| Onorevoli Deputati! - Il presente decreto-legge è diretto
a reiterare il decreto-legge 26 febbraio 1996, n. 76,
finalizzato al risanamento ed al riordinamento della
concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo che, come
già rilevato nella relazione illustrativa del decreto-legge 30
dicembre 1993, n.558, presenta una situazione di rilevante
squilibrio economico-finanziario, oltreché organizzativo, con
perdite stimate, al 31 dicembre 1993, in lire 560 miliardi.
Il provvedimento prevede che, entro tre mesi (articolo 1)
dalla data della sua entrata in vigore, il consiglio di
amministrazione della RAI-S.p.a. rediga un dettagliato piano
triennale di ristrutturazione da trasmettere al Ministro delle
poste e delle telecomunicazioni per l'approvazione, di
concerto con il Ministro del tesoro.
In particolare, il provvedimento prevede la modifica
dell'articolo 4 della legge 25 giugno 1993, n.206, per ciò che
concerne la data entro la quale sarà stipulata la nuova
convenzione tra lo Stato e la RAI-S.p.a., fissando il termine
del 31 marzo 1994.
La predetta convenzione, di durata ventennale (articolo
6), sarà integrata da un contratto di servizio di durata
triennale, ove troveranno determinazione l'ammontare del
canone di concessione ed i criteri per l'adeguamento del
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canone di abbonamento, basati questi ultimi su parametri di
produttività, su obiettivi di qualità dei servizi e sul tasso
di inflazione programmata.
Per l'anno 1995 il canone di abbonamento è confermato in
lire 158.000. Inoltre si provvede a rendere immediatamente
operativa la previsione di incremento del canone per gli
abbonati alla Radiotelevisione italiana relativamente all'anno
1996, previsione contenuta nella bozza di contratto di
servizio con la RAI per il triennio 1994-1996, con effetto
soltanto per il 1996.
Dato, infatti, che il procedimento per la relativa
approvazione prevede una serie di numerose fasi fino alla
registrazione del relativo decreto presidenziale, non era
possibile rendere operativa la nuova misura del canone fin dal
1^ gennaio 1996. Tanto avrebbe poi comportato, a contratto
approvato e registrato, un nuovo versamento da parte degli
abbonati per integrare l'importo del canone effettivamente
dovuto nel 1996.
D'altro canto, non sarebbe nemmeno possibile usare il
potere ministeriale di fissazione provvisoria dell'aumento
sulla base della metà dell'inflazione programmata, in quanto
tale misura è consentita unicamente in caso di disaccordo tra
le parti, laddove la bozza concordata dimostra il
contrario.
L'entità dell'aumento è del 2,3 per cento del canone
previsto per il 1995 ossia al di sotto dell'inflazione
programmata (3,5 per cento) e ben di più di quella reale
(circa 6 per cento). La percentuale indicata equivale - tenuto
conto dei complicati meccanismi di computo di sovrapprezzi,
tasse di concessione e IVA - ad un importo "chiavi in mano" di
lire 161.450.
L'incremento decretato alla fine del 1994 fu di poco
inferiore. Ma è da notare che, in sede di proposta del
ripetuto contratto di servizio, a fronte del nuovo aumento
sono previsti, a differenza che nel 1995, notevoli oneri a
carico della concessionaria: percentualizzazione elevata, fino
al 62 per cento, del nucleo principale della missione
appartenente al servizio pubblico (formazione, informazione e
cultura); aumento della copertura del territorio; incremento
dei servizi prestati ai disabili, incremento degli obblighi di
sperimentazione del cosiddetto DAB, ossia del servizio
radiofonico digitale; concreto avvio di un servizio
parlamentare; accesso ai canali satellitari anche in forma
codificata ma senza alcun introito; individuazione di elevati
livelli di produttività, di cui di fatto si è tenuto conto per
stabilire il canone sulla base del metodo price-cap
(articolo 1, comma 3).
Il decreto stabilisce altresì (articoli 2 e 3) la
rideterminazione dei valori iscritti nel bilancio della RAI e
nei bilanci delle sue controllate, per consentire alla RAI
stessa la copertura delle accennate perdite, nonché l'apporto
di nuovo capitale di rischio in un quadro di massima
trasparenza.
