| Onorevoli Colleghi! - Alcuni anni fa, il documento
della World Commission for Environment and Development Our
Common Future introdusse nel dibattito internazionale il
concetto di sostenibilità ambientale. Esso è stato poi alla
base della conferenza UNCED (United Nations Conference on
Environment and Development) che si è svolta a Rio de
Janeiro nel 1992. Attualmente, tra l'altro, costituisce il
riferimento fondamentale del " Quinto piano di azione
sull'ambiente della Unione Europea ".
Con l'espressione "sostenibilità ambientale" ci si
riferisce alle condizioni sistemiche per cui, a livello
planetario e a livello regionale, le attività umane non
disturbino i cicli naturali più di quanto la resilienza -
ovvero la capacità di subire un'azione di disturbo senza
uscire irreversibilmente dalla condizione di equilibrio - del
pianeta lo permetta e, allo stesso tempo, non impoveriscano il
capitale naturale - ovvero l'insieme delle risorse non
rinnovabili, delle capacità sistemiche dell'ambiente di
riprodurre le risorse rinnovabili e della ricchezza genetica -
che verrà trasmesso alle generazioni future. A queste due
prescrizioni, fondate su considerazioni di carattere
prevalentemente fisico, se ne aggiunge una terza di carattere
etico: il principio di equità per cui si afferma che, nel
quadro della sostenibilità, ogni persona ha diritto allo
stesso spazio ambientale, cioè ad un certo quantitativo di
energia, acqua, territorio, materie prime non rinnovabili per
vivere, per produrre e per consumare senza superare i limiti
della sostenibilità.
La sostenibilità ambientale implica l'articolazione di uno
sforzo su piani diversi e su ogni aspetto della società perché
mette in discussione il nostro modello di sviluppo.
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Nei prossimi decenni dovremo essere capaci di passare da
una società in cui il benessere e la salute economica siano
misurati in termini di crescita della produzione e dei consumi
materiali ad una società in cui la capacità di vivere meglio,
anche sviluppando nuova economia, sia improntata sul minore
consumo di prodotti materiali. Come questo passaggio potrà
avvenire è oggi difficile da prevedere. E' certo, però, che si
dovrà verificare una discontinuità che toccherà tutte le
dimensioni del sistema: fisica, economica, istituzionale,
etica, estetica e culturale. La transazione verso la
sostenibilità implica delle discontinuità sistemiche che
investono contemporaneamente tutti i livelli della società che
fin qui abbiamo conosciuto: si tratta di gestire questa fase
cercando di minimizzarne i rischi e di aumentarne le
opportunità.
Nello scenario della sostenibilità, qualsiasi attore
sociale che agisca razionalmente in termini economici dovrebbe
agire positivamente anche in termini ecologici. Si tratta di
pensare ad un'economia in cui i costi delle variabili
ambientali siano molto più alti di quelli attuali e in cui il
centro dell'interesse si sposti dai prodotti materiali ai
servizi e all'informazione.
Qualsiasi immagine si voglia costruire sul futuro
dell'economia, essa deve quindi partire da questo dato:
materiali vergini, energie non rinnovabili, trattamento degli
effluenti e dei rifiuti e la stessa occupazione dello spazio
avranno dei costi molte volte più elevati di quelli che
consideriamo oggi normali.
Sappiamo, tra l'altro, che per rendere proponibile una
riduzione dei consumi di risorse che non si configuri come una
catastrofe economica, occorre pensare ad un'economia in cui le
imprese non vivano più sulla produzione e sulla vendita di
prodotti, ma su quella dei risultati; non più automobili, ma
mobilità; non più lavatrici, ma pulizia e manutenzione degli
abiti.
Bisogna avviare politiche che favoriscano quei sistemi
produttivi che offrono risultati di benessere riducendo i
consumi materiali.
