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Testi integrali degli Atti Parlamentari della XIII Legislatura

Documento


457751
SMC0527-0046
Bollettino Giunte e Commissioni n. 527 del 14 luglio 1999 - edizione definitiva - (SMC13-527)
(suddiviso in 296 Unità Documento)
Unità Documento n.46 (che inizia a pag.41 dello stampato)
              ...II COMMISSIONE PERMANENTE
                         (Giustizia)
 
 
...SEDE REFERENTE
...SCHEMA DI RELAZIONE. LAVCOMM
...SCHEMA DI RELAZIONE.
EMENDAMENTI ALLO SCHEMA DI RELAZIONE
Mercoledì 14 luglio 1999. - Presidenza del Presidente Anna FINOCCHIARO FIDELBO. - Intervengono i Sottosegretari di Stato per la grazia e la giustizia Marianna Li Calzi e Maretta Scoca.
ZZSMC ZZRES ZZSMC140799 ZZSMC990714 ZZSMC000799 ZZSMC000099 ZZSMC527 ZZ13 ZZD ZZTX ZZC2 ZZRE
     Al Capitolo II, pag. 113 del Bollettino, dopo le
  parole:  sessualità coniugale,  sono inserite i seguenti
  periodi:
     In tema di affettività in carcere, già il compianto
  Michele Coiro, in veste di direttore del DAP, aveva inviato
  una circolare a tutti i direttori di istituto per valutare le
  soluzioni tecniche possibili in attesa di un intervento
  legislativo; pochi furono però i direttori che diedero seguito
  alla disposizione.  Un esperimento-pilota in materia di
  affettività familiare risulta al momento in corso presso
  l'istituto Don Bosco di Pisa.
                                                 Il Relatore.
     Al Capitolo III, pag. 118, dopo le parole:  corpo di
  polizia penitenziaria,  inserire il seguente periodo:
     Se si pensa poi che alcuni ispettori possono dirigere
  reparti di 600-700 uomini appare evidente la sperequazione tra
  concreta responsabilità e qualifica posseduta.
                                                 Il Relatore.
     Al capitolo III, pag. 123 del Bollettino, il terzo e
  quarto capoverso e le parole da:  Qualcosa  fino a:
  alcuni nodi  sono sostituiti dai seguenti periodi:
     Un segnale concreto di inversione di tendenza potrebbe
  venire dall'approvazione definitiva della proposta di legge C.
  5967 (Smuraglia), già approvata in prima lettura dal Senato ed
  attualmente all'esame della Commissione lavoro della Camera in
  abbinamento con altri provvedimenti di iniziativa parlamentare
  (C. 2283, Cento ed altri, e C. 2359, Cascio.
     La p.d.l. Smuraglia è volta, in particolare, a favorire il
  lavoro carcerario tramite la defiscalizzazione degli oneri
  contributivi a carico di imprese che investano nel lavoro dei
  detenuti introducendo elementi di flessibilità che, apprezzate
  le particolari circostanze, potrebbero incentivare gli
  interessati ad investimenti nel lavoro penitenziario.
     Il provvedimento estende l'ambito di applicazione della
  legge 8 novembre 1991, n. 381, sulle cooperative sociali.  Tali
  cooperative, grazie soprattutto alle agevolazioni introdotte
  dalla legge citata, appaiono, in effetti, come la realtà più
  rilevante nel settore in relazione all'offerta di lavoro a
  detenuti ammessi alle misure alternative, semiliberi o ex
  detenuti, anche se le scarse dimensioni produttive impediscono
  a queste realtà di proporsi in maniera più incisiva nella
  creazione di un maggior numero di posti di lavoro.
     Le innovazioni relative all'ambito operativo della legge
  381/1991, riguardano un duplice profilo:
       in primo luogo, viene rimossa una notevole limitazione
  normativa (i cui negativi effetti sono stati segnalati più
  volte dall'Amministrazione penitenziaria) ricomprendendo tra i
  soggetti svantaggiati, per la occupazione dei quali le
  cooperative sociali possono beneficiare di sgravi contributivi
  (da determinare peraltro con decreto ministeriale), categorie
  di soggetti attualmente non contemplate dalla legge n.
  381/1991 quali gli ex degenti di istituti psichiatrici
  giudiziari, le persone detenute o internate negli istituti
  penitenziari, gli internati ammessi alle misure alternative
 
