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Testi integrali degli Atti Parlamentari della XIII Legislatura

Documento


66072
DDL5585-0002
Progetto di legge Camera n. 5585 - testo presentato - (DDL13-5585)
(suddiviso in 4 Unità Documento)
Unità Documento n.2 (che inizia a pag.1 dello stampato)
...C5585. TESTIPDL
...C5585.
RELAZIONE
ZZDDL ZZDDLC ZZNONAV ZZDDLC5585 ZZ13 ZZRL ZZPR
     Onorevoli Colleghi! - La Liga Veneta Repubblica con la
  presente proposta di legge intende proporre una disciplina che
  modifica le disposizioni della legge n. 40 del 1998, meglio
  nota come "legge Turco-Napolitano" e quindi del testo unico
  delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione
  e norme sulla condizione dello straniero, emanato con decreto
  legislativo 25 luglio 1998, n. 286, che ha unito tale recente
  normativa alle altre norme in materia di immigrazione già in
  vigore abrogando gran parte delle disposizioni.  Con la
  presente proposta di legge attraverso un lavoro di abrogazioni
  mirate, quasi "in punta di bisturi", si propone la abrogazione
  di articoli, commi, periodi o semplicemente di alcune parole
  del citato testo unico in materia di immigrazione, emanato con
  decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, mutandone, però,
  sostanzialmente la efficacia.  In questo modo non si annulla
  l'organicità della disciplina, ma si eliminano tutte quelle
  parti che in sede di applicazione pratica della nuova
  disciplina introdotta dalla legge n. 40 del 1998 hanno
  dimostrato di non funzionare.
     La legge sull'immigrazione non è tutta da buttare.  Ci sono
  delle parti molto valide laddove esse considerano i lavoratori
  stranieri come una "risorsa" per la nostra economia
  disciplinandone le modalità di ingresso e il loro inserimento
  nel mondo del lavoro.  Si propone quindi di abrogare tutte
 
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  quelle norme che discriminano tra cittadini italiani e
  cittadini extracomunitari, a favore di questi ultimi (accesso
  all'edilizia residenziale pubblica e alle strutture
  sanitarie).  In particolare, si propone l'abrogazione del comma
  4 dell'articolo 2, laddove si introduce il concetto che una
  disciplina di tipo centralista in materia di immigrazione
  possa imporsi alle norme regionali.
     Si sopprime la carta di soggiorno, ingiusto privilegio che
  regala, dopo soli cinque anni, diritti (come, ad esempio,
  l'elettorato alle elezioni amministrative) ora raggiunti dopo
  dieci anni di permanenza sul nostro suolo con la cittadinanza
  italiana.
     Si propone quindi l'abrogazione della lettera  b)  del
  comma 2 dell'articolo 19, che vieta l'espulsione per i
  titolari di carta di soggiorno e della lettera  c)  del
  medesimo comma, che vieta l'espulsione degli stranieri
  conviventi con parenti entro il quarto grado o con il coniuge
  di nazionalità italiana.  Se ci si trova di fronte a
  delinquenti o irregolari, non c'è ragione perchè questi
  rimangano in Italia.
     Si propone altresì l'abrogazione dell'articolo 20 del
  citato testo unico emanato con decreto legislativo 25 luglio
  1998, n. 286, che prevede misure di accoglienza per eventi
  eccezionali.  Se si registrano circostanze eccezionali, devono
  intervenire gli organismi internazionali e, comunque, deve
  essere il Parlamento a decidere in proposito e non il
  Governo.
     All'articolo 22 del citato testo unico è previsto che il
  lavoratore straniero che abbia perso il posto di lavoro possa
  ottenere un permesso di soggiorno per un periodo "non
  inferiore ad un anno".  Riteniamo, invece, che il lavoratore
  straniero che non trovi un nuovo impiego che gli consenta di
  prorogare il permesso di soggiorno possa restare finchè il
  permesso originario non scade.
     Si propone altresì l'abrogazione del comma 8 dell'articolo
  29 del citato testo unico che prevede il rilascio del permesso
  di soggiorno presso le rappresentanze diplomatiche e consolari
  italiane, qualora entro novanta giorni le domande di nulla
  osta presentate presso le nostre questure non abbiano avuto
  risposta.  L'ufficio stranieri della questura a cui lo
  straniero ha presentato una domanda potrebbe avere carichi di
  lavoro tali, in taluni periodi dell'anno, da non poter
  rientrare entro i novanta giorni.  In conseguenza di ciò
  risulta facile a chiunque ottenere, presso le nostre
  rappresentanze diplomatiche e consolari all'estero, un
  regolare permesso per "silenzio-assenso", senza averne però i
  requisiti.
     Si propone altresì di abrogare il comma 4 dell'articolo 30
  del citato testo unico, che prevede la concessione della carta
  di soggiorno allo straniero che sposi un cittadino italiano o
  straniero titolare di carta di soggiorno.  Provate a pensare
  quanti falsi matrimoni tra giovani prostitute e vecchietti
  italiani o immigrati stranieri titolari di carta di soggiorno
  che, pur di rendersene disponibili, ne avrebbero in cambio
  anche un utile profitto.
     L'articolo 35, al comma 5, dispone che: "L'accesso alle
  strutture sanitarie da parte dello straniero non in regola con
  le norme sul soggiorno non può comportare alcun tipo di
  segnalazione all'autorità, salvo i casi in cui sia
  obbligatorio il referto, a parità di condizioni con il
  cittadino italiano".  Come dire: se arriva in ospedale un
  albanese che, in seguito a una sparatoria nella pubblica via,
  sia stato ferito da arma da fuoco, a meno che non sia in punto
  di morte che necessiti il referto, non lo si può segnalare
  alla polizia.
     L'articolo 40, al comma 5, sembra un pugno nello stomaco
  ai nostri cittadini poveri e ai nostri indigenti.  Esso prevede
  infatti lo stanziamento di fondi per la costruzione di
  apposite abitazioni da destinare esclusivamente agli
  stranieri.  E' pertanto da abrogare.
     L'articolo 43 del citato testo unico, alla rubrica recita:
  " Discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o
  religiosi ", non limitandosi ad introdurre principi generali
  contro le discriminazioni razziali.  La filosofia di questo
  articolo sembra essere quella che gli italiani siano
  generalmente un popolo di razzisti e che, a motivo di ciò,
 
