| (Affrancazione).
1. Coloro che hanno enfiteusi, quote di beni civici
assegnate ai sensi della legge 16 giugno 1927, n. 1766, o i
loro aventi causa, possono affrancare il fondo anche in
assenza della realizzazione di migliorie, con istanza proposta
al comune, alla frazione o alla associazione agraria.
2. La somma dovuta per l'affrancazione è pari al canone
enfiteutico moltiplicato per un coefficiente pari a dieci.
3. Se l'enfiteuta è un coltivatore diretto di cui
all'articolo 22 ed il fondo serve a lui od a un suo famigliare
come strumento di lavoro la somma dovuta per l'affrancazione è
ridotta al 20 per cento.
4. I fondi concessi in enfiteusi per un canone annuo
inferiore a lire 20 mila si intendono affrancati di diritto.
L'obbligo relativo al canone è estinto dalla data di entrata
in vigore della presente legge.
5. Gli atti di divisione, di alienazione o di cessione, a
qualunque titolo, di quote di beni civici assegnati in
enfiteusi ai sensi della legge 16 giugno 1927, n. 1766, nulli
per mancanza di affrancazione del fondo e trascritti
anteriormente alla data di entrata in vigore della presente
legge, sono convalidati. Al fine della convalida si procede in
ogni caso all'affrancazione del fondo ai sensi dei commi 1, 2,
3 e 4.
6. Se il fondo quotizzato ai sensi della legge 16 giugno
1927, n. 1766, è incolto da più di cinque anni e/o su di esso
insistono emergenze ambientali, il comune, la frazione o
l'associazione agraria possono procedere all'acquisizione
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dello stesso, dopo il pagamento al privato del corrispettivo
delle migliorie apportate.
7. Gli enfiteuti o i loro aventi causa che si siano
legittimati possono affrancare i fondi moltiplicando il
canone, come eventualmente ridotto o maggiorato, per un
coefficiente pari a venti.
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