                              Pag. 42
 
  alla detenzione, i condannati e gli internati ammessi al
  lavoro esterno;
       in secondo luogo, tali sgravi contributivi sono estesi
  anche alle aziende pubbliche o private che organizzano
  attività produttive o di servizi all'interno degli istituti
  penitenziari impiegando detenuti o internati.
     La p.d.l. Smuraglia prevede inoltre la concessione di
  sgravi fiscali (da determinare anch'essi con decreto
  ministeriale) alle imprese che assumono, per un periodo di
  tempo minimo di trenta giorni, lavoratori detenuti e a quelle
  che svolgano attività formative nei confronti dei detenuti
  stessi.
     Le proposte di legge C. 2283 (Cento ed altri) e C. 2359
  (Cascio) operano anch'esse estendendo l'ambito di applicazione
  della legge n. 381/1991, sotto il profilo sia della
  definizione dei soggetti svantaggiati, sia della estensione
  dei benefici contributivi alle imprese che organizzino
  attività produttive o di servizi all'interno degli istituti
  penitenziari impiegando persone ivi detenute o internate (in
  misura non inferiore, peraltro, al 50 per cento del proprio
  organico complessivo; una ulteriore differenza con la p.d.l.
  A.C. 5967 sta nel fatto che le due proposte - identiche -
  estendono senz'altro alle nuove fattispecie lo sgravio
  contributivo totale attualmente previsto dalla legge n.
  381/1991.
     La p.d.l. A.C. 1823 (Borghezio ed altri) prevede infine
  uno sgravio contributivo totale per le imprese artigiane (come
  definite ai sensi della legge quadro n. 443/1985) che assumano
  detenuti condannati o internati; la proposta non contiene
  nell'articolato alcun riferimento esplicito alla legge n.
  381/1991.
                                                 Il Relatore.
     Al Capitolo III, pag. 127, paragrafo:  medicina
  penitenziaria,  sono soppresse le parole da:  Tutti gli
  istituti penitenziari  fino alla fine del periodo.
                                                 Il Relatore.
     Al Capitolo III, paragrafo:  Misure alternative alla
  detenzione,  pag. 129, dopo le parole:  dello stato di
  libertà  è inserito il seguente periodo:
     Appare però come dato incontestabile che le difficoltà
  applicative della legge Simeone in questo primo anno di vita
  (circa il 4 per cento di scarcerazioni su circa 25.000
  richieste) siano derivate soprattutto dal metro restrittivo
  usato dai magistrati di sorveglianza nella valutazione dei
  requisiti di ammissibilità delle domande.
                                                 Il Relatore.
     Al Capitolo III, il paragrafo:  La medicina
  penitenziaria  è sostituito dal seguente:
  La medicina penitenziaria.
     Fino ad oggi, nel delineare i contenuti del quadro
  normativo sul servizio sanitario penitenziario il legislatore
  si è ispirato al principio della "complementarità" tra
  strutture sanitarie interne ed esterne al carcere.
     Da una parte gli istituti penitenziari sono stati dotati
  di strutture proprie (servizi medici e farmaceutici, reparti
  clinici e chirurgici), in grado di far fronte ai bisogni
  sanitari più generali della popolazione detenuta, così come a
  quelli di particolari categorie di soggetti (puerpere,
  gestanti, malati di mente eccetera).  E' stata, d'altra, fatta
  salva la possibilità di ricorrere ai servizi sanitari pubblici
  locali, caratterizzati da una maggiore specializzazione, nei
  casi più urgenti e complessi e quella di potersi avvalere del
  loro apporto per l'organizzazione ed il funzionamento del
  servizio sanitario interno.
     L'amministrazione penitenziaria è stata quindi chiamata ad
  attuare la propria programmazione valorizzando il ruolo
  partecipativo e promozionale dei servizi pubblici, i quali
  forniscono il proprio apporto, ferma restando la
  responsabilità gestionale dell'amministrazione.
     In questo contesto legislativo si inserisce la
  recentissima riforma della sanità penitenziaria, destinata a
  produrre importanti innovazioni.
 
