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Testi integrali degli Atti Parlamentari della XIII Legislatura

Documento


69905
DDL5949-0002
Progetto di legge Camera n. 5949 - testo presentato - (DDL13-5949)
(suddiviso in 107 Unità Documento)
Unità Documento n.2 (che inizia a pag.1 dello stampato)
...C5949. TESTIPDL
...C5949.
RELAZIONE
ZZDDL ZZDDLC ZZNONAV ZZDDLC5949 ZZ13 ZZRL ZZPR
     Onorevoli Colleghi! - Vista l'interruzione dei lavori
  della Commissione bicamerale per le riforme costituzionali è
  sembrato opportuno ripresentare il testo della proposta di
  legge costituzionale recante norme per la costituzione della
  Repubblica federale italiana ai fini dell'esame ordinario,
  previsto dall'articolo 138 della Costituzione, per le leggi di
  revisione della Costituzione.
     Il testo proposto all'attenzione della Camera dei deputati
  è stato la prima Costituzione dall'impronta marcatamente
  federalista ad essere presentata nella storia della
  Repubblica.  Un segno significativo di una certa difficoltà
  dell'idea federalista, i cui depositari sono stati per molti
  anni una voce minoritaria e spesso incompresa.
     Ora, a otto anni dalla prima presentazione (eravamo nella
  X legislatura), ed a due anni dalla seconda (gennaio 1997)
  quello stesso testo viene riproposto, pur con qualche
  modificazione, nella certezza che si tratti di un utile
  confronto in vista della necessaria ripresa della stagione
  delle riforme, iniziata con la istituzione della Commissione
  bicamerale e bruscamente interrotta.
     Ma, mentre ancora alcuni anni fa, l'impostazione
  federalista era poco diffusa, oggi - almeno apparentemente -
  il federalismo è sempre più, e soprattutto per un numero
  crescente di forze politiche, la strada da intraprendere.  Ma
  quale federalismo?  Ognuno sembra dare a questo termine una
  propria interpretazione e forse contenuti diversi.  Per evitare
  equivoci, come già avvenuto in passato, abbiamo ritenuto utile
  offrire nuovamente questa nostra proposta, che vuole tra
  l'altro essere una risposta precisa a chi - pensiamo agli
  studi della Fondazione Agnelli - vorrebbe con un tratto di
  penna cancellare secoli di storia, come nel caso sciagurato in
  cui il nuovo assetto italiano togliesse dalla carta geografica
 
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  e dal panorama istituzionale la Valle d'Aosta.  Una logica
  macro-regionale che ha purtroppo fatto tendenza e che spesso
  torna alla ribalta.
     Noi siamo invece per un'Italia federale, all'interno di
  un'Europa federalista, immaginando questa Costituzione come
  parte integrante di una costruzione europea rispettosa dei
  piccoli popoli, come antidoto ai danni dei vecchi e nuovi
  nazionalismi.
     Già nell'XI legislatura la Commissione parlamentare per le
  riforme istituzionali, bocciata l'opzione federalista, pur
  affidando al futuro costituente materiale utile per il
  confronto, non ottenne gli esiti sperati ed è di recente
  memoria l'abbandono della Commissione bicamerale.  Ecco perché
  in questa fase storica appare nuovamente utile riproporre
  all'attenzione dei colleghi la proposta di legge
  costituzionale presentata una prima volta nell'ottobre 1991,
  ripresentata nel novembre 1993, nuovamente nell'aprile 1994,
  e, da ultimo, come già evidenziato, nel gennaio 1997.  Una sua
  riproposizione vale, anche questa volta, come testimonianza di
  una Costituzione federalista, i cui contorni principali,
  benché sia trascorso del tempo, restano validi ed
  originali.
     Il valore del testo presentato deriva proprio dal fatto
  che si tratta di uno sforzo, pur imperfetto e certamente
  correggibile, di concretizzare le istanze federaliste in un
  momento nel quale si deve entrare nel vivo e lasciare il
  terreno della mera teorizzazione.
