della
programmazione economica che dovrà definire anche i criteri e
le modalità di gestione delle risorse stesse.
Dal 1^ gennaio 2000 è prevista una prima fase attuativa
nella quale sono trasferite al S.S.N. le funzioni sanitarie
svolte dall'amministrazione penitenziaria con riferimento ai
soli settori della prevenzione e dell'assistenza ai detenuti
ed internati tossicodipendenti.
Viene poi prevista una fase di sperimentazione da attuare
in almeno tre regioni (da individuare con decreto) nella quale
sono trasferite tutte le altre funzioni non trasferite
immediatamente al servizio sanitario nazionale, ovvero la
medicina di base, ospedaliera, specialistica ecc. In tale fase
sperimentale non avverrà un effettivo trasferimento di
personale o risorse applicandosi, pertanto, solo una
dipendenza di tipo funzionale dal Servizio sanitario
nazionale; soltanto alla fine ditale fase e sulla base del suo
esito avverrà il trasferimento delle ulteriori funzioni in
tutto il territorio nazionale.
Spetterà, quindi, alla ulteriore legislazione delegata
prevista dall'articolo 5, comma 2 della legge n. 419 del 1998,
il cui termine di scadenza è fissato in diciotto mesi dalla
vigenza della stessa legge, a dare l'assetto definitivo alla
riforma. Come previsto dalla delega, il Parlamento potrà, in
tale decisiva fase, essere coinvolto nel progetto di
elaborazione normativa mediante il prescritto parere delle
competenti Commissioni sugli schemi di decreto legislativo.
Per quel che concerne le principali problematiche emerse
in tema di assistenza medica durante le visite effettuate
dal Comitato agli istituti penitenziari, queste hanno
riguardato essenzialmente l'inadeguatezza delle strutture
sanitarie interne, la carenza di fondi, l'annoso problema
della cura ed assistenza ai malati di AIDS nonché alcune
questioni relative alle visite specialistiche.
Sulla base dei dati acquisiti dal Comitato, se si
eccettuano alcune strutture sanitarie (il centro clinico del
carcere Don Bosco di Pisa, probabilmente quello più
all'avanguardia, già oggetto di visita da parte del Comitato,
quelli di Genova Marassi, Rebibbia e Secondigliano), il
livello medio dei centri sanitari penitenziari appare
decisamente inferiore alle necessità dei detenuti. Tutto ci a
fronte di una
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situazione che ha recentemente registrato tagli a carico
della sanità penitenziaria per circa il 300 per cento, mentre
per l'assistenza ai quasi 50.000 detenuti ci sarebbe in verità
urgente bisogno di ulteriori fondi per medicina specialistica
e per l'acquisto di farmaci e attrezzature.
Un particolare problema, causa, peraltro, di notevoli
disagi segnalati nel corso delle visite del Comitato agli
istituti penitenziari (nonché oggetto di atti di sindacato
ispettivo parlamentare), si è posto poi in relazione alle
visite specialistiche. In generale, il cittadino, una volta
detenuto, dal punto di vista della personale posizione
sanitaria, passa in carico all'amministrazione penitenziaria e
le spese, compresi i costi per i consulti specialistici, sono
sostenuti dalla stessa amministrazione che vi provvede
direttamente ovvero tramite convenzioni, senza, comunque,
alcun onere per il detenuto. Il ticket per le prestazioni e
gli accertamenti diagnostici non ricadenti nel pronto
soccorso, a seguito dell'entrata in vigore della legge n. 724
del 1994 (legge finanziaria per il 1995), è stato posto
invece, incautamente, a carico del detenuto; ci per una
interpretazione letterale della norma che prevede, ai Fini
della gratuità del ticket, la dimostrazione del proprio stato
di disoccupazione tramite la timbratura periodica del
cartellino di disoccupazione presso l'ufficio di collocamento.
La sin troppo ovvia impossibilità per un recluso) di timbrare
regolarmente tale documento non sembra essere stata
considerata come una esimente e più di un detenuto, nel corso
delle visite effettuate, ha riferito di collette tra reclusi
per aiutare i detenuti più indigenti.