                              Pag. 43
 
     L'effettività del diritto alla salute dei detenuti è
  infatti destinato ad essere garantito tramite una
  riorganizzazione della medicina penitenziaria da effettuarsi
  (e questa è la novità) nell'ambito del servizio sanitario
  nazionale.
     L'articolo 5 della recente legge 30 novembre 1998, n. 419
  in materia di razionalizzazione del servizio sanitario
  nazionale ha, infatti, previsto una apposita delega al Governo
  in tal senso, da esercitare entro sei mesi dalla data di
  vigenza della legge.
     In attuazione della delega è stato da poco emanato un
  decreto legislativo recante "Disposizioni per il riordino
  della medicina penitenziaria a norma dell'articolo 5 della
  legge 30 novembre 1998, n. 419", il cui contenuto è stato
  illustrato nel corso dell'audizione del 15 giugno u.s. dei
  ministri Bindi e Diliberto (rappresentati per l'occasione dai
  sottosegretari Brandani e Corleone) presso la Commissione
  giustizia della Camera.
     Nonostante la prima fase attuativa della delega non
  contemplasse un parere formale delle Commissioni parlamentari,
  tale passaggio (cui al Senato ha corrisposto l'ufficio di
  presidenza della XII Commissione igiene e sanità del 16
  giugno, allargato ai rappresentanti dei gruppi, cui ha preso
  parte il sottosegretario Corleone) avvenuto in attuazione
  dell'ordine del giorno Olivieri,  accolto dal Governo nella
  seduta della Camera dei deputati del 10 novembre 1998, ha
  permesso il controllo del Parlamento anche nelle more
  dell'emanazione della legislazione delegata intermedia,
  attuativa della riforma.
     Sulla base del testo emanato (non ancora pubblicato sulla
  Gazzetta Ufficiale),  appare evidente come i suggerimenti
  emendativi al testo illustrato dai rappresentanti del Governo
  siano stati in gran parte accolti.
     Il decreto legislativo stabilisce principi, diritti e
  competenze in materia di sanità penitenziaria sancendo il
  diritto alla salute dei detenuti ed internati "alla pari dei
  cittadini in stato di libertà" sia per quel che concerne la
  prevenzione che per quanto riguarda la diagnosi, la cura e la
  riabilitazione, l'assistenza sanitaria per la gravidanza e la
  maternità e l'assistenza pediatrica ai bambini che le donne
  recluse possono tenere in istituto durante la primissima
  infanzia.  Tale diritto alla salute si realizza ora nell'ambito
  del Servizio Sanitario Nazionale.
     Con la disposizione che sancisce la definitiva esclusione
  per i detenuti ed internati dal sistema di compartecipazione
  alla spese sanitarie (ticket), importante appare anche la
  norma che mantiene l'iscrizione al S.S.N. per tutti i
  detenuti, anche stranieri, limitatamente al periodo di
  detenzione.  Per gli stranieri in stato di libertà valgono
  ovviamente le norme dettate dal regime dettato dalla legge
  sull'immigrazione.  E' inoltre stabilito che ogni ASL adotti
  una "Carta dei servizi dei detenuti", da predisporre
  consultando sia gli stessi detenuti che le associazioni di
  volontariato.
     Le competenze in maniera sanitaria  saranno articolate a
  diversi livelli: al Ministero della sanità spetteranno gli
  indirizzi generali; alle regioni e alle provincie autonome
  saranno riservate le funzioni loro proprie di organizzazione e
  programmazione dei servizi sanitari regionali negli istituti
  penitenziari ed il controllo sul relativo funzionamento; alle
  ASL competeranno la gestione ed il controllo dei servizi
  sanitari negli istituti penitenziari e saranno tali strutture
  quindi a provvedere direttamente all'erogazione delle
  prestazioni sanitarie ai detenuti e agli internati.
     Le competenze in tema di sicurezza  restano, invece,
  affidate al Ministero di grazia e giustizia, mentre è
  demandato ad un decreto interministeriale giustizia-sanità il
  compito di dettare norme sulle modalità di accesso agli
  istituti del personale appartenente al Servizio sanitario
  nazionale, a sua volta tenuto all'osservanza delle norme
  dell'ordinamento penitenziario e dei singoli regolamenti di
  istituto.
     Un contingente di personale medico e sanitario da
  destinare all'amministrazione penitenziaria è definito in
  relazione alle esigenze della stessa amministrazione; di
 