La prevista cessione alla Cassa depositi e prestiti dei
crediti dello Stato (articolo 4, comma 1) per i canoni di
concessione relativi agli esercizi 1992 e 1993 e la successiva
conversione in capitale della RAI dei crediti medesimi
(articolo 4, comma 2) rappresentano il contributo dello Stato
alla ricapitalizzazione dell'azienda, operazione questa
necessaria al riequilibrio della sua struttura finanziaria e
di per sé pertinente alle finalità istituzionali delle
partecipazioni della Cassa depositi e prestiti. La conversione
dei crediti ceduti alla Cassa depositi e prestiti viene
effettuata su autorizzazione del Ministro del tesoro, il quale
emana il provvedimento sulla base di un rapporto predisposto
dal direttore generale della Cassa depositi e prestiti,
diretto ad illustrare lo stato patrimoniale e le prospettive
di riequilibrio economico e finanziario della gestione
aziendale della RAI. Quale termine per la conclusione della
predetta operazione, rispetto alla quale l'autorizzazione
ministeriale costituisce presupposto essenziale, è indicata la
data del 31 agosto 1995.
A far data dalla suddetta conversione dei crediti ceduti
alla Cassa depositi e prestiti in capitale, è inoltre prevista
(articolo 7) la partecipazione del direttore generale della
Cassa depositi e prestiti alle riunioni del consiglio di
amministrazione della RAI, convocato mensilmente per la
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verifica sullo stato di avanzamento del piano triennale di
ristrutturazione aziendale di cui all'articolo 1. Il predetto
direttore generale informa con apposita relazione i Presidenti
delle Camere ed il Presidente del Consiglio dei Ministri.
Il controllo della gestione sociale della RAI (articolo 8)
è affidato ad un collegio sindacale ridotto a tre membri
rispetto ai cinque attuali.
Nella nuova composizione, il presidente del collegio
sindacale è il direttore generale dell'IRI, un sindaco
effettivo ed uno supplente sono designati dal Ministro del
tesoro, un sindaco effettivo ed uno supplente sono designati
dal Ministro delle poste e delle telecomunicazioni.
In attesa della completa realizzazione da parte della RAI
di una rete radiofonica riservata esclusivamente a
trasmissioni relative ai lavori parlamentari, è prevista
(articolo 9) la stipula di una convenzione di durata triennale
(1994-1996) con un concessionario scelto sulla base di
appositi ed obiettivi criteri selettivi.
Il previsto onere, pari a lire 10 miliardi annui, è posto
a carico del bilancio dello Stato.
Per gli anni 1994 e 1995 (articolo 10), il decreto fissa
il canone di concessione a carico della RAI in lire 40
miliardi annui con una riduzione, quindi, di lire 120 miliardi
rispetto all'ammontare già previsto nel bilancio dello Stato
per gli stessi esercizi.
L'articolo 11, infine, introduce un controllo più incisivo
da parte dell'apposito Ufficio, per contrastare l'omesso
versamento da parte degli utenti del canone di abbonamento
alla RAI.
L'articolo 12, infine, prevede l'inquadramento, a domanda,
nei ruoli del Ministero delle poste e delle telecomunicazioni
del personale dell'Ente poste italiane che sia stato applicato
ad attività di competenza del Dicastero e, conseguentemente,
l'incremento della tabella A allegata al decreto-legge n. 487
del 1993, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 71 del
1994.
In particolare il comma 6 del medesimo articolo 12
autorizza l'Istituto postelegrafonici (subentrato dal 1^
settembre 1994 nelle competenze in materia pensionistica
relative al personale postelegrafonico, in precedenza
attribuite all'ex Amministrazione delle poste e delle
telecomunicazioni ed al Ministero del tesoro) ad attivare
progetti finalizzati ad un rapido smaltimento del fortissimo
arretrato, improvvisamente formatosi (circa 75.000 pratiche),
relativo ai provvedimenti di liquidazione e corresponsione di
pensioni e buonuscite a favore del predetto personale.
Infine, all'articolo 13 è stata inserita una disposizione
che consente esplicitamente ai direttori degli uffici
circoscrizionali del Ministero delle poste e delle
telecomunicazioni di acquisire le entrate relative agli atti
di gestione amministrativo-contabile di loro competenza,
risolvendo così un contrasto interpretativo insorto con la
Corte dei conti.
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