In linea di principio, possono essere immaginati dei
sistemi di produzione e di consumo sostenibili diversi, basati
su soluzioni che emergano da diverse combinazioni tra
l'orientamento alla biocompatibilità e quello alla
non-interferenza, cosiddetta "ecologia industriale". Nello
stesso tempo bisogna creare le condizioni affinché ogni
consumatore, decidendo come e cosa acquistare ed utilizzare,
legittimi l'esistenza di prodotti o di servizi che sono
all'origine degli effetti ambientali collegati alla loro
produzione, impiego e smaltimento finale. In poche parole,
fare in modo che ciascun consumatore, agendo in base ai propri
valori, ai propri criteri di qualità e alle proprie
aspettative, operi delle scelte che siano anche quelle più
compatibili con le necessità ambientali. Pertanto devono
essere proposte delle politiche ambientali direttamente
orientate al prodotto e tendenti a farvi incorporare delle
funzioni di feedback, cioè a promuovere la nascita di
una nuova generazione di prodotti immediatamente distinguibili
per le loro eco-compatibilità. In questa direzione va la
corretta informazione agli utilizzatori al momento
dell'acquisto circa il profilo ecologico del prodotto;
pensiamo a strumenti informativi, parziali ma utili, come le
etichette di qualità ambientale, quali il marchio dell'Unione
europea di qualità ecologica (Ecolabel) o quelle relative ai
consumi energetici (Energy label).
Il problema su questo terreno è in parte progettuale (come
comunicare in modo chiaro ed efficace un tema così complesso)
e in parte culturale (come far sì che gli acquirenti siano
davvero interessati a queste indicazioni e ne tengano
veramente conto).
Il tema dell'offerta delle alternative è evidentemente la
questione cruciale: sono queste alternative (cioè una nuova
generazione di prodotti e di servizi intrinsecamente più
puliti) e il loro successo (cioè il fatto che esse siano
effettivamente praticate) che decideranno i tempi e i modi
della transizione verso la sostenibilità.
Un punto fondamentale su questo terreno è il distinguere
tra alternative di prodotto (o di servizio) e alternative
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sistemiche. Nel primo caso (che è quello cui in generale ci si
riferisce parlando di prodotti "verdi" e quello su cui danno
indicazione gli Ecolabel) l'alternativa, dal punto di vista
dell'utente, è solo tra una marca (meno verde) ed un'altra
(più verde). Lo scegliere tra l'una e l'altra non cambia il
contesto d'uso: il che è un vantaggio (non occorre cambiare il
proprio comportamento, se non al momento dell'acquisto), ma è
anche un limite: non dà nulla di meno, ma neppure nulla di più
di quanto già si ha. Le alternative sistemiche, invece, pur
richiedendo un più profondo cambiamento sul piano culturale e
comportamentale, possono offrire soluzioni del tutto nuove e,
auspicabilmente, più attrattive di quelle in uso.
Il terzo e fondamentale presupposto per avviare una
transazione verso la sostenibilità che si configuri come un
processo di apprendimento collettivo è che i soggetti abbiano
queste capacità. Occorre dunque pensare ad un'attività di
comunicazione che vada in questa direzione. Non si tratta,
dunque, di comunicare in modo generico la gravità dei problemi
ambientali, ma si tratta di veicolare messaggi precisi a
persone precise, dando loro strumenti per aumentare le loro
capacità di comprendere gli effetti delle loro scelte e la
capacità di riconoscere e di praticare le alternative, anche
quando queste si scontrano con comportamenti e criteri di
valore consolidati.
La partecipazione dei consumatori va promossa aumentando
la possibilità e la capacità degli utilizzatori di incidere
sul mercato e, di conseguenza, sulla qualità ambientale dei
prodotti e dei servizi offerti. Si tratta pertanto di
sviluppare iniziative che li rendano più consapevoli e più
esperti; e quindi capaci di fare delle scelte. Si tratta anche
di dare loro la reale possibilità di fare queste scelte: il
che significa che devono esistere delle alternative e che
queste devono essere chiaramente giudicabili
dall'utilizzatore. L'introduzione degli Ecolabel e degli
Energy label (un'etichetta da applicare a frigoriferi e
frigo-congelatori concernenti le loro prestazioni energetiche)
sono, su questo terreno, i primi significativi strumenti di
politica ambientale che, fornendo all'utente una corretta
informazione, agiscono direttamente sui meccanismi del
mercato. Indirizzi di politica generale, come, ad esempio, il
progetto europeo di una serie di ecoetichette di
certificazione della qualità ambientale dei prodotti, a favore
di una informazione del consumatore.
