| Onorevoli Colleghi! - Il tema del rilancio delle
riforme costituzionali, dopo il blocco dei lavori della
Commissione bicamerale per le riforme costituzionali, è stato
ripetutamente ripreso sia a livello politico sia a livello
istituzionale. Infatti, è convinzione pressoché unanimemente
condivisa che la riforma dell'ordinamento regionale nella
direzione di un impianto veramente autonomista abbia
raggiunto, anche e soprattutto in considerazione dei nuovi
compiti conferiti con la riforma amministrativa di cui alla
legge n. 59 del 1997, un grado di maturazione e di
approfondimento tali da consentirne l'immediata riproposizione
nelle sedi parlamentari. Nei fatti, però, le uniche iniziative
di riforma che il Parlamento sta esaminando concernono
l'elezione diretta dei Presidenti delle Giunte regionali. Ciò
autorizza il sospetto che taluni nodi irrisolti (in primo
luogo il federalismo fiscale) abbiano avuto e abbiano tuttora
una rilevanza determinante nell'impedire la riattivazione
della riforma, che a parole tutti sono pronti a reclamare. In
realtà, la vera volontà di cambiamento deve essere trovata
dentro le singole forze politiche, ma anche in tutte le
istituzioni e nelle formazioni sociali.
La proposta di legge costituzionale che si presenta prende
quindi atto da un lato dell'astrattezza di certe diffuse
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affermazioni di principio sul federalismo, dall'altro della
insufficienza di ciò che si sta facendo in tema di riforma
dell'ordinamento regionale.
A nostro avviso il Parlamento, nella sua veste di organo
titolare del potere di revisione costituzionale, non deve fare
opera di arbitraria invenzione o di ingegneria costituzionale,
né demolire l'impianto della Carta fondamentale, ma costruire
e rinnovare su solide fondamenta, che sono rappresentate sia
da ciò che ormai è stato politicamente ed istituzionalmente
acquisito, sia dal riconoscimento delle libertà regionali e
municipali. In concreto, ciò vuol dire in primo luogo
"costituzionalizzare" i princìpi della legge n. 59 del 1997
che enuncia il criterio di generalità delle competenze
regionali e della tassatività delle competenze statali.
Naturalmente, l'intervento a livello costituzionale consente
di elevare a livello primario tutta la competenza legislativa
delle regioni (mentre la citata legge n. 59 del 1997, operando
a Costituzione invariata, attribuiva nelle materie delegate
solo una competenza legislativa di attuazione). In secondo
luogo, si ritiene necessario da un lato il rafforzamento del
ruolo degli enti locali costituzionalizzando il principio di
sussidiarietà per quanto attiene alla funzione amministrativa,
dall'altro l'ampliamento del potere di autodeterminazione
delle regioni, attribuendo alle stesse effettiva autonomia
statutaria e sopprimendo il controllo preventivo sulle leggi
regionali. Si tratta, quindi, di un'ipotesi di riassetto
dell'ordinamento che appare politicamente e praticamente
fattibile perché si innesta, secondo una logica di continuità
e di sviluppo, su una ben definita trama normativa, costituita
dalla legislazione di decentramento (la più volte citata legge
n. 59 del 1997 e relativi decreti di attuazione). In questo
senso la presente proposta di legge costituzionale costituisce
una fase ulteriore di quel complesso e graduale processo
politico di costruzione del federalismo che, a sua volta, si
colloca nel più ampio quadro dell'integrazione europea e della
globalizzazione. Pertanto, non si vuole indicare un punto
finale di approdo, ma - realisticamente e concretamente - un
momento di consolidamento, in attesa di una maturazione
culturale delle istituzioni e delle formazioni sociali che
renda percorribili ulteriori itinerari di riforma.
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