     Nel riproporre alcune parti della relazione che
  accompagnava la proposta di legge costituzionale nel testo
  presentato già nel 1991, non si può non osservare come alcuni
  temi abbiano poi avuto uno sviluppo importante.  Pensiamo ad
  esempio al risveglio delle nazionalità, al dibattito ricco
  sull'integrazione europea, alla consapevolezza in Italia della
  crisi della politica.  In particolare, i vasti fenomeni di
  corruzione emersi in questi anni risultano anche conseguenza
  di un imperfetta organizzazione istituzionale della Repubblica
  e di una cattiva applicazione della Costituzione vigente.  Da
  segnalare inoltre la riscoperta dei problemi etnici e delle
  identità culturali e anche il recente dibattito sul
  secessionismo, che non deve essere liquidato come fenomeno
  folcloristico o propagandistico ma che ha in sé il senso
  profondo di cosa potrebbe avvenire qualora non si imboccasse
  la strada del federalismo.
     Per altro in tutti i Paesi europei si discute sul
  superamento dello Stato nazionale nella duplice chiave di
  lettura dell'organizzazione interna (autonomia e
  decentramento) e dell'integrazione europea (Europa degli
  Stati, Europa delle Regioni o Europa dei popoli) ed è storia
  degli ultimi mesi la costituzione di una Europa unita sotto
  l'aspetto della moneta comune, con la nascita dell'Euro.
     I movimenti autonomistici storicamente radicati, come
  l'Unione Valdotaine, hanno elaborato dal dopoguerra ad oggi
  una serie di analisi sull'Italia repubblicana ed hanno
  indicato delle soluzioni che si rifanno al cosiddetto
  "federalismo integrale", l'unica strada percorribile in una
  visione di confronto con le più mature forze autonomistiche ed
  etniche europee e in un rapporto di collaborazione in Italia
  fra le forze politiche che credono in questa scelta.
     E' indubbio che nell'analisi storica e politica dello
  Stato italiano quel che si nota dall'unità d'Italia in poi è
  il progressivo e periodico fallimento della versione
  centralista dello Stato nazionale tradizionale.  Molti ed
  autorevoli commentatori nel periodo risorgimentale,
  nell'Italia liberale, nel periodo fascista e nel dopoguerra
  hanno analizzato a fondo i limiti e le carenze che hanno avuto
  come conseguenza l'attuale stato di sfascio e di degrado del
  sistema politico italiano.  Ci sono dunque una serie di "tare"
  che sin dall'inizio hanno caratterizzato lo Stato unitario,
  solo formalmente corrette da una Costituzione repubblicana di
  compromesso e nella realtà dei fatti dimostratasi scarsamente
  autonomistica, in parte per i propri contenuti ed in parte per
  l'interpretazione che ne è stata data dal sistema dei partiti
  che ha guidato l'Italia dal 1945 sino ad oggi.  Al quadro
  bisogna aggiungere proprio la degenerazione, definita
  "partitocrazia", che non a caso ha generato le varie
  "tangentopoli" ed ha aumentato la distanza fra i cittadini e
 
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  le istituzioni ed un crescendo di richieste di cambiamento
  culminato con la fine presunta della prima Repubblica.
     E' in questa fase che si pone la necessità di decidere
  quale strada intraprendere e quali strumenti adoperare per
  giungere ad una totale revisione della Costituzione, per
  conciliare la stabilità di governo con i rapidi tempi di
  decisione che oggi sono richiesti, per sviluppare il ruolo di
  ogni comunità prevedendo tuttavia momenti di sintesi e di
  confronto.  Solo una riscrittura radicale della Costituzione
  può consentire l'uso del termine "seconda Repubblica".  La
  speranza è che lo Stato italiano, Stato unitario in cui la
  concentrazione dei poteri è solo parzialmente attenuata
  dall'articolazione amministrativa e legislativa regionale,
  divenga uno Stato federale.  Non si tratta più semplicemente di
  variare equilibri fra gli organi di vertice delle istituzioni
  repubblicane.  Bisogna rifondare la Costituzione materiale,
  avendo ben chiaro che è necessario porre al centro di questo
  processo costituente le entità regionali.  Ed è quanto l'Union
  Valdotaine ha fatto con uno studio attento e con la presente
  proposta di legge costituzionale, discussa ed approvata in
  passato anche dal Consiglio regionale della Valle d'Aosta.
