| Onorevoli Colleghi! - L'evoluzione delle democrazie
contemporanee ha comportato l'emergere di nuovi problemi e di
nuove istanze, legate non soltanto al profilo
dell'organizzazione dei sistemi e degli ordinamenti
costituzionali, ma anche alla partecipazione dei cittadini
alla vita di tali sistemi. Da un lato, vi sono i Parlamenti
nazionali, che costituiscono le sedi della rappresentanza
popolare ed hanno assunto una serie di compiti e di funzioni
sempre crescente; dall'altro vi è il ruolo dei partiti
politici, che svolgono una essenziale funzione di
intermediazione tra i cittadini e le istituzioni
rappresentative, contribuendo ad organizzare la vita politica
dei sistemi democratici.
Per quanto concerne il nostro Paese, lo sviluppo dei
partiti politici ha subito un'evoluzione particolare,
caratterizzata dall'alternarsi di momenti di grande influenza
nella vita politica italiana, a momenti in cui essi si sono
collocati in una posizione più defilata all'interno del
contesto istituzionale. Tuttavia, è innegabile che il ruolo
dei partiti politici in Italia si è sempre svolto in linea con
quanto previsto dall'articolo 49 della nostra Carta
costituzionale, in base al quale "Tutti i cittadini hanno
diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere
con metodo democratico a determinare la politica
nazionale".
Proprio l'esigenza di garantire un metodo democratico
nella competizione politica, e di consentire la più ampia
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facoltà ai cittadini di associarsi in partiti, ha peraltro
comportato l'emergenza di una serie di "costi della politica",
legati alla necessità di dotare i partiti stessi di
un'organizzazione in grado di rispondere adeguatamente alle
istanze dei cittadini. La crescita dei costi, corrispondente
all'evoluzione delle società contemporanee, ha reso
indispensabile che la collettività si facesse carico di
sostenere, nella misura più idonea, parte di tali costi. Si è
così fatto ricorso a forme di finanziamento pubblico ai
partiti, che hanno funzionato discretamente fino al momento in
cui dovevano coprire esigenze e bisogni essenziali dei partiti
stessi. Tuttavia, quando tali forme di finanziamento hanno
cominciato ad assumere dimensioni significative, si è
sviluppata nel Paese una riflessione sulla necessità di
ripensare a forme di contribuzione statale ai partiti.
Il passaggio determinante del referendum abrogativo
e le leggi successive, che hanno tentato di individuare nuove
soluzioni provvisorie per sostituire le formule abrogate,
hanno reso improrogabile, oltre che urgente, una revisione
globale dei meccanismi di finanziamento della politica.
Tuttavia, nonostante la rilevanza della questione, da una
sostanziale situazione di stallo si è usciti soltanto due anni
fa, quando la legge n. 2 del 1997 ha fornito una soluzione
innovativa al problema: il finanziamento della politica è
stato collegato direttamente ai contributi volontari dei
cittadini che, attraverso la destinazione del quattro per
mille dell'imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF)
ai movimenti e partiti politici, possono esplicitamente
dichiarare la propria volontà di finanziare l'attività
politica.
Purtroppo, il sistema prescelto dal legislatore ha
presentato, nel corso dei primi due anni di vigenza, una serie
di problemi applicativi che non gli hanno consentito di
funzionare a regime, soprattutto a causa delle difficoltà di
istruire e di controllare, da parte dell'amministrazione
finanziaria, le dichiarazioni dei redditi dei contribuenti.
Tali difficoltà tecniche, che sono le uniche vere motivazioni
che stanno alla base della non operatività della legge, hanno
peraltro costituito, per molti, l'ennesima occasione per
portare un attacco frontale ai partiti di fronte all'opinione
pubblica.
Con la presente proposta di legge, presentata in ordine
alfabetico da un gruppo di parlamentari rappresentativi di un
ampio schieramento di forze politiche e movimenti si è dunque
ritenuto utile, anche per smorzare le polemiche legate ai
continui richiami propagandistici alla moralizzazione della
politica, promuovere l'abbandono definitivo del sistema
esistente e la sua sostituzione con una disciplina che,
collegando i contributi allo svolgimento delle campagne
elettorali, si propone di eliminare ogni forma di
finanziamento pubblico diretto ai partiti politici.
