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Testi integrali degli Atti Parlamentari della XIII Legislatura

Documento


66936
DDL5669-0002
Progetto di legge Camera n. 5669 - testo presentato - (DDL13-5669)
(suddiviso in 5 Unità Documento)
Unità Documento n.2 (che inizia a pag.1 dello stampato)
...C5669. TESTIPDL
...C5669.
RELAZIONE
ZZDDL ZZDDLC ZZNONAV ZZDDLC5669 ZZ13 ZZRL ZZPR
     Onorevoli Colleghi! - Il tema che viene sottoposto alla
  Vostra attenzione riguarda la partecipazione alle società in
  accomandita semplice anche delle società di capitali oltre che
  di quelle di persone poiché, nella interpretazione dottrinaria
  e giurisprudenziale di legittimità, fino ad oggi si è espressa
  opinione prevalentemente negativa.  A siffatto orientamento la
  giurisprudenza di merito si è ribellata per ragionevoli
  necessità logiche e pratiche.  La questione solleva problemi
  non di poco momento e sembra opportuno porre rimedio alle
  incongruenze che si sono determinate, anche sotto il profilo
  della disparità nella quale si trovano ad operare le imprese
  nazionali rispetto a quelle estere.
     Gli argomenti contro siffatta ammissibilità sono noti e
  dibattuti, e così riassumibili:
       1) l' intuitus personae  e l' affectio
  societatis  sono elementi peculiari ed essenziali delle
  società di persone che rendono incompatibile la partecipazione
  delle società di capitali;
       2) l'inconciliabile diversità della disciplina delle
  obbligazioni sociali nei due diversi tipi di società: vedasi
  particolarmente la responsabilità solidale e illimitata del
  socio di società di persone e anche dell'accomandante, che si
  ingerisca nella amministrazione o nella trattazione o nella
  conclusione di affari in nome della società, così violando il
 
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  divieto di cui all'articolo 2320, primo comma, del codice
  civile; responsabilità che contraddice radicalmente il
  principio della limitazione di responsabilità dei soci di
  società di capitali;
       3) le norme delle società di persone assolutamente
  impertinenti e inestensibili alle società di capitali, come ad
  esempio gli articoli 2257 e 2258 del codice civile;
       4) le conseguenze inammissibili, se non aberranti, in
  tesi di principio e per effetti pratici, derivanti
  dall'ipotesi partecipativa che stravolgerebbe le fondamentali
  e inderogabili norme di controllo, legalmente imposte alle
  società di capitali e inerenti alla loro stessa struttura e
  funzionalità, perché il patrimonio della partecipante società
  di capitale verrebbe ad essere, inesorabilmente, gestito da
  soggetti diversi dai propri amministratori, vuoi nel tutto
  vuoi in parte.
     Così delineata la tematica si osserva nell'ordine sopra
  indicato:
       1) senza voler peccare di immodestia ed anzi con tutta
  la sommessità che si addice nella esposizione di una tesi in
  materia così controversa, non sarà vano ricordare che fin dal
  1903 con il Vivante si è riconosciuto che "l'elemento
  personale e quello patrimoniale concorrono in ogni forma di
  società; ed è erronea la formula volgare che qualifica la
  società per azioni come società di capitali, quasiché in
  queste non esistessero vincoli personali.  Il vero è che
  l'elemento personale e quello patrimoniale vi concorrono in
  diversa misura e l'ordinamento della società si appoggia ora
  sull'uno ora sull'altro per accrescere la propria stabilità".
  Questo principio indubbiamente ha trovato inveramento nel
  diritto positivo a partire dalle società semplici.  E' la
  società semplice la forma più elementare di società la cui
  disciplina si estende anche agli altri tipi di società di
  persone se non derogata dalla specifica normativa di queste.
  Ed è nella società semplice che si propone l' intuitus
  personae  come criterio fondante e informatore dell'intera
  disciplina.  Ed è pure nella società semplice che il socio
  risulta titolare di una quota di partecipazione, o quota
  sociale che dir si voglia, non diversamente da quanto accade,
  per comunanza concettuale, nelle società a responsabilità
  limitata e nelle società cooperative: in tutte, la quota
  rappresenta la posizione giuridica del socio in rapporto
  quantitativo verso gli altri soci e non già la porzione
  materiale dei beni societari, in ciò distinguendosi le
  società, per elementarmente strutturate che siano, dalla
  comunione che pur ne costituisce l'origine storica;
       2) se è vero, come si ritiene, quanto delineato al
  numero 1), l'argomento  intuitus personae  - assunto come
  peculiarità assoluta ed esclusiva delle società di persone
  incompatibile radicalmente con le società di capitale - si
  snerva fino a perdere il carattere rigidamente preclusivo che
  gli si vuol attribuire e che, per vero, è stato abbandonato
  dalla giurisprudenza più avveduta.  Uguale sorte ha la
  cosiddetta " affectio societatis " che, per quanto possa
  essere mediata dalla necessaria materializzazione delle idee
  per essere umanamente percettibile, non potrà mai sconfinare
  se non per paradosso ironico, in una sorta di  affectio
  coniugalis.  Di modo che siffatta  affectio  sarà sempre
  rinvenibile nelle strutture societarie sia pure modulata in
  vario modo e con variabile intensità.  Peraltro, la tematica
  appare vieppiù irrilevante ove si ponga mente che, nel caso di
  accomandante di un'accomandita semplice, la "quota"
  dell'accomodante è trasferibile per causa di morte o per atto
  tra vivi senza il consenso di tutti i soci (articolo 2322 del
  codice civile).  Tutto ciò riduce a mera esercitazione teorica
  la discussione sulla incompatibilità, così profilata, per una
  società di capitale, di partecipare quale socio accomandante
  ad una società in accomandita semplice;
       3) per quel che riguarda l'inconciliabile diversità
  della disciplina delle obbligazioni sociali, nei due diversi
  tipi di società ed in ispecie la solidale e illimitata
  responsabilità dell'accomandante prevista nell'articolo 2320
  del codice civile si osserva quanto segue.  A parte la
 