     I tempi di attuazione della Costituzione repubblicana in
  vigore sono stati lenti e spesso le scelte sono state molto
  contraddittorie.  L'esempio lampante sono i limiti frapposti
  negli anni alla già limitata possibilità di esprimersi delle
  Regioni e delle Province autonome.  In maniera disinvolta si è
  ricorso nei tempi agli  escamotage  più diversi per
  limitare le autonomie speciali.  Significativo in questo senso,
  addirittura al di fuori della Costituzione, il concetto di
  "funzione di indirizzo e coordinamento" che assegna allo Stato
  poteri enormi di compressione delle possibilità delle Regioni
  e delle Province autonome.  Dei ritardi è facile dire: basti
  pensare alla tardiva nascita delle Regioni a Statuto
  ordinario, al loro scarso peso e, più in generale, alla
  sopravvivenza, in parallelo, di uno Stato delle autonomie e di
  una articolazione locale dello Stato, dagli uffici periferici
  dei Ministeri ai prefetti, che sono la perfetta conseguenza di
  un disegno falsamente autonomistico.  Esemplificativa appare la
  trattazione che è stata fatta, dal dopoguerra sino ad oggi, di
  tutta la finanza locale, con le Regioni e i Comuni costretti
  ad un rapporto di sudditanza e di passività nei confronti
  delle decisioni centrali.  Si può dire, in fondo, che il
  disegno regionalista è fallito proprio per i limiti
  strutturali, ma anche per il processo di asfissia a cui lo
  Stato centrale lo ha costretto.
     Aggiungiamo ancora che ad occupare l'attuale Repubblica è
  stato un sistema dei partiti che ricalcano in scala,
  influenzando ed essendone influenzati, il sistema statale.  I
  grandi partiti di massa, nelle loro trasformazioni, si sono
  sempre più sclerotizzati, occupando tutti gli spazi possibili,
  chiudendo ogni possibilità reale di confronti interni e
  vanificando i propositi costituzionali che assegnavano al
  momento partecipativo il loro ruolo più rilevante.
     Da questa premessa discende un atteggiamento scettico nei
  confronti della reale possibilità di un processo di spontaneo
  cambiamento all'interno dell'attuale sistema politico e
  costituzionale.  Il rischio cioè è che si perpetui uno spirito
  trasformistico, modernamente forse lo si potrebbe chiamare
  consociativo, che si limiti a parlare delle necessità delle
  grandi riforme, ma che nella realtà dei fatti, con abile
  operazione di immagine, porti a lievi aggiustamenti per
  garantire la sopravvivenza dell'attuale Stato nazionale e di
  tutti i soggetti che ne sono intrinseca espressione.
     L'Union Valdotaine, che rigetta ogni forma di violenza e
  teme semmai che possa prevalere in questa fase la tentazione
  di svolte autoritarie, ritiene dunque che il dibattito in
  corso non potrà sortire alcun effetto se si limiterà ad essere
  affrontato sul semplice terreno del confronto tattico fra i
  partiti.
     E' per questo che, pregiudizialmente ad ogni ulteriore
  approfondimento, quel che importa anzitutto è definire un
  sistema che permetta di dibattere sul nuovo Stato federale.
  Infatti bisogna rifuggire da tentazioni di qualunquismo e
  cercare vie nuove che permettano di ricostruire un clima di
 
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  fiducia.  Perché la gente, la società civile, gli operatori
  economici, insomma noi tutti abbiamo bisogno di essere
  governati in modo serio ed onesto, da una classe politica
  responsabile, secondo regole che consentano una reale
  partecipazione ed una vera autonomia.
