| Onorevoli Colleghi! - Alla nascita e al moltiplicarsi
delle ville venete a decorrere dal cinquecento concorrono
principalmente due motivazioni: la ripresa dell'ideale
classico di creare un luogo extraurbano di otium
intellettuale in seno alla natura e la spinta diretta allo
sfruttamento delle risorse agricole sorta in seguito alle
mutate condizioni economiche dell'alta borghesia e della
nobiltà di Venezia, resa vieppiù intensa dal desiderio di
vaste proprietà terriere a compenso del declinante ruolo di
dominatrice dei mari della città, specie con i suoi traffici
con l'Oriente.
La Villa Cappello di Galliera è un tipico esempio di
questa nuova concezione cinquecentesca di unire l'utile al
dilettevole in un processo vitale di reciproci scambi e
vantaggi.
Accantonata l'ipotesi di un intervento di Palladio alla
sua progettazione per discordanti ragioni di tempo, è
accettata, invece, con il conforto del Cevese, quella più
credibile della presenza al momento creativo di un anonimo
architetto operante nell'ambito culturale padovano di dominio
del Frigimelica.
Lungo sarebbe l'elenco delle amplificazioni, delle
aggiunte, dei mutamenti di orientamento prospettico subiti
dalla Villa nel corso dei secoli, sino al suo assetto
definitivo raggiunto allorché, passata nel 1858 in proprietà
dell'imperatrice Maria Anna di Savoia, figlia di Vittorio
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Emanuele I e moglie di Ferdinando I d'Austria, sono affidati
nello stesso anno al veronese Antonio Bortolani il rifacimento
e l'ampliamento delle due ali laterali e la sopraelevazione
del corpo centrale.
Non è fuor di luogo ammettere, come del resto è successo
per altre ville venete, che nel sito dove i Cappello fissarono
la loro dimora, preesistesse una rustica costruzione che
accoglieva una o più famiglie di fittavoli addetti ai lavori
campestri in terreni allora malfidi e insalubri, dove estese
paludi e fitte boscaglie conferivano al paesaggio un aspetto
selvaggio. E' comprensibile, quindi, che i Cappello al loro
insediamento si preoccupassero anzitutto del problema
dell'irrigazione, con ripetute suppliche rivolte al
"provveditori dei beni inculti" allo scopo di bonificare al
meglio i terreni acquitrinosi e a un tempo di tracciare
fluenti "rogge" e "canalette" derivate dal Brenta per
"azionare" mulini, una sega, eccetera, a vantaggio proprio e
dei loro dipendenti nel dar vita e promuovere anche nuovi
mestieri, legati o no all'agricoltura.
Il "palagio dominicale" dei Cappello all'origine
consisteva in solo corpo centrale a due piani poi arricchito
di due piccole ali laterali, d'una barchessa a levante,
abitazione del "giardinaro" e del "casaro", d'una casa dello
"Agente" e di un "Oratorio".
Il giardino della Villa, del quale si fa menzione sin nei
primi documenti del seicento e che si estendeva dietro la
facciata posteriore, rispettava le convenzioni dettate nel
Rinascimento per le Ville medicee: lo stesso ordine formale
imposto all'architettura doveva applicarsi alla natura
circostante e creare un paesaggio artificiale del tutto
integrato agli edifici di cui costituiva l'ornamento e a un
tempo il ripetersi e il prolungarsi all'aperto del loro
impianto disegnativo.
Era in una parola il "giardino all'italiana", concepito
quali frammento di natura organizzata secondo una precisa
intenzionalità, nel quale persiste il manifestarsi di un
artificio imposto alla natura, pur contemperato dalla presenza
degli orti domestici. Ma quando la villa viene acquistata nel
1821 da Valentino Comello, che già ne possedeva un'altra poco
distante a Mottinello Nuovo, questa simmetria subisce un
radicale mutamento.
Villa e giardino mantengono intatto il loro splendore
anche quando passano in proprietà della famiglia Raggio De
Micheli di Genova nel 1896. Da non dimenticare che durante la
guerra 1915-1918 la Villa è sede del Comando della IV Armata
agli ordini del generale Gaetano Giardino. I De Micheli, però,
sperperate le loro ricchezze, sono costretti ad abbandonare la
Villa che, posta all'asta, è rilevata dall'Istituto nazionale
della previdenza sociale, il quale la destina a sede quanto
mai erronea di un grande Sanatorio. E' l'inizio della
decadenza, fatale e progressiva, sia per quanto riguarda
l'edificio nel suo complesso che per il fascinoso giardino del
Bagnara.
Nel 1971 il sanatorio diventa ospedale provinciale e nel
1978 si fonde con l'ospedale di Cittadella.
Affinché questo inestimabile patrimonio di arte e di
natura sia salvaguardato e restituito alla sua bellezza di un
tempo, la presente proposta di legge si propone, dunque, quale
obiettivo prioritario proprio quello del recupero e della
valorizzazione della Villa Imperiale di Galliera Veneta, anche
al fine di garantire con tale recupero la riscoperta turistica
di tutte le zone ad essa circostanti.
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