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  controversa identificazione dell'interesse che la norma vuole
  tutelare, non è possibile identificare le ragioni che, in
  radice, pongano siffatta normativa nella inconciliabile
  antitesi prospettata.  Ed infatti, se è vero che i singoli soci
  della società di capitali rispondono nei limiti delle quote o
  delle azioni possedute, è anche vero che la società in quanto
  tale risponde con tutto il suo patrimonio e senza limiti così
  come accade per le persone fisiche.  Non senza dire che per
  l'accomandante addirittura non è materializzabile la
  differenziazione poiché lo stesso risponde per norma espressa
  (articolo 2313 del codice civile) nei limiti della quota
  conferita. Né ha pregio, al riguardo, invocare l'ipotesi di
  solidarietà illimitata nel caso di violazione del divieto ex
  articolo 2320 del codice civile.  Tale ipotesi, in verità,
  costituisce una sanzione posta a carico di chi vìoli la norma
  che deve garantire i diritti dei terzi e che attiene alla
  peculiarità societaria per nulla modificante il limite di
  responsabilità del socio, di cui costituisce l'usbergo
  patrimoniale nel caso che egli si attenga, appunto, alle
  norme.  Siffatto limite non è dissimile dalla tutela, pure
  patrimoniale, concessa al socio di capitali che non assuma
  obbligazioni extravaganti (ad esempio la fideiussione per i
  debiti sociali alle quali, in certo grado, è assimilabile
  l'atto imputabile all'accomodante che amministri, tratti o
  concluda affari della società).  Vi è in comune nelle due
  ipotesi la riconducibilità ad atti volontari che comportano la
  rinuncia - per quanto di ragione - ai limiti di responsabilità
  legislativamente precostituiti a favore delle due tipologie di
  soci;
       4) le norme che si assumono incompatibili - segnatamente
  quelle previste negli articoli 2257 e 2558 del codice civile
  (cui devono essere accumunati gli articoli 2285, primo comma,
  seconda ipotesi, l'articolo 2284 e l'articolo 2286 del codice
  civile in alcune ipotesi) - non pare possano costituire
  ostacolo insormontabile.  Il problema specifico si risolve in
  quello più generale riassumibile nel concetto che la varietà
  di normativa per le due specie societarie si traduce
  eventualmente in inapplicabilità reciproca.  Ma è appunto tale
  inapplicabilità il solo ed unico effetto che deriva e non già
  una pretesa nullità delle norme stesse.  E' noto, infatti, che
  la nullità può derivare solo quando sussista una correlazione
  negativa tra norme rispetto a disposizioni inderogabili o
  imperative ovvero si determini una vulnerazione radicale
  rispetto ai requisiti di validità dei due tipi di
  normativa;
       5) lo stravolgimento di fondamentali e inderogabili
  norme di controllo legalmente imposte alle società di capitali
  inerenti alla loro stessa struttura e funzionalità,
  deriverebbe essenzialmente dal fatto che, con la
  partecipazione alla società di persona in accomandita
  semplice, il patrimonio di tale società partecipante sarebbe,
  necessariamente, gestito - in tutto o in parte - da soggetti
  diversi dai propri amministratori e per di più sottratti alle
  regole imperative di gestione e controllo specifiche delle
  società di capitali (articoli 2403, 2409, 2392 e 2395 del
  codice civile).  Il tallone di Achille di tale assunto è
  costituito dal ritenere la partecipazione ad una società in
  accomandita semplice come se si trattasse di una quota di
  comunione.  Si concepisce e si partorisce cioè la società di
  persone quale vano simulacro emerso o residuato dall'Ade al
  punto che se ne cancella perfino la sua astrazione e, dunque,
  la pur normativamente riconosciuta soggettivazione
  patrimoniale, almeno per alcuni indiscutibili e indiscussi
  elementi.  L'impossibilità di aderire a siffatta configurazione
  e "visione" della società in accomandita semplice (e della
  società di persone in generale) deriva: sia dalla anchilosi
  storica di tale concezione che comporta il dissolvimento  in
  aere  non lucente la spigolosa ruvidità dei fatti e delle
  norme esistenti; sia dall'incapacità di recepire il dato
  preciso consistente nel fatto che al socio di una società di
  persone, anche se illimitatamente responsabile, non è
  imputabile neppure  pro quota  l'impresa sociale, cui
  fanno capo gli atti societari i quali diventano a lui
  riferibili soltanto mediante la disciplina della società
  stessa e attraverso il duplice passaggio società-socio.  Non
  senza dire che il fenomeno non è nuovo né ritenuto aberrante
  perché già conosciuto nel nostro ordinamento ad esempio nella
 
