| Onorevoli Deputati! - Il settore dei beni culturali in
Italia non ha avuto da parte dello Stato l'attenzione e le
risorse che il suo valore e la sua consistenza avrebbero
preteso.
A fronte della enorme ricchezza storico-culturale del suo
patrimonio, lo Stato, da un lato, non ha predisposto un
razionale sistema di definizione di competenze per
l'individuazione delle autorità preposte alla tutela, né ha
fornito, dall'altro, adeguati mezzi finanziari per la
conservazione e la cura di tale risorsa.
Sul primo punto, basti ricordare come siano state
improduttive di effetti sia l'apertura dell'articolo 9 della
Costituzione espressa nel richiamo al patrimonio
storico-artistico della Nazione, non già dello Stato, sia la
previsione contenuta nell'articolo 48 del decreto del
Presidente della Repubblica n. 616 del 1977 di attribuzioni
amministrative alle regioni ed agli enti locali in ordine alla
tutela e alla valorizzazione dei beni culturali.
Quanto alla destinazione di adeguate risorse finanziarie
per la salvaguardia del patrimonio storico-artistico, va
evidenziato che i rari interventi legislativi favorevoli al
settore hanno subìto nel tempo sensibili contrazioni. Fra i
primi, si fa riferimento in particolare alla legge n. 512 del
1982, legge meritevole di considerazione per l'innovazione
introdotta correlando le agevolazioni fiscali agli oneri
incombenti sulle proprietà quando questa ha ad oggetto beni di
riconosciuto valore storico-artistico.
Il sistema della deducibilità totale dal reddito delle
spese affrontate per ottemperare agli obblighi di tutela
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imposti al titolare ha realizzato un efficace strumento per la
conservazione e fruizione dei beni vincolati ai sensi della
legge n. 1089 del 1939 e del decreto del Presidente della
Repubblica n. 1409 del 1963. Dal principio della deducibilità
si è però successivamente transitati al principio della
detraibilità con conseguente contrazione dei benefìci e
penalizzazione degli interventi negli ambiti sopra
identificati.
La presente proposta di legge rappresenta una risposta
forse provocatoria nella sua semplicità ai sopra evidenziati
problemi di scarsità di fondi a disposizione degli interventi
diretti al recupero ed alla valorizzazione dei beni ed anche
delle attività culturali, riproponendo con forza il principio
della piena deducibilità da reddito delle erogazioni liberali
effettuate da privati e da imprese.
Infatti, è acquisito in dottrina e nella prassi, che lo
strumento più idoneo per indirizzare investimenti e risorse di
singoli ed imprese verso i settori che il legislatore vuole
favorire, ritenendoli di interesse della collettività, è
quello della deduzione dal reddito, non già della detrazione
d'imposta.
L'articolo 1 della proposta di legge esplica tale
principio stabilendo che la deduzione non può essere di
importo superiore all'uno per cento del reddito dichiarato,
specificando anche i requisiti di cui i soggetti beneficiari
delle erogazioni liberali devono, a loro volta, essere in
possesso.
L'articolo 2, sulla base di quanto recentemente previsto
per altri settori, prevede la possibilità di destinare una
quota pari allo 0,4 per cento dell'imposta sul reddito delle
persone fisiche (IRPEF) al finanziamento di iniziative
pertinenti nell'ambito della cultura nella più lata accezione
del concetto, comprensiva delle attività rivolte alla tutela
del bene culturale, alla sua valorizzazione e al complesso
delle manifestazioni che esprimono nei diversi settori il
valore culturale.
Infine, l'articolo 3, sviluppando la disponibilità del
legislatore a vedere riconosciuto un ruolo anche alla regione
in ordine al finanziamento o alla contribuzione di interventi
in questo settore, disponibilità già manifestata con
l'articolo 12, comma 1, della legge n. 537 del 1993, fa
rientrare nella disponibilità delle regioni una quota pari al
cinquanta per cento dell'importo così realizzato per il
finanziamento o la contribuzione delle ipotesi previste
all'articolo 2.
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