Strettamente correlato a quello dei tossicodipendenti, uno
dei problemi di maggiore gravità nella gestione delle carceri
manifestatosi nel corso degli ultimi anni è quello della
crescita della popolazione carceraria affetta da virus HIV.
Il drammatico problema della presenza di soggetti affetti
da HIV e AIDS conclamata è progressivamente divenuto un
fattore endemico degli istituti di detenzione senza che essi
siano strutturalmente in grado di affrontarlo. Il rischio di
trasmissione non controllabile del contagio aumenta per il
sovraffollamento degli istituti, per la frequente assenza di
elementari norme di igiene nonché per la promiscuità dei
rapporti tra i detenuti.
Al problema ha recentemente posto rimedio il provvedimento
approvato definitivamente dalla Camera il 30 giugno scorso che
sancisce il principio generale dell'incompatibilità del regime
carcerario per i malati di AIDS ed affetti da altre gravi
malattie.
L'iniziativa legislativa ha tratto origine da molteplici
fattori: la necessità di contemperare le esigenze di difesa
della collettività con la tutela del diritto alla salute dei
detenuti nonché per mantenere alla pena la caratteristica di
non contrarietà al senso di umanità previsto dal comma terzo
dell'articolo 27 della Costituzione; la caduta
dell'automatismo stabilito dalla disciplina introdotta dal
decreto-legge n. 139 del 1993 (legge n. 222 del 1993), che
stabiliva l'incompatibilità assoluta tra la detenzione e
l'affezione da HIV, ridimensionato dall'intervento della Corte
costituzionale; e, non ultima, la constatazione
dell'inadeguatezza delle strutture sanitarie penitenziarie ad
affrontare efficacemente la malattia.
Sul piano dell'applicazione della disciplina normativa
susseguente alle sentenze della Consulta, i decreti con cui
sono in concreto venivano stabiliti i parametri clinici in
base ai quali il giudice doveva decidere sulla incompatibilità
o meno con la detenzione hanno lasciato, sulla base della
giurisprudenza accertata, eccessivi margini di
discrezionalità, dando luogo a disparità di trattamento.
La nuova legge, non ancora pubblicata in Gazzetta
Ufficiale, non comporterà per automatiche scarcerazioni:
viene confermata la necessità di accertamento caso per caso da
parte del giudice di sorveglianza dell'incompatibilità con la
custodia cautelare per gli imputati affetti da AIDS
conclamato, e da gravi immunodeficienze o altre patologie di
particolare gravità. Per rendere operativo il provvedimento
bisognerà, quindi, attendere l'emanazione (entro
Pag. 46
un mese dalla vigenza della legge) di un decreto
sanità-giustizia che definirà le procedure diagnostiche e
medico legali per l'accertamento della malattia.
Tale accertamento comporterà, solo in presenza di esigenze
cautelari di eccezionale rilevanza, la concessione al malato
di AIDS, degli arresti domiciliari presso un luogo di cura,
assistenza o accoglienza quando risulti impossibile prestare
cure adeguate in carcere; è introdotta poi una nuova
disposizione che prevede che gli affetti da virus HIV e gravi
immunodeficienze che hanno in corso o vogliono iniziare un
programma riabilitativo presso attrezzati centri clinici,
possono chiedere l'affidamento al servizio sociale o la
detenzione domiciliare, anche in deroga ai limiti di pena
stabiliti dall'ordinamento penitenziario. L'intervento
legislativo prevede infine che costituisca causa di rinvio
obbligatorio dell'esecuzione della pena, a norma dell'articolo
146 del codice penale, oltre che l'affezione da HIV anche
l'accertamento di "altra malattia particolarmente grave", cosi
come lo stato ormai terminale della patologia.
Al capitolo III, inserire, in fine, il seguente
paragrafo:
I costi di gestione.
