| Onorevoli Colleghi! - Tra i princìpi del giusto
processo, riconosciuti in tutti i Paesi democratici del mondo
occidentale, il più importante è quello dell'imparzialità del
giudice, al quale corrisponde il diritto del cittadino ad un
giudice terzo. Nel nostro ordinamento questo principio è
costantemente vulnerato a causa della commistione tra le
funzioni giudicanti e requirenti, che si è manifestata sia per
la frequente trasmigrazione dei pubblici ministeri nell'ambito
della magistratura giudicante o viceversa, sia per i poteri
decisionali che sono stati impropriamente riconosciuti al
pubblico ministero, con la possibilità di incidere sulla
libertà personale e di condizionare il giudice nell'adozione
dei provvedimenti cautelari e nella pronuncia delle sentenze.
Questo ha portato alla politicizzazione dei pubblici ministeri
ed al loro prevalere, anche in termini di rappresentanza
all'interno del Consiglio superiore della magistratura,
rispetto alla magistratura giudicante, sempre più negletta e
umiliata dallo strapotere dei pubblici ministeri.
La politicizzazione della giustizia è avvenuta attraverso
l'uso della custodia cautelare al fine di ottenere la
"collaborazione giudiziale", il tramutamento del "silenzio"
dell'indagato in presunzione di colpevolezza, con l'inversione
dell'onere della prova, l'uso indiscriminato e massiccio delle
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intercettazioni telefoniche ed ambientali e il fenomeno delle
polizie speciali parallele, largamente irresponsabili.
Lentamente si è formata una cultura della giurisdizione, non
sempre rispettosa delle regole dello Stato di diritto, che ha
consentito ad alcuni di parlare di via giudiziaria della
politica. Il problema riguarda una parte minoritaria, ma assai
potente e priva di ogni controllo, della magistratura
requirente. Si rende quindi necessaria l'adozione di un
provvedimento legislativo che, pur rispettoso dei princìpi
aventi dignità costituzionale, a garanzia dell'imparziale
espletamento della funzione giurisdizionale, assicuri
l'effettività della distinzione funzionale tra magistrato del
pubblico ministero e giudice.
La presente proposta di legge facilita l'adeguamento delle
norme ordinamentali interne ai princìpi del giusto processo,
consacrati anche a livello sovranazionale dall'articolo 14 del
Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici,
firmato a New York il 19 dicembre 1966 e reso esecutivo dalla
legge 25 ottobre 1977, n. 881, e dall'articolo 6 della
Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle
libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950 e resa
esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848. Resta ferma
l'inderogabilità dei princìpi di autonomia ed indipendenza
della magistratura requirente, della obbligatorietà
dell'esercizio dell'azione penale e di sottoposizione del
giudice soltanto alla legge.
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