| Onorevoli Colleghi! -Con la proposta di legge AC n.
5605, precedentemente presentata, alla cui relazione si rinvia
per le considerazioni di carattere generale sulla natura e
sulle finalità delle norme penali sanzionatorie dei reati di
pericolo, si è proposta l'introduzione dell'articolo
707- bis del codice penale, concernente il reato
contravvenzionale del possesso ingiustificato di valori,
fattispecie venuta meno a seguito della dichiarazione di
incostituzionalità della norma, operata dalla Corte
costituzionale con la sentenza n. 370 del 2 novembre 1996.
La norma ivi configurata persegue intendimenti di
prevenzione generale dei reati contro il patrimonio o comunque
commessi per fini di lucro. A questa risulta commisurata la
sanzione, che è stabilita nell'arresto da tre mesi a un anno,
integrato con la previsione obbligatoria della misura di
sicurezza patrimoniale della confisca dei valori o dei beni
della cui provenienza il reo non sia stato in grado di rendere
ragione.
Per questo suo carattere, riflesso nella natura
contravvenzionale del reato da essa configurato, la
disposizione non appare tuttavia idonea a reprimere con pari
efficacia forme di criminalità più gravi e pericolose per
l'estensione e la ramificazione delle organizzazioni e per la
natura dei delitti ai quali sono preordinate, allo stesso modo
in cui non lo era - com'ebbe a rilevare incidentalmente nella
citata sentenza la Corte costituzionale, svolgendo per altro
una considerazione più attinente ad aspetti di politica
criminale che a ragioni di sistematica giuridica - la norma
dell'articolo 708 del codice penale, venuta meno perché
dichiarata costituzionalmente illegittima.
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Di ciò già in passato s'era ben avveduto il legislatore,
che con il decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306, convertito,
con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n. 356,
all'articolo 12- quiquies, comma 2, aveva apprestato una
norma intesa a colpire il possesso ingiustificato di valori
come elemento sintomatico di un arricchimento conseguente al
compimento di gravi reati o alla partecipazione ad
associazioni criminali. Questa disposizione (nel testo
modificato dal decreto-legge 17 settembre 1993, n. 369,
convertito, con modificazioni, dalla legge 15 novembre 1993,
n. 461) prevedeva la pena della reclusione da due a cinque
anni, con la confisca dei valori, beni o altre utilità, a
carico di coloro che, essendo imputati in procedimento penale
per taluni delitti espressamente indicati, non avessero potuto
giustificare la legittima provenienza di denaro, beni o altre
utilità, di valore sproporzionato al proprio reddito,
dichiarato ai fini delle imposte sul reddito, o all'attività
economica svolta, dei quali - anche per interposta persona
fisica o giuridica - fossero titolari o avessero a qualsiasi
titolo la disponibilità.
La Corte costituzionale, con la sentenza n. 48 del 9
febbraio 1994, dichiarò l'incostituzionalità di questa
disposizione, rilevando come la condizione di persona
sottoposta a procedimento penale assuma connotazioni del tutto
amorfe rispetto al diritto sostanziale, e non sia dunque
idonea a fondare sospetti o presunzioni sulla cui base
qualificare una specifica condotta che il legislatore ritenga
meritevole di sanzione penale. Ciò, infatti, determinerebbe
"l'arbitraria assimilazione di condizioni (quella di
condannato e quella di imputato) che il costituente ha invece
inteso separare nettamente". Nella stessa sentenza, per altro,
la Corte formulò significativi rilievi circa un altro dei
motivi di censura addotti dai giudici a quibus, la
ritenuta inversione dell'onere della prova, assumendo a
termine di raffronto gli articoli 707 e 708 (allora vigente)
del codice penale. Con richiamo alla propria precedente
giurisprudenza, il giudice delle leggi osservò infatti che in
queste ultime disposizioni non è richiesta la prova della
legittimità della provenienza o della destinazione degli
oggetti in esse indicati, limitandosi esse a pretendere
"un'attendibile e circostanziata spiegazione, da valutarsi in
concreto nelle singole fattispecie, secondo i princìpi della
libertà delle prove e del libero convincimento".
Ciò premesso, la presente proposta di legge mira a
introdurre una fattispecie di delitto - collocata nel capo del
codice penale concernente i delitti contro il patrimonio
mediante frode in ragione della sua assimilabilità ai reati di
cui agli articoli 648 (ricettazione), 648- bis
(riciclaggio) e 648- ter (impiego di denaro, beni o
utilità di provenienza illecita) - idonea a impedire il
godimento di beni la cui illecita provenienza possa presumersi
sulla base del concorso di condizioni soggettive, elementi di
carattere obiettivo e circostanze di fatto tassativamente
enunziate.
Le condizioni soggettive sono determinate con riferimento
a condanne penali definitive per reati di particolare gravità,
dal cui compimento sogliano derivare proventi patrimoniali.
