Banche dati professionali (ex 3270)
Testi integrali degli Atti Parlamentari della XIII Legislatura

Documento


53662
DDL4438-0003
Progetto di legge Camera n. 4438 - testo presentato - (DDL13-4438)
(suddiviso in 4 Unità Documento)
Unità Documento n.3 (che inizia a pag.2 dello stampato)
...C4438. TESTIPDL
...C4438.
Pag. 2 Allegato alla relazione. FEDERLEGNO-ARREDO
ZZDDL ZZDDLC ZZNONAV ZZAL ZZDDLC4438 ZZ13 ZZPR
               Il "restauro" dei boschi cedui:
        un'opportunità per l'ambiente e l'occupazione
                        (pre-progetto)
 
  1. -  Premessa.
      L'Italia, com'è noto, non dispone di molte materie prime
  necessarie alla sua intensa attività di trasformazione
  industriale; possiede, però, tra quelle disponibili, una
  grande risorsa naturale rappresentata dal patrimonio
  forestale, esteso su una superficie di ettari 8.675.000 pari
  al 28,8, per cento della superficie territoriale (superficie
  forestale molto vicina alla media degli altri Paesi
  europei).
      Tale patrimonio è costituito da ettari 2.178.000 (circa
  il 25 per cento) di foreste governate ad alto fusto(*) (o
  fustaie) e da ettari 3.673.800 (circa il 42 per cento) di
  boschi cedui(*), mentre ettari 2.822.400 (circa il 33 per
  cento) sono coperti da formazioni forestali particolari
  (macchia mediterranea, eccetera) di modesto valore economico
  ma di rilevantissima valenza ecologica ed ambientale.
      In merito alla qualità di questo "manto verde", le
  conifere (resinose) sono rappresentate per il 16 per cento, le
  latifoglie per l'80 per cento e le formazioni particolari per
  il 4 per cento.
      La provvigione legnosa media per unità di superficie
  (cioè la massa legnosa esistente su ogni ettaro) è di metri
  cubi 183 nelle fustaie, e di metri cubi 90 nei boschi cedui
  (uguale al 50 per cento della prima), cui corrisponde un
  incremento annuo di 30 milioni di metri cubi su tutta la
  superficie forestale; in particolare, l'incremento medio annuo
  nelle fustaie supera i 5-6 metri cubi anno/ettaro, mentre nei
  boschi cedui è di circa metri cubi 3,5.
      Di qui lo  slogan  che afferma: l'Italia non è un
  Paese povero di boschi, ma un Paese ricco di boschi poveri.
      In termini di proprietà detto patrimonio appartiene ai
  privati per oltre il 65 per cento, ai comuni ed altri enti per
  circa il 30 per cento, allo Stato-regioni per il residuo 5 per
  cento.
  2. -  La produzione legnosa nazionale.
      La produzione annua in termini di massa legnosa è
  compresa fra 8 e 9 milioni di metri cubi (per circa il 52 per
  cento di legname da opera, cioè da lavorazione, ed il 48 per
  cento per legna da ardere), e rappresenta appena il 25 per
     (1) Fonte:  Inventario Forestale Nazionale del 1985-87
  redatto dal Corpo forestale dello Stato.
     (*) Vedere vocabolario terminologico in appendice..
 
