| Il "restauro" dei boschi cedui:
un'opportunità per l'ambiente e l'occupazione
(pre-progetto)
1. - Premessa.
L'Italia, com'è noto, non dispone di molte materie prime
necessarie alla sua intensa attività di trasformazione
industriale; possiede, però, tra quelle disponibili, una
grande risorsa naturale rappresentata dal patrimonio
forestale, esteso su una superficie di ettari 8.675.000 pari
al 28,8, per cento della superficie territoriale (superficie
forestale molto vicina alla media degli altri Paesi
europei).
Tale patrimonio è costituito da ettari 2.178.000 (circa
il 25 per cento) di foreste governate ad alto fusto(*) (o
fustaie) e da ettari 3.673.800 (circa il 42 per cento) di
boschi cedui(*), mentre ettari 2.822.400 (circa il 33 per
cento) sono coperti da formazioni forestali particolari
(macchia mediterranea, eccetera) di modesto valore economico
ma di rilevantissima valenza ecologica ed ambientale.
In merito alla qualità di questo "manto verde", le
conifere (resinose) sono rappresentate per il 16 per cento, le
latifoglie per l'80 per cento e le formazioni particolari per
il 4 per cento.
La provvigione legnosa media per unità di superficie
(cioè la massa legnosa esistente su ogni ettaro) è di metri
cubi 183 nelle fustaie, e di metri cubi 90 nei boschi cedui
(uguale al 50 per cento della prima), cui corrisponde un
incremento annuo di 30 milioni di metri cubi su tutta la
superficie forestale; in particolare, l'incremento medio annuo
nelle fustaie supera i 5-6 metri cubi anno/ettaro, mentre nei
boschi cedui è di circa metri cubi 3,5.
Di qui lo slogan che afferma: l'Italia non è un
Paese povero di boschi, ma un Paese ricco di boschi poveri.
In termini di proprietà detto patrimonio appartiene ai
privati per oltre il 65 per cento, ai comuni ed altri enti per
circa il 30 per cento, allo Stato-regioni per il residuo 5 per
cento.
2. - La produzione legnosa nazionale.
La produzione annua in termini di massa legnosa è
compresa fra 8 e 9 milioni di metri cubi (per circa il 52 per
cento di legname da opera, cioè da lavorazione, ed il 48 per
cento per legna da ardere), e rappresenta appena il 25 per
(1) Fonte: Inventario Forestale Nazionale del 1985-87
redatto dal Corpo forestale dello Stato.
(*) Vedere vocabolario terminologico in appendice..
Pag. 3
cento circa del fabbisogno annuo: talché la intensa attività
di trasformazione della avanzatissima industria nazionale del
legno deve ricorrere alla importazione del 75 per cento circa
di materia prima legno con un esborso valutario annuale di ben
7.000 miliardi da oltre 50 Paesi europei, nonché dell'Africa,
Asia, Americhe.
Di contro l'industria nazionale del legno ha fatturato
nel 1996 61.000 miliardi, con un export di 18.000
miliardi, generando un saldo attivo di 11.500 miliardi, e
consolidando, inoltre, una indiscussa leadership
mondiale nel comparto mobili e arredamento.
3. - La non utilizzazione dei boschi cedui.
Il limite più significativo del patrimonio forestale
nazionale resta pur sempre il mancato miglioramento dei boschi
cedui: il problema ormai si dibatte da vari decenni ma non
ancora è stato concretamente affrontato, nonostante i tanti
convegni, studi, tavole rotonde e le leggi emanate nel corso
degli anni.
Inizia purtroppo già ben prima degli anni '70 l'abbandono
di questo tipo di bosco, abbandono principalmente connesso
all'esodo progressivo di oltre 10 milioni di italiani dalla
collina e dalla montagna, man mano inurbatisi a seguito del
"miracolo economico" e della industrializzazione del Paese.
