| Onorevoli Colleghi! - Il dibattito svoltosi nella
Commissione bicamerale per le riforme costituzionali ha posto
in primo piano il tema del metodo di elezione del Presidente
della Repubblica. E' noto a tutti il modo per molti versi
casuale in cui la Commissione giunse ad esprimersi per
l'elezione diretta popolare. Sulla base di tale decisione si
costruì poi un sistema che non collegava alla forma
dell'elezione un netto rafforzamento dei poteri del Capo dello
Stato sul modello statunitense o francese. Se si raffrontano i
poteri attribuiti al Presidente dalla vigente Costituzione a
quelli previsti dal progetto della Commissione bicamerale si
vede come essi siano sostanzialmente analoghi, salvo
un'accentuazione della presenza della figura nel settore delle
relazioni internazionali. Per converso, vincoli, oggi non
previsti, venivano posti al potere di scioglimento delle
Camere.
La scelta della Commissione bicamerale ha suscitato un
ampio dibattito sulla compatibilità dell'elezione diretta del
Capo dello Stato con la forma di governo parlamentare e vi
sono state proposte volte ad innestarla sull'attuale impianto
costituzionale.
Se si intende restare nell'ambito di tale impianto, ma
ovviare ad alcuni inconvenienti del metodo di elezione
Pag. 2
parlamentare e adeguarlo al sistema elettorale politico
maggioritario, è tuttavia possibile individuare un'altra
soluzione che contempera varie esigenze.
Si tratta di una soluzione già prospettata all'Assemblea
costituente dal relatore sulla forma di governo, Egidio
Tosato, che combina l'elezione parlamentare con una eventuale
seconda fase del procedimento elettorale di scelta diretta del
Capo dello Stato da parte del corpo elettorale. Tosato
proponeva, infatti, che se il Presidente della Repubblica non
fosse stato eletto dopo tre scrutini con il quorum di
due terzi dei componenti il Parlamento in seduta comune, si
sarebbe proceduto a suffragio universale diretto previa
designazione da parte delle Camere riunite di un candidato di
maggioranza e di uno di minoranza.
La motivazione della proposta era individuata nelle
caratteristiche proprie della forma di governo parlamentare
delineata dalla Costituente, intermedia tra un sistema con un
Capo dello Stato dotato di poteri effettivi ed incidenti nelle
ordinarie vicende politiche e un sistema di governo
d'assemblea con i Ministri chiamati a costituirne il comitato
esecutivo.
Al modello italiano di forma di governo parlamentare
dunque non si confaceva, secondo Tosato, né un Presidente
forte, del tipo di quello delineato dalla Costituzione di
Weimar, con funzioni sostanziali che giustificavano l'elezione
diretta, né un Presidente debole, cioè con funzioni puramente
dichiarative e rappresentative, espressione della maggioranza
parlamentare.
Nella forma di governo italiano al Capo dello Stato era
riservata "una funzione essenziale, quella di essere il grande
regolatore del gioco costituzionale, di avere questa funzione
neutra, di assicurare che tutti gli organi costituzionali
dello Stato e, in particolare, il Governo e le Camere,
funzionino secondo il piano costituzionale". Compito che la
dottrina costituzionalistica successiva ha riassunto nella
formula della garanzia con la variante, per alcuni,
dell'indirizzo politico costituzionale. Una figura di questo
genere, secondo Tosato, doveva essere l'espressione di un
largo suffragio dell'Assemblea elettiva e per questo motivo si
era compiuta la scelta di prevedere una maggioranza
qualificata di due terzi. Era evidente che si dovesse
prevedere una soluzione nel caso tale elevato quorum non
fosse raggiunto. Ma la soluzione prescelta dal Comitato dei
settantacinque, di passare dopo il terzo scrutinio alla
maggioranza assoluta rendeva il Presidente esponente di una
maggioranza, anche effimera e contingente, e lo privava dei
requisiti indispensabili per esercitare la sua funzione di
tutore e di guardiano della Costituzione.
Con il sistema proposto, Tosato riteneva invece che si
sarebbe indotto il Parlamento in seduta comune ad ottenere più
facilmente la maggioranza di due terzi e, quindi, che il
Presidente fosse, almeno in parte, espressione del voto della
minoranza. Nel caso ciò fosse risultato del tutto impossibile
sarebbe stato preferibile che a decidere fosse la maggioranza
del popolo.
