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Testi integrali degli Atti Parlamentari della XIII Legislatura

Documento


65270
DDL5514-0002
Progetto di legge Camera n. 5514 - testo presentato - (DDL13-5514)
(suddiviso in 9 Unità Documento)
Unità Documento n.2 (che inizia a pag.1 dello stampato)
...C5514. TESTIPDL
...C5514.
RELAZIONE
ZZDDL ZZDDLC ZZNONAV ZZDDLC5514 ZZ13 ZZRL ZZPR
     Onorevoli Colleghi! - Il quadro normativo entro il
  quale operano le case da gioco sul territorio nazionale è
  costituito dalle norme del codice penale (articoli 718-722),
  che puniscono il gioco d'azzardo.  Tuttavia, tre decreti-legge
  hanno autorizzato l'apertura di quattro case da gioco,
  rispettivamente nelle città di Sanremo (1927), Campione (1933)
  e Venezia (1936), mentre un atto del presidente della giunta
  regionale della Valle D'Aosta del 1946 ha autorizzato
  l'apertura del  casinò  di Saint Vincent.  Tutti e quattro
  i citati provvedimenti sono stati adottati senza un'espressa
  deroga al codice penale.  Le autorizzazioni sono state
  rilasciate in favore di organi amministrativi a cui è stata
  concessa la facoltà dell'apertura di case da gioco in singoli
  comuni.  Il caso di Taormina, dove il  casinò  è stato
  aperto e chiuso (sentenza della Corte di cassazione n. 1964
  del 1966) conferma come la legislazione in materia di
  istituzione delle case da gioco, nelle quali è autorizzato lo
  svolgimento del gioco d'azzardo, sia fortemente restrittiva e
  non esista nel nostro Paese una normativa generale che ne
  regolamenti l'apertura, come avviene in quasi tutti gli altri
  Paesi dell'Unione europea.
     D'altra parte va rilevato come gli italiani siano un
  popolo di giocatori se si considera che nei giochi leciti sono
  stati spesi un totale di lire 15.250 miliardi nel 1995, 17.800
  nel 1996, 21.281 nel 1997 <dati fonte Associazione italiana
  incremento turistico (ANIT)>, suddivisi tra Totocalcio, Lotto,
  Totip, Lotterie, ENALOTTO, mentre il Ministero dell'interno ha
  stimato che nel gioco clandestino (totonero, bische ed altri)
  siano stati spesi oltre 27.000 miliardi di lire (secondo stime
 