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  ipotesi di partecipazione ad associazioni temporanee di
  impresa, di  joint venture  e, in altri ordinamenti,
  proprio a società di persone.  Ciò si è detto per completezza
  di indicazione pur consapevoli che, sotto questo profilo,
  sorgono più complesse problematiche anche se non
  insormontabili.  Al riguardo si veda, ad esempio: l'ipotesi di
  cui agli articoli 2532 e 2535 del codice civile; la
  partecipazione a consorzi o a società consortili (confronta
  articolo 2615- ter  del codice civile).  Da ultimo, contro
  la supposta necessità di omogeneità degli ordinamenti, vi sono
  i casi normativamente legittimi e che riguardano le
  partecipazioni industriali dei comuni, delle regioni e delle
  province, dell'Ente nazionale per le strade (ANAS), il sistema
  delle partecipazioni statali.  E cosa avverrebbe nel caso,
  concretamente sussistente, di partecipazione di una società
  per azioni in società di capitali o di persone e viceversa,
  che sono legittime e ammissibili in ordinamenti dell'Unione
  europea e non?;
       6) ultimo, ma non meno importante, argomento sostenuto
  dai fautori della tesi dell'inammissibilità, è la pretesa
  inconciliabilità della partecipazione di una società per
  azioni ad una società in accomandita semplice, con le norme
  che disciplinano formazione e pubblicità del bilancio della
  prima.  Si dice, in sintesi, che non essendo le società in
  accomandita semplice, tenute alla redazione dei bilanci
  secondo le norme di redazione e di pubblicità previste per le
  società di capitali, impedirebbero alla partecipante di
  assolvere gli obblighi di trasparenza impostile dagli articoli
  2423 e seguenti del codice civile.  Anche in questo caso, non
  si riesce ad individuare quale sia la norma o il principio
  inderogabile, non solo violato ma finanche minacciato dalla
  "peccaminosa" congiunzione tra società di persone e di
  capitali.  Con riferimento alla partecipazione di una società
  per azioni in una società in accomandita semplice in veste di
  accomandante (che è quanto interessa in questa sede), dal
  punto di vista normativo, infatti, non può che constatarsi
  quanto segue:
       a)  l'articolo 2320, ultimo comma, del codice
  civile, dà diritto agli accomandanti di ricevere comunicazione
  annuale del bilancio e del conto dei profitti e delle
  perdite;
       b)  non sembra seriamente dubitabile che bilancio e
  conto profitti e perdite (che in realtà del bilancio fanno
  parte) debbano essere redatti secondo le forme e con le regole
  fissate dagli articoli 2423 e seguenti del codice civile, che
  segnano il parametro generale delle regole di trasparenza e di
  correttezza di questa fondamentale comunicazione sociale;
       c)  di conseguenza, a chiusura di ciascun
  esercizio, gli amministratori della società per azioni
  partecipante potranno avere a disposizione un documento
  rappresentativo della situazione economico-patrimoniale della
  società, redatto secondo princìpi e norme coerenti, in modo da
  poter assolvere al proprio dovere di valutazione della
  partecipazione, secondo il disposto dall'articolo 2426, primo
  comma, numeri 1) e 4), del codice civile;
       d)  peraltro, il numero 4) del primo comma
  dell'articolo 2426 del codice civile si esprime in termini di
  "partecipazione in imprese (...)", utilizzando addirittura una
  nozione più ampia di quella di società, il che sembra
  decisamente incompatibile con la pretesa di confinare la
  possibilità di partecipazione ad un solo genere di compagine
  sociale;
       e)  nessuna norma impone che le società partecipate
  debbano avere lo stesso regime di pubblicità dei bilanci
  previsto per la partecipata, anzi, l'articolo 2429 del codice
  civile, fa menzione dei bilanci delle società collegate e
  controllate, ma non pretende mai che questi siano stati a loro
  volta oggetto di pubblicazione.
     Si tratta, in conclusione, di un argomento del tutto privo
  di supporto normativo, né di alcuna giustificazione
  logico-sistematica; per tacere della sua assoluta incoerenza
  con la pacifica ammissibilità dell'acquisto di partecipazioni
 
