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Testi integrali degli Atti Parlamentari della XIII Legislatura

Documento


65821
DDL5558-0002
Progetto di legge Camera n. 5558 - testo presentato - (DDL13-5558)
(suddiviso in 24 Unità Documento)
Unità Documento n.2 (che inizia a pag.1 dello stampato)
...C5558. TESTIPDL
...C5558.
RELAZIONE
ZZDDL ZZDDLC ZZNONAV ZZDDLC5558 ZZ13 ZZRL ZZPR
     Onorevoli Colleghi! - Il recente disastro ambientale
  avvenuto in Campania (in particolare a Sarno), che ha
  provocato il sacrificio di molte vite umane, ha aperto un
  inquietante interrogativo su quanto abbia inciso nel causarlo
  anche l'abusivismo dilagante in quella zona, che è stato per
  lo più "legalizzato" grazie alla legge sul condono edilizio n.
  47 del 1985 ed alle sue successive modificazioni, soprattutto
  quelle apportate dall'articolo 39 della legge n. 724 del 1994
  (che ha esteso il condono a tutti gli abusi commessi fino al
  31 dicembre 1993) e dall'articolo 2 della legge n. 662 del
  1996 (che ha fra l'altro introdotto contemporaneamente
  l'istituto del silenzio-assenso e del silenzio-rifiuto nel
  rilascio delle concessioni o autorizzazioni in sanatoria per
  opere eseguite su aree sottoposte a vincolo).
     Ai sensi della normativa stabilita dal capo IV della
  citata legge n. 47 del 1985 si stanno tuttora portando a
  conclusione le procedure relative a tutte le opere sanabili
  realizzate entro il 31 dicembre 1993, senza un reale controllo
  sulla regolarità delle concessioni in sanatoria rilasciate in
  modo generalizzato anche per gli abusi compiuti su aree
  vincolate.  Questo condono edilizio è destinato comunque a
  chiudersi in termini procedurali, mentre rimane aperto, perché
  permanentemente richiedibile e soprattutto ottenibile, il
  rilascio delle concessioni o autorizzazioni in sanatoria per
  tutti gli abusi edilizi cosiddetti "formali", per i quali può
  essere attivato l'istituto dell'accertamento di conformità
  alla disciplina urbanistica.
     Per tutti gli abusi edilizi commessi dopo il 31 dicembre
 
