| Onorevoli Colleghi! - A Verona, sul Colle di San
Pietro, a ridosso dell'antico Ponte Pietra e in prossimità
dell'antico Teatro romano si erge l'austero edificio dell'ex
caserma di Castel San Pietro.
In seguito alla pace di Luneville che divideva la città in
due parti ed assegnava il lato sinistro agli austriaci e
quello destro ai francesi, questi ultimi, l'8 marzo 1801,
prima di consegnare agli austriaci la parte loro spettante
fecero saltare la chiesa di San Pietro e l'antica fortezza.
Sui resti dell'antica chiesa di San Pietro e dell'antica
fortezza viscontea e veneziana venne progettata e costruita,
tra il 1852 e il 1856, la caserma austriaca. L'edificazione
comportò un'opera di livellamento del terreno che (i resti
dell'originario tempio romano emersero durante quei lavori),
eliminando ogni variazione di quota, trasformò la sommità del
colle in una piattaforma regolare affacciata sulla città. Su
quella piattaforma appoggiano, in perfetta consonanza, le
geometrie rettilinee dell'architettura austriaca.
Dimensionata per 452 soldati e 9 ufficiali, la caserma
rappresenta il perfezionamento dello schema "a corpo lineare"
già messo in atto dalla Repubblica veneta nel secondo
cinquecento. Si realizza nella chiarezza distributiva degli
spazi interni che si riflette all'esterno nella rigorosa
semplicità delle volumetrie, dove peraltro lo scarto di quota
nei due corpi di testa dà espressivo risalto alla spinta delle
volte interne (ribassate nei grandi saloni, a tutto sesto nei
corridoi di collegamento, a padiglione nel vano rampante), che
in essi va appunto a scaricare. L'equilibrata quanto evidente
sintesi di forma e funzione propria dell'opera di
architettura, lì realizzata con naturale semplicità, va poi
ulteriormente a qualificarsi attraverso l'attenta scelta dei
materiali costruttivi (muratura in pietrame e paramenti in
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mattoni per le strutture verticali; laterizio per le volte;
pietra e tufo per gli elementi ornamentali) che tiene conto,
con sensibilità, delle prerogative dell'architettura veronese
e della sua tradizione.
Esaurita la funzione di caserma imperiale al momento
dell'abbandono di Verona da parte degli austriaci (16 ottobre
1866) ed esaurita con la seconda guerra mondiale anche quella
di caserma italiana, nel 1932 l'opera sarà ceduta dal demanio
militare al comune di Verona per passare ad una funzione
civile.
Essa passò successivamente ad una serie di usi più o meno
impropri alternati a fasi di deteriorante abbandono, fino al
suo recente utilizzo come deposito di attrezzature comunali.
Un modesto, ma importante intervento ha permesso di fermarne
il degrado: ora che il tetto è risanato, che nuovi pluviali e
grondaie ne convogliano l'acqua, che le mura asciugate
rivelano la loro possente solidità, il monumento attende
quella integrazione nella vita della città, che la dignità
della sua architettura richiede e la rilevanza del sito
impone, anche alla luce della nuova situazione che l'opera
austriaca andò a determinare sull'intera collina. Eliminata
infatti la barriera delle mura che cingevano la cittadella
fortificata e che segnavano la cesura tra la sommità del colle
e la sua parte sottostante, l'intervento messo in atto dal
comando austroungarico non solo restituì all'intero sito
l'originaria unità monumentale, ma anche ricreò, negli spazi
piani del piazzale e della sua architettura a piombo sulla
città, quel luogo privilegiato di visione dell'intera Verona e
del suo fiume, che in antico la superficie altrettanto piana,
rettilinea e dominante del tempio romano già aveva
realizzato.
Al di là della sua specifica funzione, del resto limitata
nel tempo, la caserma austriaca finì, insomma,
paradossalmente, con il togliere al sito il carattere
militare, di barriera, da esso assunto al momento della
costruzione del castello visconteo e con il restituirlo a
quella fruizione civile che gli era stata propria nel lungo
periodo romano della sua storia, periodo che poi l'eclatante
recupero del Teatro romano metterà stupendamente in luce.
E' necessario altresì sottolineare il fatto che la
funzione civile, religiosa e spettacolare della sommità del
colle non va a legarsi a un momento qualsiasi della sua
storia, sia pure romana, bensì al suo momento primo: quello
della trasformazione della collina di San Pietro in un
organismo urbanistico dal grande impatto monumentale; momento
che si lega pertanto a quello della generale pianificazione
della città romana che la sacralità del tempio siglava.
Castel San Pietro (dove certamente risiedettero i
primissimi abitanti della città), è non solo luogo di
primordiali memorie, ma anche di incomparabile bellezza; dove
mai si ritrova un simile affaccio sull'ansa di un fiume e
sulla città ancora "romana"?
A tale fine, l'articolo 1 della presente proposta di legge
qualifica gli interventi di recupero del patrimonio storico,
architettonico ed urbanistico di Castel San Pietro come
finalità dello Stato (comma 1) e, in relazione a ciò, prevede
l'istituzione, entro quarantacinque giorni dalla data di
entrata in vigore della legge, di una apposita commissione di
esperti (comma 2).
L'articolo 2 esplicita le funzioni della commissione. In
particolare, sono affidati alla commissione i compiti di
esaminare e di approvare il piano esecutivo degli interventi
da realizzare (comma 1). Sono altresì previste forme di
informazione, con una relazione che è trasmessa semestralmente
al Parlamento (comma 3). Il comma 4 dello stesso articolo
fissa in un triennio la durata della commissione.
L'articolo 3 dispone la copertura finanziaria per il
triennio 1999-2001.
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