                               Pag. 3
 
  cento circa del fabbisogno annuo: talché la intensa attività
  di trasformazione della avanzatissima industria nazionale del
  legno deve ricorrere alla importazione del 75 per cento circa
  di materia prima legno con un esborso valutario annuale di ben
  7.000 miliardi da oltre 50 Paesi europei, nonché dell'Africa,
  Asia, Americhe.
      Di contro l'industria nazionale del legno ha fatturato
  nel 1996 61.000 miliardi, con un  export  di 18.000
  miliardi, generando un saldo attivo di 11.500 miliardi, e
  consolidando, inoltre, una indiscussa  leadership
  mondiale nel comparto mobili e arredamento.
  3. -  La non utilizzazione dei boschi cedui.
      Il limite più significativo del patrimonio forestale
  nazionale resta pur sempre il mancato miglioramento dei boschi
  cedui: il problema ormai si dibatte da vari decenni ma non
  ancora è stato concretamente affrontato, nonostante i tanti
  convegni, studi, tavole rotonde e le leggi emanate nel corso
  degli anni.
      Inizia purtroppo già ben prima degli anni '70 l'abbandono
  di questo tipo di bosco, abbandono principalmente connesso
  all'esodo progressivo di oltre 10 milioni di italiani dalla
  collina e dalla montagna, man mano inurbatisi a seguito del
  "miracolo economico" e della industrializzazione del Paese.
      Questa migrazione, quindi, ha comportato una sempre più
  accentuata non utilizzazione dei boschi cedui, talché
  l'Accademia nazionale di agricoltura, Bologna, in un Convegno
  del 1979 sul  Miglioramento dei boschi cedui italiani
  stimava che nel ventennio 1955-1975 la massa legnosa
  accumulatasi in tali soprassuoli ammontava a circa 22 milioni
  di metri cubi (pari a circa 154 milioni di quintali di legna)
  così distribuiti:
  Italia nord-occidentale metri cubi 4.600.000-21 per cento;
  Italia orientale metri cubi 3.150.000-14 per cento;
  Italia centrale metri cubi 8.100.000-37 per cento;
  Italia meridionale metri cubi 4.600.000-21 per cento;
  Italia insulare metri cubi 1.550.000-7 per cento.
      Nel ventennio successivo, cioè dal 1976 al 1996, secondo
  recenti rilevazioni di prossima pubblicazione, persistendo la
  non utilizzazione dei boschi cedui, tale massa legnosa si è
  più che quadruplicata ed ha raggiunto circa 90 milioni di
  metri cubi (pari a circa 630 milioni di quintali) che, in base
  alle attuali tendenze di mercato, sarebbero destinabili a:
        per il 50 per cento circa: triturazione (per pannelli
  truciolari);
        per il 30 per cento circa: legna da ardere;
  (2) Fonte:  FEDERLEGNO-ARREDO 1997..
 
                               Pag. 4
 
        per il 20 per cento circa: legname piccola industria
  (paleria* varia minore) oppure per la produzione di energia
  termica o - eventualmente - elettrica.
      La stessa Accademia indicava quindi tre fondamentali
  soluzioni o destinazioni almeno per i prossimi 15 anni (a
  partire dai 1979):
        la conversione ad alto fusto ed a ceduo composto(*);
        i tagli nei cedui normalmente utilizzati ed in parte di
  quelli invecchiati;
        il riposo nei rimanenti, eseguendo su questa parte,
  opere di miglioramento, almeno per quelli la cui utilizzazione
  è prevedibile a più lungo termine, ovvero il loro avviamento
  ad alto fusto dopo un quindicennio.
      Con questi indirizzi sarebbe stato possibile prevedere,
  in un quindicennio, la conversione ad alto fusto o a ceduo
  composto di circa 300.000 ettari.
      Nessuna di queste pur limitate previsioni è stata
  realizzata e con il trascorrere degli anni il problema si è
  ingigantito fino ad assumere i preoccupanti aspetti
  attuali.
  4. -  Le importazioni di materia prima legno.
      Nonostante questa immensa disponibilità di materiale
  legnoso (povero sì, ma indispensabile, ad esempio, per la
  produzione di pannelli truciolari), che peraltro, da circa un
  trentennio, costituisce una perfetta esca (una bomba!) per gli
  incendi boschivi - sono stati importati i seguenti
  quantitativi di legna da ardere e prodotti affini:
                      ...  (omissis) ...
  (3) In prevalenza limitati al faggio ed al cerro.
     (*) Vedere vocabolario terminologico in appendice.
 
