| Onorevoli Deputati! - Nel recentissimo periodo il quadro
di riferimento per il settore lattiero-caseario è stato
oggetto di notevoli modifiche sia sul piano comunitario che su
quello interno.
A livello comunitario, con l'Agenda 2000 la Commissione
europea ha operato una scelta in merito al futuro dell'OCM del
latte, proponendo il mantenimento del regime delle quote fino
al 2006. Tale scelta non è condivisa dall'Italia, i cui sforzi
negoziali sono tesi a ravvicinare il più possibile tale
scadenza, e a determinare, nella fase intermedia, una maggiore
flessibilità e semplificazione nell'applicazione delle quote,
al fine di migliorare l'applicabilità del sistema.
Sul versante interno, le risultanze della Commissione di
indagine e gli accertamenti successivamente svolti hanno messo
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in luce le inefficienze e le distorsioni che hanno, finora,
caratterizzato la gestione delle quote latte in Italia, oltre
a numerosi comportamenti illeciti emersi a vari livelli.
Il regime delle quote latte è stato introdotto, a livello
comunitario, nel 1984, per riequilibrare il mercato
lattiero-caseario, attraverso il contingentamento della
produzione in funzione della riduzione del persistente
surplus produttivo che caratterizzava il settore.
Attualmente, il regime è regolato dal regolamento (CEE) n.
3950/92 del Consiglio, del 28 dicembre 1992, e si fonda su tre
principi fondamentali:
a) ogni Paese membro è titolare di una quota
nazionale di riferimento, poi suddivisa tra i vari
produttori;
b) in caso di superamento di tale quota, è dovuto
il pagamento alla Comunità di un prelievo supplementare;
c) a garanzia di tale pagamento, gli acquirenti
devono trattenere il prezzo dovuto dal produttore che consegna
latte oltre la propria quota individuale.
Entro il 1^ settembre di ogni anno, gli acquirenti devono
provvedere al versamento del prelievo dovuto, previa eventuale
compensazione, a livello nazionale, tra le quantità prodotte
dai produttori in eccesso e in difetto.
L'Italia ha disciplinato l'applicazione nazionale della
normativa comunitaria con la legge 26 novembre 1992, n. 468, e
con il decreto del Presidente della Repubblica 23 dicembre
1993, n. 569. Tale disciplina è stata in seguito più volte
modificata.
La mancata applicazione di tale regime ha determinato, per
l'Italia, l'obbligo di pagare un ingente prelievo, concordato,
a seguito di un lungo negoziato in sede comunitaria, nella
complessiva somma di circa 3.600 miliardi di lire per il
periodo 1989-1993, che viene trattenuta ratealmente dalla
Comunità sui trasferimenti comunitari all'AIMA. Proprio al
fine di evitare un ulteriore pesante esborso per il futuro e
in adempimento del suddetto accordo, che faceva obbligo
all'Italia di rientrare, entro tre periodi, nella quota
nazionale, venne adottato il decreto-legge 23 dicembre 1994,
n. 727, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 febbraio
1995, n. 46, che apportò un taglio lineare a tutte le quote
individuali per rispettare la quota nazionale (definitivamente
stabilita in tonnellate 9.930.000 con regolamento CE n.
1552/95). Le contestazioni sorte in sede di applicazione di
tale normativa hanno successivamente determinato ulteriori
interventi legislativi, diretti in particolare ad accertare la
effettiva produzione lattiera nazionale e la corretta
attribuzione della titolarità delle quote individuali. Il
decreto-legge 1^ dicembre 1997, n. 411, convertito, con
modificazioni, dalla legge 27 gennaio 1998, n. 5, e modificato
dal decreto-legge 15 giugno 1998, n. 182, convertito, con
modificazioni, dalla legge 3 agosto 1998, n. 276, ha
disciplinato gli accertamenti straordinari, ormai pervenuti
allo stato conclusivo.
Il 5 febbraio 1999 la Commissione di garanzia sulle quote
latte ha depositato la relazione sulla verifica di conformità
alla vigente legislazione delle procedure e delle operazioni
di accertamento, effettuate dall'AIMA e da apposite
commissioni regionali di riesame. L'ultimazione di tali
operazioni rende necessario dettare disposizioni urgenti per
la chiusura dei periodi di produzione lattiera che ne erano
oggetto, e cioè quelli riferiti al 1995-1996, 1996-1997 e
1997-1998, ed in particolare per l'effettuazione delle
compensazioni nazionali.
A ciò provvede il disegno di legge proposto, attraverso il
quale si disciplina: la chiusura dei periodi 1995-1998
(articolo 1); il piano di ristrutturazione per consentire la
transizione al regime normale (articolo 2); la riforma della
legge n. 468 del 1992 (articoli 3, 4 e 5); l'apparato
sanzionatorio amministrativo (articolo 6) e gli aspetti
transitori (articolo 7).
L'articolo 1, in particolare, stabilisce un termine unico
per la chiusura delle tre compensazioni nazionali, relative ai
periodi ancora aperti (commi 1 e 2) e autorizza l'AIMA a
procedere alla compensazione nazionale, entro sessanta giorni
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dalla data di entrata in vigore del provvedimento, sulla base
dei dati acquisiti al sistema informatico.
I criteri di priorità da adottare sono fissati nel comma
3, che riproduce - previa acquisizione del parere della
Conferenza Stato-regioni - gli analoghi criteri previsti
nell'articolo 2, comma 168, della legge 23 dicembre 1996, n.
662, dichiarato incostituzionale con sentenza n. 398 del 10-11
dicembre 1998 della Corte costituzionale per mancanza di detto
parere.
