| Onorevoli Colleghi! - La prima fase della esperienza
applicativa della legge 24 giugno 1997, n. 196, che ha
introdotto il lavoro temporaneo o interinale, ha fatto
emergere una serie di problemi che richiedono un immediato
intervento correttivo, onde consentire una migliore
utilizzazione del nuovo strumento. E ciò soprattutto per dare
un contributo fattivo al rilancio dell'occupazione. In
particolare, vanno prese in esame quelle disposizioni della
legge che disciplinano il trattamento economico da riconoscere
al lavoratore interinale ovvero temporaneo, l'esclusione di
alcuni settori produttivi dalla possibilità di avvalersi del
lavoro interinale, la preclusione per le figure di esiguo
valore professionale, nonché altre limitazioni che frenano
l'espansione dell'utilizzo di questa innovativa figura
contrattuale.
L'articolo 1, comma 2, della citata legge n. 196 del 1997,
prevede, infatti, in modo esplicito solo due casi di
applicazione del lavoro interinale: la lettera b), nei
casi di qualifiche non previste dai normali assetti produttivi
aziendali; la lettera c), nel caso di sostituzione di
lavoratori assenti. Invece, la lettera a) rimanda alla
contrattazione collettiva la definizione dei casi di ulteriore
applicazione dell'istituto. Sicuramente l'ipotesi di maggiore
applicazione del lavoro temporaneo o interinale è quella che
dipende dall'aumento di domanda dovuta ad un incremento
repentino e discontinuo delle attività produttive derivante da
espansione di un determinato mercato. Finora possono usufruire
di lavoratori interinali solo i settori produttivi che hanno
rinnovato i propri contratti collettivi di lavoro includendovi
espressamente tale possibilità; invece, settori come quelli
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assicurativo o bancario, non avendo ancora rinnovato a
tutt'oggi i propri contratti, possono fare uso del lavoro
interinale solo nei due casi esplicitamente previsti dalla
legge (le citate lettere b) e c) del comma 2
dell'articolo 1 della legge n. 196 del 1997).
Pertanto, l'articolo 1 della presente proposta di legge
introduce il principio che il lavoro interinale o temporaneo
sia ammesso in tutti i casi in cui vi sia un aumento delle
richieste del mercato.
L'articolo 2 della presente proposta di legge, d'altra
parte, introduce espressamente la possibilità di usufruire del
lavoro interinale nell'ambito delle attività portuali, ipotesi
che è stata oggetto di controversia fra alcune autorità
portuali e alcune società di fornitura di lavoro temporaneo:
controversia rispecchiatasi anche in un conflitto di
interpretazioni fra Ministero del lavoro e della previdenza
sociale e Ministero dei trasporti e della navigazione.
La legge n. 196 del 1997 esclude, poi, i settori
dell'agricoltura e dell'edilizia dall'immediata applicazione
del nuovo istituto contrattuale, con ciò determinando, per
tali settori, un notevole freno allo sviluppo produttivo e
occupazionale, tenuto conto che proprio questi settori
presentano caratteristiche di temporaneità dell'impiego di
manodopera particolarmente significative. Inoltre, nel settore
dell'edilizia si è impedita l'introduzione del lavoro
temporaneo o interinale nell'ambito delle strutture
amministrative delle aziende edili: strutture che sicuramente
presentano caratteristiche comuni a quelle similari esistenti
in tutti gli altri settori produttivi e che nell'edilizia
possono ben avere esigenze anche di impiego temporaneo, data
la discontinuità di attività del settore medesimo.
La sperimentazione auspicata dalla legge si è verificata
solo nell'ambito dell'agricoltura e per aree geografiche ben
definite e limitate rispetto alla diffusione dell'intero
settore produttivo sul territorio nazionale. L'articolo 3
della presente proposta di legge elimina, pertanto, questa
limitazione allargando anche ai settori agricolo ed edile la
possibilità di utilizzare liberamente il lavoro interinale.
La legge n. 196 del 1997 impone, inoltre, la specifica
esclusione delle figure di "esiguo contenuto professionale",
rimandando alla contrattazione collettiva nazionale la loro
definizione. Dai rinnovi contrattuali fin qui avvenuti e
soprattutto sulla base dell'accordo interconfederale del 16
aprile 1998, siglato dalla Confindustria e dai principali
sindacati, tali figure sono state individuate in quelle dove
non sia possibile applicare il contratto di formazione-lavoro.
