| Onorevoli Colleghi! - Solo chi vive completamente al di
fuori della società civile può meravigliarsi del crescente
disgusto dei cittadini nei confronti della politica e dei suoi
rappresentanti. Negli ultimi mesi due fatti, apparentemente
scollegati tra loro, mostrano come tale distacco sia crescente
e pericoloso per i fondamenti stessi della democrazia; da un
lato, nelle ultime consultazioni amministrative,
l'astensionismo ha toccato livelli mai raggiunti; dall'altro
la nuova legge sul finanziamento pubblico dei partiti (n. 2
del 1997) ha subito mostrato la corda, con un record negativo
di appena il 2 per cento di cittadini sottoscrittori.
A tutto questo il sistema dei partiti - e qui purtroppo
occorre fare di ogni erba un fascio - ha risposto con un
progetto arrogante, consistente nel tassare di 4000 lire
ciascun italiano, neonati compresi, in favore della politica e
di chiamare tale tassa "rimborso elettorale" allo scopo di
evitare il disposto referendario del 1993. Ed è stata tale la
fretta che il provvedimento è persino privo di un dispositivo
di copertura finanziaria!
Si è facili profeti nel prevedere come tale progetto
allontanerà ancor di più i cittadini dalla politica e darà
vigore ai demagoghi che contro la funzione e l'esistenza
stessa dei partiti si scagliano.
E' davvero amaro osservare come l'ultimo Parlamento della
prima Repubblica, il Parlamento degli indagati e di
Tangentopoli, avesse prodotto, in tema di finanziamento
pubblico ai partiti, un testo decisamente migliore di quello
prodotto dagli attuali segretari amministrativi dei
partiti.
I senatori dell'XI legislatura, nell'imminenza di una
consultazione referendaria e probabilmente spinti da gravi
sensi di colpa rispetto ad un'opinione pubblica indignata
dalle numerose indagini giudiziarie, produssero, nei primi
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mesi del 1993, un progetto nel quale i cardini erano
rappresentati da:
1) un avvio del riconoscimento giuridico dei partiti, in
attuazione, dopo 45 anni, del disposto dell'articolo 49 della
Costituzione;
2) un sistema di finanziamento dove il contribuente,
poteva destinare una quota della propria IRPEF al partito da
lui prescelto;
3) il divieto di contribuzione da parte di persone
giuridiche;
4) almeno nella prima versione del testo, l'introduzione
di una serie di servizi (tariffe agevolate, messa a
disposizione di sale e sedi) in favore dell'attività
politica.
Determinante fu l'apporto della sinistra storica che nel
proprio progetto (senatori Chiarante, Salvi ed altri, A.S. n.
607 presentato il 15 settembre 1992) ammetteva una serie di
errori di valutazione quali: l'aver accettato "il tabù della
gelosa autonomia di ciascun partito per coprire, nei fatti,
bilanci incompleti, oscuri ed infedeli"; il "...concepire il
sostegno pubblico alle attività politiche quasi esclusivamente
come contributo finanziario diretto alle amministrazioni dei
partiti, sottovalutando l'alternativa dell'offerta di servizi
adeguati..."; l'aver separato concettualmente e per legge
l'attività politica dei partiti dalla "...molteplicità di
altre sedi e forme dell'attività politica dei
cittadini...".
Il testo del PDS introduceva numerosi altri correttivi,
oltre quelli già esaminati, in materia di agevolazioni, di
attività politica diffusa sul territorio, di partecipazione
all'attività politica delle donne, di sostegno per i comitati
promotori dei referendum. Venivano inoltre vietati i
contributi da persone giuridiche estere e, addirittura, i
mutui agevolati da parte delle banche ai partiti.
Di tutto questo bagaglio concettuale e normativo, cardine
di un pensiero "di sinistra" nel quale è fondamentale la
partecipazione popolare nell'elaborazione delle scelte che
riguardano tutto il Paese, nulla rimane.
Per tali motivi presentiamo questo progetto, inteso
principalmente a riavvicinare i cittadini alla politica e a
ridar loro l'orgoglio di far parte di un movimento politico,
quale che sia.
