| Onorevoli Colleghi! - Negli ultimi tempi, sul finire
dello scorso anno, e nei primi giorni del 1999, la questione
"criminale" è diventata il tema dominante sulla stampa, sulle
reti televisive, nei discorsi fra le gente. La sequenza
ravvicinata degli omicidi a Milano, la tragica morte a Udine
degli agenti di Polizia dilaniati da un ordigno mentre
generosamente rispondevano ad una domanda di soccorso di
cittadini vessati e intimiditi da una oscura delinquenza,
l'esplosione a Reggio Emilia di una bomba lanciata in un
pubblico esercizio a scopo di intimidazione violenta, la
ripresa dei delitti di mafia in Sicilia, l'intensificarsi
degli omicidi in Sardegna e in Campania, gli intrecci
inquietanti fra criminalità e alcuni apparati di polizia nella
Puglia, hanno sollevato un sentimento di rabbia impotente e di
vigorosa indignazione nel nostro popolo.
L'Italia è apparsa, a ragione o a torto, un Paese travolto
da una ondata criminale senza precedenti. E poi, ovunque, sono
denunciati furti con destrezza, in pieno giorno nelle strade,
scippi con violenza sulle persone, rapine a mano armata in
banche ed edifici postali, estorsioni sui commercianti e sugli
operatori economici, spaccio diffuso di droga, insidiosi furti
in abitazioni, vendette e regolamenti di conti fra bande di
extracomunitari, violenze e sfruttamento di prostituzione
anche minorile.
Molti hanno descritto il nostro sistema di prevenzione
criminale come del tutto scomparso. Inesistente ed inefficace
è apparso il controllo statuale del territorio. Sono giunte
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poi le relazioni dei procuratori generali sullo stato della
giustizia. Le loro analisi hanno conclamato il collasso dei
servizi di giustizia, penale e civile. Sono ulteriormente
aumentati i procedimenti per delitti contro ignoti, per gran
parte dei quali non vi sarà mai accertamento di responsabilità
e repressione. Il numero oscuro della criminalità, ovvero il
numero dei reati neppure più denunciati per totale sfiducia
negli apparati di Polizia e nella magistratura e quindi nello
Stato, cresce progressivamente. I tempi di definizione dei
processi si sono ulteriormente allungati. L'incertezza della
condanna, e quindi la probabilità dell'impunità per malfattori
grandi e piccoli, appare totale. L'inefficacia della pena,
nella sua funzione intimidatoria e rieducativa,
nell'inflizione e nell'esecuzione, sembra la fisiologia di
funzionamento di un sistema repressivo, percepito come
inesistente.
Come è noto, il Governo è intervenuto immediatamente con
fermezza. Ha emanato provvedimenti per rafforzare,
quantitativamente e qualitativamente, i Corpi di polizia; ha
disposto un più efficace coordinamento delle azioni di
prevenzione e di contrasto; ha deliberato la partecipazione di
diritto dei sindaci nei comitati provinciali per l'ordine e la
sicurezza pubblica; ha disposto l'uso dell'Esercito per il
controllo degli edifici pubblici in Sicilia; ha intensificato
il controllo alle frontiere; ha sollevato nell'Unione europea
il tema dell'immigrazione e della vigilanza delle frontiere
comuni per la piena attuazione dei Trattati di Schengen e di
Amsterdam.
Ora l'emergenza criminale sembra superata, ma restano
alcuni problemi di fondo, di ordinamento e organizzativi, che
la nostra società, come quella di tutti i Paesi europei e
avanzati, deve affrontare e risolvere. Non dobbiamo
dimenticare infatti che, in questa stessa fase storica, anche
Paesi come la Germania e la Francia sono alle prese con
l'aumento della criminalità organizzata e diffusa.
In Francia si sviluppano iniziative coordinate fra
Ministero dell'interno, Ministero di giustizia, enti locali,
istituzioni scolastiche, strutture sanitarie e sociali,
associazioni civili per la realizzazione, nei distretti e
nelle città, di convenzioni locali di sicurezza, che prevedono
una molteplicità di azioni positive, di prevenzione e di
repressione, destinate a ridurre l'insicurezza e il suo
corollario, il sentimento di insicurezza, nel quadro però del
rifiuto da parte del governo della cosiddetta
"municipalisation de la sùrété".
In Germania è in corso l'accentuazione dei meccanismi di
prevenzione e di repressione annunciati dal cancelliere
Schroeder di fronte all'aumento dei furti e dei delitti
connessi alla prostituzione e allo spaccio di droga.
Senza ulteriori allarmismi, nella consapevolezza della
gravità della questione sicurezza, che deve essere affrontata
e risolta con una politica di lungo respiro di coinvolgimento
di tutte le energie del Paese, al Parlamento spetta il compito
di dare alcune immediate risposte legislative, per mettere in
condizione Polizia e magistratura di compiere, con efficacia e
prontezza, la loro funzione, rispettivamente, di contrasto
della diffusa criminalità e di accertamento della personale
responsabilità penale.