In tale senso, la presente proposta di legge intende
limitare i contributi esclusivamente alle spese sostenute dai
partiti nel corso delle campagne elettorali per il rinnovo del
Parlamento nazionale, di quello europeo e dei consigli
regionali, disponendo contemporaneamente l'abrogazione di
molti degli articoli della legge n. 2 del 1997; prevede
un'ultima applicazione transitoria (con il sistema
dell'anticipazione e della eventuale restituzione a conguaglio
delle somme in eccesso) in attesa della data di entrata in
vigore del nuovo regime.
In particolare, gli articoli 1 e 2 della presente proposta
di legge prevedono di attribuire ai partiti politici aventi
diritto, ai sensi della legislazione vigente (leggi n. 515 del
1993 e n. 43 del 1995), un rimborso per le predette spese,
attraverso la ripartizione di quattro fondi (facenti capo
rispettivamente alla Camera dei deputati, al Senato della
Repubblica, al Parlamento europeo e alle regioni). I fondi
sono pari alla somma risultante dalla moltiplicazione di 4.000
lire per ogni abitante della Repubblica e sono ripartiti sulla
base dei risultati elettorali conseguiti dai singoli partiti
come, peraltro, già prevedono le citate leggi n. 515 del 1993
e n. 43 del 1995. La presente proposta di legge collega
direttamente al voto dei cittadini il contributo per le spese
elettorali, creando anche una reale corrispondenza tra la
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volontà dell'elettore e la cifra complessivamente attribuita
al singolo partito. Sono inoltre previsti meccanismi per il
versamento rateizzato dei contributi (40 per cento del totale
il primo anno; 15 per cento annuo per il resto della
legislatura), che si interrompe in caso di scioglimento
anticipato di uno degli organi citati.
Con questa opzione, consentita dalle già citate leggi n.
515 del 1993 e n. 43 del 1995 non sottoposte a referendum
abrogativo, ci si mette esplecitamente sulla strada seguita
da altri Paesi, e in particolare dalla Germania, che prevede
un contributo annuo alle spese elettorali sostenute dai
partiti, nella misura di 1,30 DM per ogni voto valido
conseguito fino a 5 milioni di voti e di 1 DM per ogni voto
ulteriore ottenuto da ciascuna formazione nelle elezioni per
il Parlamento europeo, per il Bundesta e per i
Parlamenti dei Lander.
L'articolo 3 dispone poi un ampliamento della fascia di
riferimento per le erogazioni liberali a favore dei partiti,
soggette ad un particolare regime fiscale.
L'articolo 4 introduce ulteriori innovazioni dal punto di
vista della disciplina fiscale di alcune attività di movimenti
e partiti politici, disponendo anche una serie di agevolazioni
tariffarie e postali per lo svolgimento delle campagne
elettorali.
L'articolo 5, nel disporre un'applicazione provvisoria per
il 1999 delle disposizioni di cui alla legge n. 2 del 1997,
dispone altresì le modalità attraverso le quali i partiti o
movimenti politici, che per gli anni 1998 e 1999 abbiano
usufruito di un contributo maggiore rispetto a quello
realmente spettante, sono tenuti al conguaglio delle somme
ricevute. In particolare, si prevede che il Ministro del
tesoro, del bilancio e della programmazione economica, di
concerto con il Ministro delle finanze, adotti un piano di
ripartizione delle somme da conguagliare, determinando le
quote che i partiti saranno tenuti a versare ratealmente in
restituzione delle somme eventualmente ricevute in eccesso.
Proprio al fine di consentire una applicazione transitoria
ma trasparente della legge per il 1999, l'articolo 6 prevede
il rinnovo (facoltativo) delle dichiarazioni a favore dei
partiti o movimenti politici beneficiari dei contributi da
parte dei singoli parlamentari. Al fine di non ampliare oltre
misura l'estensione dei partiti beneficiari, è inoltre
stabilito che tali nuove dichiarazioni possano essere rese
soltanto a favore di partiti costituiti in gruppo politico in
una delle due Camere o in componente politica all'interno del
gruppo misto.
L'articolo 7, infine, prevede l'abrogazione del sistema di
contribuzione volontaria previsto dalla legge n. 2 del 1997,
di cui tuttavia è consentita l'applicazione transitoria, per
il solo anno 1999, ai sensi dell'articolo 6 della legge.
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