Questa migrazione, quindi, ha comportato una sempre più
accentuata non utilizzazione dei boschi cedui, talché
l'Accademia nazionale di agricoltura, Bologna, in un Convegno
del 1979 sul Miglioramento dei boschi cedui italiani
stimava che nel ventennio 1955-1975 la massa legnosa
accumulatasi in tali soprassuoli ammontava a circa 22 milioni
di metri cubi (pari a circa 154 milioni di quintali di legna)
così distribuiti:
Italia nord-occidentale metri cubi 4.600.000-21 per cento;
Italia orientale metri cubi 3.150.000-14 per cento;
Italia centrale metri cubi 8.100.000-37 per cento;
Italia meridionale metri cubi 4.600.000-21 per cento;
Italia insulare metri cubi 1.550.000-7 per cento.
Nel ventennio successivo, cioè dal 1976 al 1996, secondo
recenti rilevazioni di prossima pubblicazione, persistendo la
non utilizzazione dei boschi cedui, tale massa legnosa si è
più che quadruplicata ed ha raggiunto circa 90 milioni di
metri cubi (pari a circa 630 milioni di quintali) che, in base
alle attuali tendenze di mercato, sarebbero destinabili a:
per il 50 per cento circa: triturazione (per pannelli
truciolari);
per il 30 per cento circa: legna da ardere;
(2) Fonte: FEDERLEGNO-ARREDO 1997..
Pag. 4
per il 20 per cento circa: legname piccola industria
(paleria* varia minore) oppure per la produzione di energia
termica o - eventualmente - elettrica.
La stessa Accademia indicava quindi tre fondamentali
soluzioni o destinazioni almeno per i prossimi 15 anni (a
partire dai 1979):
la conversione ad alto fusto ed a ceduo composto(*);
i tagli nei cedui normalmente utilizzati ed in parte di
quelli invecchiati;
il riposo nei rimanenti, eseguendo su questa parte,
opere di miglioramento, almeno per quelli la cui utilizzazione
è prevedibile a più lungo termine, ovvero il loro avviamento
ad alto fusto dopo un quindicennio.
Con questi indirizzi sarebbe stato possibile prevedere,
in un quindicennio, la conversione ad alto fusto o a ceduo
composto di circa 300.000 ettari.
Nessuna di queste pur limitate previsioni è stata
realizzata e con il trascorrere degli anni il problema si è
ingigantito fino ad assumere i preoccupanti aspetti
attuali.
4. - Le importazioni di materia prima legno.
Nonostante questa immensa disponibilità di materiale
legnoso (povero sì, ma indispensabile, ad esempio, per la
produzione di pannelli truciolari), che peraltro, da circa un
trentennio, costituisce una perfetta esca (una bomba!) per gli
incendi boschivi - sono stati importati i seguenti
quantitativi di legna da ardere e prodotti affini:
... (omissis) ...
(3) In prevalenza limitati al faggio ed al cerro.
(*) Vedere vocabolario terminologico in appendice.
Pag. 5
Sono stati, quindi, importati dall'estero, oltre 60 milioni
di quintali di massa legnosa "elementare"(*), nonostante la
esistenza, la disponibilità reale in Italia, di oltre 630
milioni di quintali, con un esborso valutario di miliardi
585,731.
I boschi cedui non utilizzati, inoltre, son divenuti
boschi "selvaggi" invasi da un denso sottobosco infestante che
costituisce - si ripete - una esca-bomba permanente per il
fuoco, che devasta 50-60.000 ettari in media ogni anno: lo
Stato spende decine di miliardi annui per lottare contro
questa calamità - per l'80-90 per cento dolosa - ed
altrettanti, se non di più, per la ricostituzione dei
soprassuoli incendiati; senza calcolare, poi, i gravissimi
danni di carattere idrogeologico e di alterazione ambientale
(questi ultimi di carattere assolutamente temporaneo e della
durata di tre-quattro mesi: i cedui, infatti, si
ricostituiscono in breve tempo per effetto della rinnovazione
agamica)(*).
