| Onorevoli Colleghi! - Il recente disastro ambientale
avvenuto in Campania (in particolare a Sarno), che ha
provocato il sacrificio di molte vite umane, ha aperto un
inquietante interrogativo su quanto abbia inciso nel causarlo
anche l'abusivismo dilagante in quella zona, che è stato per
lo più "legalizzato" grazie alla legge sul condono edilizio n.
47 del 1985 ed alle sue successive modificazioni, soprattutto
quelle apportate dall'articolo 39 della legge n. 724 del 1994
(che ha esteso il condono a tutti gli abusi commessi fino al
31 dicembre 1993) e dall'articolo 2 della legge n. 662 del
1996 (che ha fra l'altro introdotto contemporaneamente
l'istituto del silenzio-assenso e del silenzio-rifiuto nel
rilascio delle concessioni o autorizzazioni in sanatoria per
opere eseguite su aree sottoposte a vincolo).
Ai sensi della normativa stabilita dal capo IV della
citata legge n. 47 del 1985 si stanno tuttora portando a
conclusione le procedure relative a tutte le opere sanabili
realizzate entro il 31 dicembre 1993, senza un reale controllo
sulla regolarità delle concessioni in sanatoria rilasciate in
modo generalizzato anche per gli abusi compiuti su aree
vincolate. Questo condono edilizio è destinato comunque a
chiudersi in termini procedurali, mentre rimane aperto, perché
permanentemente richiedibile e soprattutto ottenibile, il
rilascio delle concessioni o autorizzazioni in sanatoria per
tutti gli abusi edilizi cosiddetti "formali", per i quali può
essere attivato l'istituto dell'accertamento di conformità
alla disciplina urbanistica.
Per tutti gli abusi edilizi commessi dopo il 31 dicembre
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1993, nonché per quelli non sanabili anche se realizzati prima
della suddetta data, fatta eccezione solo per gli abusi di
tipo formale, dovrebbe applicarsi la disciplina repressiva
stabilita al capo I della legge n. 47 del 1985, ivi comprese
le sanzioni amministrative e penali: il potenziale usato è
d'obbligo, perché l'applicazione pratica delle norme in
materia di controllo sull'attività urbanistico-edilizia è
stata sostanzialmente disattesa da quasi tutte le
amministrazioni comunali, specialmente da quelle dell'Italia
centro-meridionale.
Laddove gli abusi edilizi sono stati e sono tuttora
repressi con la emanazione delle ordinanze di demolizione e di
ripristino dello stato dei luoghi, notificate ai responsabili
degli abusi anche quando la tipologia degli stessi richiede la
demolizione d'ufficio, l'immancabile ricorso ai tribunali
amministrativi regionali (TAR) - messo in atto se non altro
per sospendere e ritardare i paralleli procedimenti penali -
si risolve per lo più con la "vittoria" del privato in danno
dell'amministrazione comunale, che è costretta a pagare così
anche le spese processuali con i soldi di tutti i
contribuenti, cioè dei cittadini in regola con la legge.
I ricorsi amministrativi risultati "vincenti" non sono in
linea di principio concepibili sotto nessun punto di vista,
perché assumono implicitamente il doppio significato che o le
amministrazioni comunali si sono sbagliate nell'emanare le
ordinanze di demolizione oppure non si sono affatto difese dai
ricorsi intentati contro di esse: escludendo per rigore di
logica il primo caso, si apre un pesante interrogativo
sull'operato delle varie avvocature comunali, che di fronte
alla oggettività di un abuso edilizio realmente messo in atto
non dovrebbero trovare difficoltà alcuna a dimostrare la
legittimità delle ordinanze di repressione emanate
dall'amministrazione comunale e quindi a rigettare le censure
portate contro di esse.
La risposta all'interrogativo viene inevitabilmente dalla
constatazione che le avvocature comunali per lo più si
difendono poco o addirittura non si presentano alle udienze
fissate dai TAR, come hanno dovuto amaramente registrare le
associazioni ambientaliste in più di una occasione, quando
sono intervenute ad opponendum a fianco delle
amministrazioni, trovandosi nella posizione di dover difendere
da sole gli atti emanati non solo dai comuni, ma anche dalla
regione e dal Ministero per i beni e le attività culturali,
perché le relative avvocature erano colpevolmente latitanti
oppure meramente presenti senza esibire nessuna memoria
difensiva.