Punti cardine imprescindibili e per i quali ci batteremo
sono:
a) il riconoscimento giuridico dei partiti
politici, allo scopo di individuare una responsabilità
collettiva nei confronti di fatti o atti adottati
collegialmente;
b) l'adozione di un sistema di selezione delle
candidature, che consenta ad ogni iscritto di scegliere il
candidato da lui preferito; è appena il caso di sottolineare
come l'attuale sistema (poche persone che si riuniscono a
Roma, collegi elettorali scambiati come al mercato, candidati
calati dall'alto sugli elettori), altro non fa che allontanare
la partecipazione popolare;
c) il divieto di finanziamento da parte di persone
giuridiche, a rimarcare il fatto che sono i cittadini e non le
imprese (o quel che è peggio le multinazionali) a fare
politica, nel rigoroso rispetto dell'articolo 49 della
Costituzione; a tale divieto si è aggiunto quello di gestione
di titoli mobiliari, allo scopo di sottolineare il rischio di
una possibile influenza sull'attività di partito da parte di
società di cui lo stesso abbia una partecipazione; la norma è
volutamente provocatoria e potrebbe modificarsi evitando la
detenzione di pacchetti oltre una certa, minima percentuale,
ma i rischi di controllo sui partiti o addirittura di
insider trading sono crescenti;
d) il finanziamento mediante destinazione
finalizzata del 4 per mille dell'IRPEF; la destinazione è
palese a sottolineare l'orgoglio che ciascuno di noi dovrebbe
avere della propria collocazione politica ed anche allo scopo
di semplificare il lavoro degli uffici finanziari; tuttavia è
consentita anche una scelta riservata;
e) la predisposizione di una serie di servizi e di
benefici fiscali e tariffari. Non si è voluto eccedere in
facilitazioni fiscali sull'IVA, sugli immobili, sugli
spettacoli per non trasformare i partiti in enti commerciali o
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agenzie immobiliari o di spettacolo o di viaggi. Le
facilitazioni consentite sono in definitiva di stretta
attinenza con l'attività;
f) l'accesso a spazi televisivi gratuiti,
riservati ed autogestiti.
Infine si è tentato di porre un freno ad un'altro
scandalo, esploso in questi giorni, relativo all'editoria di
partito; emblematico è il modo di procedere in questo campo da
parte del legislatore: l'articolo 3 della legge n. 250 del
1990, che disponeva i contributi per tale settore, ha subito
in questi anni numerosissime modificazioni, tutte ben nascoste
in provvedimenti di altra natura, tutte tendenti ad allargare
la platea degli aventi diritto, conservando tutti i precedenti
beneficiari; così accade che un quotidiano romano, ma è solo
il caso più clamoroso, riceve sei miliardi l'anno essendo,
senza dichiararlo, l'organo di un partito composto da un unico
parlamentare!
Si illustra di seguito il dettaglio delle singole
disposizioni.
L'articolo 1 indica i partiti che hanno conseguito una
rappresentanza nelle Assemblee politiche elettive come i
destinatari dei benefici della legge.
L'articolo 2 obbliga i partiti a trasformarsi in
associazioni riconosciute (articolo 14 del codice civile),
depositando lo statuto presso la corte d'appello ove si trova
la sede centrale. Qualunque associato (l'iscrizione è libera)
potrà rivolgersi al tribunale per gli atti adottati
dall'associazione. Contestualmente i partiti devono presentare
un regolamento elettorale per la selezione dei candidati, i
cui principi generali sono dettati dall'articolo 3.
L'articolo 3 detta disposizioni generali in materia di
selezione delle candidature, gettando le basi di un futuro
sistema di elezioni primarie. Anche qui sono previste
disposizioni generali, adattabili alla mutevolezza dei sistemi
elettorali, alle quali ogni singolo partito si adegua come
meglio crede. Punti cardine sono: la totale libertà di
elettorato attivo e passivo di ciascun iscritto; la
suddivisione degli iscritti in aree territoriali equivalenti
ai collegi o alle circoscrizioni elettorali; i poteri
propositivi e di veto degli organi centrali del partito; la
creazione, in presenza di coalizioni elettorali, di un organo
che la rappresenti.
L'articolo 4 prevede la destinazione del 4 per mille
dell'IRPEF ai partiti, secondo indicazioni preferenziali. Come
per l'indicazione dell'8 per mille alle varie confessioni
religiose, l'indicazione è palese, anche allo scopo di evitare
difficoltà nell'attribuzione dei fondi. Tuttavia, ove
l'elettore lo ritenga, potrà avvalersi di appositi moduli che
consentano la riservatezza della propria scelta. Con i
risultati di questa rilevazione si otterrà una statistica (non
un sondaggio) non tanto elettorale, quanto dell'affezione dei
contribuenti verso i propri partiti, con interessanti
rilevazioni sulle indicazioni preferenziali per partito a
seconda delle classi di reddito. Il contributo è versato entro
il 31 dicembre di ciascun anno ai tesorieri del partito.
