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Testi integrali degli Atti Parlamentari della XIII Legislatura

Documento


70312
DDL5979-0002
Relazione Camera n. 5979-A (DDL13-5979-A)
(suddiviso in 14 Unità Documento)
Unità Documento n.2 (che inizia a pag.2 dello stampato)
...C5979A. TESTIPDL
...C5979A.
RELAZIONE
ZZDDL ZZDDLC ZZNAVA ZZDDLC5979A ZZ13 ZZRL ZZRM
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     Onorevoli Colleghi! -  Il provvedimento in esame è
  diretto a predisporre degli strumenti rapidi di tutela della
  persona in ordine al fenomeno della violenza nelle relazioni
  familiari.  Si tratta di un fenomeno estremamente grave, al
  quale, oltre a non essere data l'opportuna pubblicità dalle
  stesse vittime, rimanendo celato nelle mura domestiche,
  l'ordinamento non offre una risposta adeguata.  Le statistiche
  più recenti dimostrano che il fenomeno non è più limitato alle
  situazioni di degrado e disgregazione, ma è in aumento in
  tutti i Paesi industrializzati, senza distinzione tra ceti e
  classi sociali.  Non si può non sottolineare, pertanto, il
  valore del provvedimento in esame, il quale è diretto a
  fornire strumenti di tutela in ordine a fenomeni drammatici,
  che determinano un rilevante allarme sociale.  E' tuttavia, in
  primo luogo, necessario attivare una cultura adeguata ed una
  attenzione costante sul problema degli abusi familiari, i
  quali, come si è detto, solo in minima parte sono denunciati
  dalle vittime, generando situazioni che si prolungano nel
  tempo e che non possono più essere tollerate.  E' assicurata la
  rapidità dell'adozione delle misure previste a tutela delle
  violenze familiari, in quanto nel campo degli abusi familiari
  la tempestività della tutela appare una esigenza
  imprescindibile.
     Ambito di intervento normativo e rapporto con la
  legislazione vigente. -  Il provvedimento ha l'obiettivo di
  colmare una lacuna normativa, in quanto attualmente sono
  previste per tale fenomeno solamente misure estreme, quali la
  separazione tra coniugi e la denuncia del reato di
  maltrattamenti in famiglia o comunque di reati in danno alla
  persona.  Queste misure, che non sempre sembrano essere
  adeguate alle esigenze delle vittime delle violenze, in quanto
  determinano una interruzione traumatica del vincolo familiare.
  In assenza di una adeguata tutela, la reazione della donna
  maltrattata si è ridotta di fatto nell'abbandono della casa
  familiare, che, pur liberandola dalla violenza, la penalizza
  nuovamente.  Il provvedimento in esame, invece, dà una risposta
  all'esigenza di garantire misure giudiziarie rapide ed
  efficaci, che portino all'allontanamento dalla casa familiare
  dell'autore del comportamento violento.  E' poi da rilevare che
  in alcuni casi la privazione della libertà personale del
  marito o convivente violento è spesso temuta dalla vittima,
  specialmente quando l'autore dei maltrattamenti sia l'unica
  fonte di reddito della famiglia.
     Il testo, pertanto, prevede delle misure cautelari a
  tutela della persona che non pregiudichino la possibilità di
  un recupero delle stesse relazioni familiari.  Appare, infatti,
  evidente che tanto l'istituto civilistico della separazione
  quanto la tutela penale della vittima sono strumenti che
  impediscono il proseguimento del rapporto tra l'autore del
  fatto violento e la vittima.  Mentre in molti casi
  l'interruzione del vincolo è l'unico rimedio valido per
  salvaguardare la vittima, in altri casi - si tratta di quelli
  meno gravi - potrebbe essere sufficiente una sospensione
  temporanea del rapporto.  Spetta naturalmente alla vittima
  delle violenze, salvo che si tratti di reati perseguibili
  d'ufficio, stabilire quando non è necessaria l'interruzione
  del vincolo.  L'obiettivo del testo è rendere possibile
  l'adozione di una misura rapida, di carattere cautelare e
 