Una recente indagine sui costi dell'amministrazione
penitenziaria, commissionata dall'allora Ministro Flick, e
condotta dalla Commissione tecnica per la spesa pubblica del
Ministero del Tesoro, ha evidenziato una situazione generale
di notevole diseconomicità. Individuando uno standard di
efficienza teorico sulla base del quale ha poi esaminato la
gestione dei singoli istituti penitenziari, la Commissione ha
valutato in almeno 300 miliardi annui il risparmio che un uso
efficiente delle risorse Finanziarie (circa 4.000 miliardi
annui) e del personale in servizio renderebbe possibile.
Tenuto conto di ci gli istituti potrebbero teoricamente
assorbire mediamente l'8 per cento in più di detenuti. Nella
prima fase della ricerca è emersa una minore spesa gestionale
nelle carceri del nord del Paese e costi più alti in quelli
del centro-sud, rilevando nel contempo come l'indicatore di
produttività aumentasse con l'aumentare della dimensione degli
istituti; le carceri dove si sono registrati i maggiori
sprechi sono risultate, in sostanza, quelle di minori
dimensioni.
La seconda parte della ricerca è stata invece dedicata
alla gestione di un vasto campione di penitenziari; le
tecniche econometriche hanno permesso l'individuazione, per
ogni istituto, di standard teorici di efficienza in base al
quale sono stati valutati i risultati di gestione. La verifica
è in sostanza avvenuta sulla base di quattro parametri:
l'inefficienza di costo (l'eccesso di costi rispetto allo
standard teorico di efficienza che tien conto del livello di
affollamento del carcere); l'inefficienza di produzione
(l'aumento potenziale del numero dei detenuti che il carcere
potrebbe sopportare in considerazione delle risorse a
disposizione); la produttività media del personale (il
rapporto tra il numero dei detenuti e quello del personale,
civile e penitenziario); l'affollamento (il rapporto tra il
numero dei detenuti e la capienza del carcere).
Risultato della ricerca è, sul fronte dei costi,
l'inefficienza di tutti gli istituti con punte di spreco di
risorse notevolissime; una delle principali cause delle
diseconomie (se non la maggiore) appare agli esperti del
Ministero del tesoro, la cattiva distribuzione del personale,
civile e penitenziario, troppo concentrato nel Meridione. E'
augurabile che i prossimi concorsi, su base regionale, possano
migliorare la situazione attuale.
Il Relatore
Al Capitolo III, il paragrafo: Profili di riforma
è sostituito dal seguente:
4) Profili di riforma.
Oltre alla riforma del regolamento di esecuzione
dell'ordinamento penitenziario, di cui si sono in precedenza
delineati i
Pag. 47
principali aspetti, particolare rilievo assume il progetto di
riorganizzazione del personale dell'amministrazione
penitenziaria.
Tale progetto, da attuarsi tramite legislazione delegata,
è, come noto, inserito nel disegno di legge ordinamentale,
collegato alla legge di bilancio 1999, relativo
all'inquadramento contrattuale delle carriere diplomatiche,
prefettizie e della difesa che, dopo l'approvazione della
Camera, è attualmente all'esame del Senato (S. 3919).
Finalità del riordino del DAP - si legge nelle relazione
di accompagnamento al disegno di legge - è quella di "fornire
un appropriato riconoscimento delle professionalità maturate
nell'espletamento di mansioni divenute sempre più rilevanti e
di produrre, attraverso un incremento degli organici, un
giusto riequilibrio delle risorse umane impiegate".
L'approvazione della delega al Governo, contenuta
nell'articolo 12 del citato disegno di legge (il cui testo è
stato licenziato senza modifiche dalle Commissioni riunite
Affari costituzionali ed esteri del Senato che il 1^ luglio
u.s. hanno concluso l'esame del provvedimento in sede
referente), dovrebbe permettere una radicale riforma
dell'amministrazione penitenziaria, la cui struttura
amministrativa, dopo la legge del 1990 che vedeva nel D.A.P. e
nei provveditorati regionali le colonne portanti dell'apparato
organizzativo, è rimasta immutata, risultando sostanzialmente
inadeguata agli obiettivi da raggiungere.