La garanzia dell'ordine e del rispetto delle regole,
l'affermazione del potere e della forza della legge sul
territorio, la prontezza nella repressione del crimine,
l'offerta di percorsi di reinserimento sociale solo in un
quadro di assoluta certezza della pena, sono infatti gli
strumenti prioritari per restituire sicurezza e tranquillità
ai cittadini e ripristinare la loro fiducia nello Stato e
nelle sue istituzioni.
Occorre dunque, mentre si intensifica la lotta alla
criminalità organizzata, affrontare la diffusa criminalità,
per troppo tempo assunta nella concezione riduttiva della
microcriminalità, per la quale non appariva urgente e
necessaria la creazione di un fronte di contrasto forte ed
efficace. E' emerso, infatti, che il profondo sentimento di
insicurezza delle nostre comunità trova causa ed alimento
proprio nelle incertezze e nelle debolezze - normative e
organizzative - delle azioni di contrasto dei reati comuni -
fra i quali gli scippi e i furti in abitazione, di cui sono
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vittime un numero sempre più crescente di cittadini. Questo
giudizio è indubbiamente generato da una realtà che tutti
possono constatare:
1) i servizi di pronto intervento, costituiti dalle tre
centrali operative di Polizia, spesso sono tardivi o carenti,
per scarso coordinamento fra i vari corpi (Polizia,
Carabinieri, Guardia di finanza);
2) le indagini investigative per la scoperta dei
responsabili spesso non sono neppure avviate;
3) per la quasi totalità di questi reati le indagini
preliminari si risolvono in archiviazione della denuncia per
essere rimasti ignoti gli autori del fatto;
4) i pochi procedimenti penali a carico di "noti" si
celebrano a distanza di quattro, cinque anni dal fatto, con le
inevitabili difficoltà probatorie che il decorso del tempo
comporta;
5) le poche sentenze di condanna si concludono con
l'applicazione di pene irrisorie e non eseguite, a prescindere
dalla pericolosità del reo.
A configurare un sistema più organico ed efficace di lotta
alla criminalità diffusa è diretta la presente proposta di
legge in materia di diritto penale sostanziale, da collegare
con altre proposte di legge che incidono sul terreno
processuale e ordinamentale.
Le proposte avanzate non si pongono certo come esaustive e
definitive per risolvere la questione criminale, ma vogliono
essere un contributo ad una lotta più efficace e urgente.
Le disposizioni di diritto penale sostanziale che si
propongono sono dirette a fronteggiare i più diffusi e
impuniti reati che si registrano quotidianamente ed in numero
sempre crescente in tutto il territorio del Paese.
L'inserimento del reato di furto in privata dimora nell'ambito
della sistematica dei reati contro la persona - e non già
nell'ambito di quelli contro il patrimonio - e la sua
configurazione come autonoma fattispecie criminosa - e non già
come circostanza aggravante del reato base che dà luogo - nei
rari casi in cui ne sono accertati gli autori -
all'applicazione di pene irrisorie, risponde ad una visione
più moderna e attuale di questa particolare forma di
aggressione patrimoniale. Il furto nel proprio appartamento è
vissuto dalle vittime prima ancora che come danno patrimoniale
come una devastante intrusione e violazione della propria
sfera di riservatezza e dei propri affetti. Il domicilio,
infatti, non è solo il centro degli interessi del soggetto,
ma, anzitutto, il luogo ove si svolge e realizza la sua
personalità. Questo elemento ha dunque un valore che si
ricollega al complesso della personalità ed assurge, di
conseguenza, ad elemento discretivo per la individuazione del
bene giuridico prevalente da tutelare con la norma penale.
Il legislatore deve prendere atto di questo mutato sentire
e sovvertire una sistematica giuridica risalente a categorie e
visioni del mondo e delle relazioni umane predominanti in
altre epoche, più attente alla tutela della proprietà che a
quella della persona.
Riteniamo quindi che la configurazione autonoma del furto
in privata dimora, prevista all'articolo 1 della presente
proposta di legge, consenta, anche in virtù di un inasprimento
delle pene previste, non solo una migliore difesa di carattere
legislativo a beni giuridici di rilievo primario, ma dia anche
il segnale di una diversa e maggiore valutazione del
legislatore per fenomeni criminosi che incidono violentemente
e profondamente nella vita di tutti i giorni di tanti nostri
concittadini.
Allo stesso scopo rispondono le previsioni dell'articolo 2
che rende figura autonoma di reato una fattispecie anch'essa
oggi prevista come semplice aggravante del furto. Si tratta
del furto con destrezza o con violenza, comunemente detto
"scippo". Anche in questo caso le pene previste sono inasprite
ed anche in questo caso la configurazione autonoma della
figura di reato è suscettibile di incidere sul giudizio di
comparazione delle circostanze, al fine di una migliore lotta
al fenomeno criminoso.
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L'articolo 3 provvede al necessario coordinamento
legislativo con le disposizioni recate dagli articoli 1 e
2.