Rimangono ancora valide oggi queste ragioni per rinnovare
tale proposta? Vi sono anche motivazioni nuove che si
aggiungono a quelle prospettate alla Costituente?
L'introduzione di un sistema elettorale maggioritario, che
si è innestato sul preesistente impianto costituzionale a
governo parlamentare, rende ancora più opportuno che la scelta
del Presidente della Repubblica non sia solo della maggioranza
di Governo, ma costituisca una scelta condivisa con
l'opposizione. La larga maggioranza dei due terzi conferirebbe
al Capo dello Stato, ancora più che in un assetto di governo
parlamentare con legge elettorale proporzionale, una
autorevolezza e un prestigio funzionale alla sua figura di
supremo garante della vita costituzionale. Ove l'accordo
parlamentare non sia raggiunto, queste caratteristiche
sarebbero comunque meglio garantite, da una pronuncia del
corpo elettorale. Essa infatti non necessariamente dovrebbe
identificarsi con un preciso schieramento politico perché un
elemento determinante sarebbe la personalità dei candidati.
La combinazione dei due sistemi di elezione assolve ad una
Pag. 3
duplice funzione: da un lato, infatti, l'eventualità
dell'elezione popolare è un deterrente a contrapposizioni
radicali ed induce a individuare nella fase parlamentare la
figura più idonea a rappresentare l'unità nazionale,
dall'altro, il preventivo passaggio parlamentare evita derive
plebiscitarie, un'insidia nascosta nell'elezione diretta dalla
quale possono emergere figure che dall'appello al popolo
possono trovare motivo per conferire alla figura del
Presidente una carica politica destinata a scompaginare
l'equilibrio dei poteri voluto dalla Costituzione.
Nell'attuale sistema istituzionale, dunque, le motivazioni
alla base della proposta Tosato lungi dall'affievolirsi hanno
acquisito maggiore spessore ed inducono a riproporla
all'attenzione del Parlamento, dopo che già essa era stata
avanzata nella Commissione parlamentare per le riforme
costituzionali dai deputati La Malfa e Sbarbati.
Rispetto al testo dell'emendamento presentato alla
Costituente si è provveduto a qualche innovazione e
precisazione.
In primo luogo, appare opportuno allargare il collegio
elettorale ai rappresentanti italiani al Parlamento di
Strasburgo. Si tratta di un riconoscimento della vitale
importanza per il nostro Paese dell'Unione europea, che
tuttavia appare inserirsi nella ratio dell'articolo 83
della Costituzione così come voluto dalla Costituente. Questa
allargò l'Assemblea elettiva alle regioni mostrando così di
volere che la scelta del Capo dello Stato fosse espressione
non solo del Parlamento, ma di una più articolata realtà
istituzionale. Oggi il panorama si è allargato a confini che i
Costituenti non avrebbero potuto prevedere e disciplinare:
inserire nel collegio elettorale i parlamentari europei
risponde ad una esigenza di aggiornamento che riflette e fa
concorrere alla decisione i nuovi livelli di articolazione
delle istituzioni rappresentative.
La precisazione del possesso della cittadinanza italiana è
dovuta alla possibilità, derivante dalle norme sulla
cittadinanza dell'Unione europea, che nella quota dei seggi
riservata all'Italia, siano eletti cittadini di altri Paesi
comunitari.
Ad oggi i diritti elettorali attinenti alla sfera delle
elezioni politiche nazionali non sono riconosciuti nell'ambito
della cittadinanza europea ed appare quindi opportuno che a
partecipare all'elezione del rappresentante dell'unità
nazionale siano solo cittadini italiani.
Per l'accesso al ballottaggio si prevede che abbiano
automaticamente diritto i due candidati più votati dal
Parlamento in seduta comune nella terza votazione, nel
presupposto che essi rappresentino la maggioranza parlamentare
e l'opposizione o, quantomeno, la più consistente delle
opposizioni.
Sono poi disciplinate le ipotesi di rinuncia e di morte o
impedimento di uno dei candidati ammessi al ballottaggio.
Nella convinzione che la soluzione prospettata sia la più
equilibrata per innovare il metodo di elezione del Presidente
della Repubblica, affidiamo questa proposta di legge
costituzionale all'attenzione delle Camere.
| |