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  provvisorio, da parte del giudice sia penale che civile.  La
  donna dunque potrà scegliere comunque di far valere una vera e
  propria pretesa punitiva denunciando l'autore della violenza
  in sede penale e sollecitando al pubblico ministero l'adozione
  di una misura cautelare tipica.  Tuttavia, se - come spesso
  accade - il suo obiettivo è piuttosto quello di conseguire
  un'utilità pratica, cioè l'allontanamento del marito o del
  convivente, ed eventualmente il pagamento di un assegno, il
  provvedimento in esame consente di ottenere le stesse utilità
  anche con strumenti civilistici.  La possibilità di configurare
  una misura intermedia appare indispensabile per tutta una
  serie di situazioni nelle quali la custodia in carcere appare
  eccessivamente gravosa (per esempio perché la persona è
  incensurata), e tuttavia si rileva l'urgenza di un intervento
  di contenimento.
     L'articolo 1 introduce l'istituto della misura cautelare
  dell'allontanamento dalla casa familiare, che comunque non
  esclude l'applicabilità delle altre misure cautelari vigenti.
  La nuova misura cautelare è soggetta ai presupposti generali
  di applicabilità delle misure cautelari di cui agli articoli
  272-279 del codice di procedura penale - quali, in
  particolare, l'esistenza di gravi indizi di colpevolezza e di
  esigenze cautelari qualificate, il pericolo di reiterazione di
  delitti della stessa specie, il criterio della proporzionalità
  tra gravità del fatto e misura prescelta - nonché le
  condizioni di applicabilità delle misure coercitive, per cui
  la misura è applicabile ai procedimenti per delitti puniti con
  pena superiore nel massimo a tre anni.  Si è preferito non
  prevedere una misura cautelare specifica per quei delitti
  attraverso i quali si realizzano le condotte violente nelle
  relazioni familiari, poiché si sarebbe trattato dell'unico
  caso di una misura cautelare specifica.  Il contenuto della
  misura, comunque, rende questa di fatto idonea solo per i
  delitti commessi nel contesto delle relazioni domestiche.
  Considerati i presupposti e le condizioni di applicabilità, la
  misura può essere disposta, oltre che per la violenza
  sessuale, se commessa in famiglia, anche per i delitti di
  maltrattamenti, di lesioni personali gravi e gravissime.
  Restano escluse dal campo applicativo le lesioni lievi, se non
  reiterate fino a configurare il delitto di maltrattamenti.
     L'allontanamento dalla casa familiare, quale misura
  intermedia da applicare quando la restrizione della libertà
  appare eccessiva, è diretto pertanto a tutelare la persona
  vittima dell'abuso senza interferire in maniera troppo pesante
  sulle sue relazioni familiari, per cui non determina quegli
  effetti pregiudizievoli causati dalle misure di tutela
  attualmente previste dall'ordinamento.
     Il contenuto della misura cautelare consiste nell'obbligo
  di lasciare immediatamente la casa familiare o nel divieto di
  farvi rientro se l'imputato si trova in stato di arresto o
  comunque in luogo diverso dal domicilio domestico.  A tale
  obbligo si accompagna il divieto di accedere alla casa
  familiare senza l'autorizzazione del giudice.  Il rientro
  temporaneo potrebbe infatti essere necessario allo scopo, per
  esempio, di recuperare gli effetti personali, attrezzi o
  strumentazioni necessarie allo svolgimento dell'attività di
  lavoro o professionale.  Le autorizzazioni periodiche
  potrebbero essere finalizzate alla ricostruzione delle
  relazioni familiari, con particolare riferimento ai figli,
  quando nel corso del procedimento l'indagato abbia tenuto un
  comportamento tale da far ritenere attenuate le esigenze
  cautelari.  In questo caso il giudice potrebbe disporre che le
  visite siano regolate da particolari modalità, ad esempio la
  presenza necessaria della madre o di altri familiari.
     Con lo stesso provvedimento il giudice può prescrivere
  all'imputato di non avvicinarsi ai luoghi abitualmente
  frequentati dalla persona offesa, tra cui vengono
  espressamente indicati il luogo di lavoro e il domicilio della
  famiglia d'origine o di prossimi congiunti.  L'unica deroga a
  tale divieto è costituita dalla necessità per l'imputato di
  frequentare gli stessi luoghi per esigenze di lavoro.
     Il giudice può anche ordinare il pagamento di un assegno
  di mantenimento, eventualmente disponendo la trattenuta sullo
 