Il comma 4 consente all'AIMA di conoscere l'esatta
localizzazione delle aziende, necessaria ai fini della
corretta attribuzione alle stesse dei criteri di priorità di
cui al comma 3.
I risultati delle compensazioni così ottenute sono
dichiarati definitivi per tutti i produttori (e acquirenti)
estranei ai precedenti contenziosi amministrativi e
giurisdizionali (comma 6), al fine di dare certezza a tali
risultati (che altrimenti andrebbero rimessi in discussione
per ogni ricorso accolto, potendo la decisione ripercuotersi
sul prelievo dovuto da tutti gli altri).
Naturalmente, dette decisioni esplicano i loro effetti nei
confronti dei soggetti che sono parte nei relativi
procedimenti, i quali, in caso di accoglimento del loro
ricorso, avranno diritto a ripetere dall'AIMA quanto versato e
non dovuto a titolo di prelievo, con gli interessi legali
(comma 7).
Si ritiene che tale sistema, da una parte, sia necessario
per chiudere i periodi ormai conclusi, evitare la procedura
d'infrazione comunitaria, dare certezza alla maggioranza dei
produttori, consentire il rientro nel regime ordinario,
dall'altra non danneggi la generalità dei produttori (sui
quali non si ripercuote l'esito delle successive decisioni
amministrative o giurisdizionali).
I commi 8 e 9 riguardano le modalità di versamento dei
prelievi dovuti per i periodi 1995-1998, con possibilità di
rateazione in sei rate consecutive di pari importo.
Il comma 10 stabilisce, laddove sia emerso dagli
accertamenti un quantitativo di latte conferito diverso da
quello indicato nelle dichiarazioni di commercializzazione
presentate per le campagne oggetto della compensazione, una
procedura per la loro rettifica, rivolta in buona sostanza ad
abbattere per quanto possibile il contenzioso.
Il comma 11 si occupa delle quote rese disponibili a
seguito degli accertamenti effettuati, per destinarle ad
alimentare la riserva nazionale, di cui all'articolo 2.
Il comma 12 contiene una norma residuale per la
definizione delle questioni relative al corretto svolgimento
degli accertamenti effettuati.
Il comma 13, infine, prevede che i modelli L1 relativi al
periodo 1997-1998 che presentino anomalie siano sottoposti a
specifica attività di accertamento da parte delle regioni.
L'articolo 2 prevede l'adozione di un programma volontario
di abbandono della produzione lattiera, ai sensi dell'articolo
8, primo comma, primo trattino, del regolamento (CEE) n.
3950/92, dietro pagamento di una indennità determinata dal
CIPE. Le quote abbandonate affluiscono alla riserva nazionale
e per il 10 per cento rimangono accantonate per sanare gli
effetti di eventuali decisioni che modifichino la titolarità
delle quote (allo scopo di evitare il superamento della quota
nazionale di riferimento), mentre per il restante affluiscono
ai comparti regionali della riserva nazionale in relazione
alla provenienza delle stesse. Le regioni devono provvedere
alla riassegnazione delle quote entro quattro mesi,
attribuendosi altrimenti alle rimanenti regioni e province
autonome, in relazione alla produzione media regionale
commercializzata nei periodi 1995-1996 e 1996-1997 (comma
2).
Per favorire l'efficacia del piano, è sospesa, nel periodo
in questione e in quello successivo, la possibilità di cedere
la propria quota senza trasferimento di azienda (comma 4).
Gli articoli successivi (3, 4, 5 e 6) definiscono le linee
di riforma della disciplina nazionale delle quote, in coerenza
con la normativa comunitaria, e riproducono, in sintesi, gli
indirizzi del disegno di legge governativo presentato il 25
giugno 1998 (A.S. 3386).
In particolare, è confermata la totale regionalizzazione
del regime, essendo demandate alle regioni e province autonome
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tutte le funzioni di gestione e controllo non attribuite ad
altri soggetti (articolo 3).
Restano di competenza statale soltanto l'attuazione a
livello nazionale dei programmi di abbandono, la compensazione
nazionale, la riserva nazionale e il coordinamento e vigilanza
sull'applicazione del regime delle quote latte (articolo
4).
E' anche confermato il principio secondo cui le quote
spettano a chi le produce (articolo 5), nel riconoscimento del
valore sociale, economico ed occupazionale dell'attività
produttiva lattiera: sono esplicazioni di questo principio la
revoca della quota per mancata o ridotta produzione (articolo
3, comma 3, lettere a) e b)), i limiti apposti
alla trasferibilità della quota senza terra (comma 3, lettera
d)), le cautele previste per evitare la stipulazione di
contratti fittizi associativi (comma 4).
L'articolo 6 prevede le sanzioni amministrative per le
violazioni degli obblighi posti a carico degli acquirenti o
dei produttori, attribuendo alle regioni l'accertamento delle
stesse e l'irrogazione delle relative sanzioni.
Infine, l'articolo 7 attribuisce natura di riforma
economico-sociale ai principi desumibili dalle disposizioni in
questione (comma 1); recupera la norma sulla validità sulle
cessioni di quota senza azienda entro il 31 dicembre (invece
che il 30 novembre), dichiarata incostituzionale con la
sentenza dianzi citata, sempre per mancanza del parere delle
regioni (comma 3); fissa la spettanza delle quote per il
periodo 1999-2000 dilazionandone la comunicazione (comma 4);
prevede l'emanazione, entro quattro mesi dalla data di entrata
in vigore della legge, di un regolamento di attuazione.
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