                               Pag. 5
 
  Sono stati, quindi, importati dall'estero, oltre 60 milioni
  di quintali di massa legnosa "elementare"(*), nonostante la
  esistenza, la disponibilità reale in Italia, di oltre 630
  milioni di quintali, con un esborso valutario di miliardi
  585,731.
      I boschi cedui non utilizzati, inoltre, son divenuti
  boschi "selvaggi" invasi da un denso sottobosco infestante che
  costituisce - si ripete - una esca-bomba permanente per il
  fuoco, che devasta 50-60.000 ettari in media ogni anno: lo
  Stato spende decine di miliardi annui per lottare contro
  questa calamità - per l'80-90 per cento dolosa - ed
  altrettanti, se non di più, per la ricostituzione dei
  soprassuoli incendiati; senza calcolare, poi, i gravissimi
  danni di carattere idrogeologico e di alterazione ambientale
  (questi ultimi di carattere assolutamente temporaneo e della
  durata di tre-quattro mesi: i cedui, infatti, si
  ricostituiscono in breve tempo per effetto della rinnovazione
  agamica)(*).
      Si deve anche rilevare che per produrre i 60 milioni di
  quintali importati avrebbero trovato occupazione migliaia di
  lavoratori concentrati nelle zone interne del Paese,
  attenuando in tal modo l'abbandono, l'esodo (che purtroppo è
  sempre in atto).
      Urge, pertanto, la valorizzazione dei boschi cedui prima
  che diventi troppo tardi sia attraverso la normalizzazione
  delle utilizzazioni a fine turno alle età previste dalle
  vigenti prescrizioni di massima e di Polizia forestale (PMPF)
  sia mediante la esecuzione di interventi colturali come
  innanzi indicati.
      Provvedimenti - occorre dire - già sanciti da oltre un
  quarantennio con la legge 14 dicembre 1955, n. 1318
  (Provvidenze per la trasformazione dei boschi cedui), che
  prevedeva un contributo del 66 per cento per ettaro nonché una
  esenzione tributaria per 25 anni; legge provvida, mai
  abrogata, ma purtroppo applicata in misura molto modesta per
  vari motivi, non ultimo la scarsa dotazione finanziaria.
  5. -  Proposta di intervento organico di restauro dei
  boschi cedui sul territorio nazionale.
      Ma cosa significa restaurare un bosco ceduo oppure un
  bosco ad alto fusto?
      Per cedui si tratta di effettuare degli interventi di
  miglioramento sui soprassuoli che hanno una età compresa - in
  genere - fra i 15 ed i 30 anni (ma anche oltre), consistenti
  in:
        ripulitura del sottobosco invadente ed infestante,
  causa prima degli incendi;
        sfollo o dirado dei polloni(*) derivanti dalla
  rinnovazione agamica delle ceppaie, tagliando ed asportando
  tutti i soggetti deformi, guasti, aduggiati, comunque in
  pessime condizioni vegetative e privi di avvenire; di contro
  saranno riservati dal taglio tutti i migliori polloni, sia su
  ceppaia che provenienti da seme, in ragione di 1800-2500 per
  ettaro, destinati a costituire i nuovi soprassuoli da
  governare ad alto fusto con i conseguenti trattamenti
  tecnico-silvocolturali stabiliti per le varie specie;
        allestimento e depezzamento dei materiali di
  risulta;
  (*) Vedere vocabolario terminologico in appendice.
 