                               Pag. 2
 
  1993, nonché per quelli non sanabili anche se realizzati prima
  della suddetta data, fatta eccezione solo per gli abusi di
  tipo formale, dovrebbe applicarsi la disciplina repressiva
  stabilita al capo I della legge n. 47 del 1985, ivi comprese
  le sanzioni amministrative e penali: il potenziale usato è
  d'obbligo, perché l'applicazione pratica delle norme in
  materia di controllo sull'attività urbanistico-edilizia è
  stata sostanzialmente disattesa da quasi tutte le
  amministrazioni comunali, specialmente da quelle dell'Italia
  centro-meridionale.
     Laddove gli abusi edilizi sono stati e sono tuttora
  repressi con la emanazione delle ordinanze di demolizione e di
  ripristino dello stato dei luoghi, notificate ai responsabili
  degli abusi anche quando la tipologia degli stessi richiede la
  demolizione d'ufficio, l'immancabile ricorso ai tribunali
  amministrativi regionali (TAR) - messo in atto se non altro
  per sospendere e ritardare i paralleli procedimenti penali -
  si risolve per lo più con la "vittoria" del privato in danno
  dell'amministrazione comunale, che è costretta a pagare così
  anche le spese processuali con i soldi di tutti i
  contribuenti, cioè dei cittadini in regola con la legge.
     I ricorsi amministrativi risultati "vincenti" non sono in
  linea di principio concepibili sotto nessun punto di vista,
  perché assumono implicitamente il doppio significato che o le
  amministrazioni comunali si sono sbagliate nell'emanare le
  ordinanze di demolizione oppure non si sono affatto difese dai
  ricorsi intentati contro di esse: escludendo per rigore di
  logica il primo caso, si apre un pesante interrogativo
  sull'operato delle varie avvocature comunali, che di fronte
  alla oggettività di un abuso edilizio realmente messo in atto
  non dovrebbero trovare difficoltà alcuna a dimostrare la
  legittimità delle ordinanze di repressione emanate
  dall'amministrazione comunale e quindi a rigettare le censure
  portate contro di esse.
     La risposta all'interrogativo viene inevitabilmente dalla
  constatazione che le avvocature comunali per lo più si
  difendono poco o addirittura non si presentano alle udienze
  fissate dai TAR, come hanno dovuto amaramente registrare le
  associazioni ambientaliste in più di una occasione, quando
  sono intervenute  ad opponendum  a fianco delle
  amministrazioni, trovandosi nella posizione di dover difendere
  da sole gli atti emanati non solo dai comuni, ma anche dalla
  regione e dal Ministero per i beni e le attività culturali,
  perché le relative avvocature erano colpevolmente latitanti
  oppure meramente presenti senza esibire nessuna memoria
  difensiva.
     In questo quadro desolante di omissioni si deve registrare
  anche il comportamento dei giudici penali, laddove arrivano a
  sentenziare la condanna dei responsabili di abusi edilizi a
  quel momento non ancora demoliti, perché contestualmente alle
  sentenze non applicano il disposto dell'ultimo comma
  dell'articolo 7 della legge n. 47 del 1985, che li obbliga ad
  ordinare la demolizione delle opere stesse se ancora non sia
  stata altrimenti eseguita: quand'anche è intimata al comune
  inadempiente la demolizione, non avviene per lo più nessun
  ripristino dello stato dei luoghi antecedente all'abuso,
  perché la legge non prevede come debba essere sanzionato
  l'eventuale protrarsi dell'inerzia da parte
  dell'amministrazione comunale.
     Dal quadro sopra descritto emerge già di per sé la
  necessità di porre mano ad una revisione della legge n. 47 del
  1985, che è diventata ormai non più dilazionabile alla luce
  del disastro ambientale avvenuto in Campania, perché causato
  in misura percentualmente rilevante proprio dall'abusivismo
  condonato o non represso, specie se si considera che nel
  novero degli abusi vanno calcolate anche tutte le
  trasformazioni territoriali in contrasto con le disposizioni
  vigenti: a queste ultime vanno ascritte in generale tutte le
  alterazioni degli assetti naturali dei luoghi, spesso
  consentite dalla normativa urbanistica vigente, ma per lo più
  tassativamente vietate dalla disciplina paesistica ed
  ambientale, cosiddetta "concorrente", che è però
  costituzionalmente sopraordinata ai piani regolatori generali
  od ai programmi di fabbricazione dei comuni.
     La necessità di modificare la legge n. 47 del 1985 deriva
  soprattutto - oltre che dalla finalità di disciplinare meglio
 