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  risalenti al 1995).  E' bene tenere presente che i ricavi dei
  quattro  casinò  italiani ammontavano a circa 698 miliardi
  di lire nel 1996 (2.469.000 presenze) ed a oltre 654 miliardi
  di lire nel 1997 (2.474.316 presenze) e che essi impiegano
  circa 2.500 lavoratori, senza considerare quelli impegnati nei
  servizi in appalto.
     In Europa le case da gioco erano complessivamente 680 nel
  1996 e 693 nel 1997.  E' interessante fare un paragone con i
  principali Paesi europei, per quanto riguarda il numero di
  case da gioco aperte: in Francia sono 137, in Gran Bretagna
  124, in Germania 39, in Spagna 17.
     E' interessante anche rilevare alcuni dati sulle case da
  gioco italiane (Fonte ANIT):
         a)  il  casinò  di Venezia ha avuto introiti
  per 143 miliardi di lire nel 1996 (564.000 presenze) e per
  140,2 miliardi di lire nel 1997 (621.693 presenze), 400
  dipendenti circa;
         b)  il  casinò  di Saint Vincent ha avuto
  introiti per 253 miliardi di lire nel 1996 (1.120.000
  presenze) e per 198,5 miliardi di lire nel 1997 (1.059.000
  presenze), 1.100 dipendenti circa;
         c)  il  casinò  di campione, ha avuto introiti
  per 172 miliardi di lire nel 1996 (420.000 presenze) e per
  183,8 miliardi di lire nel 1997 (408.232 presenze), 450
  dipendenti circa;
         d)  il  casinò  di Sanremo ha avuto introiti
  per 130 miliardi di lire nel 1996 (365.000 presenze) e per
  131,7 miliardi di lire nel 1997 (385.391 presenze), 500
  dipendenti circa.
     Tra i comuni italiani aderenti all'ANIT ben venti si sono
  candidati all'apertura di una casa da gioco (Acqui Terme,
  Alghero, Anzio, Bagni di Lucca, Cortina d'Ampezzo, Gardone
  Riviera, Godiasco, Salice Terme, Grado, Lignano Sabbiadoro,
  Merano, Montecatini Terme, Rapallo, Riccione, San Pellegrino
  Terme, Sorrento, Stresa, Taormina, Viareggio).  Oltre a questi
  comuni, altri tre (Giulianova, Maratea, Scilla) chiedono
  l'autorizzazione ad aprire case da gioco.
     Nella presente legislatura sono state presentate numerose
  proposte di legge, la stragrande maggioranza delle quali volte
  ad istituire singole case da gioco in determinati comuni,
  altre volte a dettare norme generali per l'istituzione e
  l'esercizio delle case da gioco.  In ogni caso tutte le
  proposte di legge presentate tendono al superamento
  dell'attuale regime restrittivo in materia di apertura delle
  case da gioco per pervenire ad una nuova regolamentazione del
  settore.
     Per quanto riguarda la legislazione europea:
       in Francia la prima norma risale al 1907 ed ha subìto
  aggiornamenti nel corso degli anni.  L'autorizzazione
  all'apertura dei  casinò  è rilasciata dal Ministro
  dell'interno dopo attente indagini ed in considerazione di un
  capitolato di oneri molto rigido.  A sorvegliare il gioco
  legale, così come a reprimere quello clandestino, provvede la
  polizia dei giochi; un ulteriore controllo è esercitato da un
  ispettore del Ministero delle finanze, al quale i  casinò
  pagano regolarmente le loro imposte ogni quindici giorni;
       in Inghilterra il Parlamento ha varato nel 1968 una
  legge il cui scopo era quello di ridurre drasticamente il
  numero delle case da gioco.  Nel 1960 ne funzionavano infatti
  ben 1.126, nel 1975 ne rimasero 187.  E' stato creato un
  ufficio per il gioco al quale ogni proprietario di
  casinò  deve richiedere un certificato per poter poi
  ottenere la licenza delle autorità giudiziarie locali;
       in Austria le dodici case da gioco sono tutte gestite da
  Casinos  Austria, una società mista composta per un terzo
  dalla Zecca di Stato, per un terzo dalle banche (alcune delle
  quali pubbliche) e dalle compagnie finanziarie e per il resto
  da piccoli azionisti.  Opera in regime di concessione
  governativa e mediamente paga tasse per circa il 74 per cento
  degli introiti, i quali sono suddivisi tra Governo federale,
  regioni e comuni;
 