                               Pag. 6
 
        esbosco - fino all'imposto(*) - che è il posto di
  carico raggiungibile dagli automezzi per il carico e trasporto
  fino ai luoghi di commercializzazione; per facilitare le
  operazioni di esbosco particolare importanza assumono le piste
  di esbosco esistenti o da aprire per l'occasione;
        per i boschi ad alto fusto valgono le stesse
  operazioni, precisando che gli interventi sono costituiti dai
  diradamenti del soprassuolo, costituito da piante tutte
  provenienti da seme, con fusto unico.
      Il tutto dovrà essere realizzato in base a progetti
  esecutivi, uno per ogni bosco, redatti da tecnici forestali ed
  approvati dal Corpo forestale dello Stato, che dovrà anche
  provvedere al collaudo su relazione e stato finale del
  direttore dei lavori.
      In merito alle previsioni di intervento organico
  contenute nella documentazione allegata alla proposta di legge
  riteniamo:
        "dispersivo" questo lungo periodo operativo che non si
  concilia - o mal si concilia - con la urgente necessità di
  affrontare con estrema decisione il problema che ormai si
  trascina insoluto da troppi decenni;
        non sopportabile - per il momento attuale - la spesa
  ventennale di 15.000 miliardi per il bilancio nazionale;
        opportuno quindi ri-determinare tempi di esecuzione
  ragionevolmente più brevi.
      La nostra proposta o, se preferiamo, ipotesi di lavoro
  è:
          a)  ridurre la superficie dei boschi cedui da
  migliorare dai 3 milioni di ettari (81 per cento) - in
  considerazione che non tutti i cedui esistenti (ettari
  3.673.600) sono suscettibili di interventi colturali concreti
  e forieri di avvenire - a 2 milioni di ettari - pari al 54 per
  cento circa - intervenendo sui migliori e più sicuri
  soprassuoli;
          b)  limitare a 10 anni il periodo di intervento
  più realisticamente realizzabile in ragione di ettari
  200.000/anno che - divisi per 20 regioni - saranno operativi
  per 10.000 ettari/anno per ogni regione e in rapporto al
  numero delle province interesseranno quasi tutta la
  popolazione, rendendo possibile e certa una occupazione
  provinciale durevolmente prolungata;
          c)  determinare in una media di lire 4
  milioni/ettaro il costo unitario dell'intervento che -
  all'attualità - è compreso tra i 4 ed i 5 milioni per ettaro;
  ne consegue che per i 2.000.000 di ettari della ridotta
  superficie di intervento occorrerà una spesa di 800
  miliardi/anno e - per un decennio - di 8.000 miliardi (contro
  i 750 miliardi/anno ed i 15.000 complessivi in 20 anni di cui
  ai 3.000.000 di ettari totali);
          d)  ipotizzare, inoltre, modalità di intervento
  più economiche di tipo "aziendalista" che, come vedremo in
  seguito, uniscano ridotti
     (*) Vedere vocabolario terminologico in appendice.
 
                               Pag. 7
 
  costi di restauro a significativi contributi all'occupazione
  in particolare giovanile.
      Questa proposta di prudenziale limitazione ad intervenire
  soltanto sul 54 per cento della superficie a ceduo comporterà
  un più alto grado di fattibilità; l'attività operativa e,
  quindi, occupazionale, interesserà per 10 anni tutte le
  regioni con le relative province; in linea esecutiva le
  regioni potranno, poi, precisare con piani regionali, le zone
  d'intervento per provincia e per comune o comunità montana.
  6. -  I costi del restauro boschivo.
      Quanti e quali sono i costi di restauro di un bosco?
      Variano da bosco a bosco, e dipendono da una serie di
  fattori "specifici" quali:
        ubicazione orografica dei soprassuoli;
        altitudine;
        esposizione;
        acclività della pendice;
        specie - età - densità (colma, normale, rada) -
  sviluppo e stato vegetativo;
        viabilità di accesso fino all'imposto;
        quantità - e qualità - degli assortimenti legnosi
  ritraibili dall'intervento colturale di miglioramento;
        natura dei terreni;
        altre condizioni.
      Ad esempio, l'analisi dei costi di un restauro approvata
  dalla regione Emilia-Romagna, per il 1997, prevede:
          a)  ripulitura ceppaie dai polloni aduggiati,
  secchi e dai rami ingombranti:
          motosega   ore 20   Lire  6.500    130.000;
          operaio qualificato   ore 40  Lire 23.690
  947.600;
          b)  taglio, sramatura, pezzatura tronchi con
  diametro superiore ai 7 centimetri, in toppi da ml 1,1:
          motosega   ore 45   Lire  6.500    292.500;
          operaio specializzato   ore 95   Lire    25.350
  2.408.250;
          c)  accatastamento sommario legna allestita in
  luoghi idonei e pulitura carrarecce;
          operaio comune   ore 70  Lire 21.850    1.529.500;
                          Totale per ettaro   5.308.000;
      (per informazione, dalla regione Piemonte si assicurano
  costi più contenuti, intorno ai 3,5-3,7 milioni per
  ettaro).
 
