| Onorevoli Colleghi! - In Italia la pratica dello sport,
nel corso dell'ultimo decennio, ha accentuato vistosamente il
proprio già notevole trend di sviluppo allargando la
propria fascia d'interesse a settori sociali e ad ambienti che
in passato restavano indifferenti, se non culturalmente
diffidenti, verso la cultura sportiva. Questo è avvenuto
grazie anche ad una profonda modifica delle abitudini
quotidiane degli italiani in tema di mantenimento della forma
fisica, di un'estensione del concetto di salute, di una
accentuata attenzione, propria delle società sviluppate, alla
qualità globale della vita.
Il rafforzarsi della visibilità complessiva del fenomeno
sportivo e della domanda di fruizione, ormai avvertita quale
bisogno sociale importante e diffuso, rende necessario, per lo
Stato, il riconoscimento pieno di tale realtà ed una
assunzione più diretta di responsabilità ora in toto
delegate allo stesso mondo sportivo e, per esso, al Comitato
olimpico nazionale italiano (CONI), richiedendosi, invece, un
intervento statuale che, direttamente ed indirettamente,
sostenga, tuteli e controlli tale grande fenomeno sociale.
Si stima che attualmente siano in attività circa 500 mila
dirigenti, 150 mila tecnici e 100 mila arbitri giudici. Mentre
l'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) stima in circa 20
milioni i cittadini a qualsiasi titolo coinvolti, decine e
decine di migliaia sono i posti di lavoro offerti dal settore
sportivo e dal suo indotto, se pure purtroppo spesso al di
fuori delle norme fiscali e previdenziali. Alcune stime,
probabilmente per difetto, fanno assommare ad oltre 50 mila
miliardi di lire il movimento annuo di denaro legato allo
sport, dai concorsi pronostici all'abbigliamento, dalle
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sponsorizzazioni al gettito fiscale ed ai biglietti per lo
spettacolo sportivo.
Dal dopoguerra ad oggi, in Italia, si è venuto costruendo
un modello del tutto atipico di mondo sportivo, finanziato dai
concorsi pronostici e totalmente incentrato sul CONI, il
quale, sostanzialmente ancorato alla propria legge istitutiva
n. 426 del 1942, ha trasformato la giusta autonomia tecnica,
organizzativa e gestionale in completa autosufficienza, quasi
una separatezza dal resto dell'ordinamento nazionale,
consentite, l'una e l'altra, anche dalla delega in bianco
concessagli dal potere statuale. Così, lo sport si
autocontrolla e gestisce la propria finanziaria edile -
l'Istituto per il credito sportivo -, la propria assicurazione
- la Sportass - la propria giustizia, la propria sanità, la
propria formazione professionale. Nel contempo, il CONI ha
esteso la propria presenza, passando dalle competenze
sull'organizzazione dell'attività sportiva d'alto livello
all'assunzione di una centralità decisionale in tutte le
questioni inerenti l'attività motoria: dallo sport nella
scuola e nelle Forze armate ai pareri vincolanti sui mutui per
la costruzione di impianti, dalla gestione diretta degli
impianti sportivi romani al finanziamento ed al controllo di
tutto l'associazionismo cosiddetto "libero". Non può dirsi che
nel complesso, ed anche al di là dei pur ragguardevoli
risultati agonistici, il CONI abbia fallito nell'esercitare il
ruolo di ente di governo dell'intero sistema sportivo
italiano. Esso ha infatti traghettato positivamente lo sport
dal modello fascista ad uno occidentale e moderno, ed ha
realizzato le condizioni dell'immensa espansione odierna del
fenomeno. Oggi, però, una serie via via più frequente di
situazioni negative, alcune delle quali ritenute dalla
magistratura necessitanti di intervento giudiziario, anche per
fattispecie di indubbia gravità, ed una grave situazione
economica sono il campanello di allarme di una evidente crisi
di valori, oltreché di uomini e di funzionalità. Una crisi che
procede in senso opposto al progressivo affermarsi della
pratica sportiva quale diffusissimo bisogno sociale non più
secondario, che, in quanto tale, abbisogna di strutture di
gestione efficienti ed affidabili. A fianco, come detto, si
pone la considerazione della necessità, etica quanto pratica,
che un fenomeno sociale di tale rilevanza non possa
ulteriormente concretizzarsi positivamente nell'assenza
d'attenzione dello Stato. E ciò a partire dalla tutela di quel
patrimonio di impegno individuale e volontaristico che
costituisce la peculiarità del sistema sportivo italiano e che
trova nella società sportiva il proprio strumento di
realizzazione. Questa attenzione deve manifestarsi in un
sistema organizzato di relazioni tra i soggetti pubblici che
intervengono sulla materia, un sistema nel quale sia
rispettata l'autonomia del mondo sportivo all'interno delle
scelte di indirizzo sociale, politico ed economico complessivo
del Paese.
La estrema complessità che il sistema sportivo è venuto
assumendo, l'intrecciarsi di relazioni al suo interno e la
molteplicità di soggetti che in esso interagiscono, al di là
degli interventi d'urgenza e parziali già assunti o che
saranno adottati dal Governo rispetto a singole particelle del
mondo sportivo od a singole emergenze, necessitano di un
intervento legislativo che abbracci l'interezza della materia
e modifichi conseguentemente gli assetti e gli ordinamenti
esistenti. A tale fine è stata redatta la presente proposta di
legge, della quale si auspica la rapida approvazione.
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