Il provvedimento destina all'attuazione del progetto
notevoli risorse finanziane, rappresentando probabilmente il
più importante tassello di un programma di riforma complessiva
dell'amministrazione penitenziaria. Gli altri interventi,
correlati alle previsioni del provvedimento in oggetto, sono
rappresentati dai provvedimenti attuativi delle leggi cd.
Bassanini con cui viene prevista una riforma
dell'amministrazione centrale che attua un ampio decentramento
funzionale verso i Provveditorati regionali e soprattutto,
verso gli istituti penitenziari.
Il progetto di riorganizzazione delineato dall'articolo 12
del disegno di legge 3919 attua del resto per la pane
legislativa gli impegni assunti dal Governo con l'accettazione
dell'ordine del giorno Salvato del 23/12/1997 con cui si
criticava l'intervento, in corso di approvazione con la
finanziaria 1998, che eliminava l'aggancio disposto con
l'articolo 40 della legge 395/1990 del personale direttivo del
DAP al personale di polizia; tale aggancio riguardava oltre
che i direttori degli istituti anche il personale
amministrativo e trattamentale cui l'applicabilità della
disposizione era stata espressamente riconosciuta dalla
giustizia amministrativa.
Tutte le professionalità operanti nelle carceri saranno
suddivise in quattro aree funzionali: sicurezza, educativa,
amministrativa e contabile, con la supervisione del direttore
dell'istituto.
La riforma prevede in particolare:
a) un ampliamento delle dotazioni organiche ed un
adeguamento dei profili professionali di tutto il
personale;
b) l'istituzione di un ruolo direttivo ordinario
della polizia penitenziaria;
c) l'istituzione di un ruolo direttivo speciale
della stessa polizia.
L'intervento viene incontro anzitutto alle esigenze dei
direttori degli istituti penitenziari che da tempo
aspirano ad un inquadramento più consono alle funzioni svolte
e alle notevoli responsabilità assegnate; il previsto aumento
di 13 unità nell'organico dei dirigenti generali e di 134
unità in quello dei dirigenti consentirà di procedere in via
amministrativa al riconoscimento dei provveditorati maggiori
come sedi dirigenziali generali e degli istituti penitenziari
(esclusi quelli minori) come sedi dirigenziali. L'intervento
relativo ai direttori impegnerà, a regime, circa 16
miliardi.
Nel settore socio-educativo è previsto l'aumento di
170 unità di psicologi; di 460 educatori e di 100 assistenti
sociali. La spesa complessiva, a regime, per questi ulteriori
interventi è prevista in circa 51
Pag. 48
miliardi. Ulteriori aumenti riguardano l' area
amministrativa e tecnica. Va rilevato che per l'area
educativa non si tratta solo di semplici incrementi di
organico, pur necessari ad un recupero della effettività della
funzione rieducativa della pena, bensì di uno spostamento
verso l'alto e di una riqualificazione di detto personale,
attualmente assai poco motivato, con rafforzamento della
relativa posizione professionale. Oltre alla previsione di
posizioni dirigenziali (10 per gli educatori e 20 per gli
assistenti sociali) è infatti stabilita una riduzione di 450
unità organiche nella sesta qualifica funzionale degli
educatori cui corrisponde però un analogo aumento nelle
qualifiche superiori; ciò consentirà di attuare gli interventi
di riqualificazione del personale oggetto delle deleghe delle
leggi Bassanini: Analogo intervento è previsto per gli
infermieri.
Vi è poi la previsione di un ruolo direttivo ordinario
della polizia penitenziaria con camera analoga a quella del
personale di pari qualifica del corrispondente ruolo della
Polizia di Stato; si prevedono 520 unità con un costo, a
regime, di circa 35 miliardi Anche l'istituzione ditale ruolo
direttivo, che è stato immemore motivo di rivendicazione da
pane di tutti i sindacati di categoria, sembra costituire una
opportuna scelta correlata direttamente a quella di creare in
ambito penitenziario un corpo di polizia. Tale scelta non
sembra implicare, nell'esecuzione della pena, un'accentuazione
del profilo custodiale su quello trattamentale: la direzione
degli istituti continua infatti ad essere affidata ai
direttori e, del resto, la migliore qualificazione
professionale dei dirigenti di polizia sembra rappresentare
premessa necessaria perché i compiti loro affidati siano
svolti con la necessaria consapevolezza della funzione
emendativa della pena.
