| Onorevoli Colleghi! - La Liga Veneta Repubblica con la
presente proposta di legge intende proporre una disciplina che
modifica le disposizioni della legge n. 40 del 1998, meglio
nota come "legge Turco-Napolitano" e quindi del testo unico
delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione
e norme sulla condizione dello straniero, emanato con decreto
legislativo 25 luglio 1998, n. 286, che ha unito tale recente
normativa alle altre norme in materia di immigrazione già in
vigore abrogando gran parte delle disposizioni. Con la
presente proposta di legge attraverso un lavoro di abrogazioni
mirate, quasi "in punta di bisturi", si propone la abrogazione
di articoli, commi, periodi o semplicemente di alcune parole
del citato testo unico in materia di immigrazione, emanato con
decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, mutandone, però,
sostanzialmente la efficacia. In questo modo non si annulla
l'organicità della disciplina, ma si eliminano tutte quelle
parti che in sede di applicazione pratica della nuova
disciplina introdotta dalla legge n. 40 del 1998 hanno
dimostrato di non funzionare.
La legge sull'immigrazione non è tutta da buttare. Ci sono
delle parti molto valide laddove esse considerano i lavoratori
stranieri come una "risorsa" per la nostra economia
disciplinandone le modalità di ingresso e il loro inserimento
nel mondo del lavoro. Si propone quindi di abrogare tutte
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quelle norme che discriminano tra cittadini italiani e
cittadini extracomunitari, a favore di questi ultimi (accesso
all'edilizia residenziale pubblica e alle strutture
sanitarie). In particolare, si propone l'abrogazione del comma
4 dell'articolo 2, laddove si introduce il concetto che una
disciplina di tipo centralista in materia di immigrazione
possa imporsi alle norme regionali.
Si sopprime la carta di soggiorno, ingiusto privilegio che
regala, dopo soli cinque anni, diritti (come, ad esempio,
l'elettorato alle elezioni amministrative) ora raggiunti dopo
dieci anni di permanenza sul nostro suolo con la cittadinanza
italiana.
Si propone quindi l'abrogazione della lettera b) del
comma 2 dell'articolo 19, che vieta l'espulsione per i
titolari di carta di soggiorno e della lettera c) del
medesimo comma, che vieta l'espulsione degli stranieri
conviventi con parenti entro il quarto grado o con il coniuge
di nazionalità italiana. Se ci si trova di fronte a
delinquenti o irregolari, non c'è ragione perchè questi
rimangano in Italia.
Si propone altresì l'abrogazione dell'articolo 20 del
citato testo unico emanato con decreto legislativo 25 luglio
1998, n. 286, che prevede misure di accoglienza per eventi
eccezionali. Se si registrano circostanze eccezionali, devono
intervenire gli organismi internazionali e, comunque, deve
essere il Parlamento a decidere in proposito e non il
Governo.
All'articolo 22 del citato testo unico è previsto che il
lavoratore straniero che abbia perso il posto di lavoro possa
ottenere un permesso di soggiorno per un periodo "non
inferiore ad un anno". Riteniamo, invece, che il lavoratore
straniero che non trovi un nuovo impiego che gli consenta di
prorogare il permesso di soggiorno possa restare finchè il
permesso originario non scade.
Si propone altresì l'abrogazione del comma 8 dell'articolo
29 del citato testo unico che prevede il rilascio del permesso
di soggiorno presso le rappresentanze diplomatiche e consolari
italiane, qualora entro novanta giorni le domande di nulla
osta presentate presso le nostre questure non abbiano avuto
risposta. L'ufficio stranieri della questura a cui lo
straniero ha presentato una domanda potrebbe avere carichi di
lavoro tali, in taluni periodi dell'anno, da non poter
rientrare entro i novanta giorni. In conseguenza di ciò
risulta facile a chiunque ottenere, presso le nostre
rappresentanze diplomatiche e consolari all'estero, un
regolare permesso per "silenzio-assenso", senza averne però i
requisiti.
Si propone altresì di abrogare il comma 4 dell'articolo 30
del citato testo unico, che prevede la concessione della carta
di soggiorno allo straniero che sposi un cittadino italiano o
straniero titolare di carta di soggiorno. Provate a pensare
quanti falsi matrimoni tra giovani prostitute e vecchietti
italiani o immigrati stranieri titolari di carta di soggiorno
che, pur di rendersene disponibili, ne avrebbero in cambio
anche un utile profitto.
