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Onorevoli Colleghi! - Il provvedimento che ci accingiamo a
discutere assume preponderante importanza e attualità in
considerazione del fatto che il tema della prevenzione, della
sicurezza dei cittadini, della difesa della legalità e della
effettività delle sanzioni è sempre più sentito dall'opinione
pubblica. E' molto preoccupante l'ampliarsi del numero dei
reati commessi e l'intensificazione di una criminalità
diffusa, con un vero e proprio salto di qualità nei mezzi a
disposizioni delle organizzazioni criminali e malavitose.
Tutto questo richiede nuove e più incisive iniziative dello
Stato, non solo di ordine repressivo ma soprattutto di natura
preventiva, orientate in particolare alla creazione di
opportunità occupazionali in quegli ambiti territoriali dove
il tasso di disoccupazione giovanile ha raggiunto dimensioni
inaccettabili per qualsiasi società civile. In questo quadro
si inserisce la drammatica situazione carceraria, che spesso,
anziché assolvere alle finalità pur solennemente sancite dalla
Costituzione in ordine alla rieducazione e al reinserimento
sociale del condannato, di fatto ne sancisce l'esclusione e
non è in grado di recidere i legami malavitosi. Ecco perché il
tema del lavoro carcerario può rappresentare uno strumento per
il reinserimento sociale al termine della pena, superando i
gravi limiti e i ritardi che caratterizzano la situazione
attuale. L'assemblea si accinge ad esaminare il nuovo testo,
risultante dall'esame in Commissione lavoro, del progetto di
legge C. 5967, già approvato dal Senato.
Il provvedimento si propone di promuovere lo svolgimento
di attività lavorative da parte di detenuti, dando attuazione,
tra l'altro, all'articolo 27 della Costituzione, che prescrive
una funzione anche rieducativa della pena. Infatti
rieducazione significa anche reinserimento sociale e, quindi,
come presupposto indispensabile, reinserimento nel mondo del
lavoro.
L'attuale normativa in materia di lavoro penitenziario,
equiparando il corrispettivo dei detenuti alle retribuzioni
dei lavoratori liberi, ha reso non competitiva la manodopera
detenuta, notoriamente meno qualificata e meno produttiva di
quella reperibile all'esterno, cosicché la realizzazione di
lavorazioni organizzate e gestite da imprese pubbliche o
private rimane un'ipotesi di difficile attuazione.
La relazione del Ministero della giustizia inerente alla
attuazione delle disposizioni di legge relative al lavoro dei
detenuti è illuminante in proposito. Vi si sottolinea la
difficoltà di aumentare i posti di lavoro all'interno del
circuito penitenziario.
Al 31 dicembre 1998 risultavano addette al lavoro alle
dipendenze dell'Amministrazione Penitenziaria solamente 10.356
persone, costituenti il 21,77 per cento della popolazione
carceraria. Di questi, 892 risultavano inseriti in attività di
tipo industriale o agricolo, mentre 710 unità erano addette
alla manutenzione ordinaria dei fabbricati. I rimanenti erano
addetti a lavori domestici o non qualificati, che non
consentono l'acquisizione di professionalità spendibili sul
mercato del lavoro.
Nel corso del 1998 il numero dei detenuti lavoranti non
alle dipendenze dell'Amministrazione penitenziaria ha subìto
una flessione, passando dalle 1.677 unità del 31 dicembre 1997
alle 1.483 unità del 31 dicembre 1998.
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Attualmente sono le cooperative sociali i soggetti che
assumono più facilmente persone condannate, perché incentivate
dalla legge n. 381 del 1991, che prevede sgravi contributivi a
favore delle cooperative che assumono almeno il 30 per cento
di lavoratori appartenenti alle categorie svantaggiate, tra
cui rientrano i condannati ammessi alle misure alternative
alla detenzione.
Nella figura delle persone svantaggiate non rientrano,
invece, i detenuti ristretti all'interno degli istituti di
pena. Si rende così necessario definire in maniera più ampia i
"soggetti svantaggiati", con l'inclusione degli ex-degenti di
istituti psichiatrici giudiziari e delle persone detenute o
internate negli istituti penitenziari.
ISTRUTTORIA LEGISLATIVA SVOLTA.
Anche tenendo conto dell'approfondito esame del
provvedimento presso il Senato, la Commissione non ha ritenuto
conveniente e proficuo effettuare audizioni, evitando di
prolungare eccessivamente il proprio lavoro. Le Commissioni I,
II, V e VI hanno tutte espresso parere favorevole sul
provvedimento.
Si è ritenuto di accogliere l'osservazione della
Commissione affari costituzionali, che segnalava il mancato
raccordo tra l'articolo 1, comma 2, e il successivo articolo
4. In pratica la prima disposizione, inserendo nell'articolo 4
della legge n. 381 del 1991 il comma 3- bis, affidava ad
un decreto interministeriale, da emanare ogni due anni, la
determinazione della misura percentuale di riduzione delle
aliquote contributive ed assistenziali per il lavoro prestato
dai soggetti contemplati dalla proposta in esame. Tale
disposizione non appariva raccordata con quella contenuta nel
successivo articolo 4, ove si rinviava la determinazione delle
modalità e dell'entità delle stesse agevolazioni contributive
ad un decreto interministeriale da emanare annualmente entro
il 31 maggio, sulla base delle risorse finanziarie
disponibili.