Si deve anche rilevare che per produrre i 60 milioni di
quintali importati avrebbero trovato occupazione migliaia di
lavoratori concentrati nelle zone interne del Paese,
attenuando in tal modo l'abbandono, l'esodo (che purtroppo è
sempre in atto).
Urge, pertanto, la valorizzazione dei boschi cedui prima
che diventi troppo tardi sia attraverso la normalizzazione
delle utilizzazioni a fine turno alle età previste dalle
vigenti prescrizioni di massima e di Polizia forestale (PMPF)
sia mediante la esecuzione di interventi colturali come
innanzi indicati.
Provvedimenti - occorre dire - già sanciti da oltre un
quarantennio con la legge 14 dicembre 1955, n. 1318
(Provvidenze per la trasformazione dei boschi cedui), che
prevedeva un contributo del 66 per cento per ettaro nonché una
esenzione tributaria per 25 anni; legge provvida, mai
abrogata, ma purtroppo applicata in misura molto modesta per
vari motivi, non ultimo la scarsa dotazione finanziaria.
5. - Proposta di intervento organico di restauro dei
boschi cedui sul territorio nazionale.
Ma cosa significa restaurare un bosco ceduo oppure un
bosco ad alto fusto?
Per cedui si tratta di effettuare degli interventi di
miglioramento sui soprassuoli che hanno una età compresa - in
genere - fra i 15 ed i 30 anni (ma anche oltre), consistenti
in:
ripulitura del sottobosco invadente ed infestante,
causa prima degli incendi;
sfollo o dirado dei polloni(*) derivanti dalla
rinnovazione agamica delle ceppaie, tagliando ed asportando
tutti i soggetti deformi, guasti, aduggiati, comunque in
pessime condizioni vegetative e privi di avvenire; di contro
saranno riservati dal taglio tutti i migliori polloni, sia su
ceppaia che provenienti da seme, in ragione di 1800-2500 per
ettaro, destinati a costituire i nuovi soprassuoli da
governare ad alto fusto con i conseguenti trattamenti
tecnico-silvocolturali stabiliti per le varie specie;
allestimento e depezzamento dei materiali di
risulta;
(*) Vedere vocabolario terminologico in appendice.
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esbosco - fino all'imposto(*) - che è il posto di
carico raggiungibile dagli automezzi per il carico e trasporto
fino ai luoghi di commercializzazione; per facilitare le
operazioni di esbosco particolare importanza assumono le piste
di esbosco esistenti o da aprire per l'occasione;
per i boschi ad alto fusto valgono le stesse
operazioni, precisando che gli interventi sono costituiti dai
diradamenti del soprassuolo, costituito da piante tutte
provenienti da seme, con fusto unico.
Il tutto dovrà essere realizzato in base a progetti
esecutivi, uno per ogni bosco, redatti da tecnici forestali ed
approvati dal Corpo forestale dello Stato, che dovrà anche
provvedere al collaudo su relazione e stato finale del
direttore dei lavori.
In merito alle previsioni di intervento organico
contenute nella documentazione allegata alla proposta di legge
riteniamo:
"dispersivo" questo lungo periodo operativo che non si
concilia - o mal si concilia - con la urgente necessità di
affrontare con estrema decisione il problema che ormai si
trascina insoluto da troppi decenni;
non sopportabile - per il momento attuale - la spesa
ventennale di 15.000 miliardi per il bilancio nazionale;
opportuno quindi ri-determinare tempi di esecuzione
ragionevolmente più brevi.
