| Onorevoli Colleghi! - Il Ministero del tesoro, del
bilancio e della programmazione economica, nell'ambito di una
revisione dei trattamenti e degli assegni pensionistici
subordinati al reddito dei pensionati, ha rilevato casi di
indebita percezione a titolo di pensioni di guerra o di
assegni accessori, dovuti al modificarsi nel tempo dei
requisiti che avevano dato luogo alla concessione dei
trattamenti e degli assegni stessi. Di conseguenza le
direzioni provinciali del Tesoro hanno inviato a invalidi,
mutilati, vedove e orfani di guerra numerose note di addebito
per il recupero di somme "indebitamente erogate".
Le prestazioni accessorie risultanti dagli accertamenti
effettuati dal Ministero del tesoro, del bilancio e della
programmazione economica e per le quali è richiesto il
rimborso ai titolari di trattamento pensionistico di guerra,
riguardano i casi in cui gli interessati percepiscono assegni
accessori o pensione indiretta subordinati al limite di
reddito previsto dall'articolo 70 del testo unico delle norme
in materia di pensioni di guerra, approvato con decreto del
Presidente della Repubblica 915 del 1978, ovvero l'assegno di
maggiorazione per le vedove e gli orfani di tabella G;
l'indennità speciale annua (tredicesima mensilità) per gli
invalidi ascritti a categoria dalla seconda all'ottava, per le
vedove e gli orfani di tabella G ed N e per i genitori dei
caduti; il trattamento pensionistico degli orfani maggiorenni
inabili e dei genitori dei caduti. Oltre ai casi sopra
indicati, gli accertamenti riguardano anche l'indennità
integrativa speciale (il cui importo congelato è corrisposto a
titolo di assegno personale dal 31 dicembre 1981) e l'assegno
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di integrazione per moglie e figli che non competono qualora
siano corrisposti anche su altra pensione.
L'invio delle note di addebito da parte delle direzioni
provinciali del Tesoro, per il valore degli importi (sovente
alcune decine di milioni di lire) e per i tempi di pagamento,
ha gettato nella disperazione centinaia di famiglie
appartenenti alle categorie più deboli della popolazione e per
ciò stesso di fatto impossibilitate a provvedere a quanto
richiesto. Si tratta, infatti, nella quasi totalità dei casi
di soggetti anziani che hanno già superato il settantesimo
anno di età, titolari di trattamenti pensionistici di limitato
importo. Il tutto senza che il Ministero del tesoro, del
bilancio e della programmazione economica, che sino all'agosto
1997 ha mensilmente inviato ai fruitori di pensioni di guerra
l'apposita notifica di accredito, abbia posto in essere alcuna
iniziativa per informare compiutamente e tempestivamente gli
interessati dell'obbligo di denuncia del modificarsi delle
condizioni reddituali. Pertanto, cittadini che hanno sofferto
in prima persona o che hanno subìto la perdita degli affetti
più cari, non solo si vedono privati di un'entrata che, anche
se modesta, costituiva un punto fermo del bilancio familiare,
ma si sentono considerati come dei "fuorilegge" per delle
somme che hanno percepito nella stragrande maggioranza dei
casi in buona fede, come del resto è stato implicitamente
riconosciuto dall'Amministrazione del tesoro, che ha statuito
che l'eventuale omissione di denuncia del venire meno dei
requisiti previsti dalla legge non comporta il dolo.
Tenuto conto della complessa problematica pensionistica in
esame, che non può certo essere considerata alla "portata
interpretativa" della massa dei pensionati di guerra, tanto
più che le citate prestazioni sono subordinate a condizioni e
limiti di reddito che hanno subìto negli anni modifiche
rispetto alle leggi istitutive, non può essere ragionevolmente
sostenuta la tesi che sia ipotizzabile la mala fede, e tanto
meno la frode, da parte della generalità dei mutilati e
invalidi di guerra e delle relative famiglie, categorie cui
tra l'altro il Paese deve molto per le sofferenze patite da
oltre mezzo secolo.
Per tutte queste ragioni pare opportuno procedere ad un
abbuono delle somme indebitamente percepite a titolo di
pensioni di guerra o di assegni accessori, fatto salvo il caso
in cui sia accertato il dolo da parte dell'interessato. Ciò
anche alla luce del fatto che nella normativa vigente esistono
già casi di indebiti pensionistici per i quali non si fa luogo
al recupero. L'articolo 52 della legge 9 marzo 1989, n. 88,
recante "Ristrutturazione dell'Istituto nazionale della
previdenza sociale e dell'Istituto nazionale per
l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro", al comma 2,
sancisce, per analoghi indebiti pensionistici, che: "Nel caso
in cui, in conseguenza del provvedimento modificato, siano
state riscosse rate di pensione risultanti non dovute, non si
fa luogo a recupero delle somme corrisposte, salvo che
l'indebita percezione sia dovuta a dolo dell'interessato". A
seguito delle diverse interpretazioni da parte degli enti
pensionistici circa gli effetti della sanatoria prodotti
dall'applicazione del citato articolo 52 della legge n.88 del
1989, la Corte di cassazione con sentenza n. 4805 del 14
novembre 1989 e la Corte costituzionale con sentenza 12-31
luglio 1990, n. 383, hanno fornito "l'autentica
interpretazione definitiva", che non modifica affatto
l'intento di sanare le posizioni pensionistiche irregolari.
La presente proposta di legge ha dunque lo scopo di
abbuonare le somme indebitamente percepite a titolo di
pensioni di guerra o di assegni accessori: all'articolo 1
stabilisce, infatti, che non si fa luogo al recupero
dell'indebito, ad eccezione dei casi in cui sia accertato il
dolo da parte dell'interessato. Ciò vale anche per i
procedimenti di recupero in corso alla data di entrata in
vigore della legge.
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