                              Pag. 44
 
  tale personale apposito provvedimento interministeriale dovrà
  stabilire requisiti e compiti specifici all'interno degli
  istituti.  E' poi previsto, nell'ambito del Piano sanitario
  nazionale, un Progetto obiettivo,  di durata triennale, per
  la tutela della salute in ambito penitenziario stabilendo,
  inoltre, in capo al Ministro della sanità un obbligo di
  relazione specifica sull'assistenza sanitaria all'interno
  delle carceri nell'ambito della relazione generale sullo stato
  sanitario del Paese.
     Il Progetto obiettivo indica gli indirizzi specifici volti
  al miglioramento dei servizi offerti in ambito penitenziario
  dal servizio sanitario nazionale; i modelli organizzativi dei
  servizi sanitari penitenziari, anche di tipo dipartimentale
  (eventualmente differenziati per tipologia di istituto); le
  esigenze concernenti la specifica formazione per l'assistenza
  sanitaria in carcere; le linee-guida volte a favorire lo
  sviluppo di sistematici criteri di revisione e valutazione dei
  servizi sanitari prestati, finalizzate ad assicurare un
  uniforme ed appropriato livello di assistenza; gli obiettivi
  sanitari da raggiungere nel triennio.
     Rispetto al personale,  il primo adempimento è
  l'individuazione, con uno o più decreti interministeriali, del
  personale degli istituti penitenziari da trasferire al S.S.N.
  man mano che vengono trasferite le diverse funzioni; il
  personale di ruolo sarà inquadrato nei ruoli nominativi
  regionali sanitari e quindi assegnati alle aziende sanitarie
  locali territorialmente competenti.  Tale trasferimento (con
  quello delle attrezzature, arredi e beni strumentali) dovrà
  avvenire entro trenta giorni dalla vigenza del decreto
  legislativo.
     In relazione alle funzioni trasferite sono naturalmente
  assegnate al Fondo sanitario nazionale le relative risorse
  finanziarie  iscritte nello stato di previsione della spesa
  del ministero di grazia e giustizia: il trasferimento avverrà
  con decreto del Ministro del tesoro, del bilancio e della
  programmazione economica che dovrà definire anche i criteri e
  le modalità di gestione delle risorse stesse.
     Dal 1^ gennaio 2000 è prevista una prima fase attuativa
  nella quale sono trasferite al S.S.N. le funzioni sanitarie
  svolte dall'amministrazione penitenziaria con riferimento ai
  soli settori della prevenzione e dell'assistenza ai detenuti
  ed internati tossicodipendenti.
     Viene poi prevista una fase di sperimentazione da attuare
  in almeno tre regioni (da individuare con decreto) nella quale
  sono trasferite tutte le altre funzioni non trasferite
  immediatamente al servizio sanitario nazionale, ovvero la
  medicina di base, ospedaliera, specialistica ecc.  In tale fase
  sperimentale non avverrà un effettivo trasferimento di
  personale o risorse applicandosi, pertanto, solo una
  dipendenza di tipo funzionale dal Servizio sanitario
  nazionale; soltanto alla fine ditale fase e sulla base del suo
  esito avverrà il trasferimento delle ulteriori funzioni in
  tutto il territorio nazionale.
     Spetterà, quindi, alla ulteriore legislazione delegata
  prevista dall'articolo 5, comma 2 della legge n. 419 del 1998,
  il cui termine di scadenza è fissato in diciotto mesi dalla
  vigenza della stessa legge, a dare l'assetto definitivo alla
  riforma.  Come previsto dalla delega, il Parlamento potrà, in
  tale decisiva fase, essere coinvolto nel progetto di
  elaborazione normativa mediante il prescritto parere delle
  competenti Commissioni sugli schemi di decreto legislativo.
     Per quel che concerne le principali problematiche emerse
  in tema di assistenza medica durante le visite effettuate
  dal Comitato agli istituti penitenziari, queste hanno
  riguardato essenzialmente l'inadeguatezza delle strutture
  sanitarie interne, la carenza di fondi, l'annoso problema
  della cura ed assistenza ai malati di AIDS nonché alcune
  questioni relative alle visite specialistiche.
     Sulla base dei dati acquisiti dal Comitato, se si
  eccettuano alcune strutture sanitarie (il centro clinico del
  carcere Don Bosco di Pisa, probabilmente quello più
  all'avanguardia, già oggetto di visita da parte del Comitato,
  quelli di Genova Marassi, Rebibbia e Secondigliano), il
  livello medio dei centri sanitari penitenziari appare
  decisamente inferiore alle necessità dei detenuti.  Tutto ci a
  fronte di una
 
                              Pag. 45
 
  situazione che ha recentemente registrato tagli a carico
  della sanità penitenziaria per circa il 300 per cento, mentre
  per l'assistenza ai quasi 50.000 detenuti ci sarebbe in verità
  urgente bisogno di ulteriori fondi per medicina specialistica
  e per l'acquisto di farmaci e attrezzature.
     Un particolare problema, causa, peraltro, di notevoli
  disagi segnalati nel corso delle visite del Comitato agli
  istituti penitenziari (nonché oggetto di atti di sindacato
  ispettivo parlamentare), si è posto poi in relazione alle
  visite specialistiche.  In generale, il cittadino, una volta
  detenuto, dal punto di vista della personale posizione
  sanitaria, passa in carico all'amministrazione penitenziaria e
  le spese, compresi i costi per i consulti specialistici, sono
  sostenuti dalla stessa amministrazione che vi provvede
  direttamente ovvero tramite convenzioni, senza, comunque,
  alcun onere per il detenuto.  Il ticket per le prestazioni e
  gli accertamenti diagnostici non ricadenti nel pronto
  soccorso, a seguito dell'entrata in vigore della legge n. 724
  del 1994 (legge finanziaria per il 1995), è stato posto
  invece, incautamente, a carico del detenuto; ci per una
  interpretazione letterale della norma che prevede, ai Fini
  della gratuità del ticket, la dimostrazione del proprio stato
  di disoccupazione tramite la timbratura periodica del
  cartellino di disoccupazione presso l'ufficio di collocamento.
  La sin troppo ovvia impossibilità per un recluso) di timbrare
  regolarmente tale documento non sembra essere stata
  considerata come una esimente e più di un detenuto, nel corso
  delle visite effettuate, ha riferito di collette tra reclusi
  per aiutare i detenuti più indigenti.
     Strettamente correlato a quello dei tossicodipendenti, uno
  dei problemi di maggiore gravità nella gestione delle carceri
  manifestatosi nel corso degli ultimi anni è quello della
  crescita della popolazione carceraria affetta da virus HIV.
     Il drammatico problema della presenza di soggetti affetti
  da HIV e AIDS conclamata è progressivamente divenuto un
  fattore endemico degli istituti di detenzione senza che essi
  siano strutturalmente in grado di affrontarlo.  Il rischio di
  trasmissione non controllabile del contagio aumenta per il
  sovraffollamento degli istituti, per la frequente assenza di
  elementari norme di igiene nonché per la promiscuità dei
  rapporti tra i detenuti.
     Al problema ha recentemente posto rimedio il provvedimento
  approvato definitivamente dalla Camera il 30 giugno scorso che
  sancisce il principio generale dell'incompatibilità del regime
  carcerario per i malati di AIDS ed affetti da altre gravi
  malattie.
     L'iniziativa legislativa ha tratto origine da molteplici
  fattori: la necessità di contemperare le esigenze di difesa
  della collettività con la tutela del diritto alla salute dei
  detenuti nonché per mantenere alla pena la caratteristica di
  non contrarietà al senso di umanità previsto dal comma terzo
  dell'articolo 27 della Costituzione; la caduta
  dell'automatismo stabilito dalla disciplina introdotta dal
  decreto-legge n. 139 del 1993 (legge n. 222 del 1993), che
  stabiliva l'incompatibilità assoluta tra la detenzione e
  l'affezione da HIV, ridimensionato dall'intervento della Corte
  costituzionale; e, non ultima, la constatazione
  dell'inadeguatezza delle strutture sanitarie penitenziarie ad
  affrontare efficacemente la malattia.
     Sul piano dell'applicazione della disciplina normativa
  susseguente alle sentenze della Consulta, i decreti con cui
  sono in concreto venivano stabiliti i parametri clinici in
  base ai quali il giudice doveva decidere sulla incompatibilità
  o meno con la detenzione hanno lasciato, sulla base della
  giurisprudenza accertata, eccessivi margini di
  discrezionalità, dando luogo a disparità di trattamento.
     La nuova legge, non ancora pubblicata in  Gazzetta
  Ufficiale,  non comporterà per automatiche scarcerazioni:
  viene confermata la necessità di accertamento caso per caso da
  parte del giudice di sorveglianza dell'incompatibilità con la
  custodia cautelare per gli imputati affetti da AIDS
  conclamato, e da gravi immunodeficienze o altre patologie di
  particolare gravità.  Per rendere operativo il provvedimento
  bisognerà, quindi, attendere l'emanazione (entro
 
