| Onorevoli Colleghi! - Vista l'interruzione dei lavori
della Commissione bicamerale per le riforme costituzionali è
sembrato opportuno ripresentare il testo della proposta di
legge costituzionale recante norme per la costituzione della
Repubblica federale italiana ai fini dell'esame ordinario,
previsto dall'articolo 138 della Costituzione, per le leggi di
revisione della Costituzione.
Il testo proposto all'attenzione della Camera dei deputati
è stato la prima Costituzione dall'impronta marcatamente
federalista ad essere presentata nella storia della
Repubblica. Un segno significativo di una certa difficoltà
dell'idea federalista, i cui depositari sono stati per molti
anni una voce minoritaria e spesso incompresa.
Ora, a otto anni dalla prima presentazione (eravamo nella
X legislatura), ed a due anni dalla seconda (gennaio 1997)
quello stesso testo viene riproposto, pur con qualche
modificazione, nella certezza che si tratti di un utile
confronto in vista della necessaria ripresa della stagione
delle riforme, iniziata con la istituzione della Commissione
bicamerale e bruscamente interrotta.
Ma, mentre ancora alcuni anni fa, l'impostazione
federalista era poco diffusa, oggi - almeno apparentemente -
il federalismo è sempre più, e soprattutto per un numero
crescente di forze politiche, la strada da intraprendere. Ma
quale federalismo? Ognuno sembra dare a questo termine una
propria interpretazione e forse contenuti diversi. Per evitare
equivoci, come già avvenuto in passato, abbiamo ritenuto utile
offrire nuovamente questa nostra proposta, che vuole tra
l'altro essere una risposta precisa a chi - pensiamo agli
studi della Fondazione Agnelli - vorrebbe con un tratto di
penna cancellare secoli di storia, come nel caso sciagurato in
cui il nuovo assetto italiano togliesse dalla carta geografica
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e dal panorama istituzionale la Valle d'Aosta. Una logica
macro-regionale che ha purtroppo fatto tendenza e che spesso
torna alla ribalta.
Noi siamo invece per un'Italia federale, all'interno di
un'Europa federalista, immaginando questa Costituzione come
parte integrante di una costruzione europea rispettosa dei
piccoli popoli, come antidoto ai danni dei vecchi e nuovi
nazionalismi.
Già nell'XI legislatura la Commissione parlamentare per le
riforme istituzionali, bocciata l'opzione federalista, pur
affidando al futuro costituente materiale utile per il
confronto, non ottenne gli esiti sperati ed è di recente
memoria l'abbandono della Commissione bicamerale. Ecco perché
in questa fase storica appare nuovamente utile riproporre
all'attenzione dei colleghi la proposta di legge
costituzionale presentata una prima volta nell'ottobre 1991,
ripresentata nel novembre 1993, nuovamente nell'aprile 1994,
e, da ultimo, come già evidenziato, nel gennaio 1997. Una sua
riproposizione vale, anche questa volta, come testimonianza di
una Costituzione federalista, i cui contorni principali,
benché sia trascorso del tempo, restano validi ed
originali.
Il valore del testo presentato deriva proprio dal fatto
che si tratta di uno sforzo, pur imperfetto e certamente
correggibile, di concretizzare le istanze federaliste in un
momento nel quale si deve entrare nel vivo e lasciare il
terreno della mera teorizzazione.
Nel riproporre alcune parti della relazione che
accompagnava la proposta di legge costituzionale nel testo
presentato già nel 1991, non si può non osservare come alcuni
temi abbiano poi avuto uno sviluppo importante. Pensiamo ad
esempio al risveglio delle nazionalità, al dibattito ricco
sull'integrazione europea, alla consapevolezza in Italia della
crisi della politica. In particolare, i vasti fenomeni di
corruzione emersi in questi anni risultano anche conseguenza
di un imperfetta organizzazione istituzionale della Repubblica
e di una cattiva applicazione della Costituzione vigente. Da
segnalare inoltre la riscoperta dei problemi etnici e delle
identità culturali e anche il recente dibattito sul
secessionismo, che non deve essere liquidato come fenomeno
folcloristico o propagandistico ma che ha in sé il senso
profondo di cosa potrebbe avvenire qualora non si imboccasse
la strada del federalismo.
Per altro in tutti i Paesi europei si discute sul
superamento dello Stato nazionale nella duplice chiave di
lettura dell'organizzazione interna (autonomia e
decentramento) e dell'integrazione europea (Europa degli
Stati, Europa delle Regioni o Europa dei popoli) ed è storia
degli ultimi mesi la costituzione di una Europa unita sotto
l'aspetto della moneta comune, con la nascita dell'Euro.