L'articolo 4 detta una disposizione di natura processuale,
sempre diretta ad assicurare effettività all'azione delle
Forze dell'ordine e degli organi giurisdizionali e a garantire
che i loro sforzi non siano vanificati dal trascorrere del
tempo o frustrati dalla necessità di restituire alla pienezza
dell'attività criminosa, senza neppure la garanzia di un
immediato processo, delinquenti faticosamente assicurati alla
giustizia dopo complesse attività investigative. L'articolo 4
prevede, dunque, che gli imputati per i delitti di furto in
luogo di privata dimora, di scippo e di rapina siano sempre
giudicati con il rito direttissimo e non seguano nella
determinazione del giorno di celebrazione del processo i
criteri discrezionali dell'autorità giudiziaria e i tempi
lunghi del rito ordinario. Come è noto, analoga, sebbene non
identica, disposizione era già prevista dal comma 2
dell'articolo 233 delle norme di attuazione, di coordinamento
e transitorie del codice di rito, dichiarato peraltro
incostituzionale dalla Consulta con la sentenza n. 68 dell'8
febbraio 199l. Tale censura di incostituzionalità, tuttavia,
colpiva un eccesso di delega - con riferimento agli articoli 2
e 6 della legge delega per l'emanazione del nuovo codice di
procedura penale, legge 16 febbraio 1987, n. 81 - e non la
sostanza della norma. Deve pertanto ritenersi che nulla vieti
al legislatore ordinario di introdurre, ora, con autonomo e
distinto provvedimento legislativo, la previsione del giudizio
direttissimo per i reati di così grave allarme sociale,
restituendo così al legislatore anche un concreto potere di
dettare le linee di strategia di politica criminale,
altrimenti delegate in toto alla magistratura.
Si tratta in sostanza di una esigenza di prevenzione
sociale indispensabile se si vuole garantire una soglia minima
di protezione ai cittadini al fine di evitare anche troppo
facili prescrizioni di reati.
Gli articoli da 5 a 7 riguardano la lotta allo
sfruttamento della prostituzione, un fenomeno che negli ultimi
tempi ha assunto una dimensione di grave allarme sociale per
quantità, efferatezza, brutalità e violenza
nell'assoggettamento e nello sfruttamento anche di minori.
L'intreccio, in particolare, fra criminalità e sfruttamento di
clandestini, privi di permesso di soggiorno o con permessi
temporanei non utilizzabili per lavoro o turismo, è già
affrontato nella legislazione sull'immigrazione e con
l'intensificazione del controllo alle frontiere. Occorre però
anche predisporre misure più specifiche di disarticolazione e
di contrasto della criminalità organizzata che gestisce
imponenti settori della prostituzione nella forma di una nuova
e insidiosa tratta delle donne. E' indispensabile introdurre
strumenti normativi che favoriscano la rottura del
collegamento fra prostituzione e criminalità e nel contempo
sollecitino le dissociazioni attive all'interno delle
associazioni per delinquere finalizzate allo sfruttamento.
Le misure di contrasto della criminalità - di
organizzazione, di controllo e di sfruttamento della
prostituzione - sono dettate negli articoli 5 (relativo
all'associazione per delinquere finalizzata allo sfruttamento
della prostituzione), 6 (concernente la confisca obbligatoria
dei beni derivanti da questa attività delittuosa), 7 (causa
speciale di attenuazione della pena).
I primi due articoli inaspriscono le pene e disciplinano
la misura di sicurezza patrimoniale per le associazioni
criminose costituite per il reclutamento, l'induzione, il
favoreggiamento e lo sfruttamento della prostituzione.
L'articolo 7 introduce una causa speciale di attenuazione
della pena per chi, dissociandosi dall'organizzazione,
collabora attivamente con l'autorità di Polizia e con la
magistratura.
Il meccanismo premiale è modellato sullo schema
legislativo che tanti risultati positivi ha già consentito di
conseguire nella lotta alla criminalità mafiosa, con l'unica
differenza che i requisiti (collaborazione per la
ricostruzione dei fatti e collaborazione per l'individuazione
o la cattura degli autori) necessari per il consistente sconto
di pena non sono previsti congiuntamente ma alternativamente.
Questa scelta è dettata dalla necessità di ulteriormente
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sollecitare la dissociazione anche quando la stessa non sia
spinta fino alla chiamata in correità e la collaborazione si
limiti alle utili indicazioni per acquisire le prove del reato
e per impedire ulteriori delitti di sfruttamento o di
reclutamento (indicazione delle persone reclutate e avviate
alla prostituzione, ricostruzione dei fatti delittuosi,
individuazione delle strutture operative
dell'associazione).
Onorevoli colleghi, l'iniziativa legislativa proposta,
ancora più efficace se coordinata con riforme processuali e
ordinamentali che consentano un reale e unitario intervento
preventivo e repressivo delle Forze di polizia (istituzione
della centrale operativa unica), una immediata celebrazione
dei processi di criminalità diffusa (celebrazione con il rito
direttissimo), un più ampio e autonomo potere investigativo
della Polizia (nuova disciplina del rapporto di Polizia), può
arrestare la crescente criminalità e, unitamente alla
strategia più complessiva di lotta al crimine, può contribuire
a restituire ai cittadini fiducia nello Stato e nelle sue
istituzioni.
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