La nostra proposta o, se preferiamo, ipotesi di lavoro
è:
a) ridurre la superficie dei boschi cedui da
migliorare dai 3 milioni di ettari (81 per cento) - in
considerazione che non tutti i cedui esistenti (ettari
3.673.600) sono suscettibili di interventi colturali concreti
e forieri di avvenire - a 2 milioni di ettari - pari al 54 per
cento circa - intervenendo sui migliori e più sicuri
soprassuoli;
b) limitare a 10 anni il periodo di intervento
più realisticamente realizzabile in ragione di ettari
200.000/anno che - divisi per 20 regioni - saranno operativi
per 10.000 ettari/anno per ogni regione e in rapporto al
numero delle province interesseranno quasi tutta la
popolazione, rendendo possibile e certa una occupazione
provinciale durevolmente prolungata;
c) determinare in una media di lire 4
milioni/ettaro il costo unitario dell'intervento che -
all'attualità - è compreso tra i 4 ed i 5 milioni per ettaro;
ne consegue che per i 2.000.000 di ettari della ridotta
superficie di intervento occorrerà una spesa di 800
miliardi/anno e - per un decennio - di 8.000 miliardi (contro
i 750 miliardi/anno ed i 15.000 complessivi in 20 anni di cui
ai 3.000.000 di ettari totali);
d) ipotizzare, inoltre, modalità di intervento
più economiche di tipo "aziendalista" che, come vedremo in
seguito, uniscano ridotti
(*) Vedere vocabolario terminologico in appendice.
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costi di restauro a significativi contributi all'occupazione
in particolare giovanile.
Questa proposta di prudenziale limitazione ad intervenire
soltanto sul 54 per cento della superficie a ceduo comporterà
un più alto grado di fattibilità; l'attività operativa e,
quindi, occupazionale, interesserà per 10 anni tutte le
regioni con le relative province; in linea esecutiva le
regioni potranno, poi, precisare con piani regionali, le zone
d'intervento per provincia e per comune o comunità montana.
6. - I costi del restauro boschivo.
Quanti e quali sono i costi di restauro di un bosco?
Variano da bosco a bosco, e dipendono da una serie di
fattori "specifici" quali:
ubicazione orografica dei soprassuoli;
altitudine;
esposizione;
acclività della pendice;
specie - età - densità (colma, normale, rada) -
sviluppo e stato vegetativo;
viabilità di accesso fino all'imposto;
quantità - e qualità - degli assortimenti legnosi
ritraibili dall'intervento colturale di miglioramento;
natura dei terreni;
altre condizioni.
Ad esempio, l'analisi dei costi di un restauro approvata
dalla regione Emilia-Romagna, per il 1997, prevede:
a) ripulitura ceppaie dai polloni aduggiati,
secchi e dai rami ingombranti:
motosega ore 20 Lire 6.500 130.000;
operaio qualificato ore 40 Lire 23.690
947.600;
b) taglio, sramatura, pezzatura tronchi con
diametro superiore ai 7 centimetri, in toppi da ml 1,1:
motosega ore 45 Lire 6.500 292.500;
operaio specializzato ore 95 Lire 25.350
2.408.250;
c) accatastamento sommario legna allestita in
luoghi idonei e pulitura carrarecce;
operaio comune ore 70 Lire 21.850 1.529.500;
Totale per ettaro 5.308.000;
(per informazione, dalla regione Piemonte si assicurano
costi più contenuti, intorno ai 3,5-3,7 milioni per
ettaro).
Pag. 8
7. - I ricavi da legna prodotta dal restauro
boschivo.
Si intende per prezzo di macchiatico - Pm - "il prezzo di
mercato del legname in piedi nel bosco, equivalente, cioè, al
prezzo di mercato diminuito di tutte le spese di produzione e
ad essa afferenti: taglio, allestimento, esbosco, trasporto,
interessi e rischi del capitale, margine di impresa".
Molto spesso - considerata la povertà degli assortimenti
prodotti - il Pm è negativo (le spese superano i ricavi):
concausa principale, questa, della non utilizzazione dei
boschi cedui, insieme ad altre di cui si dirà in seguito.
I prezzi di macchiatico sono caratterizzati, per le cure
colturali indicate, da una diffusa negatività.