Sappiamo che l'impatto sull'ambiente delle attività umane
dipende da tre variabili fondamentali: la popolazione, la
domanda di benessere e l'eco-efficienza delle tecnologie, cioè
il modo in cui il metabolismo del sistema produttivo è in
grado di trasformare risorse ambientali nel benessere
richiesto.
Le imprese, oggi, sono gli attori sociali che, all'interno
del sistema di produzione e consumo, detengono le maggiori
risorse in termini di conoscenze, di organizzazione e di
capacità di iniziativa. Ad esse dunque spetta un ruolo
centrale nella promozione della sua trasformazione nella
direzione della sostenibilità. La loro possibilità di
svolgerlo si deve però necessariamente confrontare con il tema
della competitività: per esse, infatti, ogni scelta operativa
favorevole per l'ambiente può avvenire solo a patto che questa
non pregiudichi la loro competitività, anzi è necessario che
l'orientamento delle loro attività nella direzione della
sostenibilità comporti un significativo aumento della loro
competitività. La ricerca della competitività può convergere
con quella della sostenibilità solo se si crea un contesto
normativo, economico, socio-culturale e tecnologico
favorevole.
Altra azione positiva deve venire dalle istituzioni che
possono e devono creare, nel definire le regole del gioco,
delle condizioni operative per le imprese tali che,
ricercando, giorno per giorno, la propria competitività, esse
mettano in atto scelte organizzative, produttive e di mercato
che vadano in direzione della sostenibilità. In altre parole,
è necessario attivare un circolo virtuoso tra il ruolo delle
imprese e quello delle istituzioni pubbliche e delle loro
politiche per cui il terreno della competizione
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progressivamente si sposti verso condizioni operative via via
più vicine ad un'effettiva sostenibilità.
Le politiche ambientali delle istituzioni pubbliche devono
essere lo strumento la cui finalità sia quella di accelerare
la transizione e di farla avvenire nel modo socialmente più
accettabile, nella garanzia della continuità delle attività
produttive e delle vita democratica del sistema sociale. Qui
il tema centrale è come un'impresa può diventare più
competitiva scegliendo di operare nella direzione della
sostenibilità, cioè come la competitività può diventare il
fattore in grado di mobilitare le migliori risorse progettuali
ed imprenditoriali nella ricerca di soluzioni intrinsecamente
più sostenibili. Il quadro che è stato definito finora fa
riferimento, difatti, a un'economia incentrata sulla vendita
dei prodotti fisici. Ci chiediamo, dunque, se esistano
alternative di business che con più vigore possano
spostare le attività produttive e di consumo verso un sistema
di produzione e di consumo più sostenibile. Sappiamo che non è
il prodotto e tanto meno un materiale che lo compone, che
determina l'impatto ambientale, ma l'insieme dei processi che
lo accompagnano in tutto il ciclo di vita. E' necessario,
quindi, predisporre un modello dell'intero ciclo di vita, a
partire dall'estrazione delle materie prime fino alla
dismissione del prodotto: cioè una valutazione ambientale del
ciclo di vita dei prodotti che parta dall'estrazione dei
materiali, alla produzione, alla distribuzione, all'uso, al
riuso, alla manutenzione, al riciclaggio, fino alla
dismissione finale.
E' necessario partire dai dati forniti dagli studi sulla
valutazione ambientale del ciclo di vita dei prodotti, forniti
dalla Society for Environmental Technology and
Chemistery (SETAC) e da alcune norme ISO - tecnica per
valutare gli aspetti ambientali e i potenziali impatti lungo
tutto il ciclo di vita di un prodotto o di un servizio basata
sugli effetti ambientali più comunemente considerati, come:
esaurimento dell'energia, esaurimento dei materiali vergini,
riduzione dello strato di ozono, riscaldamento del globo
terrestre "effetto serra", smog, acidificazione,
eutrofizzazione, tossicità delle sostanze, contaminazione da
rifiuti, sostanze cancerogene e pesticidi.
L'approvazione della presente proposta di legge nulla
toglie alla qualità della nostra vita, ma tanto dà a quella
delle future generazioni.
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