In questo quadro desolante di omissioni si deve registrare
anche il comportamento dei giudici penali, laddove arrivano a
sentenziare la condanna dei responsabili di abusi edilizi a
quel momento non ancora demoliti, perché contestualmente alle
sentenze non applicano il disposto dell'ultimo comma
dell'articolo 7 della legge n. 47 del 1985, che li obbliga ad
ordinare la demolizione delle opere stesse se ancora non sia
stata altrimenti eseguita: quand'anche è intimata al comune
inadempiente la demolizione, non avviene per lo più nessun
ripristino dello stato dei luoghi antecedente all'abuso,
perché la legge non prevede come debba essere sanzionato
l'eventuale protrarsi dell'inerzia da parte
dell'amministrazione comunale.
Dal quadro sopra descritto emerge già di per sé la
necessità di porre mano ad una revisione della legge n. 47 del
1985, che è diventata ormai non più dilazionabile alla luce
del disastro ambientale avvenuto in Campania, perché causato
in misura percentualmente rilevante proprio dall'abusivismo
condonato o non represso, specie se si considera che nel
novero degli abusi vanno calcolate anche tutte le
trasformazioni territoriali in contrasto con le disposizioni
vigenti: a queste ultime vanno ascritte in generale tutte le
alterazioni degli assetti naturali dei luoghi, spesso
consentite dalla normativa urbanistica vigente, ma per lo più
tassativamente vietate dalla disciplina paesistica ed
ambientale, cosiddetta "concorrente", che è però
costituzionalmente sopraordinata ai piani regolatori generali
od ai programmi di fabbricazione dei comuni.
La necessità di modificare la legge n. 47 del 1985 deriva
soprattutto - oltre che dalla finalità di disciplinare meglio
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i procedimenti di repressione sulla base delle esperienze
negative finora registrate - dalla constatazione che la legge
n. 47 del 1985 è stata approvata prima della legge cosiddetta
"Galasso" (decreto-legge n. 312 del 1985, convertito, con
modificazioni, dalla legge n. 431 del 1985), della legge suoi
suoli n. 183 del 1989 e della legge-quadro sulle aree protette
n. 394 del 1991: queste tre leggi dettano discipline che la
legge sul condono edilizio non poteva recepire, perché
antecedente ad esse, ma che sono fondamentali per l'equilibrio
idrogeologico del territorio, oltre che per la tutela dei
cosiddetti "beni diffusi" su di esso disseminati.
La legge n. 47 del 1985, per il periodo "culturale" in cui
è stata emanata, detta al capo I solo "norme" in materia di
"controllo" dell'attività "urbanistico-edilizia", cioè delle
trasformazioni territoriali disciplinate quasi esclusivamente
da strumenti urbanistici, che sono a loro volta approvati per
lo più venti-venticinque anni prima della legge "Galasso", di
quella sui suoli e delle norme quadro sulle aree protette, di
cui quindi non rispettano quasi mai la relativa disciplina,
perché non obbligati ancora a recepirla adeguando ad essa la
propria normativa urbanistica: la mancata approvazione dei
piani paesistici, dei piani di bacino e dei piani di assetto
dei parchi fa sì che vengano "legalizzate" dai piani
regolatori o dai programmi di fabbricazione opere ed
interventi che non dovrebbero essere invece affatto
realizzati. Questo vuoto legislativo va colmato emanando da un
lato una normativa quadro in materia di governo del
territorio, che definisca e disciplini i suoli assolutamente
inedificabili ai fini dell'equilibrio idrogeologico, ed
adeguando dall'altro lato la legge sul condono edilizio alla
normativa paesistico-ambientale in vigore, accentuandone la
disciplina repressiva a livello preventivo, cioè fin
dall'accertamento delle opere abusive allo stato iniziale, per
far sì che le demolizioni d'ufficio assolvano anche ad una
funzione deterrente.
Analizziamo ora i vari articoli della presente proposta di
legge, spiegandone per ognuno le motivazioni che hanno portato
a redigerli.