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  stipendio e il versamento diretto da parte del datore di
  lavoro.  I beneficiari saranno gli aventi diritto al
  mantenimento in via ordinaria, cioè il coniuge e i figli,
  legittimi, adottati, o naturali riconosciuti, minorenni ovvero
  maggiorenni non autosufficienti.  In ogni caso i figli devono
  convivere con il nucleo familiare.
     L'articolo 2 modifica il codice civile.  Nel libro primo,
  che ha per oggetto le persone e la famiglia, è inserito il
  titolo IX- bis,  recante la disciplina degli ordini di
  protezione contro gli abusi familiari.  I presupposti di tali
  ordini sono individuati dall'articolo 342- bis  del codice
  civile, mentre l'articolo 342- ter  ne specifica il
  contenuto.  Le disposizioni processuali sono invece previste
  all'articolo 3 del testo, che introduce nel codice di
  procedura civile, dopo il capo V del Titolo II del Libro
  quarto, il Capo V- bis  sugli ordini di protezione contro
  gli abusi familiari.  La novità principale rispetto al testo
  approvato dal Senato non è sostanziale, ma di ordine
  sistematico, in quanto quel testo già prevedeva gli ordini di
  protezione, senza tuttavia dare loro una disciplina
  codicistica.  Pertanto, si è inteso lanciare un preciso segnale
  sulla portata della misura cautelare, al fine di farla
  considerare non come un momento episodico, bensì come una
  misura ordinaria fornita dall'ordinamento alle vittime di un
  fatto tanto grave quanto la violenza familiare.  Si tratta di
  uno dei primi casi in cui il codice civile, che si ispira ad
  un modello proprietario, prevede una misura cautelare a tutela
  di beni attinenti alla persona.
     Il presupposto dell'istituto, infatti, è il grave
  pregiudizio all'integrità fisica o morale ovvero alla libertà
  determinato dalla condotta del coniuge o del convivente.  Non è
  pertanto necessaria la sussistenza del reato, accogliendosi
  così le istanze di coloro che si sono occupati di tale
  fenomeno, i quali hanno denunciato una serie di gravi e
  persistenti situazioni di pregiudizio alla persona od alla sua
  dignità nell'ambito familiare, che tuttavia non si traducono
  in reati.  Rispetto al testo approvato dal Senato, si è inoltre
  specificato che non si deve trattare di reati perseguibili
  d'ufficio.  La Commissione - in quanto è stato rilevato che
  l'attribuzione di tale strumento anche al giudice civile
  significherebbe stravolgere il sistema, venendo assegnati a
  tale giudice compiti che spettano naturalmente al giudice
  penale, senza peraltro prevedere quelle garanzie proprie del
  processo penale - ha preferito escludere il rimedio
  civilistico per le ipotesi più gravi, quali sono quelle in cui
  il fatto si concretizza in un reato perseguibile d'ufficio.
     Il contenuto degli ordini di protezione contro gli abusi
  familiari coincide in massima parte con quello delle misure
  che possono essere adottate dal giudice penale, in quanto si
  tratta di misure che incidono sulla libertà personale.
  Tuttavia, la tutela in sede civilistica può essere - ed è
  questo il pregio di questa forma di difesa - ancor più
  tempestiva.
     Si è confermata la scelta del Senato secondo cui l'istanza
  può essere proposta solo se la vittima della violenza
  domestica sia il coniuge, il convivente limitatamente ai casi
  previsti, o, in base all'equiparazione contenuta nell'articolo
  5, un altro familiare adulto.  Nel caso in cui vittime della
  violenza siano figli o figlie minori, in ragione della
  rilevanza dell'interesse protetto, è opportuno affidare
  comunque il vaglio al giudice penale.  Invece, se vittima della
  violenza è una persona adulta, quest'ultima avrà la
  possibilità di scegliere in prima istanza una soluzione meno
  traumatica, anche se più a rischio di inadempimento.
     I presupposti, che legittimano l'adozione dell'ordine in
  sede civile, sono stati individuati con riferimento al grave
  pregiudizio all'integrità fisica o morale ovvero alla libertà
  dell'altro coniuge o convivente.  La gravità del pregiudizio è
  determinata dalla gravità del singolo comportamento violento o
  dalla sua reiterazione.
     Con l'adozione dell'ordine di protezione, il giudice
  ordina al coniuge o convivente, che ha tenuto la condotta
  pregiudizievole, la cessazione della stessa condotta e dispone
  l'allontanamento dalla casa familiare del coniuge o del
 
