| Onorevoli Colleghi! - In tutti i Paesi
"liberaldemocratici", ed anche secondo una pacifica nozione
del diritto comune, la concorrenza è quella opportunità, per
l'individuo singolo o organizzato, di proporre soluzioni che
appaghino la domanda di mercato assicurando che le tecniche
produttive siano impiegate in modo da portare benefìci ai
consumatori di determinati beni e/o servizi. Quando una o più
imprese, mediante patti, cartelli, intese sotterranee,
costituiscono una posizione dominante, disponendo di un potere
di mercato, riescono ad influenzare il mercato eludendo la
concorrenza, pilastro portante di un'economia di mercato. Un
clamoroso esempio di tale affermazione è proprio costituito
dalla liberalizzazione delle tariffe e dei servizi
assicurativi che, in applicazione di una direttiva
comunitaria, è entrata in vigore il 1^ luglio 1994. In
qualsiasi Paese dov'è radicato un libero regime di
concorrenza, a fronte di una qualsivoglia liberalizzazione, fa
da contraltare una maggiore concorrenza su prezzi e tariffe
praticate, spesso una diminuzione dei prezzi ed un
innalzamento degli standard qualitativi dei servizi
offerti; certamente ad una liberalizzazione corrisponde un
miglioramento della qualità dei servizi erogati.
Tale principio, valido in tutto il mondo civile, non è
però valido per l'Italia, poiché le maggiori compagnie di
assicurazione che si dividono il mercato hanno annunciato un
rincaro delle tariffe senza neanche studiare la possibilità di
rendere più efficienti i servizi assicurativi erogati, e meno
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gravose le clausole capestro dei contratti. A fronte di tali
richieste delle imprese di assicurazione, che sono segni di
totale insensibilità rispetto ai diritti dei consumatori, è il
legislatore che deve farsi carico di riequilibrare i rapporti
di forza oggi esistenti, che sono a vantaggio esclusivo delle
imprese di assicurazione, per rendere trasparenti i
comportamenti ed i successivi rapporti con gli assicurati.
Da tempo, i telefoni delle associazioni di utenti, e
dell'Adusbef in particolare, svolgono la funzione di ufficio
reclami e di ufficio informazioni per conto delle compagnie di
assicurazione. Da qui l'esigenza di un intervento legislativo
che, come per la legge n. 154 del 1992 che ha dato un minimo
di trasparenza ai rapporti bancari, renda trasparenti i
servizi assicurativi. Oltretutto, vista la obbligatorietà del
ramo responsabilità civile (RC) auto, potremmo assimilare
questa attività ad un pubblico servizio. Ma proprio nel ramo
RC auto alcuni comportamenti delle compagnie di assicurazione
sono passibili di forti critiche: perché annualmente non
vengono adeguati d'iniziativa i valori assicurati per
l'incendio e il furto del veicolo? Perché, per le auto più
costose, è addirittura difficoltoso trovare una compagnia
disposta ad assicurare il furto? Chi ha innalzato a
pubblicazione intoccabile "Eurotax", il testo che riporta il
valore delle auto usate?
Nelle imprese di assicurazione è praticamente impossibile
perfino esercitare il diritto (minimo) di reclamo. Non vi sono
uffici aperti ai reclami né procedure certe e conosciute: i
cittadini che sono lesi nei loro diritti spesso non sanno a
che santo rivolgersi. Da qui la necessità della istituzione di
appositi uffici in grado di raccogliere le proposte degli
utenti e di procedure chiare per fornire risposte certe ai
problemi sollevati dagli utenti.
Il contenzioso giudiziario tra gli assicurati e le imprese
cresce ogni anno proprio perché, dall'allungamento dei tempi
che tale contenzioso produce (una causa civile richiede
mediamente sette anni per la conclusione), le assicurazioni
lucrano ingenti somme. Ed ecco allora l'istituzione del
Garante per le assicurazioni che può risolvere le controversie
evitando di intasare gli uffici giudiziari di ulteriori cause
civili.