L'articolo 1 della proposta di legge sostituisce il
secondo comma dell'articolo 4 della legge n. 47 del 1985,
apportando le seguenti modificazioni:
al primo periodo, si precisa che la demolizione
d'ufficio non necessita della notifica del provvedimento al
responsabile dell'abuso, messo in tale modo in condizione di
non poter ricorrere al TAR per impedire o ritardare la
demolizione;
al secondo periodo, si adegua la disciplina anche al
decreto-legge n. 312 del 1985, convertito, con modificazioni,
dalla legge n. 431 del 1985, alla legge n. 183 del 1989 ed
alla legge n. 394 del 1991, e si integra il medesimo periodo
con la disposizione introdotta al primo periodo.
L'articolo 2 stabilisce che per l'esecuzione della
demolizione d'ufficio ci si può avvalere dell'Esercito.
L'articolo 3 modifica l'articolo 4, terzo comma, della
legge n. 47 del 1985.
L'articolo 4 modifica l'ottavo comma dell'articolo 7 della
legge n. 47 del 1985, allargando la casistica anche alle
ipotesi previste dagli articoli 4, 7, 9 (ristrutturazione
edilizia) e 18 (lottizzazioni abusive) della citata legge n.
47 del 1985.
L'articolo 5 inserisce, dopo l'ottavo comma dell'articolo
7 della legge n. 47 del 1985, la disposizione secondo la quale
dell'Esercito si può avvalere anche il presidente della giunta
regionale.
L'articolo 6 aggiunge, al nono comma dell'articolo 7 della
legge n. 47 del 1985, la disposizione secondo la quale
dell'Esercito si deve avvalere il pubblico ministero, laddove
incaricato con sentenza del giudice dell'ordine di
demolizione, da prevedere anche in caso di patteggiamento: la
possibilità di incaricare il pubblico ministero dell'ordine di
demolizione impartito con sentenza del giudice penale è stata
prevista dalle Sezioni unite penali della Corte di cassazione,
con sentenza n. 15 del 19 giugno 1996.
L'articolo 7 modifica il primo comma, lettera e),
dell'articolo 8 della legge n. 47 del 1985, estendendo le
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disposizioni anche alle violazioni delle norme vigenti in
materia di difesa del suolo.
L'articolo 8 considera, modificando il terzo comma
dell'articolo 8 della legge n. 47 del 1985, come interventi in
totale difformità dalla concessione anche quelli previsti ai
sensi degli articoli 4, 9 e 18 della legge n. 47 del 1985.
L'articolo 9 dispone che all'eventuale inerzia
dell'amministrazione comunale si sostituisca il presidente
della giunta regionale.
L'articolo 10, modificando il terzo comma dell'articolo 9
della legge n. 47 del 1985, estende gli immobili vincolati
anche a quelli soggetti a vincolo idrogeologico (regio
decreto-legge n. 3267 del 1923) a vincolo "Galasso" (legge n.
431 del 1985), a vincolo di difesa del suolo (legge n. 183 del
1989), a vincolo di area protetta (legge n. 394 del 1991).
L'articolo 11 dispone che per le opere soggette ad
autorizzazione edilizia ottenuta per silenzio-assenso debba
comunque essere dichiarato l'inizio dell'attività (cosiddetta
"DIA").
L'articolo 12 sostituisce il primo comma dell'articolo 13
della legge n. 47 del 1985 con la disposizione che
l'accertamento di conformità sia esteso anche alla disciplina
in materia di difesa dei suoli, del paesaggio e dei beni
culturali ed ambientali e stabilisce che il rilascio della
concessione in sanatoria sulla base dell'articolo in oggetto
non è comunque possibile per le opere realizzate in aree
sottoposte al regime vincolistico di cui al decreto-legge n.
312 del 1985, convertito, con modificazioni, dalla legge n.
431 del 1985, con violazione della disciplina stabilita dallo
stesso decreto-legge: la concessione in sanatoria, qualora
rilasciata dall'amministrazione comunale per opere e
interventi su aree sottoposte ai vincoli suddetti, deve
ritenersi illegittima e non estingue comunque il reato
previsto dall'articolo 1- sexies del decreto-legge 27
giugno 1985, n. 312, convertito, con modificazioni, dalla
legge 8 agosto 1985, n. 431, anche nelle more del suo
obbligatorio annullamento.