                               Pag. 8
 
  7. -  I ricavi da legna prodotta dal restauro
  boschivo.
      Si intende per prezzo di macchiatico - Pm - "il prezzo di
  mercato del legname in piedi nel bosco, equivalente, cioè, al
  prezzo di mercato diminuito di tutte le spese di produzione e
  ad essa afferenti: taglio, allestimento, esbosco, trasporto,
  interessi e rischi del capitale, margine di impresa".
      Molto spesso - considerata la povertà degli assortimenti
  prodotti - il Pm è negativo (le spese superano i ricavi):
  concausa principale, questa, della non utilizzazione dei
  boschi cedui, insieme ad altre di cui si dirà in seguito.
      I prezzi di macchiatico sono caratterizzati, per le cure
  colturali indicate, da una diffusa negatività.
      Negli ambienti tecnici forestali è da sempre ben nota la
  non economicità della esecuzione di queste "cure" che ha
  determinato, nei trascorsi decenni, il progressivo abbandono
  di questo specifico intervento di coltura dei boschi, attesa
  la impossibilità - tranne qualche eccezione - dei proprietari
  pubblici e privati - di anticipare le spese occorrenti,
  stimate in lire 4-5.000.000/ettaro come visto in
  precedenza.
      Tanto giustifica l'assoluta necessità della concessione
  di congrue agevolazioni da parte dello Stato-regione: in
  mancanza, i boschi cedui continueranno a deteriorarsi, gli
  incendi avranno sempre via libera, l'ambiente subirà
  alterazioni di carattere permanente.
      I prezzi di macchiatico differiscono - tanto o meno - da
  bosco a bosco, e possono essere determinati soltanto con una
  particolare tecnica estimativa forestale rappresentata
  dall'analisi dei prezzi; nel caso - non molto frequente - di
  prezzi di macchiatico attivi, questi dovranno essere detratti
  dalle spese nel caso si intendesse usufruire delle
  agevolazioni pubbliche.
      Si può comunque cominciare col definire un ricavo massimo
  ed un ricavo minimo.
      Premesso che dallo sfoltimento di un ettaro di ceduo di
  faggio si possono ottenere, nelle migliori condizioni, 400
  quintali di legna, l'incasso sarà di (quintali 400x9000) lire
  3.600.000, come massimo.
      Nelle condizioni peggiori - cedui di lecci carpini e
  misti - si potrà disporre di 150 quintali di legna per ettaro,
  pertanto l'incasso sarà di (quintali 150x7000) lire 1.050.000,
  come minimo.
  8. -  Quadro dei costi, dei ricavi e della
  occupazione.
      Per determinare costi, ricavi, numero di operatori
  necessari e conseguente nuova occupazione ipotizzata si
  possono assumere valori e parametri "tradizionali"
  consolidati, come ad esempio:
          a)  da ogni ettaro restaurato si ottengono 140
  quintali di legna;
          b)  per restaurare un ettaro di bosco occorrono 50
  giorni di lavoro;
          c)  in ogni anno i giorni lavorativi sono 150.
 
                               Pag. 9
 
      Le superfici annue regionali di intervento, con la stima
  delle rese, dei tempi e degli addetti, sono riportate nella
  tabella seguente(4):
                      ...  (omissis) ...
     (4) Fonte:  Dr. N. Malandrino, consulente tecnico forestale
  di Federlegno.
 
