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Testi integrali degli Atti Parlamentari della XIII Legislatura

Documento


66950
DDL5671-0002
Progetto di legge Camera n. 5671 - testo presentato - (DDL13-5671)
(suddiviso in 18 Unità Documento)
Unità Documento n.2 (che inizia a pag.1 dello stampato)
...C5671. TESTIPDL
...C5671.
RELAZIONE
ZZDDL ZZDDLC ZZNONAV ZZDDLC5671 ZZ13 ZZRL ZZPR
     Onorevoli Colleghi! - Quando si parla di presenza od
  assenza dello Stato nella comunità è bene ricordare che si
  parla di persone che con il loro incarico in organi
  istituzionali lo rappresentano, o di leggi o regolamenti che
  sono espressione della volontà di una maggioranza di
  interessi, che non è detto siano necessariamente quelli dei
  cittadini.  La sovranità popolare delegata è anche questo, e
  l'apatia verso l'esercizio del diritto di voto è esplicita
  stanchezza della comunità verso un modo di rappresentare lo
  Stato e le istituzioni.
     La crisi che il cittadino attribuisce allo Stato e alle
  istituzioni è dovuta infatti in gran parte ad un modo errato
  di rappresentare nelle istituzioni lo Stato.  Un errore che
  sovente si concretizza in abuso di potere, illeciti, omissione
  di obblighi derivanti dalla propria funzione.  E' una crisi che
  è la sintomatica conseguenza di quel palese disinteresse che
  una larga parte del potere politico, economico od
  amministrativo ha spesso mostrato verso le esigenze del
  cittadino.  Una classe dirigente politica, amministrativa ed
  economica che spesso sembra essere essenzialmente interessata
  ad autopreservarsi, attraverso una non dispersione, o
  devoluzione, del potere all'esterno di comuni interessi
  creati.
 
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     Un esercizio del potere estraneo al riconoscimento o al
  rafforzamento delle autonomie locali che dalla formazione del
  Regno d'Italia, passando attraverso il fascismo, è proseguito
  immutato dal secondo dopoguerra sino ai nostri giorni, ed ha
  causato una non necessaria e pesante invadenza dello Stato e
  dei suoi apparati nella società.  Un sistema complesso di
  controllo, esplicito od indiretto, che ha ostacolato la
  varietà della società italiana che non ha potuto esprimere in
  tutta la sua potenzialità le differenze e la ricchezza delle
  sue espressioni ed articolazioni.
     I dibattiti sulla questione relativa alla revisione della
  Costituzione si succedono non solamente perché molti sono
  coloro che sostengono la necessità di ripensare ad una nuova
  forma statuale in quanto l'attuale viene vista come non più
  funzionale ai tempi nuovi e alle esigenze della collettività,
  ma anche perché i princìpi costituzionali in campo economico e
  sociale sono stati o sovente disattesi, o utilizzati quale
  strumento per modellare la società in un modo che sembra ora,
  appunto, non essere più funzionale alle esigenze del
  cittadino.  Spesso, infatti, i dettami costituzionali sono
  stati e sono puntualmente utilizzati quando sembrano
  funzionali a supportare o ad affossare un progetto non
  gradito, mentre altre volte sono stati e sono strumentalmente
  e consciamente dimenticati.  In generale uno dei diritti più
  sistematicamente negato è stato ed è quello di decentramento
  dei compiti e delle funzioni dello Stato a favore di una
  maggiore autonomia delle comunità locali.  Come è a tutti noto
  la creazione delle Regioni e quindi la realizzazione del
  decentramento sono avvenute nello Stato italiano molto tardi
  rispetto ai dettami costituzionali, e con notevoli problemi
  per chi era stato preposto ad adempiere tecnicamente a questo
  compito.
     Premesso quanto sopra, la presente proposta di legge
  costituzionale, ispirandosi al principio di sussidiarietà,
  intende riformulare alcuni articoli della Costituzione per
  offrire una risposta alle complesse necessità della comunità,
  partendo appunto dal riconoscimento di attribuzione di
  maggiore autonomia, ovvero di maggiori competenze legislative,
  regolamentari ed amministrative alle comunità locali, ovvero
  alle Regioni, alle Province, ai Comuni.
     Il principio di sussidiarietà è a nostro avviso quello
  strumento che più di ogni altro ha in sé i princìpi di
  democrazia e di antitotalitarismo, e che può fornire una
  risposta alla crisi dello Stato-nazione.  Il principio di
  sussidiarietà offre, infatti, una soluzione democratica al
  problema di quella sempre in progressione e pervasiva
  espansione delle funzioni e dei compiti che lo Stato vuole
  mantenere e che è causa di quella distanza dalle istituzioni
  che il cittadino lamenta.  In questo senso si afferma che è ora
  d'obbligo infrangere la consolidata dicotomia all'interno
  dell'amministrazione del Paese; ciò che è di interesse per lo
  Stato, e ciò che è interesse per il pubblico.  Se lo Stato
  sociale è entrato in crisi, ed è attaccato come uno degli
  elementi negativi che pregiudicano lo sviluppo del Paese, è
  dovuto anche agli enormi e ingiustificati sprechi commessi
  dallo Stato nel campo sociale ed economico, dovuti ad
  interventi diffusi e non mirati.  Per tale ragione il rapporto
  dall'alto verso il basso dello Stato verso le comunità locali
  è sempre più accolto in termini di concessione, mentre le
  richieste formulate dalla periferia dello Stato continuano ad
  essere recepite dal centro come un problema od un conflitto di
  interessi, quasi mai in una dinamica di risposta sollecita e
  migliore alle crescenti esigenze di una società sempre più
  complessa.
     Il principio di sussidiarietà è sicuramente anche lo
  strumento più atto a responsabilizzare le varie componenti
  della pubblica amministrazione e a risolvere i problemi di uno
  Stato che è degenerato in forme gravi e inaccettabili di
  assistenzialismo a soggetti che non ne hanno diritto, di
  burocratizzazione e di spreco delle risorse pubbliche.
     Alla scarsa attuazione del principio di sussidiarietà ha
  contribuito lo stesso testo costituzionale che ha favorito
  l'affermarsi, da un lato, di uno Stato impermeabile nella sua
 