La disposizione citata recepisce le sentenze in tale senso
emesse dalla Corte di cassazione (sentenza n. 6900 dell'11
giugno 1992 della sezione III della Cassazione penale,
sentenza n. 7576 del 27 giugno 1992 della sezione III della
Cassazione penale, sentenza n. 885 del 20 maggio 1993 della
sezione III della Cassazione penale).
L'articolo 13 modifica il primo comma dell'articolo 15
della legge n. 47 del 1985 estendendolo ai vincoli imposti dal
decreto-legge n. 312 del 1985, convertito, con modificazioni,
dalla legge n. 431 del 1985, e delle leggi n. 183 del 1989 e
n. 394 del 1991.
L'articolo 14 sostituisce l'articolo 18 della legge n. 47
del 1985; le nuove disposizioni prevedono che: il certificato
di destinazione urbanistica sia integrato e contenga anche le
prescrizioni dettate dalle leggi e dai provvedimenti in
materia di tutela dei suoli, del paesaggio e dei beni
culturali e ambientali; un certificato di destinazione
urbanistica "integrato" è previsto anche dall'articolo 17
della presente proposta di legge. Inoltre si dispone,
modificando il quarto comma del vigente articolo 18, che la
dichiarazione sostitutiva del certificato di destinazione
urbanistica sia rilasciata da un tecnico abilitato; si
prevede, al comma 4, l'estensione alla eventuale esistenza di
prescrizioni imposte da leggi e da provvedimenti in materia di
tutela dei suoli, del paesaggio e dei beni culturali e
ambientali. Introducendo un comma, si stabilisce che in caso
di dichiarazione sostitutiva non veritiera, accertata dai
competenti uffici, l'amministrazione ne dia comunicazione al
competente ordine professionale, per l'irrogazione delle
sanzioni disciplinari contro il tecnico abilitato, nonché alla
competente autorità giudiziaria ai fini dell'esercizio
dell'azione penale nei riguardi dell'alienante o, in sua
sostituzione, del convivente. E', infine, introdotta la
disposizione che in caso di mancato rilascio della suddetta
attestazione da parte degli uffici comunali nei termini di
tempo prescritti, essa debba essere sostituita da una
dichiarazione rilasciata da un tecnico abilitato e attestante
la conformità del tipo di frazionamento con tutte le
prescrizioni vigenti sui terreni oggetto del frazionamento
medesimo, accertate nel certificato urbanistico integrato o
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nella dichiarazione sostitutiva dello stesso: qualora la
dichiarazione sostitutiva del tipo di frazionamento richiesto
risulti non veritiera, l'amministrazione ne dà comunicazione
al competente ordine professionale, per l'irrogazione delle
sanzioni disciplinari contro il tecnico abilitato, nonché alla
competente autorità giudiziaria ai fini dell'esercizio
dell'azione penale nei riguardi del proprietario dei terreni
oggetto di frazionamento. Sostituendo l'ottavo comma del
vigente articolo 18, dispone che il sindaco debba provvedere
alla demolizione d'ufficio delle opere, da effettuare a cura e
spese del responsabile dell'abuso e che in caso di inerzia del
sindaco si applicano le disposizioni concernenti i poteri
sostitutivi del presidente della giunta regionale ovvero del
giudice, di cui agli ultimi tre commi dell'articolo 7 (uso
dell'Esercito).
L'articolo 15 sostituisce il secondo periodo della lettera
c) del primo comma dell'articolo 20 della legge n. 47
del 1985 con la disposizione che la stessa pena si applica
anche nel caso di interventi edilizi realizzati nelle zone
sottoposte a vincolo idrogeologico (regio decreto-legge n.
3267 del 1923 e legge n. 183 del 1989),
archeologico-monumentale (legge n. 1089 del 1939),
paesaggistico-ambientale (leggi n. 1497 del 1939 e n. 394 del
1991 nonché dal decreto-legge n. 312 del 1985, convertito, con
modificazioni, dalla legge n. 431 del 1985), in variazione
essenziale, in totale difformità o in assenza della
concessione: qualora le opere e gli interventi siano stati
realizzati in parziale difformità rispetto al regime
autorizzatorio ottenuto e/o comunque si tratti di opere e
interventi di carattere modesto con precarietà strutturale e/o
funzionale, la cui realizzazione non abbia determinato un
rilevante danno paesaggistico-ambientale, si applica la minore
ammenda da lire 500 mila a lire 5 milioni.