Negli ambienti tecnici forestali è da sempre ben nota la
non economicità della esecuzione di queste "cure" che ha
determinato, nei trascorsi decenni, il progressivo abbandono
di questo specifico intervento di coltura dei boschi, attesa
la impossibilità - tranne qualche eccezione - dei proprietari
pubblici e privati - di anticipare le spese occorrenti,
stimate in lire 4-5.000.000/ettaro come visto in
precedenza.
Tanto giustifica l'assoluta necessità della concessione
di congrue agevolazioni da parte dello Stato-regione: in
mancanza, i boschi cedui continueranno a deteriorarsi, gli
incendi avranno sempre via libera, l'ambiente subirà
alterazioni di carattere permanente.
I prezzi di macchiatico differiscono - tanto o meno - da
bosco a bosco, e possono essere determinati soltanto con una
particolare tecnica estimativa forestale rappresentata
dall'analisi dei prezzi; nel caso - non molto frequente - di
prezzi di macchiatico attivi, questi dovranno essere detratti
dalle spese nel caso si intendesse usufruire delle
agevolazioni pubbliche.
Si può comunque cominciare col definire un ricavo massimo
ed un ricavo minimo.
Premesso che dallo sfoltimento di un ettaro di ceduo di
faggio si possono ottenere, nelle migliori condizioni, 400
quintali di legna, l'incasso sarà di (quintali 400x9000) lire
3.600.000, come massimo.
Nelle condizioni peggiori - cedui di lecci carpini e
misti - si potrà disporre di 150 quintali di legna per ettaro,
pertanto l'incasso sarà di (quintali 150x7000) lire 1.050.000,
come minimo.
8. - Quadro dei costi, dei ricavi e della
occupazione.
Per determinare costi, ricavi, numero di operatori
necessari e conseguente nuova occupazione ipotizzata si
possono assumere valori e parametri "tradizionali"
consolidati, come ad esempio:
a) da ogni ettaro restaurato si ottengono 140
quintali di legna;
b) per restaurare un ettaro di bosco occorrono 50
giorni di lavoro;
c) in ogni anno i giorni lavorativi sono 150.
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Le superfici annue regionali di intervento, con la stima
delle rese, dei tempi e degli addetti, sono riportate nella
tabella seguente(4):
... (omissis) ...
(4) Fonte: Dr. N. Malandrino, consulente tecnico forestale
di Federlegno.
Pag. 10
da cui deriva la proiezione, largamente indicativa dei
conseguenti costi, ricavi, esigenze finanziarie nette
annue:
ricavi per vendita legname lire 8.000xquintali
26.675.000=213,4 miliardi;
costo del lavoro necessario lire
20.000.000(*)x65.854=1.317,1 miliardi.
L'analisi della tabella risultante dai parametri
tradizionali assunti evidenzia dati generali di estremo
interesse:
costi: come già anticipato, il restauro dei boschi
cedui si conferma dal punto di vista strettamente economico
come attività che non realizza un equilibrio tra i costi e i
ricavi, soprattutto se i ricavi sono limitati alla vendita
della legna di risulta;
è comunque un primo passo importante aver
quantificato tali costi ed avere evidenziato che esistono
anche i ricavi, verificando quindi che siano realisticamente
sostenibili, in caso di attivazione di adeguate fonti
finanziarie regionali, nazionali e comunitarie, già
disponibili;
ricavi: la riduzione dello squilibrio tra i costi e i
ricavi si ottiene agendo sui ricavi secondo due direttrici:
1) sviluppare all'interno del bosco restaurato
attività connesse al tempo libero/turismo;
2) valorizzare i benefìci per la collettività indotti
dal restauro dei boschi:
2.1) riduzione del rischio di incendi: devono
correttamente essere considerati "ricavi" le riduzioni
progressive (per effetto del restauro dei boschi) dei costi
oggi sostenuti dalla comunità per lo spegnimento degli incendi
e il ripristino delle condizioni naturali precedenti;
2.2) riduzione del rischio idrogeologico: allo
stesso modo devono essere correttamente considerati "ricavi"
le progressive riduzioni (per effetto del restauro dei boschi)
dei costi oggi sostenuti dalle comunità per fronteggiare i
danni provocati da frane, smottamenti, allagamenti.
