| Onorevoli Colleghi! - La sentenza della Corte
costituzionale n. 361 del 1998, con la quale è stata
dichiarata la parziale illegittimità costituzionale di alcune
disposizioni del codice di procedura penale, e in particolare
degli articoli 513, comma 2, 210 e 238, comma 4, come
modificati dalla legge 7 agosto 1997, n. 267, impone un
intervento del legislatore in materia di acquisizione e
valutazione della prova.
L'estensione - alle persone indicate nell'articolo 210 del
codice di procedura penale nel caso in cui omettano in tutto o
in parte di rispondere su fatti concernenti responsabilità
altrui già oggetto di precedenti dichiarazioni - della
disciplina delle contestazioni prevista dai commi 2- bis
e 4 dell'articolo 500 comporta l'acquisizione probatoria di
dichiarazioni assunte al di fuori del dibattimento. Si tratta
di un'ulteriore e ampia deroga al principio della formazione
dibattimentale della prova, che costituisce (o meglio,
costituiva) uno dei punti qualificanti del nuovo processo
penale. Si tratta di una pronuncia che apre nel sistema
processuale penale varchi tali da rendere necessario un
intervento legislativo. E' questa una necessità esplicitamente
riconosciuta dalla stessa Corte costituzionale, laddove
richiama l'esigenza di tradurre i princìpi delineati nella
sentenza n. 361 del 1998 "in una appropriata formula
normativa".
La presente proposta di legge si muove in tale direzione,
recependo in gran parte le riflessioni e le indicazioni
formulate dall'Unione delle camere penali italiane. Essa
infatti prevede la modifica di talune norme del codice di
procedura penale in materia di acquisizione e valutazione
probatoria.
Gli articoli 1 e 2 introducono modifiche agli articoli 63
e 104 del codice di procedura penale, volte a rafforzare in
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genere le garanzie difensive, anche nella prospettiva di
rendere sempre più libera e consapevole ogni dichiarazione
dell'indagato o dell'imputato su fatti concernenti la
responsabilità altrui.
L'articolo 3 modifica il comma 3 dell'articolo 192 del
codice e l'articolo 8 introduce l'articolo 513- bis. Le
due norme mirano a ripristinare la distinzione fondamentale
tra ciò che costituisce prova in quanto oggetto di reale
contraddittorio (esame e controesame) e ciò che semmai può
solo costituire elemento di prova, in quanto raccolto
unilateralmente fuori del contraddittorio. In entrambi i casi
appare necessaria la cosiddetta " corroboration ", che non
può essere costituita da elementi della stessa natura e che,
di regola, deve essere costituita da prove e, solo nei casi
espressamente previsti dalla legge, da semplici elementi di
prova.
L'articolo 4 estende ai coimputati e alle persone di cui
all'articolo 210 la previsione del comma 1 dell'articolo 468,
in virtù della quale la parte che intende chiedere l'esame di
un teste, di un perito o di un consulente tecnico deve
previamente indicare, all'atto del deposito della lista, le
circostanze su cui verterà l'esame. Si tratta di una modifica
resa indispensabile, al fine di garantire l'effettività del
contraddittorio, dall'estensione, operata dalla sentenza n.
361 del 1998, del meccanismo delle contestazioni all'ipotesi
in cui il dichiarante ometta in tutto o in parte di rispondere
sulle circostanze già riferite durante le indagini.
L'uso a fini contestativi, nel senso indicato dalla Corte
costituzionale, delle dichiarazioni già rese deve essere poi
consentito non solo alla parte che ha chiesto la prova, ma
anche alle altre parti, sia a quelle che con la prima abbiano
un interesse comune (e che intendano svolgere anch'esse un
esame), sia a quelle che abbiano un interesse contrapposto (e
che intendano procedere al controesame). L'implicazione, alla
luce della citata sentenza della Corte costituzionale,
parrebbe ovvia, ma si stanno sviluppando prassi difformi,
sicché appare opportuno dettare un'esplicita previsione
normativa, (articolo 5).
L'articolo 6 della proposta di legge contiene alcune
modifiche all'articolo 500 del codice dirette a stimolare la
specificità delle contestazioni relativamente a quei "singoli
contenuti narrativi" cui allude la sentenza n. 361 del 1998.
Lo stesso articolo prevede, attraverso l'introduzione
dell'articolo 150- bis delle norme di attuazione, di
coordinamento e transitorie del codice di procedura penale,
approvate con decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, che
siano acquisite al fascicolo del dibattimento le sole
dichiarazioni effettivamente utilizzate per le
contestazioni.
L'articolo 7 recepisce, modificando il comma 2
dell'articolo 513 del codice, l'intervento additivo operato
dalla sentenza n. 361 del 1998, facendo comunque salvo in via
generale il diritto delle parti di formulare domande in sede
di esame e controesame.
L'articolo 8 prevede l'introduzione dell'articolo
513- bis del codice, al fine di dettare una disciplina
specifica per il caso in cui il silenzio del dichiarante sia
determinato da violenza, minaccia o corruzione.
Le disposizioni contenute nella presente proposta di legge
mirano dunque a ripristinare l'effettività del contraddittorio
e del principio per cui la prova si forma essenzialmente in
dibattimento, nell'auspicio che si possa porre un freno alla
vera e propria opera di demolizione del nuovo processo penale
posta in essere, fin dalla data della sua entrata in vigore,
tanto dal legislatore quanto dalla giurisprudenza
costituzionale.
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