| Onorevoli Colleghi! - Da molti, troppi anni, la
questione "giustizia" infiamma il dibattito tra gli
schieramenti politici spesso con una unilaterale violenza
polemica che si riflette non solo nelle parole, ma anche negli
atti che vengono adottati, contribuendo ad aumentare il clima
di intolleranza e non risolvendo quello che per i cittadini è
il problema fondamentale: la necessità di un rapido
accertamento delle responsabilità, nel rispetto dei diritti di
libertà di ognuno. Le due ali estreme di questi schieramenti,
che non sono solo politici, ma che attraversano anche la
magistratura, l'avvocatura ed ampi settori dell'opinione
pubblica, non si intendono, né sembrano avere intenzione di
farlo. Sin dall'epoca dei referendum sulla "giustizia
giusta" (1987-1988) ogni disposizione tendente a riportare
sotto controllo l'operato della magistratura, è intesa da una
certa parte esclusivamente come attacco alla sua indipendenza;
d'altro canto, è un fatto che ogni provvedimento adottato allo
scopo di combattere la dilagante criminalità organizzata (non
solo mafiosa, ma anche finanziaria e politica) è considerato
dalla parte opposta solo sotto il profilo della lesione ai
diritti di libertà e di difesa dei cittadini.
La legge n. 267 del 1997 ha inteso riportare il processo
penale nei binari di una concezione moderna della giustizia e
cioè che nessuno possa essere condannato sulla base di
dichiarazioni altrui senza avere avuto il diritto di
difendersi. Ma tale legge lo ha fatto in modo da porre l'esito
del procedimento nelle mani dell'imputato e consentendo la
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distruzione di parte del lavoro istruttorio degli inquirenti,
che pure l'avevano svolto nel rispetto di norme di legge.
La sentenza della Corte costituzionale n. 368 del 1998 ha
di nuovo posto l'accento sull'importanza del principio della
non dispersione dei mezzi di prova, più volte considerato
dall'Alta Corte di valenza costituzionale, consentendo il
recupero a contestazione di quanto precedentemente dichiarato
dall'imputato e non confermato in dibattimento.
Dopo la citata sentenza si è avviata l'ennesima prova di
forza in cui le parti si sono affrontate senza capire le
ragioni dell'altro: le camere penali si sono rese protagoniste
di un gesto clamoroso - lo sciopero contro la Corte
costituzionale -, atto definito "eversivo" dal Capo dello
Stato. Nel contempo le forze politiche hanno avviato presso il
Senato della Repubblica la discussione di un provvedimento di
riforma costituzionale tendente ad inserire nella nostra Carta
fondamentale il concetto di "giusto processo", consistente, in
definitiva, nell'affermazione dei princìpi del
contraddittorio, del giudice terzo e della ragionevole durata
del procedimento cui è aggiunto un complesso di garanzie
difensive.
Tuttavia, il testo approvato dalla I Commissione
permanente del Senato della Repubblica è tutt'altro che esente
da critiche. In primo luogo, va osservato che un testo
costituzionale deve unire concisione e completezza; lo impone
non solo la sua stessa natura, ma anche il fatto che la nostra
Carta è modificabile solo attraverso un complesso meccanismo.
Pertanto, proporre una lista delle garanzie difensive, che può
essere sintetizzata nel principio della parità tra accusa e
difesa, è addirittura controproducente poiché sembrerebbe
escludere eventuali nuovi diritti difensivi! In secondo luogo,
si mescolano inopportunamente (vedi articolo 3) norme
riferibili a diritti civili (articoli 13-54 della
Costituzione) con norme sulla giurisdizione (articolo 111
della Costituzione): diritto al rito abbreviato, alle indagini
difensive, all'interprete, se l'imputato è straniero, sono da
considerare diritti della persona indagata e quindi da
riferire all'articolo 25 della Costituzione.
Va inoltre stigmatizzato l'inserimento di una norma
transitoria non di valenza costituzionale, che altera il
meccanismo di revisione, così come è previsto dall'articolo
138 della Costituzione.
Tuttavia, è nel merito che il testo elaborato dal Senato
della Repubblica mostra uno sbilanciamento che ci lascia
sconcertati e timorosi: invero è fondamentale in una società
democratica che chiunque sia sottoposto ad indagine
giudiziaria penale disponga di tutto ciò che occorre per la
sua difesa, che venga al più presto riservatamente informato
delle accuse a lui rivolte, che abbia diritto, quale che sia
il suo censo o la sua nazionalità, ad un pieno esercizio delle
proprie prerogative e che possa interrogare chi lo accusa
dinanzi ad un giudice terzo. Tuttavia, non va assolutamente
dimenticato il sacrosanto diritto della collettività a
difendersi, in particolare oggi in cui essa è soggetta ad
aggressioni un tempo impensabili: la sovranità nazionale è
messa in discussione sia dalla globalizzazione dei mercati e
dall'esistenza di organismi privati potentissimi e ramificati
in ogni parte del mondo, sia dall'aggressione interna posta in
essere da organizzazioni criminali che fatturano migliaia di
miliardi di lire e controllano intere zone del Paese.
Non dimentichiamo l'immenso sforzo compiuto dai nostri
padri per sollevarsi da società in cui il diritto e la ragione
erano solo dalla parte del più forte.
Da queste considerazioni contrapposte e tuttavia
meritevoli di equilibrata considerazione nasce la presente
proposta di legge costituzionale: inserire nella Carta il
"giusto processo", elemento di civiltà giuridica, significa
elevare al rango di legge suprema non solo il principio della
parità tra accusa e difesa, del contraddittorio, della
terzietà del giudice e della durata ragionevole del
procedimento, ma anche quello della non dispersione dei mezzi
di prova: ragione ed equilibrio vogliono che non vada disperso
il lavoro correttamente svolto dagli inquirenti.
Pertanto, il nostro testo di modifica dell'articolo 111
della Costituzione, che prende spunto da quello proposto dal
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relatore Boato nell'ambito dei lavori della Commissione
parlamentare per le riforme costituzionali (articolo 130,
primo comma), provvede ad inserire nella Carta tutti gli
elementi indicati.
I diritti dell'imputato invece sono stati meglio precisati
attraverso la modifica all'articolo 25 della Costituzione.
Trattandosi di un testo costituzionale, la sola lettura
rende chiari i princìpi che si intende costituzionalizzare:
quel che vorremmo fosse chiaro è che la presente proposta di
legge costituzionale è un tentativo non solo di ampliare i
diritti di difesa, ma anche di preservare il bene prezioso
costituito dalla nostra società democratica.
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