E' poi prevista l'istituzione di un ruolo direttivo
speciale (non superiore a 200 unità) nella polizia
penitenziaria che ha evidenti finalità di consentire agli
ispettori attualmente in servizio l'accesso al ruolo
direttivo. Al ruolo ordinario si accederà quindi con concorso
e diploma di laurea, mentre per il ruolo speciale i requisiti
verranno stabiliti con decreto ministeriale e l'accesso
avverrà con concorso per titoli ed esami e corso di
formazione.
Deve segnalarsi che tale progetto di riordino del DAP
dovrà avvenire tenendo conto del parallelo provvedimento di
riforma dei ministeri, attuativo della delega di cui agli
articoli 11, comma 1, lettera a), e 12 della legge 15
marzo 1997, n. 59 (cd. Bassanini 1), oggetto di uno schema di
decreto legislativo approvato dal Consiglio dei ministri il 4
giugno u.s. ed attualmente all'esame delle Camere per il
parere. In particolare, gli articoli 16, 17 e 18 dello schema
citato recano disposizioni dedicate al ministero di grazia e
giustizia rispettivamente relative alle attribuzioni del
dicastero, al suo ordinamento (che già prevede l'articolazione
in dipartimenti-aree funzionali) e agli incarichi
dirigenziali.
A sua volta, dovrà essere chiarito l'impatto di tale
provvedimento con le disposizioni contenute nel progetto di
riforma del ministero di grazia e giustizia già oggetto di una
iniziativa legislativa in itinere, il cui articolato è stato
già approvato dalla Camera ed è attualmente all'esame del
Senato (S. 3215).
Quest'ultimo è un complesso provvedimento che prevede
l'attribuzione di una serie di deleghe al Governo per il
decentramento dei servizi della giustizia, la riorganizzazione
degli uffici giudiziari, la riforma del ministero nonché
l'emanazione di un testo unico delle norme in materia di
personale, organizzazione e funzionamento del dicastero. I
principi e criteri direttivi per l'esercizio delle deleghe
sembrano connotarsi per un elevato grado di puntualità, tali
da prefigurare con chiarezza lo scenario della riforma
prevista, che solo in pane coincide con quello che le
disposizioni del citato decreto delegato sulla riforma dei
ministeri fanno intravedere.
Con il recente decreto ministeriale 16 febbraio 1999 è
stata poi costituita presso il Dipartimento
dell'amministrazione penitenziaria
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una nuova struttura, l'Ufficio per la garanzia penitenziaria
(U.G.A.P.).
L'ufficio dovrà formulare, in particolare, pareri e
proposte per il direttore generale del Dipartimento in merito
a diverse materie e problematiche ovvero l'individuazione
delle risorse organizzative, dei servizi e delle strutture
negli istituti penitenziari; l'adeguatezza del servizio
traduzioni e piantonamenti svolto dalla polizia penitenziaria;
la realizzazione di specifiche strutture di sicurezza;
l'individuazione, predisposizione e verifica di esigenze
organizzative per la celebrazione di procedimenti penali di
grande rilevanza; la collaborazione con i servizi speciali di
polizia per la formulazione e applicazione del programma di
protezione dei collaboratori di giustizia; l'acquisizione dei
dati utili per la valutazione di situazione detentive a
rischio e di possibili eventi critici nelle carceri. Alla
direzione dell'U.G.A.P. è stato chiamato dal Ministro
Diliberto il Generale Enrico Ragosa.
Per quel che riguarda le detenute-madri, un disegno
di legge governativo è attualmente all'esame della Commissione
giustizia della Camera.