                              Pag. 10
 
  da cui deriva la proiezione, largamente indicativa dei
  conseguenti costi, ricavi, esigenze finanziarie nette
  annue:
        ricavi per vendita legname lire 8.000xquintali
  26.675.000=213,4 miliardi;
        costo del lavoro necessario lire
  20.000.000(*)x65.854=1.317,1 miliardi.
      L'analisi della tabella risultante dai parametri
  tradizionali assunti evidenzia dati generali di estremo
  interesse:
        costi: come già anticipato, il restauro dei boschi
  cedui si conferma dal punto di vista strettamente economico
  come attività che non realizza un equilibrio tra i costi e i
  ricavi, soprattutto se i ricavi sono limitati alla vendita
  della legna di risulta;
          è comunque un primo passo importante aver
  quantificato tali costi ed avere evidenziato che esistono
  anche i ricavi, verificando quindi che siano realisticamente
  sostenibili, in caso di attivazione di adeguate fonti
  finanziarie regionali, nazionali e comunitarie, già
  disponibili;
        ricavi: la riduzione dello squilibrio tra i costi e i
  ricavi si ottiene agendo sui ricavi secondo due direttrici:
          1) sviluppare all'interno del bosco restaurato
  attività connesse al tempo libero/turismo;
          2) valorizzare i benefìci per la collettività indotti
  dal restauro dei boschi:
            2.1) riduzione del rischio di incendi: devono
  correttamente essere considerati "ricavi" le riduzioni
  progressive (per effetto del restauro dei boschi) dei costi
  oggi sostenuti dalla comunità per lo spegnimento degli incendi
  e il ripristino delle condizioni naturali precedenti;
            2.2) riduzione del rischio idrogeologico: allo
  stesso modo devono essere correttamente considerati "ricavi"
  le progressive riduzioni (per effetto del restauro dei boschi)
  dei costi oggi sostenuti dalle comunità per fronteggiare i
  danni provocati da frane, smottamenti, allagamenti.
      Tale valorizzazione "a ricavi" implica una adeguata
  sensibilizzazione dell'opinione pubblica e del Governo sul
  progetto di restauro dei boschi non solo come vera e grande
  opportunità sociale ma anche economica e soprattutto
  occupazionale.
      Registriamo comunque, in questa sede, come i ricavi di
  vendita della legna di risulta costituiscono il nucleo base,
  l'aggancio al mercato e la misura di un lavoro vero di
  un'attività, il restauro dei boschi che deve essere
  imprenditoriale.
        Occupazione: i dati della tabella sono chiari sulle
  opportunità di impiego soprattutto giovanile vero, sicuro e
  stabile nel tempo.
      Il problema è attivare immediatamente i fondi regionali,
  nazionali e comunitari disponibili per avviare il progetto e
  con esso, da subito, la prevista occupazione.
     (*) In proporzione ai ridotti giorni/anno.
 
                              Pag. 11
 
      Si può allora ipotizzare un altro approccio al problema,
  un approccio, come si diceva, di tipo "aziendalistico".
  Pensare cioè che il restauro boschivo sia affidato, almeno in
  parte, ad un insieme di piccole imprese costituite  ad
  hoc,  secondo un modello sperimentato ed efficace, quello
  della Società per l'imprenditorialità giovanile spa, che opera
  con successo da 12 anni nella creazione di microimprese,
  gestendo i fondi e il pacchetto di servizi (tutoraggio)
  previsti dalla legge n. 44 del 1986, ora legge n. 95 del 1995,
  e dalla legge n. 236 del 1993 (specifica per iniziative
  sull'ambiente e il turismo).
      La Società per l'imprenditorialità giovanile spa ha il
  know how,  la struttura organizzativa e le risorse per
  stimolare l'interesse dei giovani delle aree boschive (in
  genere depresse), per valutare le singole iniziative
  nell'ambito del progetto complessivo e, inoltre, per scovare,
  attivare e impegnare i citati fondi disponibili.
      Con il consenso dei soggetti coinvolti (Governo,
  Ministeri, enti locali, Società per l'imprenditorialità
  giovanile spa, Federlegno), è quindi possibile rendere
  operativo in tempi brevi il progetto di restauro boschivo sul
  territorio nazionale.
  9. -  Simulazione di un'ipotesi specifica: il conto
  economico di una piccola iniziativa di restauro boschivo in
  Emilia-Romagna.
      Per rendere più avvicinabile il precedente quadro di
  sintesi, e soprattutto per far capire ai giovani (disoccupati)
  quale opportunità si presenti loro, costruiamo assieme
  un'ipotesi, specifica e realistica, di piccola iniziativa
  "tipo" di restauro boschivo.
      La vogliamo immaginare in Emilia-Romagna, una regione con
  una densità boschiva media in percentuale, ma di buona qualità
  e che ha già effettuato le prime sperimentazioni nel restauro
  forestale (ad esempio a Borgotaro, sull'Appennino
  parmense).
      Un gruppetto di giovani che hanno voglia di inventarsi un
  lavoro "vero" va a trattare, in ambito provinciale, con
  provincia, comuni e privati proprietari di boschi cedui.
      E' ipotizzabile ottengano senza difficoltà e rapidamente
  (almeno dai privati, la grande maggioranza dei proprietari) di
  poter effettuare il restauro dei boschi con l'accordo di
  potersi tenere e vendere la legna di risulta; a costo zero,
  resta a questi ultimi un bosco pulito e mantenuto per almeno
  10 anni!
      Allora si fa un piccolo  business plan  della loro
  iniziativa: eccone dati e risultati:
  CONTO ECONOMICO DI UNA INIZIATIVA GIOVANILE DI RESTAURO
            BOSCHIVO NELLA REGIONE EMILIA-ROMAGNA
  a)  Dati e parametri:
      tempo necessario per restaurare un ettaro: giorni 30;
      superficie annua restaurabile  pro capite  (giorni
  210:30): ettari 7;
      costo annuo di un operaio direttamente produttivo: lire
  35.000.000;
 