                              Pag. 46
 
  un mese dalla vigenza della legge) di un decreto
  sanità-giustizia che definirà le procedure diagnostiche e
  medico legali per l'accertamento della malattia.
     Tale accertamento comporterà, solo in presenza di esigenze
  cautelari di eccezionale rilevanza, la concessione al malato
  di AIDS, degli arresti domiciliari presso un luogo di cura,
  assistenza o accoglienza quando risulti impossibile prestare
  cure adeguate in carcere; è introdotta poi una nuova
  disposizione che prevede che gli affetti da virus HIV e gravi
  immunodeficienze che hanno in corso o vogliono iniziare un
  programma riabilitativo presso attrezzati centri clinici,
  possono chiedere l'affidamento al servizio sociale o la
  detenzione domiciliare, anche in deroga ai limiti di pena
  stabiliti dall'ordinamento penitenziario.  L'intervento
  legislativo prevede infine che costituisca causa di rinvio
  obbligatorio dell'esecuzione della pena, a norma dell'articolo
  146 del codice penale, oltre che l'affezione da HIV anche
  l'accertamento di "altra malattia particolarmente grave", cosi
  come lo stato ormai terminale della patologia.
       Al capitolo III, inserire, in fine, il seguente
  paragrafo:
  I costi di gestione.
     Una recente indagine sui costi dell'amministrazione
  penitenziaria, commissionata dall'allora Ministro Flick, e
  condotta dalla Commissione tecnica per la spesa pubblica del
  Ministero del Tesoro, ha evidenziato una situazione generale
  di notevole diseconomicità.  Individuando uno standard di
  efficienza teorico sulla base del quale ha poi esaminato la
  gestione dei singoli istituti penitenziari, la Commissione ha
  valutato in almeno 300 miliardi annui il risparmio che un uso
  efficiente delle risorse Finanziarie (circa 4.000 miliardi
  annui) e del personale in servizio renderebbe possibile.
  Tenuto conto di ci gli istituti potrebbero teoricamente
  assorbire mediamente l'8 per cento in più di detenuti.  Nella
  prima fase della ricerca è emersa una minore spesa gestionale
  nelle carceri del nord del Paese e costi più alti in quelli
  del centro-sud, rilevando nel contempo come l'indicatore di
  produttività aumentasse con l'aumentare della dimensione degli
  istituti; le carceri dove si sono registrati i maggiori
  sprechi sono risultate, in sostanza, quelle di minori
  dimensioni.
     La seconda parte della ricerca è stata invece dedicata
  alla gestione di un vasto campione di penitenziari; le
  tecniche econometriche hanno permesso l'individuazione, per
  ogni istituto, di standard teorici di efficienza in base al
  quale sono stati valutati i risultati di gestione.  La verifica
  è in sostanza avvenuta sulla base di quattro parametri:
  l'inefficienza di costo (l'eccesso di costi rispetto allo
  standard teorico di efficienza che tien conto del livello di
  affollamento del carcere); l'inefficienza di produzione
  (l'aumento potenziale del numero dei detenuti che il carcere
  potrebbe sopportare in considerazione delle risorse a
  disposizione); la produttività media del personale (il
  rapporto tra il numero dei detenuti e quello del personale,
  civile e penitenziario); l'affollamento (il rapporto tra il
  numero dei detenuti e la capienza del carcere).
     Risultato della ricerca è, sul fronte dei costi,
  l'inefficienza di tutti gli istituti con punte di spreco di
  risorse notevolissime; una delle principali cause delle
  diseconomie (se non la maggiore) appare agli esperti del
  Ministero del tesoro, la cattiva distribuzione del personale,
  civile e penitenziario, troppo concentrato nel Meridione.  E'
  augurabile che i prossimi concorsi, su base regionale, possano
  migliorare la situazione attuale.
                                                  Il Relatore
       Al Capitolo III, il paragrafo:  Profili di riforma
  è sostituito dal seguente:
  4)  Profili di riforma.
     Oltre alla riforma del regolamento di esecuzione
  dell'ordinamento penitenziario, di cui si sono in precedenza
  delineati i
 