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  i procedimenti di repressione sulla base delle esperienze
  negative finora registrate - dalla constatazione che la legge
  n. 47 del 1985 è stata approvata prima della legge cosiddetta
  "Galasso" (decreto-legge n. 312 del 1985, convertito, con
  modificazioni, dalla legge n. 431 del 1985), della legge suoi
  suoli n. 183 del 1989 e della legge-quadro sulle aree protette
  n. 394 del 1991: queste tre leggi dettano discipline che la
  legge sul condono edilizio non poteva recepire, perché
  antecedente ad esse, ma che sono fondamentali per l'equilibrio
  idrogeologico del territorio, oltre che per la tutela dei
  cosiddetti "beni diffusi" su di esso disseminati.
     La legge n. 47 del 1985, per il periodo "culturale" in cui
  è stata emanata, detta al capo I solo "norme" in materia di
  "controllo" dell'attività "urbanistico-edilizia", cioè delle
  trasformazioni territoriali disciplinate quasi esclusivamente
  da strumenti urbanistici, che sono a loro volta approvati per
  lo più venti-venticinque anni prima della legge "Galasso", di
  quella sui suoli e delle norme quadro sulle aree protette, di
  cui quindi non rispettano quasi mai la relativa disciplina,
  perché non obbligati ancora a recepirla adeguando ad essa la
  propria normativa urbanistica: la mancata approvazione dei
  piani paesistici, dei piani di bacino e dei piani di assetto
  dei parchi fa sì che vengano "legalizzate" dai piani
  regolatori o dai programmi di fabbricazione opere ed
  interventi che non dovrebbero essere invece affatto
  realizzati.  Questo vuoto legislativo va colmato emanando da un
  lato una normativa quadro in materia di governo del
  territorio, che definisca e disciplini i suoli assolutamente
  inedificabili ai fini dell'equilibrio idrogeologico, ed
  adeguando dall'altro lato la legge sul condono edilizio alla
  normativa paesistico-ambientale in vigore, accentuandone la
  disciplina repressiva a livello preventivo, cioè fin
  dall'accertamento delle opere abusive allo stato iniziale, per
  far sì che le demolizioni d'ufficio assolvano anche ad una
  funzione deterrente.
     Analizziamo ora i vari articoli della presente proposta di
  legge, spiegandone per ognuno le motivazioni che hanno portato
  a redigerli.
     L'articolo 1 della proposta di legge sostituisce il
  secondo comma dell'articolo 4 della legge n. 47 del 1985,
  apportando le seguenti modificazioni:
       al primo periodo, si precisa che la demolizione
  d'ufficio non necessita della notifica del provvedimento al
  responsabile dell'abuso, messo in tale modo in condizione di
  non poter ricorrere al TAR per impedire o ritardare la
  demolizione;
       al secondo periodo, si adegua la disciplina anche al
  decreto-legge n. 312 del 1985, convertito, con modificazioni,
  dalla legge n. 431 del 1985, alla legge n. 183 del 1989 ed
  alla legge n. 394 del 1991, e si integra il medesimo periodo
  con la disposizione introdotta al primo periodo.
     L'articolo 2 stabilisce che per l'esecuzione della
  demolizione d'ufficio ci si può avvalere dell'Esercito.
     L'articolo 3 modifica l'articolo 4, terzo comma, della
  legge n. 47 del 1985.
     L'articolo 4 modifica l'ottavo comma dell'articolo 7 della
  legge n. 47 del 1985, allargando la casistica anche alle
  ipotesi previste dagli articoli 4, 7, 9 (ristrutturazione
  edilizia) e 18 (lottizzazioni abusive) della citata legge n.
  47 del 1985.
     L'articolo 5 inserisce, dopo l'ottavo comma dell'articolo
  7 della legge n. 47 del 1985, la disposizione secondo la quale
  dell'Esercito si può avvalere anche il presidente della giunta
  regionale.
     L'articolo 6 aggiunge, al nono comma dell'articolo 7 della
  legge n. 47 del 1985, la disposizione secondo la quale
  dell'Esercito si deve avvalere il pubblico ministero, laddove
  incaricato con sentenza del giudice dell'ordine di
  demolizione, da prevedere anche in caso di patteggiamento: la
  possibilità di incaricare il pubblico ministero dell'ordine di
  demolizione impartito con sentenza del giudice penale è stata
  prevista dalle Sezioni unite penali della Corte di cassazione,
  con sentenza n. 15 del 19 giugno 1996.
     L'articolo 7 modifica il primo comma, lettera  e),
  dell'articolo 8 della legge n. 47 del 1985, estendendo le
 