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      costo per ettaro dell'utilizzo/ammortamento di macchinari
  ed attrezzi (roncole-accette-motosega-trattore): lire
  500.000;
      ricavo per ettaro di vendita del legname preparato
  ("cippato"): lire 3.000.000;
      numero soci direttamente operativi di una cooperativa:
  9;
      potenzialità annua di restauro boschivo (ettari 7 x 9op):
  ettari 63.
  b)  Ipotesi di conto economico su base annua:
      ricavi per vendita "cippato" (Lire 3.000.000 x ettari
  63): lire 189.000.000;
      costo del personale (lire 35.000.000x9): lire
  315.000.000;
      costo utilizzo/ammortamento attrezzi (lire 500.000 x 63
  ettari): lire 31.500.000;
      spese generali: lire 10.000.000;
      risultato di gestione: lire 167.500.000.
      Quindi più del 50 per cento dei costi è coperto dalla
  attività economica di vendita del legname, (rispetto a 1/6
  dell'approccio "tradizionale").
      Da un altro punto di vista, possiamo dire che l'utilizzo
  di mini aziende cooperative simili a quella ipotizzata riduce
  il costo del restauro di un ettaro di bosco non coperto dai
  ricavi della vendita del legname a lire 167.500.000: 63
  ettari) poco più di lire 2.500.000 per ettaro o, se vogliamo,
  che la creazione di un posto di lavoro di alto valore
  ecologico ed ambientale costa meno di lire 19.000.000
  all'anno!
      D'altro canto si evidenzia subito la necessità
  dell'attivazione di fonti finanziarie integrative e del
  ricorso a strumenti specifici di agevolazioni per gli
  start-up.
      A questo proposito, come abbiamo già visto, la Società
  per l'imprenditorialità giovanile spa può essere in grado di
  attivare rapidamente e gestire fondi regionali, nazionali e
  comunitari, oltre a quelli della legge n. 95 del 1995 e della
  legge n. 236 del 1993 (specifica per iniziative sull'ambiente
  e il turismo).
      La piccola iniziativa di restauro boschivo in Emilia ha,
  quindi, trovato il  partner  per avviarsi in tempi brevi e
  con passo sicuro.
      Con l'assistenza di un tecnico forestale i giovani
  mettono a punto il piano di restauro del bosco, si attrezzano
  di roncola, accetta, motosega e di un piccolo trattore in
  grado di trainare una cippatrice(*); questi piccoli
  investimenti consentono di sfibrare la legna di risulta per
  fornire direttamente il cippato(*) (maggior valore aggiunto e
  minore ingombro) ai produttori di pannelli truciolari.
      Cominciano a lavorare e lavoreranno per 10 anni, bene e
  senza soluzione di continuità, nella loro terra e facendo
  qualche cosa che oltre a sostentarli decorosamente è di grande
  utilità per l'equilibrio ambientale, l'assetto idrogeologico e
  il turismo locali.
     (*) Vedere vocabolario terminologico in appendice.
 