L'articolo 16 modifica il primo comma dell'articolo 22
della legge n. 47 del 1985.
L'articolo 17 introduce, dopo l'ultimo comma dell'articolo
22 della legge n. 47 del 1985, due commi, secondo il primo dei
quali la norma di cui all'articolo 39 della legge 23 dicembre
1994, n. 724, in virtù della quale il rilascio della
concessione in sanatoria estingue anche il reato previsto
dall'articolo 1- sexies del decreto-legge 27 giugno 1985,
n. 312, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto
1985, n. 431, debba ritenersi fare riferimento soltanto alla
concessione in sanatoria rilasciata a norma degli articoli 31
e seguenti della legge n. 47 del 1985, e non anche a quella
rilasciata ai sensi dell'articolo 13. Ai sensi della
disposizione introdotta il rilascio di concessione in
sanatoria non estingue altresì il reato di cui all'articolo
734 del codice penale: in tema di applicazione dell'articolo
734 del codice penale è demandato sempre al giudice penale
l'accertamento della sussistenza della distruzione o
alterazione delle bellezze naturali dei luoghi soggetti alla
speciale protezione dell'autorità, indipendentemente da ogni
valutazione della pubblica amministrazione, della quale - se
intervenuta - il giudice dovrà tenere comunque conto con
adeguata motivazione. La prima disposizione recepisce la
sentenza n. 812 del 4 giugno 1996 della sezione III della
Cassazione penale: la seconda disposizione recepisce invece la
sentenza n. 15 del 21 ottobre 1992 delle Sezioni unite della
Suprema Corte di cassazione.
L'articolo 18, modificando il quarto comma dell'articolo
26 della legge n. 47 del 1985, prevede l'inapplicabilità delle
disposizioni relative alle opere interne anche nel caso di
vincoli imposti ai sensi del regio decreto-legge n. 3267 del
1923, delle leggi n. 183 del 1989 e n. 394 del 1991, e del
decreto-legge n. 312 del 1985, converito, con modificazioni
dalla legge n. 431 del 1985.
L'articolo 19 introduce, come ultimo comma dell'articolo
27 della legge n. 47 del 1985, l'uso dell'Esercito ai fini
della demolizione di opere abusive, così come previsto al
comma 56 dell'articolo 2 della legge 23 dicembre 1996, n.
662.
L'articolo 20 dispone che in caso di domande di
concessione in sanatoria, presentate senza avere i requisiti
di cui ai due primi commi dell'articolo 31 della legge n. 47
del 1985 o con dichiarazioni non veritiere, si applicano le
sanzioni di cui al primo comma, lettera b),
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dell'articolo 20 della legge n. 47 del 1985 (arresto fino a
due anni ed ammenda da 10 a 100 milioni di lire).
L'articolo 21 sostituisce il primo comma dell'articolo 32
della legge n. 47 del 1985, con la disposizione secondo la
quale per le opere eseguite su immobili soggetti ai vincoli di
cui al regio decreto-legge n. 3267 del 1923 e alle leggi n.
1089 del 1939, n. 1497 del 1939, n. 183 del 1989 e n. 394 del
1991, nonchè del decreto-legge n. 312 del 1985, convertito,
con modificazioni, dalla legge n. 431 del 1985, relative ad
ampliamenti o tipologie d'abuso che non comportino aumento di
superficie o di volume, il rilascio della concessione o
dell'autorizzazione in sanatoria è subordinato al preventivo
ed obbligatorio parere favorevole delle amministrazioni
preposte alla tutela del vincolo: qualora tale parere non sia
espresso dalle suddette amministrazioni entro centottanta
giorni dalla data del ricevimento della richiesta di parere,
esso si intende reso in senso favorevole.
L'articolo 22 introduce, infine, dopo il primo comma
dell'articolo 38 della legge n. 47 del 1985, la disposizione
che in caso di domanda presentata senza avere i requisiti di
cui ai primi due commi dell'articolo 31, o con dichiarazioni
non veritiere, si applicano le sanzioni amministrative di cui
al capo I, nonché quelle penali previste al primo comma,
lettera b), dell'articolo 20 della legge n. 47 del
1985.
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