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  convivente che ha tenuto la condotta pregiudizievole
  prescrivendogli altresì, ove occorra, alcune limitazioni, come
  quelle di non avvicinarsi ai luoghi abitualmente frequentati
  dall'istante.  Ai luoghi già previsti per la tutela penalistica
  si aggiungono quelli del domicilio di altre persone, rispetto
  a quelle della famiglia d'origine o altri prossimi congiunti,
  ed i luoghi in prossimità a quelli di istruzione dei figli
  della coppia.  E' fatta salva l'ipotesi in cui i luoghi vietati
  debbano essere frequentati dal soggetto destinatario
  dell'inibizione per esigenze di lavoro.
     Anche in questo caso all'ordine di allontanamento può
  accompagnarsi la prescrizione del pagamento di un assegno di
  mantenimento, con le stesse modalità previste in sede penale.
  Il giudice può disporre, altresì, ove occorra, l'intervento
  dei servizi sociali del territorio o di un centro di
  mediazione familiare.
     Con il medesimo decreto il giudice stabilisce la durata
  dell'ordine di protezione, che decorre dal giorno
  dell'avvenuta esecuzione dello stesso.  Questa non può essere
  superiore a sei mesi e può essere prorogata, su istanza di
  parte, soltanto se ricorrano gravi motivi per il tempo
  strettamente necessario.
     Per quanto attiene al profilo procedurale, disciplinato
  dall'articolo 3, si tratta di un istituto simile alla
  volontaria giurisdizione caratterizzato dalla rapidità di
  adozione e temporaneità degli effetti e strutturato in maniera
  tale da prevedere un immediato contraddittorio tra le parti,
  salvo i casi di urgenza, ricorrendo i quali il giudice può
  adottare immediatamente l'ordine di protezione.
     L'istanza si propone, anche dalla parte personalmente e,
  quindi senza la necessaria assistenza di un avvocato, con
  ricorso al tribunale del luogo di residenza o di domicilio
  dell'istante.  Il tribunale, in composizione monocratica,
  provvede in camera di consiglio.
     Il giudice, sentite le parti, procede nel modo che ritiene
  più opportuno agli atti di istruzione necessari, disponendo,
  ove occorra, anche per mezzo della polizia tributaria,
  indagini sui redditi e sul patrimonio personale e comune delle
  parti.  Il decreto, che deve essere motivato, è immediatamente
  esecutivo.  Nei casi di urgenza, il giudice, assunte ove
  occorra sommarie informazioni, può adottare immediatamente
  l'ordine di protezione.
     Si tratta, come si vede, di una procedura particolarmente
  agile e snella nella quale la rapidità d'intervento appare in
  ogni caso determinante, attese le situazioni di base che
  possono indurre alla sua attivazione.
     Contro la decisione è ammesso reclamo al tribunale, in
  composizione collegiale.
     E' poi prevista una clausola di riserva, in base alla
  quale si applicano al procedimento, in quanto compatibili, gli
  articoli 737 e seguenti del codice di procedura civile.
     L'articolo 4 modifica l'articolo 92, primo comma,
  dell'ordinamento giudiziario, relativo alla trattazione degli
  affari civili nel periodo feriale dei magistrati.  Tale
  articolo inserisce la materia dell'adozione di ordini di
  protezione contro gli abusi familiari tra quelle da trattarsi
  durante il periodo feriale predetto.
     L'articolo 5 estende le norme previste dal provvedimento,
  salva la clausola di compatibilità, ai casi in cui la condotta
  pregiudizievole sia stata tenuta da altro componente del
  nucleo familiare (introducendo nozione distinta da quella di
  persone conviventi) diverso dal coniuge o dal convivente,
  ovvero nei confronti di altro componente del nucleo familiare
  diverso dal coniuge o dal convivente.  In tal caso l'istanza è
  proposta dal componente del nucleo familiare in danno del
  quale è tenuta la condotta pregiudizievole.
     L'articolo 6 è diretto a rendere concretamente operativo
  di taluni contenuti l'ordine di protezione, prevedendo
  l'incriminazione dei comportamenti assunti in sua violazione.
  La disposizione, con una norma di chiusura, punisce comunque
  qualsiasi violazione di provvedimenti di eguale contenuto
  assunti nel procedimento di separazione personale dei coniugi
  o nel procedimento di scioglimento o di cessazione degli
 