Essi sono specificati con riferimento ai delitti di cui agli
articoli da 314 a 320 (peculato, concussione, corruzione), 353
(turbata libertà degli incanti), 356 (frode nelle pubbliche
forniture), 416 (associazione per delinquere), 416- bis
(associazione di tipo mafioso), 419 (devastazione e
saccheggio), 453 (falsificazione di monete, spendita e
introduzione nello Stato, previo concerto, di monete
falsificate), 459 (falsificazione di valori di bollo,
introduzione nello Stato, acquisto, detenzione o messa in
circolazione di valori di bollo falsificati), 460
(contraffazione di carta filigranata in uso per la
fabbricazione di carte di pubblico credito o di valori di
bollo), 461 (fabbricazione o detenzione di filigrane o di
strumenti destinati alla falsificazione di monete, di valori
di bollo o di carta filigranata), 600 (riduzione in
schiavitù), 601 (tratta e commercio di schiavi), 602
(alienazione e acquisto di schiavi), 605 (sequestro di
persona), 624 (furto), 628 (rapina), 629 (estorsione), 630
(sequestro di persona a scopo di estorsione), 633 (invasione
di terreni o edifici), 634 (turbativa violenta del possesso di
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cose immobili), 640 (truffa), 640- bis (truffa aggravata
per il conseguimento di erogazioni pubbliche), 640- ter
(frode informatica), 643 (circonvenzione di persone incapaci),
644 (usura), 644- bis (usura impropria), 645 (frode in
emigrazione), 646 (appropriazione indebita), 648
(ricettazione), 648- bis (riciclaggio), 648- ter
(impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita)
del codice penale.
Sono inoltre contemplati tutti i delitti comunque commessi
avvalendosi delle condizioni previste dal citato articolo
416- bis o con il fine di agevolare l'attività delle
associazioni di cui al medesimo articolo, i delitti in materia
di contrabbando nonché i delitti di cui agli articoli 73
(produzione e traffico illecito di sostanze stupefacenti e
psicotrope), 74 (associazione finalizzata al traffico illecito
di sostanze stupefacenti e psicotrope) e 79 (agevolazione
dell'uso di sostanze stupefacenti o psicotrope) del testo
unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti
e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei
relativi stati di tossicodipendenza, approvato con decreto del
Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309. La
dettagliata indicazione dei delitti - determinati in ragione
della loro idoneità a produrre rilevanti arricchimenti
illeciti o del loro rilievo nel quadro tipico e nelle più
recenti tendenze evolutive delle attività delle organizzazioni
criminali, anche di carattere mafioso - consente di attribuire
alla norma carattere di tassatività e fine preventivo
specifico, necessari a evitare che la genericità della
fattispecie risulti, da un lato, occasione di censure sul
piano costituzionale, dall'altro causa di disapplicazione per
insufficiente determinazione del suo ambito d'efficacia.
Si precisa esplicitamente che sono esclusi dal novero dei
soggetti cui si applica la norma i condannati per i reati in
essa indicati, in favore dei quali sia intervenuta sentenza di
riabilitazione, non revocata. In tale caso, infatti, risulta
giudizialmente accertato il venir meno dei presupposti sulla
cui base appare legittima una presunzione iuris tantum
circa la provenienza illecita di beni ingenti posseduti, e che
giustifica quindi l'obbligo di fornire un'attendibile e
circostanziata spiegazione.
Il presupposto obiettivo è infatti identificato nel
possesso o nella disponibilità da parte del soggetto - a
qualsiasi titolo, anche per interposta persona fisica o
giuridica - di denaro, beni od oggetti, di valore
sproporzionato al proprio reddito o alla propria attività
economica. Tale sproporzione, in presenza delle condizioni
soggettive sopra indicate, rappresenta in se medesima
l'elemento sintomatico di un arricchimento conseguente a causa
illecita. In presenza di questi presupposti, la norma richiede
che il soggetto dia ragione della propria situazione
patrimoniale, in mancanza di ciò facendo valere la presunzione
della provenienza illecita dei beni, valori o utilità
posseduti, alla quale si collega l'irrogazione della pena,
stabilita nella reclusione da uno a cinque anni, con la misura
di sicurezza patrimoniale della confisca.
La norma proposta, infatti, nel prevedere che il giudice
disponga, con la condanna, la confisca del denaro, dei beni o
degli oggetti, rende obbligatoria tale misura, in analogia con
quanto previsto in altri casi dagli articoli 240 e 446 del
codice penale nonché da diverse leggi speciali, in quanto è
proprio il possesso dei valori suddetti a rappresentare
l'elemento obiettivo della fattispecie criminosa. Ciò consente
inoltre di conseguire un ulteriore obiettivo, quello cioè
d'impedire che il reo continui a godere di beni che, in
ragione dell'impossibilità di giustificarne il possesso,
possono fondatamente ritenersi costituire il prodotto o il
profitto di altro reato commesso.
La disposizione qui proposta, che si raccomanda
all'attenzione della Camera dei deputati quale strumento
accessorio per la repressione dei più gravi delitti, anche
nella sfera dell'attività delle organizzazioni criminali, può
opportunamente coordinarsi con la norma di prevenzione
generale la cui reintroduzione - come si è già ricordato - è
prevista nella proposta di legge AC n. 5605 a firma dei
medesimi proponenti.
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