L'articolo 5 contiene le norme relative ai contributi
volontari delle persone fisiche. Si è ritenuto opportuno
graduare la percentuale di deducibilità per fasce di reddito
da un massimo del 5 per cento per la fascia di reddito più
bassa ad un minimo dell'1 per cento per la fascia più alta, a
discrezione del Ministero delle finanze. L'intento è duplice:
non gravare le finanze dello Stato con eccessive perdite di
gettito e "premiare" le classi di reddito più basse.
L'articolo 6 vieta in tutte le forme i finanziamenti delle
persone giuridiche pubbliche o private, italiane o estere:
esso ricalca il testo unificato del Senato dell'XI legislatura
(eppure era un Parlamento della cosiddetta I Repubblica!). Il
comma 2 vieta ai partiti la gestione di titoli mobiliari di
qualsiasi natura, italiani o esteri. L'intento di questo
articolo è in particolar modo di sottolineare la natura dei
partiti quali aggregati di persone con analoghi intenti o
ideali, evitando che essi dipendano o si facciano promotori
degli interessi di potentati economici nazionali o
sovranazionali.
L'articolo 7 dispone l'accesso ai servizi dei comuni con
oltre 50 mila abitanti: sale per riunioni, servizi tipografici
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e di affissione e quant'altro. Il comma 2 dispone la
concessione a vario titolo ai partiti di immobili demaniali
non in uso. Il testo di questo articolo, come quello del
successivo, ricalca il testo unificato del Senato della
Repubblica dell'XI legislatura.
L'articolo 8 prevede benefici tariffari (telefono, agenzie
di stampa, poste), riduce l'aliquota IVA per le produzioni
editoriali, dimezza l'imposta sugli spettacoli, sulla
pubblicità ed azzera le imposte sull'occupazione temporanea di
suolo pubblico e sui giochi condotti in luogo pubblico.
L'articolo in questione dispone inoltre la predisposizione in
tutti i comuni di spazi di affissione gratuiti.
L'articolo 9 apre spazi di accesso televisivo diretto ai
partiti che intendano portare a conoscenza dei cittadini le
proprie attività o fatti che essi ritengano utile porre
all'attenzione dell'opinione pubblica. In tale ambito, nella
programmazione della concessionaria pubblica, ad ogni partito
spettano almeno due spazi autogestiti di cinque minuti l'anno
nelle ore di maggior ascolto.
L'articolo 10 tenta di porre rimedio al proliferare dei
giornali di partito, avvenuta tramite una serie di infinite
modifiche, che però conservavano lo status
precedentemente esistente, alla legge di finanziamento
dell'editoria di partito. Il testo proposto annulla tutte le
precedenti situazioni prevedendo finanziamenti per i partiti
che abbiano conseguito eletti con il proprio simbolo nelle
elezioni nazionali o europee o, se di nuova costituzione,
abbiano un proprio gruppo parlamentare o una componente
strutturata del gruppo misto.
L'articolo 11 abroga le norme delle precedenti leggi sul
finanziamento, ivi compresa gran parte della legge 2 gennaio
1997, n. 2, il cui fallimento è sotto gli occhi di tutti.
Delle leggi oggetto di abrogazione rimangono solo le norme sui
contributi elettorali, le norme relative alle sanzioni e le
disposizioni della citata legge n. 2 relative alla redazione
dei bilanci. Pertanto si prevede l'emanazione di un testo
unico delle norme sul finanziamento dei partiti e sui rimborsi
elettorali.
L'articolo 12 provvede alla copertura finanziaria ed al
piano di restituzione degli anticipi non dovuti percepiti dai
partiti grazie alla legge n. 2 del 1997. E' prevista un'ampia
dotazione di mezzi (200 miliardi), coperti mediante storno
dagli stanziamenti già disposti dalla legge finanziaria. Il
piano di restituzione invece è biennale, allo scopo di
consentire il rientro di tutte le somme non dovute entro il
termine della XIII legislatura.
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