                              Pag. 47
 
  principali aspetti, particolare rilievo assume il progetto di
  riorganizzazione del personale dell'amministrazione
  penitenziaria.
     Tale progetto, da attuarsi tramite legislazione delegata,
  è, come noto, inserito nel disegno di legge ordinamentale,
  collegato alla legge di bilancio 1999, relativo
  all'inquadramento contrattuale delle carriere diplomatiche,
  prefettizie e della difesa che, dopo l'approvazione della
  Camera, è attualmente all'esame del Senato (S. 3919).
     Finalità del riordino del DAP - si legge nelle relazione
  di accompagnamento al disegno di legge - è quella di "fornire
  un appropriato riconoscimento delle professionalità maturate
  nell'espletamento di mansioni divenute sempre più rilevanti e
  di produrre, attraverso un incremento degli organici, un
  giusto riequilibrio delle risorse umane impiegate".
     L'approvazione della delega al Governo, contenuta
  nell'articolo 12 del citato disegno di legge (il cui testo è
  stato licenziato senza modifiche dalle Commissioni riunite
  Affari costituzionali ed esteri del Senato che il 1^ luglio
  u.s. hanno concluso l'esame del provvedimento in sede
  referente), dovrebbe permettere una radicale riforma
  dell'amministrazione penitenziaria, la cui struttura
  amministrativa, dopo la legge del 1990 che vedeva nel D.A.P. e
  nei provveditorati regionali le colonne portanti dell'apparato
  organizzativo, è rimasta immutata, risultando sostanzialmente
  inadeguata agli obiettivi da raggiungere.
     Il provvedimento destina all'attuazione del progetto
  notevoli risorse finanziane, rappresentando probabilmente il
  più importante tassello di un programma di riforma complessiva
  dell'amministrazione penitenziaria.  Gli altri interventi,
  correlati alle previsioni del provvedimento in oggetto, sono
  rappresentati dai provvedimenti attuativi delle leggi cd.
  Bassanini con cui viene prevista una riforma
  dell'amministrazione centrale che attua un ampio decentramento
  funzionale verso i Provveditorati regionali e soprattutto,
  verso gli istituti penitenziari.
     Il progetto di riorganizzazione delineato dall'articolo 12
  del disegno di legge 3919 attua del resto per la pane
  legislativa gli impegni assunti dal Governo con l'accettazione
  dell'ordine del giorno Salvato del 23/12/1997 con cui si
  criticava l'intervento, in corso di approvazione con la
  finanziaria 1998, che eliminava l'aggancio disposto con
  l'articolo 40 della legge 395/1990 del personale direttivo del
  DAP al personale di polizia; tale aggancio riguardava oltre
  che i direttori degli istituti anche il personale
  amministrativo e trattamentale cui l'applicabilità della
  disposizione era stata espressamente riconosciuta dalla
  giustizia amministrativa.
     Tutte le professionalità operanti nelle carceri saranno
  suddivise in quattro aree funzionali: sicurezza, educativa,
  amministrativa e contabile, con la supervisione del direttore
  dell'istituto.
     La riforma prevede in particolare:
       a)  un ampliamento delle dotazioni organiche ed un
  adeguamento dei profili professionali di tutto il
  personale;
       b)  l'istituzione di un ruolo direttivo ordinario
  della polizia penitenziaria;
       c)  l'istituzione di un ruolo direttivo speciale
  della stessa polizia.
     L'intervento viene incontro anzitutto alle esigenze dei
  direttori degli istituti  penitenziari che da tempo
  aspirano ad un inquadramento più consono alle funzioni svolte
  e alle notevoli responsabilità assegnate; il previsto aumento
  di 13 unità nell'organico dei dirigenti generali e di 134
  unità in quello dei dirigenti consentirà di procedere in via
  amministrativa al riconoscimento dei provveditorati maggiori
  come sedi dirigenziali generali e degli istituti penitenziari
  (esclusi quelli minori) come sedi dirigenziali.  L'intervento
  relativo ai direttori impegnerà, a regime, circa 16
  miliardi.
     Nel  settore socio-educativo  è previsto l'aumento di
  170 unità di psicologi; di 460 educatori e di 100 assistenti
  sociali.  La spesa complessiva, a regime, per questi ulteriori
  interventi è prevista in circa 51
 