In sintesi, la presente proposta di legge, all'articolo 1,
individua le imprese di assicurazione soggette alla
normativa.
L'articolo 2 impone alle suddette imprese di esporre, nei
locali aperti al pubblico, la documentazione relativa ai
costi, alle spese, alle commissioni e alle imposte di legge
gravanti su ciascun prodotto assicurativo venduto. Impone
altresì l'illustrazione di formalità e di procedure che
l'utente deve seguire per inoltrare i reclami, indicando i
destinatari e quantificando tempi di risposta.
L'articolo 3 impone l'approntamento di appositi uffici
reclami e quantifica in sessanta giorni il tempo massimo entro
il quale la compagnia deve rispondere all'assicurato.
L'articolo 4 prevede l'istituzione da parte del Ministero
dell'industria, del commercio e dell'artigianato, del Garante
per le assicurazioni. Questo organismo costituisce il secondo
livello di ricorso e può essere adito solo da coloro che hanno
già sollevato il caso presso l'ufficio reclami della
compagnia, ma che non ritengano soddisfacente il responso o
che non abbiano ricevuto risposta nei sessanta giorni
previsti. L'organo è collegiale e prevede il coinvolgimento di
due rappresentanti eletti dalle associazioni di consumatori
che statutariamente difendono i diritti degli utenti dei
servizi assicurativi. Gli altri componenti sono indicati:
dall'Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni private e
di interesse collettivo (ISVAP) (il presidente),
dall'Associazione nazionale fra le imprese assicuratrici
(ANIA) (due membri), dall'Associazione italiana dei
Broker di assicurazioni e riassicurazioni (AIBA) (un
membro), dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori del
settore (un membro).
Il parere, espresso entro novanta giorni dal Garante - sui
casi che non abbiano già coinvolto l'autorità giudiziaria - è
vincolante per le compagnie che, se non dovessero adeguarsi
alle correzioni suggerite, vedranno la loro inadempienza
pubblicata sugli organi di stampa a proprie spese.
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L'articolo 5, nel ribadire che ogni tipo di contratto
assicurativo deve prevedere la forma scritta e che una copia
deve essere consegnata al cliente, elimina la possibilità di
inserimento di clausole vessatorie attraverso l'elencazione
analitica di quelle limitazioni dei diritti dell'utente che
hanno fino ad oggi costituito il serbatoio, anche e
soprattutto giuridico, dal quale le compagnie hanno attinto le
più sfacciate forme di strapotere (possibilità di rescissione
unilaterale dei contratti, di modifica delle clausole, di
soppressione della possibilità di adire le vie legali,
eccetera). Il comma 3 dell'articolo 5 va a sanare una
macroscopica ingiustizia che fino ad oggi ha permesso di
nascondere ai sottoscrittori delle polizze pensionistiche
quanto del premio annuo da essi pagato non viene investito
nell'apposito fondo, ma trattenuto dalle compagnie per loro
"spese". L'articolo 5, infine, rende nulle tutte le clausole
che prevedono prezzi e commissioni superiori a quelli
pubblicizzati nei locali aperti al pubblico.
L'articolo 6 prevede che prezzi, tariffe e condizioni
possono essere variati in senso sfavorevole all'utente purché
ad esso sia data comunicazione scritta. Modalità diverse di
comunicazione (annunci nella Gazzetta Ufficiale,
eccetera) possono però essere individuate di comune accordo
dall'ISVAP e dalle associazioni di utenti e consumatori
firmatarie della "Dichiarazione di intenti per la
sperimentazione delle Carte dei servizi pubblici" con il
Ministro per la funzione pubblica.
L'articolo 7 richiama il potere dell'ISVAP di effettuare
ispezioni e di richiedere le informazioni alle compagnie di
assicurazione. Il mancato rispetto delle norme stabilite dalla
legge può causare la revoca dell'attività assicurativa.
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