                               Pag. 4
 
  disposizioni anche alle violazioni delle norme vigenti in
  materia di difesa del suolo.
     L'articolo 8 considera, modificando il terzo comma
  dell'articolo 8 della legge n. 47 del 1985, come interventi in
  totale difformità dalla concessione anche quelli previsti ai
  sensi degli articoli 4, 9 e 18 della legge n. 47 del 1985.
     L'articolo 9 dispone che all'eventuale inerzia
  dell'amministrazione comunale si sostituisca il presidente
  della giunta regionale.
     L'articolo 10, modificando il terzo comma dell'articolo 9
  della legge n. 47 del 1985, estende gli immobili vincolati
  anche a quelli soggetti a vincolo idrogeologico (regio
  decreto-legge n. 3267 del 1923) a vincolo "Galasso" (legge n.
  431 del 1985), a vincolo di difesa del suolo (legge n. 183 del
  1989), a vincolo di area protetta (legge n. 394 del 1991).
     L'articolo 11 dispone che per le opere soggette ad
  autorizzazione edilizia ottenuta per silenzio-assenso debba
  comunque essere dichiarato l'inizio dell'attività (cosiddetta
  "DIA").
     L'articolo 12 sostituisce il primo comma dell'articolo 13
  della legge n. 47 del 1985 con la disposizione che
  l'accertamento di conformità sia esteso anche alla disciplina
  in materia di difesa dei suoli, del paesaggio e dei beni
  culturali ed ambientali e stabilisce che il rilascio della
  concessione in sanatoria sulla base dell'articolo in oggetto
  non è comunque possibile per le opere realizzate in aree
  sottoposte al regime vincolistico di cui al decreto-legge n.
  312 del 1985, convertito, con modificazioni, dalla legge n.
  431 del 1985, con violazione della disciplina stabilita dallo
  stesso decreto-legge: la concessione in sanatoria, qualora
  rilasciata dall'amministrazione comunale per opere e
  interventi su aree sottoposte ai vincoli suddetti, deve
  ritenersi illegittima e non estingue comunque il reato
  previsto dall'articolo 1- sexies  del decreto-legge 27
  giugno 1985, n. 312, convertito, con modificazioni, dalla
  legge 8 agosto 1985, n. 431, anche nelle more del suo
  obbligatorio annullamento.
     La disposizione citata recepisce le sentenze in tale senso
  emesse dalla Corte di cassazione (sentenza n. 6900 dell'11
  giugno 1992 della sezione III della Cassazione penale,
  sentenza n. 7576 del 27 giugno 1992 della sezione III della
  Cassazione penale, sentenza n. 885 del 20 maggio 1993 della
  sezione III della Cassazione penale).
     L'articolo 13 modifica il primo comma dell'articolo 15
  della legge n. 47 del 1985 estendendolo ai vincoli imposti dal
  decreto-legge n. 312 del 1985, convertito, con modificazioni,
  dalla legge n. 431 del 1985, e delle leggi n. 183 del 1989 e
  n. 394 del 1991.
     L'articolo 14 sostituisce l'articolo 18 della legge n. 47
  del 1985; le nuove disposizioni prevedono che: il certificato
  di destinazione urbanistica sia integrato e contenga anche le
  prescrizioni dettate dalle leggi e dai provvedimenti in
  materia di tutela dei suoli, del paesaggio e dei beni
  culturali e ambientali; un certificato di destinazione
  urbanistica "integrato" è previsto anche dall'articolo 17
  della presente proposta di legge.  Inoltre si dispone,
  modificando il quarto comma del vigente articolo 18, che la
  dichiarazione sostitutiva del certificato di destinazione
  urbanistica sia rilasciata da un tecnico abilitato; si
  prevede, al comma 4, l'estensione alla eventuale esistenza di
  prescrizioni imposte da leggi e da provvedimenti in materia di
  tutela dei suoli, del paesaggio e dei beni culturali e
  ambientali.  Introducendo un comma, si stabilisce che in caso
  di dichiarazione sostitutiva non veritiera, accertata dai
  competenti uffici, l'amministrazione ne dia comunicazione al
  competente ordine professionale, per l'irrogazione delle
  sanzioni disciplinari contro il tecnico abilitato, nonché alla
  competente autorità giudiziaria ai fini dell'esercizio
  dell'azione penale nei riguardi dell'alienante o, in sua
  sostituzione, del convivente.  E', infine, introdotta la
  disposizione che in caso di mancato rilascio della suddetta
  attestazione da parte degli uffici comunali nei termini di
  tempo prescritti, essa debba essere sostituita da una
  dichiarazione rilasciata da un tecnico abilitato e attestante
  la conformità del tipo di frazionamento con tutte le
  prescrizioni vigenti sui terreni oggetto del frazionamento
  medesimo, accertate nel certificato urbanistico integrato o
 