Per superare tale aporia si è deciso di affidare al
decreto interministeriale di cui all'articolo 4 solo le
modalità e l'entità delle agevolazioni e degli sgravi fiscali,
riservando la materia delle agevolazioni contributive al
decreto di cui all'articolo 1.
Si sono accolte anche tutte le condizioni e osservazioni
della Commissione Bilancio.
Non si è invece ritenuto opportuno sopprimere l'articolo
3, come richiesto dalla Commissione Finanze, che ritiene
eccessivamente generica la formulazione dell'articolo, per
quanto riguarda sia la tipologia sia l'entità delle
agevolazioni fiscali.
In realtà la previsioni di tali agevolazioni costituisce
un elemento essenziale ed irrinunciabile del provvedimento, la
cui eliminazione indebolirebbe sensibilmente
l'effetto-incentivo.
Pur tuttavia le esigenze sottese alla condizione della
Commissione VI sono state tenute in debita considerazione,
prevedendo che il decreto di cui all'articolo 4 sia emanato
con il concerto del Ministro delle Finanze.
CONTENUTO DELL'ARTICOLATO
NORMATIVO.
L'articolo 1, comma 1, come sopra visto, amplia le
previsioni dell'articolo 4 della legge n. 381 del 1991, che
individua i soggetti svantaggiati ai quali si applica la legge
stessa, includendovi gli ex-degenti di istituti psichiatrici
giudiziari e i detenuti ed internati negli istituti
penitenziari.
L'articolo 1, comma 2, modifica il comma 3 dell'articolo 4
della stessa legge ed aggiunge un nuovo comma 3- bis; si
stabilisce che le aliquote contributive dovute sulle
retribuzioni corrisposte dalle cooperative sociali ai soggetti
da considerare svantaggiati secondo le previsioni del
provvedimento vengano corrisposte in misura ridotta,
determinata con decreto.
L'articolo 2 estende le agevolazioni contributive previste
per le cooperative sociali anche alle aziende pubbliche e
private che impiegano persone detenute o internate.
L'articolo 3 prevede la concessione di sgravi fiscali (da
determinare ai sensi del successivo articolo 4) alle imprese
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che assumono, per un periodo di tempo non inferiore a trenta
giorni, lavoratori detenuti.
Anche in questa ipotesi lo sgravio si applica anche nei
sei mesi successivi alla cessazione dello stato di
detenzione.
L'articolo 5, comma 1, precisa che, per poter fornire a
detenuti o internati opportunità di lavoro, i soggetti
pubblici o privati e le cooperative devono preventivamente
stipulare con le amministrazioni penitenziarie apposite
convenzioni volte a disciplinare le modalità di svolgimento
della prestazione lavorativa e il trattamento retributivo.
Accogliendo una condizione della Commissione Bilancio si è
inserita la precisazione che le convenzioni non devono
produrre oneri per la finanza pubblica.
Secondo l'articolo 5, comma 2, le incapacità che
conseguono alle condanne penali o civili non impediscono la
costituzione di rapporti di lavoro né l'assunzione della
qualità di socio.
L'articolo 6 si occupa della copertura finanziaria.
RISPONDENZA DEL TESTO AGLI ASPETTI INDICATI NELL'ARTICOLO 79,
COMMA 4, DEL REGOLAMENTO.
Poiché il provvedimento prevede la concessione di
agevolazioni contributive e sgravi fiscali, si rende obbligato
il ricorso ad una fonte di rango legislativo.
Per quanto riguarda il coordinamento con la normativa
vigente, il testo si presenta in termini di novella ed
integrazione alle leggi n. 381 del 1991 e n. 354 del 1975, in
modo da permettere una maggiore facilità di lettura.
Non sono emersi dubbi circa la conformità della disciplina
alla Costituzione; al contrario, le disposizioni contenute nel
provvedimento danno attuazione ai principi dell'articolo 2
(diritti inviolabili della persona), 3 (uguaglianza
sostanziale), e in particolare 27 (funzione rieducativa della
pena).
Riguardo ad eventuali oneri per la pubblica
amministrazione, si rinvia al parere favorevole della
Commissione V, le cui condizioni ed osservazioni sono state
integralmente recepite.
In conclusione, rispecchiando anche l'orientamento
pressoché unanime della XI Commissione, auspico la celere
approvazione di questo provvedimento, ribadendo la sua
eccezionale importanza sociale. Il provvedimento è da troppo
tempo atteso non solo dai soggetti più direttamente
interessati, ma dall'insieme della realtà carceraria, dalle
associazioni di volontariato, dagli imprenditori privati e
dalle cooperative che operano in questo settore con
particolare sensibilità sociale, in definitiva dall'intera
società civile.
Sandro SCHMID, relatore.
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