L'articolo 35, al comma 5, dispone che: "L'accesso alle
strutture sanitarie da parte dello straniero non in regola con
le norme sul soggiorno non può comportare alcun tipo di
segnalazione all'autorità, salvo i casi in cui sia
obbligatorio il referto, a parità di condizioni con il
cittadino italiano". Come dire: se arriva in ospedale un
albanese che, in seguito a una sparatoria nella pubblica via,
sia stato ferito da arma da fuoco, a meno che non sia in punto
di morte che necessiti il referto, non lo si può segnalare
alla polizia.
L'articolo 40, al comma 5, sembra un pugno nello stomaco
ai nostri cittadini poveri e ai nostri indigenti. Esso prevede
infatti lo stanziamento di fondi per la costruzione di
apposite abitazioni da destinare esclusivamente agli
stranieri. E' pertanto da abrogare.
L'articolo 43 del citato testo unico, alla rubrica recita:
" Discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o
religiosi ", non limitandosi ad introdurre principi generali
contro le discriminazioni razziali. La filosofia di questo
articolo sembra essere quella che gli italiani siano
generalmente un popolo di razzisti e che, a motivo di ciò,
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vadano puniti. Poiché siano convinti del contrario, cioè che
se esistono fenomeni di intolleranza o di razzismo questi si
manifestino in una sparuta minoranza, ne proponiamo la
soppressione. Le leggi per punire gli imbecilli e i razzisti
ci sono già.
Giungiamo infine all'articolo 44 del citato testo unico,
che riguarda l'azione civile contro la discriminazione. Basta
leggere il comma 9, che riportiamo testualmente, per capire la
pericolosità della norma nei confronti dei cittadini italiani:
"Il ricorrente, al fine di dimostrare la sussistenza a proprio
danno del comportamento discriminatorio in ragione della
razza, del gruppo etnico o linguistico, della provenienza
geografica, della confessione religiosa o della cittadinanza
può dedurre elementi di fatto anche a carattere statistico
relativi alle assunzioni, ai regimi contributivi, alla
assegnazione delle mansioni e qualifiche, ai trasferimenti,
alla progressione in carriera ed ai licenziamenti dell'azienda
interessata. Il giudice valuta i fatti dedotti nei limiti di
cui all'articolo 2729, primo comma, del codice civile".
Occorre segnalare il comma 10 del medesimo articolo, che
prevede: "Qualora il datore di lavoro ponga in essere un atto
o un comportamento discriminatorio di carattere collettivo,
anche in casi in cui non siano individuabili in modo immediato
e diretto i lavoratori lesi dalle discriminazioni, il ricorso
può essere presentato dalle rappresentanze locali delle
organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative a
livello nazionale". Norme semplicemente assurde, che
colpevolizzano quei cittadini che non sono extracomunitari, da
abrogare.
Si propone, infine, di abrogare l'articolo 46 del citato
testo unico, che ha istituito una costosa, centralista e
anacronistica commissione per le politiche di integrazione.
Per quanto riguarda le espulsioni, siamo convinti che
mediante le diverse abrogazioni proposte dei vari articoli del
testo unico resti in vita una disciplina più efficace e di più
facile attuazione, forti anche dell'esperienza in materia,
specie per quanto riguarda le espulsioni, prima della legge
"Martelli" e poi del decreto "Dini" ed ora della prima
applicazione della legge "Turco-Napolitano".
Si deve evitare di considerare il cittadino straniero un
soggetto debole che va continuamente sottoposto a tutela. Il
cittadino straniero è da considerare come il cittadino
italiano, se lavora e accetta regole delle nostre comunità.
Rischiamo, invece, di trovarci di fronte a un razzismo alla
rovescia quando vediamo, tanto per citare un esempio, il Corpo
della Guardia di finanza controllare a tappeto i negozi dei
commercianti italiani, mentre lascia che gli extracomunitari
vendano, lungo le strade, in improvvisati banchi sprovvisti di
autorizzazione, sforniti di registratori fiscali, merce che,
nella maggior parte dei casi, è oltretutto rubata o
contraffatta.
