| Onorevoli Colleghi! - Come è noto, i contratti
collettivi nazionali di lavoro nel comparto pubblico hanno
vigenza triennale ed in tale arco temporale si sviluppano i
relativi benefìci giuridici ed economici. Numerose decisioni
giurisprudenziali, sia della magistratura amministrativa che
di quella ordinaria, hanno più volte statuito che i
destinatari degli accordi sono tutti coloro i quali risultano
in servizio alla data di decorrenza della validità dei
contratti, sia che rimangano in servizio, sia che siano
collocati in quiescenza durante il periodo di vigenza del
contratto e l'eventuale scaglionamento nel tempo dei benefìci
previsti riguarda solo gli effetti e la loro decorrenza.
Il riconoscimento di tale diritto è stato nel tempo,
altresì, sancito con provvedimenti normativi per il comparto
scuola, per il comparto Ministeri e per le amministrazioni
autonome dello Stato; in pratica per quasi tutto il settore
pubblico. L'unica eccezione è rappresentata dai dipendenti
dell'allora Ente ferrovie dello Stato, per il semplice motivo
che all'epoca in cui venne emanato il decreto del Presidente
della Repubblica 8 maggio 1987, n. 266, tale ente non era più
un'azienda di Stato, anche se l'articolo 21 della legge 17
maggio 1985, n. 210, stabiliva che l'ordinamento previdenziale
ed assistenziale del personale dipendente continuava ad essere
regolato dalle leggi in vigore. Solo con il rinnovo del
contratto collettivo nazionale di lavoro per il triennio
1990-1992 tale diritto era esplicitamente riconosciuto anche
al personale dipendente dell'allora Ente ferrovie dello Stato
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con efficacia ex nunc, ma senza alcun riferimento al
periodo pregresso, per cui i lavoratori delle Ferrovie dello
Stato posti in quiescenza negli anni precedenti, in vigenza
dei contratti relativi al periodi 1981-1983, 1984-1986,
1987-1989 - sono stati ingiustamente penalizzati. Diritto che,
peraltro, venne di nuovo negato in occasione del rinnovo del
contratto di lavoro relativo al triennio 1993-1995, non più
soggetto alla legge, ma ad una intesa fra le parti, poiché
l'Ente era trasformato in Ferrovie dello Stato Spa.
Malgrado il lungo contendere e la fondatezza giuridica dei
diritti vantati dai ferrovieri, i risultati parziali e
positivi conseguiti dai lavoratori dopo lunghi anni di lotte,
sia in sede giudiziaria che politica, erano vanificati dal
Ministero del tesoro - Ragioneria generale dello Stato, che a
mezzo della circolare n. 72 del 15 febbraio 1987, in tema di
perequazione automatica per le pensioni pubbliche, a norma
dell'articolo 21 della legge 27 dicembre 1983, n. 730,
stabiliva che: "at fini corretta applicazione provvedimenti
riguardanti personale statale collocato a riposo periodo
vigenza contrattuale triennio 85/87 et avente titolo at
riliquidazione trattamento di quiescenza, importi pensione
decorrenti dal 1^ gennaio 1987 e dal 1^ gennaio 1988, in
quanto commisurati at nuove e più elevate basi pensionabili,
dovranno essere attribuiti in sostituzione importi pensione in
godimento rispettivamente al 31 dicembre 1986 e 31 dicembre
1987, comprensivi aumenti perequativi nel frattempo concessi
che restano pertanto assorbiti". Tale disposizione è stata
subito applicata a tutto il settore pubblico, compreso quello
concernente i ferrovieri, nel solo periodo di riconoscimento
dell'unicità contrattuale, cioè nel periodo di vigenza del
contratto collettivo nazionale di lavoro relativo al triennio
1990-1992. Risulta, pertanto, evidente che gli effetti di una
legge, che riconosceva un diritto patrimoniale al lavoratore
posto in quiescenza nel periodo di vigenza del contratto
triennale, erano inspiegabilmente modificati da una circolare
che di fatto annullava la finalità della legge stessa, in
quanto prevedeva che dovesse valere, alternativamente, o il
contratto o la perequazione. Inoltre, la circolare del
ministero del tesoro n. 12954 del 7 luglio 1989 stabiliva che
la unicità dei contratti nell'arco del triennio doveva
intendersi limitata ai soli fini pensionistici e non anche a
quelli della buonuscita. Tale circolare è stata ripetutamente
contestata in sede giurisdizionale, con la conseguenza di
decine di sentenze favorevoli ai lavoratori che hanno visto
riconosciuto il loro diritto al ricalcolo della buonuscita
comprensiva degli aumenti contrattuali concessi nel triennio.
Fra tutte si ricorda, per il valore della sua portata, la
sentenza emessa, in sede di appello, del Consiglio di Stato
del 1^ dicembre 1995, depositata il 29 marzo 1996, che così
conclude: "Il dipendente cessato dal servizio con diritto a
pensione, anche se collocato a riposo anteriormente alla data
di introduzione del trattamento economico a regime, ha diritto
ad un trattamento economico identico a quello dei dipendenti
in servizio nel periodo di vigenza dell'accordo, che viene
corrisposto alle stesse scadenze e nelle stesse percentuali
per il restante personale con i consequenziali riflessi sulla
misura dell'indennità di buonuscita e del trattamento
pensionistico".
La presente proposta di legge è basata sul presupposto che
il lavoratore abbia diritto sia all'uno che all'altro
beneficio, poiché la dilazione degli aumenti nell'arco dei tre
anni deriva da una mera esigenza di bilancio. Pertanto,
giuridicamente, gli aumenti sono da considerare come
corrisposti nel primo giorno di inizio della validità del
contratto e, pertanto, suscettibili degli aumenti per
perequazione verificatisi nel corso del triennio di cui alla
legge n. 730 del 1983.
Tutto ciò premesso, gli obiettivi della presente proposta
di legge sono i seguenti:
a) riconoscere, in vigenza del contratto
triennale, il diritto di ottenere tutti gli aumenti concessi
ai ferrovieri che hanno cessato il servizio nel periodo
compreso fra il 1981 ed il 1995;
b) eliminare interpretazioni difformi dallo
spirito delle disposizioni emanate, per evitare pendenze
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giudiziarie sempre più numerose con un costo non
trascurabile;
c) rendere, infine, un dovuto atto di giustizia ed
equità ai pensionati ferrovieri che sono in attesa del
riconoscimento di un loro diritto, come è già avvenuto per
tutti gli altri pubblici dipendenti. L'approvazione della
proposta di legge, oltre ad eliminare l'enorme contenzioso
pendente, comporterebbe anche un vantaggio economico per le
Ferrovie stesse. Infatti, la stragrande maggioranza del
contenzioso, fino ad oggi, si è concluso con la condanna delle
Ferrovie dello Stato, oltre alle spese aggiuntive di
giustizia, anche al pagamento degli interessi e della
rivalutazione monetaria, che fanno addirittura più che
raddoppiare l'importo del diritto riconosciuto a favore dei
dipendenti.
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