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  burocrazia e, dall'altro, di una società debole nei confronti
  del potere centrale.  Future volontà di cambiamento della
  società, ovvero dello Stato, sono state anticipate e
  delegittimate nella Costituzione, che ha provveduto a limitare
  la sovranità popolare con disposizioni che proibiscono ciò che
  non è gradito, affidando ad altri soggetti la capacità di
  formulare decisioni, talvolta come problema di ordine
  pubblico.
     Il non ricambio della classe dirigente del Paese, basti
  vedere la rotazione dei medesimi soggetti da decenni nelle
  cariche di governo del Paese, e la gestione del potere
  economico del Paese da parte di pochi e sempre uguali soggetti
  economici, hanno certamente concorso ad inibire una
  valorizzazione di tutte le potenzialità che i princìpi
  fondamentali della Costituzione potrebbero esprimere.
     La difesa ad oltranza di una forma statuale che non
  favorisce le autonomie ma che le controlla ha creato quello
  che è sotto gli occhi di tutti; impoverimento della società,
  mancato sviluppo del sud del Paese, impedimento di un maggiore
  sviluppo economico-sociale del nord, un sistema produttivo
  italiano che premia le grandi aziende ed aggregazioni e
  penalizza le piccole e medie imprese, mancata
  razionalizzazione delle spese, crisi dello Stato sociale,
  diffusione e radicamento della criminalità nello Stato,
  sistema assistenziale diffuso anche dove, come si è già detto,
  non vi è necessità, scelte strategiche per lo sviluppo del
  Paese non assunte o non adeguate agli impegni finanziari.
     In aggiunta, vi è la "questione Europa", ed una revisione
  della Costituzione non può essere affrontata senza considerare
  che l'Italia è sempre più una parte di un tutto.  Oramai la
  domanda non è più se si realizzeranno gli accordi, ma come si
  intende realizzare l'Unione europea.  Si sta osservando,
  infatti, sempre più una devoluzione di competenze dai vari
  centri di potere ad un centro unico di potere che a sua volta
  impartisce disposizioni che coinvolgono oltre 300 milioni di
  persone.
     Una Costituzione italiana funzionale a realizzare, come si
  propone nella presente proposta di legge costituzionale,
  un'ampia autonomia legislativa, regolamentare, amministrativa
  e finanziaria della Regione, prevedendo al contempo un fondo
  di perequazione e solidarietà a favore di aree svantaggiate
  del Paese, mantenendo in capo allo Stato la potestà
  legislativa esclusiva solamente per alcuni settori della vita
  del Paese, sarebbe anche un segnale esplicito su come
  costruire negli anni a venire l'Europa, che al momento rimane
  un'area dei federalismi annunciati e dei centralismi
  praticati.
 
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