Tale valorizzazione "a ricavi" implica una adeguata
sensibilizzazione dell'opinione pubblica e del Governo sul
progetto di restauro dei boschi non solo come vera e grande
opportunità sociale ma anche economica e soprattutto
occupazionale.
Registriamo comunque, in questa sede, come i ricavi di
vendita della legna di risulta costituiscono il nucleo base,
l'aggancio al mercato e la misura di un lavoro vero di
un'attività, il restauro dei boschi che deve essere
imprenditoriale.
Occupazione: i dati della tabella sono chiari sulle
opportunità di impiego soprattutto giovanile vero, sicuro e
stabile nel tempo.
Il problema è attivare immediatamente i fondi regionali,
nazionali e comunitari disponibili per avviare il progetto e
con esso, da subito, la prevista occupazione.
(*) In proporzione ai ridotti giorni/anno.
Pag. 11
Si può allora ipotizzare un altro approccio al problema,
un approccio, come si diceva, di tipo "aziendalistico".
Pensare cioè che il restauro boschivo sia affidato, almeno in
parte, ad un insieme di piccole imprese costituite ad
hoc, secondo un modello sperimentato ed efficace, quello
della Società per l'imprenditorialità giovanile spa, che opera
con successo da 12 anni nella creazione di microimprese,
gestendo i fondi e il pacchetto di servizi (tutoraggio)
previsti dalla legge n. 44 del 1986, ora legge n. 95 del 1995,
e dalla legge n. 236 del 1993 (specifica per iniziative
sull'ambiente e il turismo).
La Società per l'imprenditorialità giovanile spa ha il
know how, la struttura organizzativa e le risorse per
stimolare l'interesse dei giovani delle aree boschive (in
genere depresse), per valutare le singole iniziative
nell'ambito del progetto complessivo e, inoltre, per scovare,
attivare e impegnare i citati fondi disponibili.
Con il consenso dei soggetti coinvolti (Governo,
Ministeri, enti locali, Società per l'imprenditorialità
giovanile spa, Federlegno), è quindi possibile rendere
operativo in tempi brevi il progetto di restauro boschivo sul
territorio nazionale.
9. - Simulazione di un'ipotesi specifica: il conto
economico di una piccola iniziativa di restauro boschivo in
Emilia-Romagna.
Per rendere più avvicinabile il precedente quadro di
sintesi, e soprattutto per far capire ai giovani (disoccupati)
quale opportunità si presenti loro, costruiamo assieme
un'ipotesi, specifica e realistica, di piccola iniziativa
"tipo" di restauro boschivo.
La vogliamo immaginare in Emilia-Romagna, una regione con
una densità boschiva media in percentuale, ma di buona qualità
e che ha già effettuato le prime sperimentazioni nel restauro
forestale (ad esempio a Borgotaro, sull'Appennino
parmense).
Un gruppetto di giovani che hanno voglia di inventarsi un
lavoro "vero" va a trattare, in ambito provinciale, con
provincia, comuni e privati proprietari di boschi cedui.
E' ipotizzabile ottengano senza difficoltà e rapidamente
(almeno dai privati, la grande maggioranza dei proprietari) di
poter effettuare il restauro dei boschi con l'accordo di
potersi tenere e vendere la legna di risulta; a costo zero,
resta a questi ultimi un bosco pulito e mantenuto per almeno
10 anni!