                              Pag. 48
 
  miliardi.  Ulteriori aumenti riguardano l' area
  amministrativa e tecnica.  Va rilevato che per l'area
  educativa non si tratta solo di semplici incrementi di
  organico, pur necessari ad un recupero della effettività della
  funzione rieducativa della pena, bensì di uno spostamento
  verso l'alto e di una riqualificazione di detto personale,
  attualmente assai poco motivato, con rafforzamento della
  relativa posizione professionale.  Oltre alla previsione di
  posizioni dirigenziali (10 per gli educatori e 20 per gli
  assistenti sociali) è infatti stabilita una riduzione di 450
  unità organiche nella sesta qualifica funzionale degli
  educatori cui corrisponde però un analogo aumento nelle
  qualifiche superiori; ciò consentirà di attuare gli interventi
  di riqualificazione del personale oggetto delle deleghe delle
  leggi Bassanini:  Analogo intervento è previsto per gli
  infermieri.
     Vi è poi la previsione di un  ruolo direttivo ordinario
  della polizia penitenziaria  con camera analoga a quella del
  personale di pari qualifica del corrispondente ruolo della
  Polizia di Stato; si prevedono 520 unità con un costo, a
  regime, di circa 35 miliardi Anche l'istituzione ditale ruolo
  direttivo, che è stato immemore motivo di rivendicazione da
  pane di tutti i sindacati di categoria, sembra costituire una
  opportuna scelta correlata direttamente a quella di creare in
  ambito penitenziario un corpo di polizia.  Tale scelta non
  sembra implicare, nell'esecuzione della pena, un'accentuazione
  del profilo custodiale su quello trattamentale: la direzione
  degli istituti continua infatti ad essere affidata ai
  direttori e, del resto, la migliore qualificazione
  professionale dei dirigenti di polizia sembra rappresentare
  premessa necessaria perché i compiti loro affidati siano
  svolti con la necessaria consapevolezza della funzione
  emendativa della pena.
     E' poi prevista l'istituzione di un ruolo direttivo
  speciale (non superiore a 200 unità) nella polizia
  penitenziaria che ha evidenti finalità di consentire agli
  ispettori attualmente in servizio l'accesso al ruolo
  direttivo.  Al ruolo ordinario si accederà quindi con concorso
  e diploma di laurea, mentre per il ruolo speciale i requisiti
  verranno stabiliti con decreto ministeriale e l'accesso
  avverrà con concorso per titoli ed esami e corso di
  formazione.
     Deve segnalarsi che tale progetto di riordino del DAP
  dovrà avvenire tenendo conto del parallelo provvedimento di
  riforma dei ministeri, attuativo della delega di cui agli
  articoli 11, comma 1, lettera  a),  e 12 della legge 15
  marzo 1997, n. 59 (cd.  Bassanini 1), oggetto di uno schema di
  decreto legislativo approvato dal Consiglio dei ministri il 4
  giugno u.s. ed attualmente all'esame delle Camere per il
  parere.  In particolare, gli articoli 16, 17 e 18 dello schema
  citato recano disposizioni dedicate al ministero di grazia e
  giustizia rispettivamente relative alle attribuzioni del
  dicastero, al suo ordinamento (che già prevede l'articolazione
  in dipartimenti-aree funzionali) e agli incarichi
  dirigenziali.
     A sua volta, dovrà essere chiarito l'impatto di tale
  provvedimento con le disposizioni contenute nel progetto di
  riforma del ministero di grazia e giustizia già oggetto di una
  iniziativa legislativa in itinere, il cui articolato è stato
  già approvato dalla Camera ed è attualmente all'esame del
  Senato (S. 3215).
     Quest'ultimo è un complesso provvedimento che prevede
  l'attribuzione di una serie di deleghe al Governo per il
  decentramento dei servizi della giustizia, la riorganizzazione
  degli uffici giudiziari, la riforma del ministero nonché
  l'emanazione di un testo unico delle norme in materia di
  personale, organizzazione e funzionamento del dicastero.  I
  principi e criteri direttivi per l'esercizio delle deleghe
  sembrano connotarsi per un elevato grado di puntualità, tali
  da prefigurare con chiarezza lo scenario della riforma
  prevista, che solo in pane coincide con quello che le
  disposizioni del citato decreto delegato sulla riforma dei
  ministeri fanno intravedere.
     Con il recente decreto ministeriale 16 febbraio 1999 è
  stata poi costituita presso il Dipartimento
  dell'amministrazione penitenziaria
 