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  in società estere, con regimi di redazione e di pubblicità dei
  bilanci affatto differenti;
       7) non ci si può esimere, conclusivamente, dal rilevare
  che l'impianto del nostro ordinamento non distingue tra
  persone fisiche e persone giuridiche quanto a partecipazione
  in una società in accomandita semplice; di modo che la
  preclusione per le persone giuridiche societarie di capitale è
  frutto di un preconcetto fisicistico della possibilità
  partecipativa.  Del resto, quando il legislatore ha voluto
  porre questo limite della individuazione fisica lo ha fatto
  espressamente come si è statuito nella previsione
  dell'articolo 1, secondo comma, della legge 5 agosto 1981, n.
  416, disponendo che "Agli effetti della presente legge le
  società in accomandita semplice debbono in ogni caso essere
  costituite soltanto da persone fisiche".  E siffatta
  disposizione sarebbe del tutto priva di senso se non avesse il
  presupposto che, normativamente, di regola nelle società in
  accomandita semplice possono essere soci anche non persone
  fisiche al limite e almeno per l'accomandante.
     Quanto fin qui detto suffraga intuitivamente ed anche con
  il sostegno della dottrina la possibilità da parte delle
  società di persone di partecipare alle società in accomandita
  semplice.
     Vi è, infine, da dire che appare indispensabile estendere
  l'applicazione della normativa che si propone sia alle
  situazioni di fatto già in essere incontestatamente sia a
  quelle per le quali vi siano contestazioni con giudizi in
  corso e non ancora definiti.
 
DATA=990210 FASCID=DDL13-5669 TIPOSTA=DDL LEGISL=13 NCOMM= SEDE=PR NSTA=5669 TOTPAG=0006 TOTDOC=0005 NDOC=0002 TIPDOC=L DOCTIT=0000 COMM= FRL PAGINIZ=0001 RIGINIZ=009 PAGFIN=0005 RIGFIN=029 UPAG=NO PAGEIN=1 PAGEFIN=5 SORTRES= SORTDDL=566900 00 FASCIDC=13DDL5669 SORTNAV=0566900 000 00000 ZZDDLC5669 NDOC0002 TIPDOCL DOCTIT0002 NDOC0002



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