Allora si fa un piccolo business plan della loro
iniziativa: eccone dati e risultati:
CONTO ECONOMICO DI UNA INIZIATIVA GIOVANILE DI RESTAURO
BOSCHIVO NELLA REGIONE EMILIA-ROMAGNA
a) Dati e parametri:
tempo necessario per restaurare un ettaro: giorni 30;
superficie annua restaurabile pro capite (giorni
210:30): ettari 7;
costo annuo di un operaio direttamente produttivo: lire
35.000.000;
Pag. 12
costo per ettaro dell'utilizzo/ammortamento di macchinari
ed attrezzi (roncole-accette-motosega-trattore): lire
500.000;
ricavo per ettaro di vendita del legname preparato
("cippato"): lire 3.000.000;
numero soci direttamente operativi di una cooperativa:
9;
potenzialità annua di restauro boschivo (ettari 7 x 9op):
ettari 63.
b) Ipotesi di conto economico su base annua:
ricavi per vendita "cippato" (Lire 3.000.000 x ettari
63): lire 189.000.000;
costo del personale (lire 35.000.000x9): lire
315.000.000;
costo utilizzo/ammortamento attrezzi (lire 500.000 x 63
ettari): lire 31.500.000;
spese generali: lire 10.000.000;
risultato di gestione: lire 167.500.000.
Quindi più del 50 per cento dei costi è coperto dalla
attività economica di vendita del legname, (rispetto a 1/6
dell'approccio "tradizionale").
Da un altro punto di vista, possiamo dire che l'utilizzo
di mini aziende cooperative simili a quella ipotizzata riduce
il costo del restauro di un ettaro di bosco non coperto dai
ricavi della vendita del legname a lire 167.500.000: 63
ettari) poco più di lire 2.500.000 per ettaro o, se vogliamo,
che la creazione di un posto di lavoro di alto valore
ecologico ed ambientale costa meno di lire 19.000.000
all'anno!
D'altro canto si evidenzia subito la necessità
dell'attivazione di fonti finanziarie integrative e del
ricorso a strumenti specifici di agevolazioni per gli
start-up.
A questo proposito, come abbiamo già visto, la Società
per l'imprenditorialità giovanile spa può essere in grado di
attivare rapidamente e gestire fondi regionali, nazionali e
comunitari, oltre a quelli della legge n. 95 del 1995 e della
legge n. 236 del 1993 (specifica per iniziative sull'ambiente
e il turismo).
La piccola iniziativa di restauro boschivo in Emilia ha,
quindi, trovato il partner per avviarsi in tempi brevi e
con passo sicuro.
Con l'assistenza di un tecnico forestale i giovani
mettono a punto il piano di restauro del bosco, si attrezzano
di roncola, accetta, motosega e di un piccolo trattore in
grado di trainare una cippatrice(*); questi piccoli
investimenti consentono di sfibrare la legna di risulta per
fornire direttamente il cippato(*) (maggior valore aggiunto e
minore ingombro) ai produttori di pannelli truciolari.
Cominciano a lavorare e lavoreranno per 10 anni, bene e
senza soluzione di continuità, nella loro terra e facendo
qualche cosa che oltre a sostentarli decorosamente è di grande
utilità per l'equilibrio ambientale, l'assetto idrogeologico e
il turismo locali.
(*) Vedere vocabolario terminologico in appendice.
Pag. 13
Adesso, generalizziamo il ragionamento, per vedere quali
sono risultati e gli effetti del meccanismo di intervento che
abbiamo proposto, prima a livello regionale, poi a livello
nazionale.
IPOTESI DI INTERVENTO DI RESTAURO BOSCHIVO NELLA
REGIONE EMILIA-ROMAGNA
a) Dati e parametri:
superficie di intervento totale: ettari 151.630;
superficie di intervento annuale (nell'ipotesi, esaminata
in precedenza, di un piano di intervento decennale): ettari
15.163;
superficie annua restaurabile pro capite: ettari
7;
costo residuo (al netto ricavi vendita legname) restauro
per ettaro: lire 2.500.000;
resa di legname per ettaro restaurato: quintali 140.
b) Regione Emilia-Romagna:
numero operatori/nuova occupazione annua indotta dal
restauro (15.163:7): 2.166 nuovi posti di lavoro;
durata minima "garantita" dell'occupazione: 10 anni;
costo residuo annuo del restauro (lire 2.500.000 x ettari
15.163): 38 miliardi di lire;
costo netto totale per restaurare l'intero territorio
boschivo scaglionato in 10 anni: 480 miliardi di lire;
produzione annua di legname (quintali 140 x ettari
15.163): quintali 2.122.820.