     La Valle d'Aosta ha grandissime potenzialità che spesso
  non vengono sfruttate a causa di un centralismo oramai
  anacronistico ed invasivo.
     Il bisogno di aria nuova richiede un nuovo tipo di sforzo
  progettuale coraggioso e lucido, che dal basso costringa i
  vertici al cambiamento.
     L'Union Valdotaine studiando la presente proposta di
  legge costituzionale ha fatto la sua parte in questo pensando
  al futuro della Valle d'Aosta, dell'Italia e dell'Europa in un
  quadro diverso, moderno ed efficiente.  Per non essere la
  zavorra dell'Europa ma una parte viva e vitale di questo
  continente che nel progetto di integrazione europea, se
  l'Europa sarà federalista, ha trovato la via per assicurarci
  un futuro di benessere materiale e morale.
     Proponiamo con forza un progetto di Costituzione federale
  per l'Italia, una proposta articolata e ragionata che vede
  nelle Regioni attuali, trasformate attraverso una loro libera
  scelta in Repubbliche federate fra loro, il pilastro di un
  nuovo modo di concepire lo Stato in Italia.
     Sintetizziamo ora alcuni punti:
       i diversi popoli che formano lo Stato italiano
  esercitano il diritto di autodeterminazione, si costituiscono
  in Repubbliche sovrane, le quali si uniscono con un patto
  federale per costituire la Federazione italiana;
       le competenze della Federazione sono fissate dalla
  Costituzione federale, quelle che non sono demandate in modo
  esplicito alla Federazione sono esercitate direttamente dalle
  Repubbliche;
       gli organi della Federazione si costituiscono seguendo
  princìpi della democrazia rappresentativa.  Essi sono: il
  Presidente della Federazione, il Parlamento federale formato
  dalla Camera dei deputati e dal Senato delle Repubbliche, il
  Governo federale, il Tribunale supremo federale;
       la Camera dei deputati, che incarna il vincolo federale,
  è eletta a suffragio universale;
       il Senato delle Repubbliche, in cui queste hanno pari
  dignità, è eletto dai Parlamenti delle Repubbliche federate e
  assicura un raccordo diretto e permanente fra le Repubbliche e
  la Federazione.
     Queste sono in sintesi le linee direttrici della nostra
  proposta di legge costituzionale, che certo appaiono come del
  tutto innovative rispetto all'attuale quadro centralistico che
  al sistema esistente somma la politica delle
  Authorities,  degli interventi straordinari dello Stato,
  di un Parlamento che tende a legiferare anche nelle materie
  più minute.  La strada da intraprendere è un'altra, che prevede
  lo scardinamento dell'attuale Stato, la soppressione di gran
  parte di Ministeri e una profonda riforma della pubblica
  amministrazione, un riavvicinamento dei cittadini alla
  politica ed una forte assunzione di responsabilità da parte
  degli elettori e degli eletti.
     Solo negli ultimi anni, con i disegni di legge noti come
  "Bassanini", si è visto qualche passo in avanti nella
  direzione del cambiamento.
     Con la nostra proposta di legge costituzionale si esprime
  la necessità di fondare assieme i cambiamenti dello Stato e
  della politica.
     In questo siamo aperti al confronto ed al dialogo con
  tutte le forze politiche e sociali, senza preconcetti o
  chiusure, certi che nel federalismo si possano trovare molte
  delle soluzioni necessarie per l'avvio di una nuova fase di
  nascita e sviluppo socio-politico-economico del Paese.
     Questa proposta di una nuova Costituzione vuole essere
  dunque un segnale: cambiare è possibile e doveroso soprattutto
  se l'alternativa è la tragica e rischiosa dissoluzione della
  Repubblica esistente.  I segnali in questo senso sono numerosi
  e crescenti e l'alternativa alle riforme è il caos, a cui ogni
  comunità reagirà a seconda delle proprie scelte e sulla base
  delle proprie determinazioni.
 
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