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  una nuova struttura, l'Ufficio per la garanzia penitenziaria
  (U.G.A.P.).
     L'ufficio dovrà formulare, in particolare, pareri e
  proposte per il direttore generale del Dipartimento in merito
  a diverse materie e problematiche ovvero l'individuazione
  delle risorse organizzative, dei servizi e delle strutture
  negli istituti penitenziari; l'adeguatezza del servizio
  traduzioni e piantonamenti svolto dalla polizia penitenziaria;
  la realizzazione di specifiche strutture di sicurezza;
  l'individuazione, predisposizione e verifica di esigenze
  organizzative per la celebrazione di procedimenti penali di
  grande rilevanza; la collaborazione con i servizi speciali di
  polizia per la formulazione e applicazione del programma di
  protezione dei collaboratori di giustizia; l'acquisizione dei
  dati utili per la valutazione di situazione detentive a
  rischio e di possibili eventi critici nelle carceri.  Alla
  direzione dell'U.G.A.P. è stato chiamato dal Ministro
  Diliberto il Generale Enrico Ragosa.
     Per quel che riguarda le  detenute-madri,  un disegno
  di legge governativo è attualmente all'esame della Commissione
  giustizia della Camera.
     Secondo l'ordinamento penitenziario, come noto, tali
  detenute possono tenere la prole presso di sé fino all'età di
  tre anni.  Il motivo ispiratore del provvedimento è però
  determinato dalla consapevolezza che il contesto normativo
  vigente diretto a dare attuazione ai diritti delle
  detenute-madri appare del tutto inadeguato e che più in
  generale la maternità e l'infanzia non appaiono come beni che
  possano essere adeguatamente tutelati tra le mura di un
  carcere.  H disegno di legge intende quindi evitare le
  situazioni nelle quali a detenute-madri si aggiungono
  detenuti-bambini: l'ingresso in carcere dell'infante, volto a
  non interrompere la forte ed insostituibile relazione con la
  madre, non solo non è apparso (anche secondo le risultanze
  della pregressa esperienza degli operatori carcerari)
  risolutivo del problema - poiché comunque non fa che differire
  il distacco dalla madre, rendendolo semmai ancor più
  traumatico - ma è addirittura dannoso per lo sviluppo
  psicofisico del bambino, il quale viene incolpevolmente a
  trovarsi collocato in un ambiente punitivo, povero di stimoli
  e connotato dalla privazione di autorevolezza della figura
  genitoriale.  Il progetto legislativo, pertanto, intende dare
  piena ed effettiva attuazione alla protezione apprestata alla
  maternità e all'infanzia dall'articolo 31 della Costituzione;
  il disegno di legge opera su un doppio binario intervenendo
  sugli istituti penalistici già contemplati relativi alla
  sospensione della pena, ampliandone l'operatività, nonché
  sull'ordinamento penitenziario, proponendo in particolare due
  nuove misure alternative.  E' anzitutto prevista l'estensione
  del differimento obbligatorio della pena in favore delle madri
  condannate fino ad un anno di età del bambino (salvo il caso
  di affidamento ad altri) per permettere il completamento del
  ciclo di allattamento e svezzamento del neonato.  Resta
  confermata la possibilità di accesso alla detenzione
  domiciliare la cui operatività è stata ampliata dalla legge
  Simeone n. 165/1998 che ora la prevede per donne in stato di
  gravidanza o madri di prole minore di dieci anni con lei
  convivente.
     Sono inoltre stabilite in favore delle detenute-madri due
  nuove misure alternative: la detenzione domiciliare speciale e
  l'assistenza all'esterno dei figli minori.
     La  detenzione domiciliare speciale,  sottoposta a
  specifiche condizioni, è volta a permettere l'assistenza
  familiare dei  figli minori di otto anni  da pane della
  madre quando non sia possibile l'applicazione della detenzione
  domiciliare di cui all'articolo 47- ter  O.P. La misura è
  applicabile anche al padre detenuto in caso di morte della
  madre o di impossibilità della stessa ad assistere il figlio e
  non vi sia altri che il padre cui affidare il minore.  Quando,
  al compimento degli otto anni di età del bambino,
  sussistano i requisiti per la concessione della semilibertà,
  il beneficio potrà essere prorogato dal tribunale di
  sorveglianza; in caso contrario, potrà essere disposta
  l'ulteriore misura che il provvedimento introduce
  nell'ordinamento penitenziario ovvero  l'assistenza
  all'esterno dei figli minori.
 
                              Pag. 50
 
     Tale beneficio è volto a permettere la cura e l'assistenza
  extracarceraria dei  figli di età non superiore agli otto
  anni  in assenza delle condizioni per la concessione della
  detenzione domiciliare speciale.  A tal fine, viene aggiunto
  alla legge 354/1975 l'articolo 21- bis  e la collocazione
  sistematica già indica l'equiparazione della misura a quella
  del lavoro esterno (di cui viene considerata autonoma
  modalità) di cui si applicano le disposizioni compatibili, a
  partire dai presupposti per la concessione.  Anche in tal caso,
  come nella detenzione domiciliarespeciale, al beneficio può
  accedere, in vece della madre, il padre detenuto.
     Poiché la finalità del disegno di legge in esame è quella
  di assicurare la continuità delle relazioni genitoriali ed
  affettive tra genitori e figli, appare coerente con
  l'impostazione data la norma che prevede l'impossibilità per i
  padri e le madri dichiarati decaduti dalla potestà genitoriale
  di accedere ai benefici previsti dal provvedimento.
  Il Relatore.
 
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