Vediamo adesso, cosa succederebbe se fosse possibile
"esplodere" il meccanismo delle giovani imprese su l'intero
territorio nazionale.
PROIEZIONE SULL'INTERO TERRITORIO NAZIONALE
Superficie totale da restaurare: ettari 2.000.000;
superficie annua da restaurare (per 10 anni): ettari
200.000;
nuova occupazione indotta (200.000:7): 28.571 nuovi posti
di lavoro;
costo netto totale annuo del restauro (lire
2.500.000 x ettari 200.000): 500 miliardi;
costo del restauro dell'intero territorio boschivo
italiano: 5.000 miliardi;
Pag. 14
produzione annua di legname (quintali 140 x ettari
200.000): quintali 28.000.000.
Se confrontiamo l'approccio "aziendalistico"
all'approccio "tradizionale" rileviamo che:
il primo ha un costo netto inferiore per la
collettività (500 miliardi/anno, contro oltre 1.100
miliardi;
fornisce meno giornate di lavoro/uomo, ma crea nuove
aziende;
è, quindi, conveniente e opportuno integrare i due
approcci, utilizzare insieme i due strumenti;
sia l'attivazione dell'uno che dell'altro, comunque,
consentirebbe di scambiare 600 miliardi di importazioni
inutili (vedi pagina 5) con decine di migliaia di posti di
lavoro, per giovani in regioni spesso con drammatici problemi
occupazionali.
Vocabolario terminologico di settore.
1. - fustaia (o bosco ad alto fusto): bosco le cui
piante, nate da seme per disseminazione naturale delle piante
mature (=rinnovazione gamica), sono destinate a crescere ad
alto fusto;
2. - bosco ceduo: bosco che si rinnova per riproduzione
agamica (=facoltà delle ceppaie di latifoglie di emettere,
dopo il taglio, rigogliosi polloni provenienti da gemme
proventizie (dormienti) esistenti sulla ceppaia stessa);
3. - bosco ceduo semplice: è un bosco che viene
utilizzato periodicamente (in genere, e a seconda delle
specie, fra i 6-8 anni ed i 24-25 anni) a taglio raso senza
riservare alcuna pianta;
4. - bosco ceduo matricinato o composto: è un ceduo che,
all'atto del taglio, non viene utilizzato a raso ma restano
escluse dal taglio - e quindi riservate - un certo numero di
"matricine": piante, cioè, destinate a crescere ad alto fusto
per la produzione di legname da opera oppure a fornire una
disseminazione naturale necessaria per sostituire le ceppaie
che si esauriscono con il trascorrere degli anni;
5. - "elementare": è la produzione di legna per
combustibile, il prodotto più "elementare", più semplice,
impiegato per riscaldamento fin dai primordi della vita umana:
è costituito dalla produzione legnosa proveniente dal taglio
dei boschi cedui e dai residui della utilizzazione dei boschi
ad alto fusto; questo materiale è rappresentato da legna da
ardere e fasciname (destinato anche alla produzione di carbone
vegetale e carbonella), nonché - da alcuni decenni - alla
produzione di:
6. - cippato: legno ridotto in particelle con l'impiego
di macchine apposite (cippatrici) che lo triturano per
produrre "pannelli" di vario tipo e dimensione (truciolari,
eccetera);
7. - ceppaia: è la parte basale del fusto dotato di
apparato radicale: dopo il taglio emette i polloni indicati al
punto 2.
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