I movimenti autonomistici storicamente radicati, come
l'Unione Valdotaine, hanno elaborato dal dopoguerra ad oggi
una serie di analisi sull'Italia repubblicana ed hanno
indicato delle soluzioni che si rifanno al cosiddetto
"federalismo integrale", l'unica strada percorribile in una
visione di confronto con le più mature forze autonomistiche ed
etniche europee e in un rapporto di collaborazione in Italia
fra le forze politiche che credono in questa scelta.
E' indubbio che nell'analisi storica e politica dello
Stato italiano quel che si nota dall'unità d'Italia in poi è
il progressivo e periodico fallimento della versione
centralista dello Stato nazionale tradizionale. Molti ed
autorevoli commentatori nel periodo risorgimentale,
nell'Italia liberale, nel periodo fascista e nel dopoguerra
hanno analizzato a fondo i limiti e le carenze che hanno avuto
come conseguenza l'attuale stato di sfascio e di degrado del
sistema politico italiano. Ci sono dunque una serie di "tare"
che sin dall'inizio hanno caratterizzato lo Stato unitario,
solo formalmente corrette da una Costituzione repubblicana di
compromesso e nella realtà dei fatti dimostratasi scarsamente
autonomistica, in parte per i propri contenuti ed in parte per
l'interpretazione che ne è stata data dal sistema dei partiti
che ha guidato l'Italia dal 1945 sino ad oggi. Al quadro
bisogna aggiungere proprio la degenerazione, definita
"partitocrazia", che non a caso ha generato le varie
"tangentopoli" ed ha aumentato la distanza fra i cittadini e
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le istituzioni ed un crescendo di richieste di cambiamento
culminato con la fine presunta della prima Repubblica.
E' in questa fase che si pone la necessità di decidere
quale strada intraprendere e quali strumenti adoperare per
giungere ad una totale revisione della Costituzione, per
conciliare la stabilità di governo con i rapidi tempi di
decisione che oggi sono richiesti, per sviluppare il ruolo di
ogni comunità prevedendo tuttavia momenti di sintesi e di
confronto. Solo una riscrittura radicale della Costituzione
può consentire l'uso del termine "seconda Repubblica". La
speranza è che lo Stato italiano, Stato unitario in cui la
concentrazione dei poteri è solo parzialmente attenuata
dall'articolazione amministrativa e legislativa regionale,
divenga uno Stato federale. Non si tratta più semplicemente di
variare equilibri fra gli organi di vertice delle istituzioni
repubblicane. Bisogna rifondare la Costituzione materiale,
avendo ben chiaro che è necessario porre al centro di questo
processo costituente le entità regionali. Ed è quanto l'Union
Valdotaine ha fatto con uno studio attento e con la presente
proposta di legge costituzionale, discussa ed approvata in
passato anche dal Consiglio regionale della Valle d'Aosta.
I tempi di attuazione della Costituzione repubblicana in
vigore sono stati lenti e spesso le scelte sono state molto
contraddittorie. L'esempio lampante sono i limiti frapposti
negli anni alla già limitata possibilità di esprimersi delle
Regioni e delle Province autonome. In maniera disinvolta si è
ricorso nei tempi agli escamotage più diversi per
limitare le autonomie speciali. Significativo in questo senso,
addirittura al di fuori della Costituzione, il concetto di
"funzione di indirizzo e coordinamento" che assegna allo Stato
poteri enormi di compressione delle possibilità delle Regioni
e delle Province autonome. Dei ritardi è facile dire: basti
pensare alla tardiva nascita delle Regioni a Statuto
ordinario, al loro scarso peso e, più in generale, alla
sopravvivenza, in parallelo, di uno Stato delle autonomie e di
una articolazione locale dello Stato, dagli uffici periferici
dei Ministeri ai prefetti, che sono la perfetta conseguenza di
un disegno falsamente autonomistico. Esemplificativa appare la
trattazione che è stata fatta, dal dopoguerra sino ad oggi, di
tutta la finanza locale, con le Regioni e i Comuni costretti
ad un rapporto di sudditanza e di passività nei confronti
delle decisioni centrali. Si può dire, in fondo, che il
disegno regionalista è fallito proprio per i limiti
strutturali, ma anche per il processo di asfissia a cui lo
Stato centrale lo ha costretto.
Aggiungiamo ancora che ad occupare l'attuale Repubblica è
stato un sistema dei partiti che ricalcano in scala,
influenzando ed essendone influenzati, il sistema statale. I
grandi partiti di massa, nelle loro trasformazioni, si sono
sempre più sclerotizzati, occupando tutti gli spazi possibili,
chiudendo ogni possibilità reale di confronti interni e
vanificando i propositi costituzionali che assegnavano al
momento partecipativo il loro ruolo più rilevante.
Da questa premessa discende un atteggiamento scettico nei
confronti della reale possibilità di un processo di spontaneo
cambiamento all'interno dell'attuale sistema politico e
costituzionale. Il rischio cioè è che si perpetui uno spirito
trasformistico, modernamente forse lo si potrebbe chiamare
consociativo, che si limiti a parlare delle necessità delle
grandi riforme, ma che nella realtà dei fatti, con abile
operazione di immagine, porti a lievi aggiustamenti per
garantire la sopravvivenza dell'attuale Stato nazionale e di
tutti i soggetti che ne sono intrinseca espressione.
