| Onorevoli Colleghi! - Dalla fine degli anni settanta si
è sviluppato un "sistema televisivo misto" caratterizzato
dalla presenza di grandi emittenti private e dalla forte
presenza pubblica che, inevitabilmente, per spartirsi quote di
spettatori, nonché le relative risorse pubblicitarie, ha
prodotto una valanga di programmi, spesso di bassa qualità. La
produzione e la trasmissione di tali programmi sono
strettamente connesse a quel processo di deterioramento della
moralità che si avverte sul piano individuale, culturale,
socio-politico, ma soprattutto a livello familiare.
E non vi è il minimo dubbio che da diversi anni è in atto,
soprattutto mediante il mezzo televisivo, un tentativo sottile
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di "normalizzare" una delle forme più subdole di tale
deterioramento: la pornografia.
Questa tendenza, che nasce intorno agli anni sessanta
negli Stati Uniti e nel nord Europa, offre ampi spazi alla
illegalità, alla clandestinità, allo sfruttamento e alla
violenza e rappresenta l'annientamento dell'individuo sia come
singolo che come parte integrante di una collettività. Tale
situazione non solo nuoce all'individuo adulto, ma,
soprattutto, nuoce ai fanciulli e agli adolescenti, che,
tenuto conto della sensibilità e dell'impressionabilità ad
essi proprie, sono più facilmente influenzabili. Tutto ciò
pregiudica inevitabilmente la corretta e serena evoluzione
psichica di tali soggetti, la quale deve essere tutelata da
influenze negative e da suggestioni devianti.
La necessità di tutelare fattivamente il minore si è
ravvisata anche in ambito comunitario, con la direttiva
89/552/CEE del Consiglio, del 3 ottobre 1989 (cosiddetta
"Televisione senza frontiere"), in seguito modificata dalla
direttiva 97/36/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del
30 giugno 1997. In particolare l'articolo 22 della direttiva
89/552/CEE sancisce il dovere degli Stati membri di adottare
"le misure atte a garantire che le trasmissioni delle
emittenti televisive soggette alla loro giurisdizione non
contengano alcun programma che possa nuocere gravemente allo
sviluppo fisico, mentale o morale dei minorenni, in
particolare programmi che contengano scene pornografiche o di
violenza gratuita". In attuazione di tale direttiva sono
intervenute norme contenute anche nella legge 6 agosto 1990,
n. 223 (cosiddetta "legge Mammì").
Per quanto riguarda l'aspetto penalistico, attualmente il
fenomeno della pornografia è disciplinato nell'ambito della
più generale normativa prevista per la repressione della
diffusione e del consumo di materiale pornografico. Infatti,
l'articolo 528 del codice penale; fa riferimento a
pubblicazioni e spettacoli osceni e il successivo articolo 529
definisce la nozione di atti e oggetti osceni, intesi come
quelli che, secondo il comune sentimento, offendono il
pudore.
Tuttavia riteniamo che dal punto di vista normativo in
Italia la legge che regola il sistema radiotelevisivo (legge
n. 223 del 1990), non sanzioni adeguatamente il divieto di
trasmettere programmi a contenuto pornografico. Da qui la
presentazione della proposta di legge che ha lo scopo di
vietare la trasmissione di programmi pornografici attraverso
la previsione di una sanzione veramente persuasiva, in quanto
riteniamo che soltanto in tale modo si può tentare di porre un
freno a quei comportamenti socialmente dannosi e pericolosi
che determinano una generale perdita di valori, minando
l'integrità della famiglia e conseguentemente della
società.
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