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  vadano puniti.  Poiché siano convinti del contrario, cioè che
  se esistono fenomeni di intolleranza o di razzismo questi si
  manifestino in una sparuta minoranza, ne proponiamo la
  soppressione.  Le leggi per punire gli imbecilli e i razzisti
  ci sono già.
     Giungiamo infine all'articolo 44 del citato testo unico,
  che riguarda l'azione civile contro la discriminazione.  Basta
  leggere il comma 9, che riportiamo testualmente, per capire la
  pericolosità della norma nei confronti dei cittadini italiani:
  "Il ricorrente, al fine di dimostrare la sussistenza a proprio
  danno del comportamento discriminatorio in ragione della
  razza, del gruppo etnico o linguistico, della provenienza
  geografica, della confessione religiosa o della cittadinanza
  può dedurre elementi di fatto anche a carattere statistico
  relativi alle assunzioni, ai regimi contributivi, alla
  assegnazione delle mansioni e qualifiche, ai trasferimenti,
  alla progressione in carriera ed ai licenziamenti dell'azienda
  interessata.  Il giudice valuta i fatti dedotti nei limiti di
  cui all'articolo 2729, primo comma, del codice civile".
  Occorre segnalare il comma 10 del medesimo articolo, che
  prevede: "Qualora il datore di lavoro ponga in essere un atto
  o un comportamento discriminatorio di carattere collettivo,
  anche in casi in cui non siano individuabili in modo immediato
  e diretto i lavoratori lesi dalle discriminazioni, il ricorso
  può essere presentato dalle rappresentanze locali delle
  organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative a
  livello nazionale".  Norme semplicemente assurde, che
  colpevolizzano quei cittadini che non sono extracomunitari, da
  abrogare.
     Si propone, infine, di abrogare l'articolo 46 del citato
  testo unico, che ha istituito una costosa, centralista e
  anacronistica commissione per le politiche di integrazione.
     Per quanto riguarda le espulsioni, siamo convinti che
  mediante le diverse abrogazioni proposte dei vari articoli del
  testo unico resti in vita una disciplina più efficace e di più
  facile attuazione, forti anche dell'esperienza in materia,
  specie per quanto riguarda le espulsioni, prima della legge
  "Martelli" e poi del decreto "Dini" ed ora della prima
  applicazione della legge "Turco-Napolitano".
     Si deve evitare di considerare il cittadino straniero un
  soggetto debole che va continuamente sottoposto a tutela.  Il
  cittadino straniero è da considerare come il cittadino
  italiano, se lavora e accetta regole delle nostre comunità.
  Rischiamo, invece, di trovarci di fronte a un razzismo alla
  rovescia quando vediamo, tanto per citare un esempio, il Corpo
  della Guardia di finanza controllare a tappeto i negozi dei
  commercianti italiani, mentre lascia che gli extracomunitari
  vendano, lungo le strade, in improvvisati banchi sprovvisti di
  autorizzazione, sforniti di registratori fiscali, merce che,
  nella maggior parte dei casi, è oltretutto rubata o
  contraffatta.
     Si snelliscono, inoltre, le procedure per le espulsioni
  dei clandestini.  Le forme di espulsione di cittadini stranieri
  indesiderati che all'atto pratico hanno trovato una migliore
  applicazione sono quelle in via amministrativa.  Su queste
  bisogna puntare, abrogando invece le disposizioni che rinviano
  tali oneri alla autorità giudiziaria, essendo già la giustizia
  italiana oberata da tanti e importanti compiti.  Gli ingressi e
  le sanatorie saranno così possibili solo in presenza di una
  reale richiesta di immigrati per la collocazione nel mondo del
  lavoro.  Sarà concessa l'iscrizione al collocamento per tipo di
  lavoro e per qualifiche, per periodi non superiori al periodo
  rimanente del permesso già accordato, onde prevenire false
  regolarizzazioni e permessi fasulli.
     Si prevedono poi nella presente proposta di legge nuovi
  poteri per i sindaci e per i presidenti della provincia.  A
  questi spetterà il coordinamento delle politiche
  sull'immigrazione nel territorio di competenza.
     Nelle grandi città con più di 100 mila abitanti la
  competenza sulle politiche relative all'immigrazione e sul
  coordinamento delle forze preposte all'ordine pubblico diventa
  del sindaco, nel resto del territorio provinciale, essa è
  attribuita al presidente della provincia.
 