Questo ha comportato l'esclusione automatica delle figure che
rientrano nei primi livelli di qualifica ai fini
contrattuali.
Per una legge che si propone come strumento di inserimento
nel mondo del lavoro di soggetti finora esclusi, è senza
dubbio ingiustificata l'esclusione di quelle persone che sono
dotate di minore esperienza o di minori conoscenze di base,
non applicando per esse l'istituto del lavoro interinale o
temporaneo, che invece tenderebbe a disciplinarne quanto meno
un primo utilizzo nel mondo del lavoro. Con l'articolo 4 della
proposta di legge si intende, perciò, allargare anche a queste
figure professionali il mercato del lavoro interinale o
temporaneo. Inoltre, le leggi dei vari Stati europei sul
lavoro interinale o temporaneo prevedono che tali categorie di
soggetti possano essere regolarmente fornite come lavoratori
temporanei. Le statistiche dimostrano che quasi il 40 per
cento delle forniture di lavoro temporaneo è effettuato
proprio utilizzando queste categorie a bassa qualificazione,
perché riferite ad attività maggiormente soggette a picchi di
attività e fenomeni di temporanea utilizzazione.
La normativa vigente dispone che debba essere riconosciuto
al lavoro interinale o temporaneo un trattamento economico non
inferiore a quello a cui hanno diritto i dipendenti di pari
livello dell'impresa utilizzatrice. Questa previsione comporta
una serie di complicazioni sotto il profilo amministrativo e
gestionale per le imprese fornitrici, rendendo in molti casi
difficoltoso il ricorso al lavoro temporaneo. Invero,
caratteristica del lavoro interinale deve essere la rapidità
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di intervento, mentre la molteplicità delle discipline di
volta in volta applicabili al rapporto rende difficile la
trattativa tra l'impresa fornitrice e quella utilizzatrice,
sia perché allunga i tempi della stessa, sia perché non sempre
si è in grado di conoscere a priori il trattamento
dovuto, a causa della congerie di situazioni retributive anche
aziendali, con la conseguenza che spesso non si conclude il
contratto per ragioni che esulano dall'interesse delle
parti.
Tutto ciò frustra le finalità principali della legge,
diretta sia ad un incremento dell'occupazione che a fare
emergere il lavoro nero o sommerso (al riguardo va ricordato
che detto fenomeno di fatto esiste nella realtà del mondo del
lavoro e che uno dei modi più efficaci per stroncarlo è quello
di introdurre strumenti di flessibilità che siano
effettivamente usufruibili dalle aziende). Una omogeneità nei
trattamenti che può derivare solamente da un contratto
collettivo di lavoro specifico comporterà un maggiore utilizzo
del lavoro interinale e porterà alla "scoperta" o alla
"riscoperta" di numerosi posti di lavoro, finora ignorati o
sommersi. Sulla base dell'esperienza di questo primo periodo
di applicazione della legge n. 196 del 1997 si può ben
affermare che la modifica proposta potrebbe condurre anche al
raddoppio del tasso di occupazione interinale in un arco di
tempo assai breve.
La modifica che si propone con l'articolo 5 della presente
proposta di legge ha la funzione, perciò, di armonizzare fra
loro i trattamenti dei lavoratori temporanei, attraverso
l'introduzione di una retribuzione uguale per le varie
professionalità, prescindendo dal settore di impiego, e
costituirà una forma di salario di ingresso, con l'effetto che
un costo minore o comunque livellato dell'impiego di
manodopera porterà ad incentivare il ricorso al lavoro
interinale o temporaneo con una duplice conseguenza sotto il
profilo occupazionale: l'aumento del lavoro temporaneo
consentirà l'entrata a regime delle aziende fornitrici e,
quindi, l'impiego continuativo delle risorse; inoltre, le
aziende utilizzatrici, dopo un periodo di ricorso al lavoro
temporaneo, in buona parte dei casi potrebbero procedere anche
all'inserimento stabile dei medesimi lavoratori, qualora le
condizioni della domanda dei loro prodotti lo consentissero.
Così, questo strumento potrebbe diventare, come e più del
contratto di formazione e lavoro, un valido veicolo di
inserimento delle risorse umane inutilizzate nel mondo del
lavoro.
L'articolo 6 prevede il rinnovo del contratto collettivo
per la categoria delle imprese fornitrici di lavoro
temporaneo, al fine di adeguarlo alle disposizioni della
legge.
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