Secondo l'ordinamento penitenziario, come noto, tali
detenute possono tenere la prole presso di sé fino all'età di
tre anni. Il motivo ispiratore del provvedimento è però
determinato dalla consapevolezza che il contesto normativo
vigente diretto a dare attuazione ai diritti delle
detenute-madri appare del tutto inadeguato e che più in
generale la maternità e l'infanzia non appaiono come beni che
possano essere adeguatamente tutelati tra le mura di un
carcere. H disegno di legge intende quindi evitare le
situazioni nelle quali a detenute-madri si aggiungono
detenuti-bambini: l'ingresso in carcere dell'infante, volto a
non interrompere la forte ed insostituibile relazione con la
madre, non solo non è apparso (anche secondo le risultanze
della pregressa esperienza degli operatori carcerari)
risolutivo del problema - poiché comunque non fa che differire
il distacco dalla madre, rendendolo semmai ancor più
traumatico - ma è addirittura dannoso per lo sviluppo
psicofisico del bambino, il quale viene incolpevolmente a
trovarsi collocato in un ambiente punitivo, povero di stimoli
e connotato dalla privazione di autorevolezza della figura
genitoriale. Il progetto legislativo, pertanto, intende dare
piena ed effettiva attuazione alla protezione apprestata alla
maternità e all'infanzia dall'articolo 31 della Costituzione;
il disegno di legge opera su un doppio binario intervenendo
sugli istituti penalistici già contemplati relativi alla
sospensione della pena, ampliandone l'operatività, nonché
sull'ordinamento penitenziario, proponendo in particolare due
nuove misure alternative. E' anzitutto prevista l'estensione
del differimento obbligatorio della pena in favore delle madri
condannate fino ad un anno di età del bambino (salvo il caso
di affidamento ad altri) per permettere il completamento del
ciclo di allattamento e svezzamento del neonato. Resta
confermata la possibilità di accesso alla detenzione
domiciliare la cui operatività è stata ampliata dalla legge
Simeone n. 165/1998 che ora la prevede per donne in stato di
gravidanza o madri di prole minore di dieci anni con lei
convivente.
Sono inoltre stabilite in favore delle detenute-madri due
nuove misure alternative: la detenzione domiciliare speciale e
l'assistenza all'esterno dei figli minori.
La detenzione domiciliare speciale, sottoposta a
specifiche condizioni, è volta a permettere l'assistenza
familiare dei figli minori di otto anni da pane della
madre quando non sia possibile l'applicazione della detenzione
domiciliare di cui all'articolo 47- ter O.P. La misura è
applicabile anche al padre detenuto in caso di morte della
madre o di impossibilità della stessa ad assistere il figlio e
non vi sia altri che il padre cui affidare il minore. Quando,
al compimento degli otto anni di età del bambino,
sussistano i requisiti per la concessione della semilibertà,
il beneficio potrà essere prorogato dal tribunale di
sorveglianza; in caso contrario, potrà essere disposta
l'ulteriore misura che il provvedimento introduce
nell'ordinamento penitenziario ovvero l'assistenza
all'esterno dei figli minori.
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Tale beneficio è volto a permettere la cura e l'assistenza
extracarceraria dei figli di età non superiore agli otto
anni in assenza delle condizioni per la concessione della
detenzione domiciliare speciale. A tal fine, viene aggiunto
alla legge 354/1975 l'articolo 21- bis e la collocazione
sistematica già indica l'equiparazione della misura a quella
del lavoro esterno (di cui viene considerata autonoma
modalità) di cui si applicano le disposizioni compatibili, a
partire dai presupposti per la concessione. Anche in tal caso,
come nella detenzione domiciliarespeciale, al beneficio può
accedere, in vece della madre, il padre detenuto.
Poiché la finalità del disegno di legge in esame è quella
di assicurare la continuità delle relazioni genitoriali ed
affettive tra genitori e figli, appare coerente con
l'impostazione data la norma che prevede l'impossibilità per i
padri e le madri dichiarati decaduti dalla potestà genitoriale
di accedere ai benefici previsti dal provvedimento.
Il Relatore.
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