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     Saranno il sindaco e il presidente alla provincia -
  cittadini eletti e che torneranno su questi temi alla prova
  del voto elettorale - a decidere, secondo competenza, quanti
  immigrati saranno necessari nel territorio da essi controllato
  e monitorato.
     Saranno essi a coordinare le Forze dell'ordine per il
  controllo delle identità degli immigrati e per la loro
  eventuale espulsione.  Saranno loro che si faranno carico di
  istituire degli appositi uffici stranieri per le incombenze
  che ora pesano sulle questure.  Presso gli stessi enti locali
  verranno istituiti, quindi, uno o più uffici stranieri con
  archivi elettronici fotodattiloscopici.  Si risolve in questo
  modo il sovraintasamento per eccesso di lavoro degli uffici
  stranieri, attualmente presenti solo nelle questure.  Questo
  consentirà, inoltre, ai lavoratori stranieri onesti di
  ottenere rapidamente la documentazione loro necessaria e alle
  Forze dell'ordine di individuare con rapidità i clandestini e
  gli indesiderati da espellere.  Le responsabilità politiche di
  quello che avviene sul territorio, in positivo o in negativo,
  saranno quindi chiare e ben evidenziabili, senza che si debba
  assistere al consueto vizio italiano dello "scaricabarile".
     Essendo veneti, siamo forti dell'esperienza che, anni
  addietro, ha vissuto la nostra gente emigrando in altre parti
  del mondo.  Nei cinque continenti dove si sono recati per
  cercare migliori condizioni di vita di quelle che in Patria
  non riuscivano ad avere, i veneti non hanno trovato favori o
  facili concessioni.  Si sono guadagnati con il sudore della
  fronte la cittadinanza del nuovo Paese dimostrando di
  rispettare le regole del Paese che li aveva accolti.
     Non si propone quindi, come qualcuno un po'
  improvvidamente ha fatto, un  referendum  per la
  abrogazione integrale del testo unico in materia di
  immigrazione - che farebbe oltretutto rivivere la aborrita
  legge "Martelli" - ma si propongano nuove norme e abrogazioni
  mirate, dalla parte del cittadino.
     Bisogna comprendere, che l'Italia non è un Paese razzista
  e bisogna operare in maniera tale che non lo diventi.
  L'operaio albanese che lavora, che paga le tasse, che paga
  l'affitto e le rate della macchina, condivide esattamente gli
  stessi problemi dell'operaio italiano e con questi
  solidarizza.  Non è quindi nemmeno un problema di quanti
  immigrati vogliamo accogliere.  Il problema è di quanti
  possiamo accoglierne garantendo loro una esistenza dignitosa,
  una casa, un lavoro, la possibilità di costituire una
  famiglia.  Solo avvicinando il problema al territorio (per
  questo è importantissimo affidare il coordinamento delle
  politiche sull'immigrazione ai sindaci e ai presidenti della
  provincia, nei territori di rispettiva competenza) si aiutano
  gli immigrati e non si penalizzano i cittadini italiani.
     Dopo la approvazione della presente proposta di legge
  resterà quindi in vita una disciplina organica in materia di
  immigrazione per rendere ai cittadini, che lo chiedono a gran
  voce, una qualità della vita assolutamente migliore.
 
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