L'Union Valdotaine, che rigetta ogni forma di violenza e
teme semmai che possa prevalere in questa fase la tentazione
di svolte autoritarie, ritiene dunque che il dibattito in
corso non potrà sortire alcun effetto se si limiterà ad essere
affrontato sul semplice terreno del confronto tattico fra i
partiti.
E' per questo che, pregiudizialmente ad ogni ulteriore
approfondimento, quel che importa anzitutto è definire un
sistema che permetta di dibattere sul nuovo Stato federale.
Infatti bisogna rifuggire da tentazioni di qualunquismo e
cercare vie nuove che permettano di ricostruire un clima di
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fiducia. Perché la gente, la società civile, gli operatori
economici, insomma noi tutti abbiamo bisogno di essere
governati in modo serio ed onesto, da una classe politica
responsabile, secondo regole che consentano una reale
partecipazione ed una vera autonomia.
La Valle d'Aosta ha grandissime potenzialità che spesso
non vengono sfruttate a causa di un centralismo oramai
anacronistico ed invasivo.
Il bisogno di aria nuova richiede un nuovo tipo di sforzo
progettuale coraggioso e lucido, che dal basso costringa i
vertici al cambiamento.
L'Union Valdotaine studiando la presente proposta di
legge costituzionale ha fatto la sua parte in questo pensando
al futuro della Valle d'Aosta, dell'Italia e dell'Europa in un
quadro diverso, moderno ed efficiente. Per non essere la
zavorra dell'Europa ma una parte viva e vitale di questo
continente che nel progetto di integrazione europea, se
l'Europa sarà federalista, ha trovato la via per assicurarci
un futuro di benessere materiale e morale.
Proponiamo con forza un progetto di Costituzione federale
per l'Italia, una proposta articolata e ragionata che vede
nelle Regioni attuali, trasformate attraverso una loro libera
scelta in Repubbliche federate fra loro, il pilastro di un
nuovo modo di concepire lo Stato in Italia.
Sintetizziamo ora alcuni punti:
i diversi popoli che formano lo Stato italiano
esercitano il diritto di autodeterminazione, si costituiscono
in Repubbliche sovrane, le quali si uniscono con un patto
federale per costituire la Federazione italiana;
le competenze della Federazione sono fissate dalla
Costituzione federale, quelle che non sono demandate in modo
esplicito alla Federazione sono esercitate direttamente dalle
Repubbliche;
gli organi della Federazione si costituiscono seguendo
princìpi della democrazia rappresentativa. Essi sono: il
Presidente della Federazione, il Parlamento federale formato
dalla Camera dei deputati e dal Senato delle Repubbliche, il
Governo federale, il Tribunale supremo federale;
la Camera dei deputati, che incarna il vincolo federale,
è eletta a suffragio universale;
il Senato delle Repubbliche, in cui queste hanno pari
dignità, è eletto dai Parlamenti delle Repubbliche federate e
assicura un raccordo diretto e permanente fra le Repubbliche e
la Federazione.
Queste sono in sintesi le linee direttrici della nostra
proposta di legge costituzionale, che certo appaiono come del
tutto innovative rispetto all'attuale quadro centralistico che
al sistema esistente somma la politica delle
Authorities, degli interventi straordinari dello Stato,
di un Parlamento che tende a legiferare anche nelle materie
più minute. La strada da intraprendere è un'altra, che prevede
lo scardinamento dell'attuale Stato, la soppressione di gran
parte di Ministeri e una profonda riforma della pubblica
amministrazione, un riavvicinamento dei cittadini alla
politica ed una forte assunzione di responsabilità da parte
degli elettori e degli eletti.
Solo negli ultimi anni, con i disegni di legge noti come
"Bassanini", si è visto qualche passo in avanti nella
direzione del cambiamento.
Con la nostra proposta di legge costituzionale si esprime
la necessità di fondare assieme i cambiamenti dello Stato e
della politica.
In questo siamo aperti al confronto ed al dialogo con
tutte le forze politiche e sociali, senza preconcetti o
chiusure, certi che nel federalismo si possano trovare molte
delle soluzioni necessarie per l'avvio di una nuova fase di
nascita e sviluppo socio-politico-economico del Paese.
Questa proposta di una nuova Costituzione vuole essere
dunque un segnale: cambiare è possibile e doveroso soprattutto
se l'alternativa è la tragica e rischiosa dissoluzione della
Repubblica esistente. I segnali in questo senso sono numerosi
e crescenti e l'alternativa alle riforme è il caos, a cui ogni
comunità reagirà a seconda delle proprie scelte e sulla base
delle proprie determinazioni.
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