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  effetti civili del matrimonio.  Tali violazioni sono punite con
  la pena stabilita dall'articolo 388, primo e quarto comma, del
  codice penale.  Il richiamo di questo articolo del codice
  penale sottopone gli ordini di protezione alla stessa tutela
  penale prevista in caso di mancata esecuzione dei
  provvedimenti del giudice.  In particolare, il primo comma
  dell'articolo 388 punisce con la reclusione fino a tre anni o
  con la multa da lire duecentomila a due milioni chiunque, per
  sottrarsi all'adempimento di obblighi civili nascenti da una
  sentenza di condanna, o dei quali è in corso l'accertamento
  presso l'autorità giudiziaria, compie, sui propri beni e sugli
  altrui beni, atti simulati o fraudolenti, o commette allo
  stesso scopo altri fatti fraudolenti, qualora non ottemperi
  all'ingiunzione di eseguire la sentenza.  Il quarto comma del
  medesimo articolo 388 dispone che si applicano la reclusione
  da due mesi a due anni se il fatto è commesso dal proprietario
  su una cosa affidata alla sua custodia e la reclusione da
  quattro mesi a tre anni e la multa da lire centomila a un
  milione se il fatto è commesso dal custode al solo scopo di
  favorire il proprietario della cosa.
     In entrambe le ipotesi l'elemento soggettivo si struttura
  quindi secondo il modello del dolo specifico, in quanto è
  richiesto il perseguimento di un particolare fine.  La
  consumazione del reato, invece, afferisce a momenti distinti
  nelle due ipotesi in esame, in quanto nel primo comma esso
  coincide con quello dell'inottemperanza all'ingiunzione,
  mentre nel quarto comma la consumazione si realizza quando sia
  compiuto il danneggiamento o la sottrazione.
     L'articolo 7, che reca disposizioni fiscali, esenta
  dall'imposta di bollo e da ogni altra tassa e imposta, dai
  diritti di notifica, di cancelleria e di copia nonché
  dall'obbligo della richiesta di registrazione tutti gli atti,
  i documenti e i provvedimenti relativi all'azione civile
  contro la violenza nelle relazioni familiari, nonché i
  procedimenti, anche esecutivi e cautelari, diretti a ottenere
  la corresponsione dell'assegno di mantenimento di cui al
  citato comma 3 dell'articolo 282- bis  del codice di
  procedura penale e dal secondo comma dell'articolo
  342- ter  del codice di procedura civile provvedimento
  (introdotti, rispettivamente, dagli articoli 1 e 2 del disegno
  di legge in esame).  La Commissione ha confermato, pertanto, la
  scelta operata dal Senato di rendere effettivamente
  accessibili gli istituti introdotti dal provvedimento,
  abbattendone i costi.  Si è tuttavia ritenuto opportuno
  rinviare all'articolo 9 della legge 23 dicembre 1999, n. 488
  (Legge finanziaria 2000), che istituisce il contributo
  unificato per le spese degli atti giudiziari in luogo delle
  spese giudiziarie previste dalla normativa vigente.  E' stato
  richiamato, in particolare, il comma 8 di tale articolo,
  secondo il quale non sono soggetti al contributo unificato i
  procedimenti già esenti, senza limiti di competenza o di
  valore, dall'imposta di bollo, di registro, e da ogni spesa,
  tassa o diritto di qualsiasi specie e natura, in quanto gli
  strumenti introdotti dal provvedimento in esame rientrano
  nell'ambito del diritto di famiglia, il quale è già esente da
  spese giudiziarie.  La Commissione non ha ritenuto di dar
  seguito al parere della Commissione Bilancio nella parte in
  cui si specifica che la norma è priva di specifica clausola di
  copertura finanziaria, trattandosi di disposizione che
  determina minori entrate.  Secondo la Commissione Bilancio,
  infatti, nel caso di specie si tratterebbe di procedimenti di
  nuova introduzione, che, non determinando attualmente gettito
  alcuno per l'erario, dovrebbero essere dotati di apposita e
  specifica clausola di copertura.
  L'articolo 8 definisce l'ambito di applicazione delle
  norme di cui agli articoli 2 (ordini di protezione) e 3
  (disposizioni processuali).
     E' previsto che tali articoli non si applicano quando la
  condotta pregiudizievole è tenuta dal coniuge che ha proposto
  o nei confronti del quale è stata proposta domanda di
  separazione personale ovvero di scioglimento o di cessazione
  degli effetti civili del matrimonio se nel relativo
  procedimento si è svolta l'udienza di comparizione dei
 
                               Pag. 7
 
  coniugi.  In tal caso si applicano le disposizioni previste in
  via ordinaria per i procedimenti di separazione e divorzio.
     Tale previsione si giustifica in base al principio
  dell'attrazione processuale e dell'economia dei relativi
  mezzi, salvo restando l'opportunità di ricorrere agli istituti
  come sopra introdotti dagli articoli 2 e 3 anche nel corso dei
  procedimenti di separazione e divorzio.
     Ai sensi del comma 2 dell'articolo 8, inoltre, l'ordine di
  protezione perde efficacia qualora sia successivamente
  pronunciata, nel procedimento di separazione o divorzio
  promosso dal coniuge istante o nei suoi confronti, l'ordinanza
  con la quale il giudice, dopo l'inutile esperimento del
  tentativo di conciliazione, dà i provvedimenti temporanei ed
  urgenti.
                                Marcella LUCIDI,  Relatore.
 
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