| Onorevoli Colleghi! - La presente proposta di legge ha
lo scopo di rendere possibile l'effettiva partecipazione dei
tre milioni e mezzo circa di cittadini italiani residenti
all'estero ad un momento particolarmente importante della
nostra vita democratica: la celebrazione dei referendum
indetti ai sensi dell'articolo 75 della Costituzione.
Finora, alle varie tornate referendarie, succedutesi
sempre più numerose dal 1974 ad oggi, ai cittadini italiani
residenti all'estero era concessa per legge una sola
possibilità: quella di ritornare in patria ed esercitare il
diritto del voto nei collegi di origine. Così è avvenuto che
la stragrande maggioranza dei nostri emigrati, pur in possesso
di piena cittadinanza e del relativo diritto di voto, non
hanno in pratica esercitato questo diritto nè riuscendo a
partecipare al voto per le elezioni politiche nè partecipando
al voto sui vari quesiti referendari. Ma tutto questo è in
contrasto con lo spirito dell'articolo 75 della Costituzione,
terzo comma, che recita: "Hanno diritto di partecipare al
referendum tutti i cittadini chiamati ad eleggere la
Camera dei deputati". Non solo, poichè "La proposta soggetta a
referendum è approvata se ha partecipato alla votazione
la maggioranza degli aventi diritto, e se è raggiunta la
maggioranza dei voti validamente espressi", come recita il
quarto comma dell'articolo 75 della Costituzione, risulta
evidente che in Italia ogni referendum parte già con una
penalizzazione iniziale piuttosto forte: una riduzione della
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partecipazione al voto valutabile tra il 5 percento e il 6 per
cento e dovuta esclusivamente al non ritorno in Italia dei
cittadini italiani residenti all'estero.
In una democrazia matura che punta ad un bipolarismo
compiuto, anche attraverso nuovi referendum elettorali,
risulta sempre più imperdonabile e democraticamente ingiusto
che già in partenza siano di fatto esclusi quegli elettori
emigrati più o meno stabilmente o temporaneamente all'estero.
Si tratta di cittadini italiani che hanno già pieno diritto di
voto politico, che fanno parte di quei 49 milioni di elettori
conteggiati per l'elezione della Camera dei deputati e di quei
43 milioni chiamati ad eleggere il Senato della Repubblica;
per votare, però, secondo la legislazione vigente, devono fare
ritorno in Italia, nei comuni di iscrizione, sostenendo un
improbabile, costoso e faticoso viaggio di andata e di ritorno
da aree geografiche lontanissime.
Con la presente proposta di legge (articolo 1) è istituita
esclusivamente per questa particolare platea di cittadini
elettori la modalità del voto in loco, del voto per
corrispondenza: a muoversi saranno i plichi contenenti le
schede del referendum e non i nostri concittadini
emigrati.
Abbiamo mutuato da altre esperienze europee un efficace
meccanismo elettorale e definita una organizzazione,
imperniata sulla nostra rete consolare, così da garantire
libertà, personalità e segretezza nell'esercizio individuale
del voto.
Sempre con l'articolo 1 e con l'articolo 3 proponiamo di
non rendere obbligatorio il voto per corrispondenza; è una
"opzione" riservata ai nostri concittadini emigrati, i quali
sono informati per tempo di questa possibilità dai nostri
consolati (articolo 5). Chi non opta, può sempre far ritorno
in Italia per esercitare il proprio diritto di voto nei comuni
di origine. La scelta del voto per corrispondenza diventa così
non soltanto un mezzo per facilitare l'espressione del voto,
ma l'occasione di un coinvolgimento più consapevole;
l'elettore comunica agli uffici consolari, tramite una
apposita cartolina postale che gli è stata precedentemente
recapitata, la propria volontà, solo se positiva, e aggiorna i
dati anagrafici che lo riguardano: diventa, insomma, una
partecipazione attiva al processo elettorale.
Con l'articolo 2 è istituito presso il Ministero
dell'interno un servizio elettorale permanente con il compito
di redigere e di aggiornare l'elenco degli elettori residenti
all'estero che hanno esercitato la facoltà di esprimere il
voto per corrispondenza. Perchè un servizio permanente? Perchè
auspichiamo che il voto per corrispondenza possa
successivamente essere esteso, sempre attraverso una legge
ordinaria, anche alle elezioni politiche generali (ricordiamo
a questo proposito la specifica proposta di legge AC n. 2863
del 10 dicembre 1996).
Con l'articolo 6 prevediamo la istituzione a Roma, presso
la corte d'appello, di uno specifico Ufficio centrale per il
voto proveniente dall'estero; con l'articolo 8 la costituzione
dei relativi seggi elettorali, dato che le schede referendarie
votate, ricevute per posta dai nostri consolati, sono
raccolte, quindi trasferite in Italia con valigia diplomatica
e qui scrutinate in contemporanea con le operazioni di
scrutinio che si svolgono sull'intero territorio nazionale
(articolo 9). E' evidente che la consultazione referendaria
all'estero deve tenersi prima della data fissata per il suo
svolgimento in Italia; tra i venti e i dieci giorni prima.
Con l'articolo 7 prevediamo uno scadenzario preciso e
praticabile: non oltre venti giorni prima della data stabilita
per il referendum in Italia, gli uffici consolari
inviano agli elettori che abbiano esercitato l'opzione, il
plico contenente il certificato elettorale, la scheda recante
il quesito referendario, o le schede recanti i quesiti
referendari nel caso di consultazioni plurime, ed una busta
affrancata recante l'indirizzo dell'ufficio consolare
circoscrizionale. L'elettore, una volta espresso il proprio
voto nel rispetto dei princìpi dell'articolo 48 della
Costituzione, introduce nell'apposita busta la scheda, o le
schede, sigilla la busta e la spedisce non oltre il decimo
giorno precedente la data stabilita in Italia per il
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referendum. Quarantotto ore prima dell'apertura dei
seggi elettorali, i capi degli uffici consolari inviano alla
corte d'appello di Roma i plichi con le buste pervenute e il
numero degli elettori che hanno esercitato l'opzione. Tali
plichi sono spediti in un unico viaggio per via aerea e con
valigia diplomatica.
Con l'articolo 10 e con l'articolo 11 richiamiamo al
rispetto, per quanto riguarda la campagna referendaria, degli
ordinamenti degli Stati che ospitano i nostri concittadini e
impegnamo il Governo italiano a raggiungere con tutti questi
Paesi intese atte a garantire le condizioni necessarie per
l'esercizio del voto per corrispondenza.
Infine con l'articolo 13 prevediamo sanzioni raddoppiate
per chi vota sia all'estero sia nel seggio di ultima
iscrizione in Italia, anche se contiamo che funzioni il
meccanismo di informazione verso i comuni affinchè sospendano
l'esercizio di voto in Italia per chi ha optato per il voto
per corrispondenza dall'estero.
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