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       in Spagna nel 1977, dopo cinquantaquattro anni di
  divieto, il Governo ha liberalizzato il gioco e ha accordato
  diciotto licenze, diciassette delle quali sono state
  utilizzate.  Lo Stato pone a carico delle case da gioco tasse
  che vanno dal 15 al 50 per cento secondo l'ammontare delle
  entrate e restituisce una parte dei tributi alle
  amministrazioni comunali.  Inoltre limita al 25 per cento del
  capitale azionario la partecipazione di soggetti stranieri
  alla gestione.
     Anche in Italia lo Stato ha moltiplicato negli ultimi anni
  le più varie forme di gioco, rinnovando lotto, lotterie e lo
  stesso Totocalcio e introducendo nuove forme di gioco come il
  "gratta e vinci", il Superenalotto, per trarne proventi
  finanziari.
     E' d'altra parte controversa la questione se la presenza
  delle case da gioco dia impulso alla criminalità organizzata,
  come pare ritenere il Ministero dell'interno, visto che esiste
  comunque una diffusa industria del gioco clandestino, che
  costituisce un rilevante campo di attività per il crimine
  organizzato e per il riciclaggio del denaro sporco collegato
  ad operazioni illecite.  Non sarebbe dunque l'aumento del
  numero delle case da gioco a portare di per sé all'aumento
  della criminalità e del riciclaggio.  Certo va detto che la
  presenza di case da gioco comporta un maggiore impegno delle
  Forze dell'ordine sul territorio, particolarmente in relazione
  a fenomeni quali quelli dei cosiddetti "cambisti esterni",
  ovvero coloro che ad interessi variabili, spesso usurari,
  praticano il cambio di assegni e comunque accordano prestiti
  ai giocatori.  Anche per questo vanno combattute le proposte
  tendenti a privatizzare la proprietà dei  casinò,  per i
  rischi connessi alla probabile acquisizione degli stessi da
  parte della criminalità organizzata.  Inoltre nell'opinione
  pubblica il confine tra gioco d'azzardo, criminalità e
  riciclaggio del denaro sporco è vissuto come oggettivamente
  tenue ed è fonte di diffuse preoccupazioni.
     Da quanto fin qui enunciato emerge la complessità di un
  intervento legislativo, pur necessario.  La posizione più
  equilibrata e sostenibile è quella di quanti pensano ad una
  legge di regolamentazione e non di incentivazione del gioco
  d'azzardo: questo può e deve fare uno Stato che non rinunci a
  princìpi e valori etici e, nel contempo, non finga
  ipocritamente di non vedere che il gioco c'è, è diffuso, è per
  la gran parte clandestino e su di esso si fanno affari leciti
  e illeciti e si consumano altresì risorse e spesso drammi
  umani.  Si tratta di approvare una normativa quadro che indichi
  negli enti pubblici locali i soggetti ai quali per legge può
  essere concessa la facoltà di aprire una casa da gioco, mentre
  gli stessi enti locali potrebbero avvalersi della facoltà di
  affidare la gestione anche a soggetti privati.
     Alcuni princìpi di riferimento possono essere rinvenuti
  nella direttiva 75/368/CEE del Consiglio, del 16 giugno 1975,
  riguardo alle misure volte a favorire l'esercizio effettivo
  del diritto di stabilimento e di libera prestazione dei
  servizi per una serie di attività tra le quali anche quelle
  attinenti le case da gioco e che indica alcune caratteristiche
  equipollenti tra gli Stati membri da applicare sia ai
  lavoratori autonomi che ai dipendenti delle case da gioco (la
  verifica delle garanzie di onorabilità, la capacità
  finanziaria da parte del gestore della casa da gioco, le
  conoscenze e le attitudini professionali da parte degli
  addetti).
     La Corte costituzionale si è pronunciata in materia con
  sentenza n. 152 del 6 maggio 1985, invitando a definire una
  legislazione organica che razionalizzi il settore e lo faccia
  uscire dalla illegalità.  Va osservato che la mancata
  approvazione di una legge porterebbe prima o poi alla chiusura
  delle quattro case da gioco esistenti.  Regolamentazione
  significa anche verificare la possibilità di apertura di
  alcune case da gioco oltre a quelle esistenti, ispirandosi
  tuttavia a criteri di tipo aziendale, evitando di aprire un
  casinò  in ogni comune e tenendo conto di quanto
  evidenziato dallo stesso Ministro delle finanze che rileva
  giustamente la necessità di prevedere nuove sedi nei comuni
  dell'Italia centro-meridionale.
 