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      Adesso, generalizziamo il ragionamento, per vedere quali
  sono risultati e gli effetti del meccanismo di intervento che
  abbiamo proposto, prima a livello regionale, poi a livello
  nazionale.
       IPOTESI DI INTERVENTO DI RESTAURO BOSCHIVO NELLA
                    REGIONE EMILIA-ROMAGNA
  a)  Dati e parametri:
      superficie di intervento totale: ettari 151.630;
      superficie di intervento annuale (nell'ipotesi, esaminata
  in precedenza, di un piano di intervento decennale): ettari
  15.163;
      superficie annua restaurabile  pro capite:  ettari
  7;
      costo residuo (al netto ricavi vendita legname) restauro
  per ettaro: lire 2.500.000;
      resa di legname per ettaro restaurato: quintali 140.
  b)  Regione Emilia-Romagna:
      numero operatori/nuova occupazione annua indotta dal
  restauro (15.163:7): 2.166 nuovi posti di lavoro;
      durata minima "garantita" dell'occupazione: 10 anni;
      costo residuo annuo del restauro (lire 2.500.000 x ettari
  15.163): 38 miliardi di lire;
      costo netto totale per restaurare l'intero territorio
  boschivo scaglionato in 10 anni: 480 miliardi di lire;
      produzione annua di legname (quintali 140 x ettari
  15.163): quintali 2.122.820.
      Vediamo adesso, cosa succederebbe se fosse possibile
  "esplodere" il meccanismo delle giovani imprese su l'intero
  territorio nazionale.
         PROIEZIONE SULL'INTERO TERRITORIO NAZIONALE
      Superficie totale da restaurare: ettari 2.000.000;
      superficie annua da restaurare (per 10 anni): ettari
  200.000;
      nuova occupazione indotta (200.000:7): 28.571 nuovi posti
  di lavoro;
      costo netto totale annuo del restauro (lire
  2.500.000 x ettari 200.000): 500 miliardi;
      costo del restauro dell'intero territorio boschivo
  italiano: 5.000 miliardi;
 
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      produzione annua di legname (quintali 140 x ettari
  200.000): quintali 28.000.000.
      Se confrontiamo l'approccio "aziendalistico"
  all'approccio "tradizionale" rileviamo che:
        il primo ha un costo netto inferiore per la
  collettività (500 miliardi/anno, contro oltre 1.100
  miliardi;
        fornisce meno giornate di lavoro/uomo, ma crea nuove
  aziende;
        è, quindi, conveniente e opportuno integrare i due
  approcci, utilizzare insieme i due strumenti;
        sia l'attivazione dell'uno che dell'altro, comunque,
  consentirebbe di scambiare 600 miliardi di importazioni
  inutili (vedi pagina 5) con decine di migliaia di posti di
  lavoro, per giovani in regioni spesso con drammatici problemi
  occupazionali.
  Vocabolario terminologico di settore.
      1. - fustaia (o bosco ad alto fusto): bosco le cui
  piante, nate da seme per disseminazione naturale delle piante
  mature (=rinnovazione gamica), sono destinate a crescere ad
  alto fusto;
      2. - bosco ceduo: bosco che si rinnova per riproduzione
  agamica (=facoltà delle ceppaie di latifoglie di emettere,
  dopo il taglio, rigogliosi polloni provenienti da gemme
  proventizie (dormienti) esistenti sulla ceppaia stessa);
      3. - bosco ceduo semplice: è un bosco che viene
  utilizzato periodicamente (in genere, e a seconda delle
  specie, fra i 6-8 anni ed i 24-25 anni) a taglio raso senza
  riservare alcuna pianta;
      4. - bosco ceduo matricinato o composto: è un ceduo che,
  all'atto del taglio, non viene utilizzato a raso ma restano
  escluse dal taglio - e quindi riservate - un certo numero di
  "matricine": piante, cioè, destinate a crescere ad alto fusto
  per la produzione di legname da opera oppure a fornire una
  disseminazione naturale necessaria per sostituire le ceppaie
  che si esauriscono con il trascorrere degli anni;
      5. - "elementare": è la produzione di legna per
  combustibile, il prodotto più "elementare", più semplice,
  impiegato per riscaldamento fin dai primordi della vita umana:
  è costituito dalla produzione legnosa proveniente dal taglio
  dei boschi cedui e dai residui della utilizzazione dei boschi
  ad alto fusto; questo materiale è rappresentato da legna da
  ardere e fasciname (destinato anche alla produzione di carbone
  vegetale e carbonella), nonché - da alcuni decenni - alla
  produzione di:
      6. - cippato: legno ridotto in particelle con l'impiego
  di macchine apposite (cippatrici) che lo triturano per
  produrre "pannelli" di vario tipo e dimensione (truciolari,
  eccetera);
      7. - ceppaia: è la parte basale del fusto dotato di
  apparato radicale: dopo il taglio emette i polloni indicati al
  punto 2.
 
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