Si snelliscono, inoltre, le procedure per le espulsioni
dei clandestini. Le forme di espulsione di cittadini stranieri
indesiderati che all'atto pratico hanno trovato una migliore
applicazione sono quelle in via amministrativa. Su queste
bisogna puntare, abrogando invece le disposizioni che rinviano
tali oneri alla autorità giudiziaria, essendo già la giustizia
italiana oberata da tanti e importanti compiti. Gli ingressi e
le sanatorie saranno così possibili solo in presenza di una
reale richiesta di immigrati per la collocazione nel mondo del
lavoro. Sarà concessa l'iscrizione al collocamento per tipo di
lavoro e per qualifiche, per periodi non superiori al periodo
rimanente del permesso già accordato, onde prevenire false
regolarizzazioni e permessi fasulli.
Si prevedono poi nella presente proposta di legge nuovi
poteri per i sindaci e per i presidenti della provincia. A
questi spetterà il coordinamento delle politiche
sull'immigrazione nel territorio di competenza.
Nelle grandi città con più di 100 mila abitanti la
competenza sulle politiche relative all'immigrazione e sul
coordinamento delle forze preposte all'ordine pubblico diventa
del sindaco, nel resto del territorio provinciale, essa è
attribuita al presidente della provincia.
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Saranno il sindaco e il presidente alla provincia -
cittadini eletti e che torneranno su questi temi alla prova
del voto elettorale - a decidere, secondo competenza, quanti
immigrati saranno necessari nel territorio da essi controllato
e monitorato.
Saranno essi a coordinare le Forze dell'ordine per il
controllo delle identità degli immigrati e per la loro
eventuale espulsione. Saranno loro che si faranno carico di
istituire degli appositi uffici stranieri per le incombenze
che ora pesano sulle questure. Presso gli stessi enti locali
verranno istituiti, quindi, uno o più uffici stranieri con
archivi elettronici fotodattiloscopici. Si risolve in questo
modo il sovraintasamento per eccesso di lavoro degli uffici
stranieri, attualmente presenti solo nelle questure. Questo
consentirà, inoltre, ai lavoratori stranieri onesti di
ottenere rapidamente la documentazione loro necessaria e alle
Forze dell'ordine di individuare con rapidità i clandestini e
gli indesiderati da espellere. Le responsabilità politiche di
quello che avviene sul territorio, in positivo o in negativo,
saranno quindi chiare e ben evidenziabili, senza che si debba
assistere al consueto vizio italiano dello "scaricabarile".
Essendo veneti, siamo forti dell'esperienza che, anni
addietro, ha vissuto la nostra gente emigrando in altre parti
del mondo. Nei cinque continenti dove si sono recati per
cercare migliori condizioni di vita di quelle che in Patria
non riuscivano ad avere, i veneti non hanno trovato favori o
facili concessioni. Si sono guadagnati con il sudore della
fronte la cittadinanza del nuovo Paese dimostrando di
rispettare le regole del Paese che li aveva accolti.
Non si propone quindi, come qualcuno un po'
improvvidamente ha fatto, un referendum per la
abrogazione integrale del testo unico in materia di
immigrazione - che farebbe oltretutto rivivere la aborrita
legge "Martelli" - ma si propongano nuove norme e abrogazioni
mirate, dalla parte del cittadino.
Bisogna comprendere, che l'Italia non è un Paese razzista
e bisogna operare in maniera tale che non lo diventi.
L'operaio albanese che lavora, che paga le tasse, che paga
l'affitto e le rate della macchina, condivide esattamente gli
stessi problemi dell'operaio italiano e con questi
solidarizza. Non è quindi nemmeno un problema di quanti
immigrati vogliamo accogliere. Il problema è di quanti
possiamo accoglierne garantendo loro una esistenza dignitosa,
una casa, un lavoro, la possibilità di costituire una
famiglia. Solo avvicinando il problema al territorio (per
questo è importantissimo affidare il coordinamento delle
politiche sull'immigrazione ai sindaci e ai presidenti della
provincia, nei territori di rispettiva competenza) si aiutano
gli immigrati e non si penalizzano i cittadini italiani.
Dopo la approvazione della presente proposta di legge
resterà quindi in vita una disciplina organica in materia di
immigrazione per rendere ai cittadini, che lo chiedono a gran
voce, una qualità della vita assolutamente migliore.
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