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  nella dichiarazione sostitutiva dello stesso: qualora la
  dichiarazione sostitutiva del tipo di frazionamento richiesto
  risulti non veritiera, l'amministrazione ne dà comunicazione
  al competente ordine professionale, per l'irrogazione delle
  sanzioni disciplinari contro il tecnico abilitato, nonché alla
  competente autorità giudiziaria ai fini dell'esercizio
  dell'azione penale nei riguardi del proprietario dei terreni
  oggetto di frazionamento.  Sostituendo l'ottavo comma del
  vigente articolo 18, dispone che il sindaco debba provvedere
  alla demolizione d'ufficio delle opere, da effettuare a cura e
  spese del responsabile dell'abuso e che in caso di inerzia del
  sindaco si applicano le disposizioni concernenti i poteri
  sostitutivi del presidente della giunta regionale ovvero del
  giudice, di cui agli ultimi tre commi dell'articolo 7 (uso
  dell'Esercito).
     L'articolo 15 sostituisce il secondo periodo della lettera
  c)  del primo comma dell'articolo 20 della legge n. 47
  del 1985 con la disposizione che la stessa pena si applica
  anche nel caso di interventi edilizi realizzati nelle zone
  sottoposte a vincolo idrogeologico (regio decreto-legge n.
  3267 del 1923 e legge n. 183 del 1989),
  archeologico-monumentale (legge n. 1089 del 1939),
  paesaggistico-ambientale (leggi n. 1497 del 1939 e n. 394 del
  1991 nonché dal decreto-legge n. 312 del 1985, convertito, con
  modificazioni, dalla legge n. 431 del 1985), in variazione
  essenziale, in totale difformità o in assenza della
  concessione: qualora le opere e gli interventi siano stati
  realizzati in parziale difformità rispetto al regime
  autorizzatorio ottenuto e/o comunque si tratti di opere e
  interventi di carattere modesto con precarietà strutturale e/o
  funzionale, la cui realizzazione non abbia determinato un
  rilevante danno paesaggistico-ambientale, si applica la minore
  ammenda da lire 500 mila a lire 5 milioni.
     L'articolo 16 modifica il primo comma dell'articolo 22
  della legge n. 47 del 1985.
     L'articolo 17 introduce, dopo l'ultimo comma dell'articolo
  22 della legge n. 47 del 1985, due commi, secondo il primo dei
  quali la norma di cui all'articolo 39 della legge 23 dicembre
  1994, n. 724, in virtù della quale il rilascio della
  concessione in sanatoria estingue anche il reato previsto
  dall'articolo 1- sexies  del decreto-legge 27 giugno 1985,
  n. 312, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto
  1985, n. 431, debba ritenersi fare riferimento soltanto alla
  concessione in sanatoria rilasciata a norma degli articoli 31
  e seguenti della legge n. 47 del 1985, e non anche a quella
  rilasciata ai sensi dell'articolo 13.  Ai sensi della
  disposizione introdotta il rilascio di concessione in
  sanatoria non estingue altresì il reato di cui all'articolo
  734 del codice penale: in tema di applicazione dell'articolo
  734 del codice penale è demandato sempre al giudice penale
  l'accertamento della sussistenza della distruzione o
  alterazione delle bellezze naturali dei luoghi soggetti alla
  speciale protezione dell'autorità, indipendentemente da ogni
  valutazione della pubblica amministrazione, della quale - se
  intervenuta - il giudice dovrà tenere comunque conto con
  adeguata motivazione.  La prima disposizione recepisce la
  sentenza n. 812 del 4 giugno 1996 della sezione III della
  Cassazione penale: la seconda disposizione recepisce invece la
  sentenza n. 15 del 21 ottobre 1992 delle Sezioni unite della
  Suprema Corte di cassazione.
     L'articolo 18, modificando il quarto comma dell'articolo
  26 della legge n. 47 del 1985, prevede l'inapplicabilità delle
  disposizioni relative alle opere interne anche nel caso di
  vincoli imposti ai sensi del regio decreto-legge n. 3267 del
  1923, delle leggi n. 183 del 1989 e n. 394 del 1991, e del
  decreto-legge n. 312 del 1985, converito, con modificazioni
  dalla legge n. 431 del 1985.
     L'articolo 19 introduce, come ultimo comma dell'articolo
  27 della legge n. 47 del 1985, l'uso dell'Esercito ai fini
  della demolizione di opere abusive, così come previsto al
  comma 56 dell'articolo 2 della legge 23 dicembre 1996, n.
  662.
     L'articolo 20 dispone che in caso di domande di
  concessione in sanatoria, presentate senza avere i requisiti
  di cui ai due primi commi dell'articolo 31 della legge n. 47
  del 1985 o con dichiarazioni non veritiere, si applicano le
  sanzioni di cui al primo comma, lettera  b),
 
                               Pag. 6
 
  dell'articolo 20 della legge n. 47 del 1985 (arresto fino a
  due anni ed ammenda da 10 a 100 milioni di lire).
     L'articolo 21 sostituisce il primo comma dell'articolo 32
  della legge n. 47 del 1985, con la disposizione secondo la
  quale per le opere eseguite su immobili soggetti ai vincoli di
  cui al regio decreto-legge n. 3267 del 1923 e alle leggi n.
  1089 del 1939, n. 1497 del 1939, n. 183 del 1989 e n. 394 del
  1991, nonchè del decreto-legge n. 312 del 1985, convertito,
  con modificazioni, dalla legge n. 431 del 1985, relative ad
  ampliamenti o tipologie d'abuso che non comportino aumento di
  superficie o di volume, il rilascio della concessione o
  dell'autorizzazione in sanatoria è subordinato al preventivo
  ed obbligatorio parere favorevole delle amministrazioni
  preposte alla tutela del vincolo: qualora tale parere non sia
  espresso dalle suddette amministrazioni entro centottanta
  giorni dalla data del ricevimento della richiesta di parere,
  esso si intende reso in senso favorevole.
     L'articolo 22 introduce, infine, dopo il primo comma
  dell'articolo 38 della legge n. 47 del 1985, la disposizione
  che in caso di domanda presentata senza avere i requisiti di
  cui ai primi due commi dell'articolo 31, o con dichiarazioni
  non veritiere, si applicano le sanzioni amministrative di cui
  al capo I, nonché quelle penali previste al primo comma,
  lettera  b),  dell'articolo 20 della legge n. 47 del
  1985.
 
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