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     Vanno dunque individuati indirizzi, regole e controlli
  efficaci per quanto riguarda la trasparenza, la sicurezza,
  l'ordine pubblico, tenendo conto di come altri Paesi europei
  hanno già normato in modi diversi il settore.  Altri nodi da
  affrontare riguardano la proprietà, la gestione delle case da
  gioco e la ripartizione dei proventi in modo da assicurare
  entrate per i bilanci pubblici (Stato, regioni e comuni).
     Compito di chi si accinge a legiferare è quello di operare
  nell'interesse generale della comunità e non quello di
  considerare il proprio rapporto con il collegio elettorale:
  questa strada porterebbe a non fare nessuna legge, come del
  resto è già accaduto nelle passate legislature.
     La questione più rilevante da porsi nel predisporre una
  legge quadro di settore è quella relativa alle funzioni da
  mantenere in capo allo Stato e quelle che sarà possibile ed
  opportuno delegare alle regioni, tenendo in considerazione il
  fatto che gli altri Stati europei hanno regolamentato la
  materia a livello centrale e che, in generale, i giochi di
  qualunque tipo, in Italia, sono gestiti e regolamentati
  dall'Amministrazione centrale dello Stato.
     Le linee di fondo di una possibile normativa quadro di
  carattere innovativo, sono, a nostro avviso le seguenti:
       una programmazione degli insediamenti che tenga conto
  del mercato del lavoro e delle effettive opportunità di
  sviluppo turistico locali, attraverso una linea cauta e
  graduale di sperimentazione della linea di allargamento della
  rete esistente delle case da gioco.  Si deve considerare che è
  controversa la questione se esista un rapporto diretto tra
  sviluppo del turismo e presenza di una casa da gioco in un
  determinato territorio, anche se non v'è dubbio che
  determinati segmenti di domanda turistica cercano un'offerta
  di servizi di piacere sofisticata, che può essere
  rappresentata anche da una casa da gioco.  Tuttavia, esistono
  studiosi e tecnici del settore che contestano tale rapporto,
  soprattutto in relazione alla qualità di turismo che
  caratterizzerebbe la presenza di una casa da gioco, un turismo
  di tipo pendolare che non creerebbe un indotto turistico e
  quindi una ricchezza diffusa;
       un meccanismo perequativo su base nazionale che consenta
  la ripartizione di una quota degli utili delle case da gioco
  tra tutte le regioni italiane e che stabilisca una
  destinazione specifica delle risorse prodotte dal settore, ad
  esempio a favore dello sviluppo turistico anche delle zone e
  delle località sprovviste di case da gioco;
       la previsione dell'apertura di nuove sedi nel centro-sud
  ed in alcune località di particolare rilievo turistico nel
  nord, considerando la necessità di basare le nuove aperture su
  uno studio del bacino di utenza potenziale (capacità di
  reddito, potenzialità ricettive e turistiche, eccetera);
       enfatizzare nell'ambito della nuova normativa i
  controlli diretti a contrastare i fenomeni di usura e di
  riciclaggio che indubbiamente ruotano intorno all'attività dei
  casinò  anche attraverso l'istituzione di una sorta di
  nucleo specializzato di polizia, sulla scorta dell'esperienza
  francese precedentemente ricordata;
       affrontare la questione del trattamento fiscale delle
  attività delle case da gioco, delle vincite corrisposte ai
  giocatori ed il problema di una più precisa regolamentazione
  della tassazione delle mance ai  croupier;
       risolvere la questione non irrilevante della formazione
  del personale dei nuovi  casinò  e più in generale
  prendere in considerazione la possibilità di istituire elenchi
  professionali per alcune categorie di lavoratori dei
  casinò.
     In tale quadro, l'articolo 1 della presente proposta di
  legge stabilisce che finalità della legge è la disciplina
  dell'apertura di nuove case da gioco anche al fine di
  contrastare il gioco non autorizzato e clandestino.
     L'articolo 2 disciplina l'istituzione di nuove case da
  gioco sulla base di eventuali proposte formulate dalle regioni
  al Ministro dell'interno, il quale, con decreto, stabilisce il
  numero massimo di case da gioco che possono essere aperte sul
  territorio nazionale (non superiore a venti); il programma di
 
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  aperture dei tre anni successivi alla data di entrata in
  vigore della legge; i criteri per l'apertura comprese le
  disposizioni intese a garantire la tutela dell'ordine
  pubblico.
     L'articolo 3 disciplina l'autorizzazione alla apertura
  della casa da gioco, di durata decennale, da parte dei
  comuni.
     L'articolo 4 istituisce l'elenco nazionale dei gestori che
  devono possedere specifici requisiti, stabiliti con decreto
  del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro delle
  finanze, per l'esercizio e la gestione delle case da gioco.
     L'articolo 5 istituisce presso il Ministero dell'interno
  l'elenco nazionale dei  croupier.
     L'articolo 6 stabilisce che nell'ambito del Dipartimento
  della pubblica sicurezza dell'Amministrazione della pubblica
  sicurezza, sia istituita, con apposito decreto del Ministro
  dell'interno, la Direzione centrale per il controllo degli
  ippodromi e delle case da gioco, la quale istituisce un nucleo
  speciale di polizia composto da personale della Polizia di
  Stato, dell'Arma dei carabinieri e del Corpo della guardia di
  finanza, con compiti di prevenzione, di polizia giudiziaria e
  di informazione per il controllo degli ippodromi, delle case
  da gioco e di tutti i giochi autorizzati.
     L'articolo 7 stabilisce la data di entrata in vigore della
  legge.
 
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